lunedì 31 luglio 2017

La microzonazione sismica nella ricostruzione delle zone dell'Italia Centrale interessate dagli eventi sismici del 2016


Nel primo post sul congresso di Camerino ho parlato dei problemi generali e di quali sono le priorità nelle operazioni di ricostruzione, facendo notare come attualmente le macerie sono l’ultimo dei problemi, anche se è quello al momento più evidente “in superficie”. Come anticipato, in questo secondo post mi soffermo su una operazione necessaria ma, purtroppo, lunga: la microzonazione sismica. Perché se una ricostruzione seria non può prescindere da una pianificazione territoriale e urbanistica seria, che recepisce e coordina le istanze del territorio evitando interventi slegati fra loro e usando come principio fondamentale il minor uso di suolo possibile, a sua volta la pianificazione non può prescindere dalle condizioni geologiche delle singole località. Questo non solo per un “lontano” futuro, ma anche perché come ho fatto notare diverse volte (per esempio qui) i sistemi di faglie attive nell’Appennino centrale sono due e se succedesse come nel XVIII secolo le tre grandi crisi sismiche degli ultimi 20 anni sarebbero seguite da altri eventi importanti.

Case rimaste integre durante il terremoto del 1964
ma irrimediabilmente inutilizzabili a Niigata, in Giappone:
si vede come oltre che il COME si costruisce
occorre stare attenti anche sul DOVE si costruisce
Inizio con lo smentire una bufala: non è vero che in Giappone “costruiscono dovunque perché sanno come costruire”. Anche nell’arcipelago del Sol Levante la normativa impone la non edificazione in aree in cui gli effetti dei forti terremoti che lo scuotono possono dare dei problemi [1]. Probabilmente questo è successo dopo il terremoto di Niigata del 1964, quando delle case costruite in modo perfetto non si sono minimamente rotte ma sono ruotate a causa della liquefazione del terreno sottostante, evidenziano il problema che non solo le case vadano costruite “bene”, ma ciò deve anche fatto in un luogo “giusto”.

MICROZONAZIONE SISMICA IN ITALIA: UNA LUNGA STORIA. La comunità scientifica italiana ha sempre evidenziato la necessità di una microzonazione sismica del territorio italiano e, se vogliamo, il Legislatore ha recepito questo già nel 1909 a proposito della ricostruzione dopo il terribile terremoto del 1908 e di quelli che lo avevano preceduto: l’articolo 1 del Regio Decreto 193 vietava infatti in un lungo elenco di comuni tra Calabria e Sicilia di “costruire edifici su terreni paludosi, franosi, o atti a scoscendere, e sul confine fra terreni di natura od andamento diverso, o sopra un suolo a forte pendio, salvo quando si tratti di roccia compatta; nel quale ultimo caso é indispensabile preparare all'edificio uno o anche più piani orizzontali d'appoggio, eseguendo gli scavi necessari”.

Purtroppo per un misto fra ignoranza, irresponsabilità e fatalismo l’edilizia nelle zone sismiche, e non solo quella antica ma anche quella recente, in molti luoghi non è certo soddisfacente quanto a risposta sismica, e fui facile profeta nel 2015 quando, parlando del rapporto fra rischio sismico italiani e classe dirigente del Paese scrissi:  "Quando succederà il prossimo terremoto devastante? Domani? Fra 10 anni? Fra un secolo? Speriamo il più tardi possibile. Ma se si ripetesse – e può succedere – una crisi sismica come quella del XIX secolo, saranno dolori".
Quindi sono ovviamente soddisfatto del fatto che il Commissario del Governo per la ricostruzione nei territori interessati dal sisma del 24 agosto 2016 abbia emesso il 12 maggio 2017 l’ordinanza n.24 "Assegnazione dei finanziamenti per gli studi di microzonazione sismica di III livello ai Comuni interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016".
L’ordinanza riguarda tutti i 140 comuni dell’area del cratere. 
La domanda è se, visto gli alti costi del progetto e i tempi lunghi che necessitano per completare questa operazione, il tutto sia coerente con l’emergenza in atto. A mio avviso (ma soprattutto, secondo la comunità scientifica, ed è questo che conta...), sì. 

Shake map del terremoto di Sierra El Major del 2010,
con la tabella delle velocità di picco e la loro
traduzione in gradi della scala MCS 

IL COMPORTAMENTO DELLE ONDE SISMICHE E PERCHÈ LA MICROZONAZIONE È NECESSARIA. Vediamo allora cos’è e perché serve la microzonazione sismica? La massima distruttività delle onde sismiche si definisce come PGA (peak ground acceleration – accelerazione di picco del terreno) e si misura in rapporto a g, l’accelerazione di gravità: è il massimo scuotimento che può raggiungere il terreno. Vediamo come esempio la mappa dello scuotimento del terremoto M 7.2 del 4 aprile 2010 di Sierra El Major. 
La PGA si misura nella scala MCS (Mercalli – Cancani – Sieberg): non tutti sanno che dagli effetti misurati su terreno ed edifici della formulazione originaria la Scala Mercalli è diventata appunto una scala con valori matematici già all’inizio del ‘900.
Ebbene, è intuitivo che l’energia di un sisma diminuisca allontanandosi dalla sorgente delle onde. Il problema è che ci possono essere delle aree in cui gli effetti del terremoto sono più gravi rispetto ai dintorni perché le onde sismiche vengono amplificate. È il cosiddetto “effetto di sito
A causa dell’effetto di sito ci possono essere differenze notevoli nei danni provocati alle costruzioni e alle infrastrutture in aree limitrofe: queste differenze si rilevano sia a ridosso dell’epicentro (aree con un livello di distruzione più elevato che nei dintorni), che ad una certa distanza dall’epicentro, dove in mezzo a zone in cui sostanzialmente i danni sono limitati – se non zero – troviamo delle “isole” in cui il livello di danneggiamento è molto maggiore (tutto questo, ovviamente, al netto della qualità delle costruzioni in tema di risposta alle onde sismiche). 

Insomma, a causa dell' effetto di sito”, c’è la possibilità che in alcune zone le onde sismiche siano più devastanti che nelle vicinanze.
Come mai succede questo?
Facciamo un paragone con le onde marine: andando verso riva rallentano sia perché la loro velocità è funzione della profondità sia per l’attrito con il fondo, ma dovendo conservare l’energia diventano più alte. Allo stesso modo ogni roccia ha la sua caratteristica velocità delle onde sismiche e quindi il passaggio da una roccia ad un’altra produce un cambio di velocità: se al cambio di litologia la velocità aumenta diminuiscono la loro ampiezza, ma se invece a diminuire è la velocità, allora l’ampiezza aumenta e quindi aumenta l’accelerazione del terreno e – di conseguenza – aumenta pure la capacità distruttiva. Da questo punto di vista le aree più pericolose sono quelle dove pochi metri di sedimenti recenti coprono roccia viva e questo si verifica in molti fondovalle. La scuola di San Giuliano di Puglia ne è un tragico esempio.

Un altra classe di zone in cui le onde sismiche si amplificano sono le zone di cresta. 

COSA È LA MICROZONAZIONE SISMICA. Gli studi di Microzonazione Sismica permettono di realizzare una cartografia di base in cui viene evidenziato dove l’effetto di sito non cambia molto le cose (o non c’è), dove c’è una buona stabilità ma le caratteristiche stratigrafiche suggeriscono una suscettibilità alla amplificazione locale e dove un forte terremoto può con facilità provocare fenomeni di instabilità, quali frane, rotture della superficie lungo faglie attive e liquefazioni del terreno. 

La microzonazione sismica può essere eseguita a 3 livelli di procedure, dal livello I, il più semplice, al livello III, il più completo, che è quello dell’ordinanza n.24.  Le modalità tecniche di esecuzione e di applicazione della Microzonazione sismica sul territorio italiano sono definite nel 2008 dal Dipartimento della Protezione Civile e dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome. Si tratta di una monumentale pubblicazione (oltre 500 pagine), disponibile a questo URL.

  • il LIVELLO I prevede la raccolta di dati preesistenti e di rilevamenti geologici, visti nella prospettiva della risposta sismica del terreno. È una buona base ma definisce le caratteristiche sismiche delle varie aree solo a livello qualitativo
  • con il LIVELLO II ai dati geologici si associano i parametri di interesse ingegneristico con indagini geofisiche e geotecniche, facendo quindi una distinzione delle aree anche a livello quantitativo 
  • il LIVELLO III prevede la carta di microzonazione sismica con approfondimenti dei codici di calcolo e dei metodi numerici: nella zonazione di livello III sono anche assegnati elevati livelli di pericolosità specifica in aree vicine a faglie attive, oppure dove un forte terremoto possa innescare o rimettere in movimento delle frane o fenomeni di liquefazione del terreno


Il livello di pericolosità sismica di un sito è dunque assegnato in base a ricerche multidisciplinari: 

  • Geologia: studi di stratigrafia (per ottenere un modello del sottosuolo), geomofologia, sismotettonica e catalogazione di faglie, frane e altri fenomeni di instabilità
  • Geofisica: caratterizzazione della velocità e della propagazione delle onde sismiche
  • Geotecnica: analisi delle caratteristiche locali dei terreni, con prove sia in situ che in laboratorio

L’obbiettivo specifico della microzonazione sismica è quello di fornire a tecnici e amministratori impegnati nella ricostruzione post – sisma dati esatti sulla pericolosità geologica dei luoghi in modo che ingegneria strutturale, architettura e urbanistica possano operare al meglio e:

  • definire gli interventi ammissibili in una data area
  • stabilire le modalità di intervento nelle aree urbanizzate, decidendo sull’opportunità o meno di ricostruire gli edifici non agibili arrivando fino a conseguenze estreme come l’abbandono definitivo di alcune località
  • scegliere dove costruire nuovi insediamenti
  • scegliere aree adeguate per strutture di emergenza ed edifici strategici (scuole, ospedali, centri della Protezione Civile)

Oltre alla loro massima ampiezza teorica aspettata, una particolare attenzione deve essere messa anche nel modellizzare la frequenza delle onde sismiche, al cui variare può variare anche la resistenza degli edifici
La microzonazione sismica di livello III di una zona del comune dell'Aquila, dove sono cartografate sia le zone suscettibili ad amplificazione delle onde sismiche,
sia le zone suscettibili ad instabilità innescate da violente scosse sismiche, in particolare per riattivazione di frane  

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE. Per fare una operazione del genere, PURTROPPO, ci vuole tempo. Solo in alcuni comuni  nella regione Marche era già stata compilata prima degli eventi sismici la zonazione di livello 1.
Ma è chiaro che prima della fine di questi studi non si potrà assolutamente parlare di ricostruzione per i centri abitati, confermando quanto scritto nel post precedente, e cioè che il problema delle macerie è al momento meno impellente di tanti altri, anche se dal punto di vista mediatico è quello più visibile.
Diversa è la questione per le attività produttive: mi auguro che la microzonazione inizi dalle aree destinate a questo, perché senza il lavoro il rischio di abbandono del territorio è davvero reale. 

Purtroppo devo registrare due interrogativi. 
Il primo è che non sono sicuro che lo stanziamento dell’ordinanza n.24 sia sufficiente per completare il lavoro. 
Poi mi chiedo se davvero gli amministratori locali avranno il coraggio di dire a qualcuno che la loro nuova casa non potrà essere costruita nello stesso luogo dove abitavano, perché è molto probabile che la microzonazione sismica sancirà l’impossibilità di ricostruire in alcuni luoghi

[1] Technical Committee for Earthquake Geotechnical Engineering 1999 Manual for Zonation on Seismic Geotechnical Hazards (revised Edition)
[2] Dipartimento della Protezione civile e Conferenza delle Regioni e delle Province autonome (2008) Indirizzi e criteri per la zonazione sismica - disponibile a questo URL  

2 commenti:

Unknown ha detto...

Delocalizzazione: un ulteriore problema. Le zone del sisma 24.8.16 sono località turistiche con caratteristiche storiche e architettoniche, naturalistiche e di genuinità agroalimentare. La delocalizzazione dovrebbe (ma non è dimostrato) garantire maggior sicurezza, ma sicuramente comporta la perdita degli originali valori tradizionali: spariranno i camini, le stufe a legna, le "cucine economiche", e tantissime altre caratteristiche di questi luoghi. Teoria e pratica, due alternative spesso contrastanti perché qualunque Scienza non è perfette e la sua imperfezione è insita nel suo stesso concetto: chi può garantire il futuro solo in base a riflessioni tecnico scientifiche? Chi può dimostrare in senso assoluto che la delocalizzazione di 2/3 km garantisce l'assenza di attività geo-sismica? La fascia di interferenza di una faglia non è fissa, né di qualche metro o qualche km! La necessità di ridurre i costi impone una ricostruzione unificata, ridotta nella proprietà e nella dimensione dei locali secondo standard urbanistici precostituiti ed inserita in un ambientale ripetitivo e di scarso valore ed interesse naturalistico. Non a caso tra le condizioni richieste per l'ottenimento dei contributi per la ricostruzione è incluso il divieto di vendita delle nuove abitazioni per almeno due anni... per evitare l'allontanamento delle seconde residenze. Avremo nuove unità abitative imposte nelle modalità e nella località di realizzazione, unità abitative che però non rispondono agli originali requisiti storico-ambientali. Ed avremo anche il contentino della motivazione tecnico-scientifica... Non accetto che le proprietà vengano delocalizzate, ridotte nelle dimensioni e che siano del tutto avulse dalle locali tradizioni culturali e rifiuto la realizzazione di nuovi centri urbani la cui modalità di costruzione siano state decise per me da altri senza il mio consenso, e rifiuto di essere costretto a pagare inutili ed inevitabili tasse ingiustamente imposte per vivere in un Resort Estivo che non risponde alle mie aspettative. Dunque fuga delle seconde residenze, le residenze su cui si basa l'economia locale. Quei vecchi Borghi distrutti dal sisma, nei secoli della loro storia sono stati più volte ricostruiti, e sono sempre rinati negli stessi luoghi e con le stesse caratteristiche morfologiche, storiche, culturali, architettoniche e tradizionali invariate, perfezionate, fortificate ed adeguate a più valide normative: ricostruiamo dove eravamo,e formalmente come eravamo, ma con consolidazioni strutturali, geologiche e geotecniche più serie ed attuali, adatte a quei luoghi, perché questo è possibile. Marco Baggiani

Aldo Piombino ha detto...

Mi spiace ma non posso trovarmi d'accordo con questo commento, sia nella parte geologica e geofisica (in cui si denotano diversi errori concettuali) che in quella architetotnica

Comunque, sarebbe bastato leggere il post precedente ( http://aldopiombino.blogspot.it/2017/07/i-problemi-della-ricostruzione-delle.html ) alla voce "LE MODALITA' DELLA RICOSTRUZIONE." per capire che non ho assolutamente negato il problema dell'identità architettonica dei borghi da ricostruire e che la questione di come ricostruire è importante quanto il dove.
Detto questo, mi pare che per adesso non si sia ancora deciso nulla ed è, comunque, assolutamente logico da parte mia che qualsiasi soluzione non debba essere semplicemente calata dall'alto e mi batterò per questo. A proposito: spero che non is vada verso il "modello resort", almeno per la soluzione definitiva (per quella provvisoria ci può stare, a patto che venga sistemata la quesitone del lavoro.

Come capisco benissimo il desiderio di restare nel luogo pre-terremoto (e possibilmente con certe caratteristiche architettoniche) ma a proposito di eventuali e dolorose decisioni su delocalizzazioni preciso quanto segue:
1. la microzonazione sismica NON E' un "contentino" da parte di una "motivazione tecnico-scientifica", è una cosa seria
2. francamente non capisco cosa voglia dire "La fascia di interferenza di una faglia non è fissa, né di qualche metro o qualche km!". anche perché è una frase che scientificamente non ha alcun senso. anche il termine "attività geo-sismica" mi giunge nuovo (ma posso essere in fallo io..) ed in ogni caso le onde sismiche danneggiano anche a (considerevoli, a volte) distanza dall'epicentro. E il problema sono le onde sismiche, non le faglie...
3. è AMPIAMENTE PROVATO che la linea di demarcazione fra zone a diverso danno può essere molto netta (ricordo come esempio classico la scuola di San Giuliano di Puglia". Io ho visto personalmente paesi in Irpinia divisi in due, una parte interamente crollata e una parte restata quasi perfettamente in piedi e la differenza la fa il terreno, paesi vicinissimi all'epicentro con pochi danni e paesi più lontani completamente distrutti. Un classico esempio di perché la micorzonazione sismica è necessaria
4. Non è possibile pensare di ricostruire dove ci sono evidenti problemi di amplificazione delle onde sismiche, liquefazione del terreno e frane. Punto e basta.

Detto questo:
1. ripeto che occorre pensare a costruzioni piuttosto diverse dai casermoni dell'Aquila. Ma sicuramente di case con muratura in pietra non squadrata (e magari con il tetto in cemento...) non se no può parlare più.
2. mi aspetto che la microzonazione sismica evidenzi realmente dove le cose vanno e dove c'è pericolo
e che 3. non venga usata in modo pretestuoso

Non si vuole accettare tutto questo? Bene, ricostruite come e dove volete, ma fatelo senza soldi pubblici e senza piagnistei se poi, al prossimo evento (perché ce ne potranno essere altri...) ci rimettete tutto di nuovo. E se si muovesse il sistema occidentale, sarebbe ancora più vicino ai centri importanti...)

Sono anni che i geologi si battono per l'adeguamento alle esigenze sismiche del territorio nazionale, ricostruire senza tenerne conto non ha senso.
Certo, pare brutto