domenica 21 maggio 2017

L'origine di Homo floresensis: gli hobbit dell'Indonesia appartenevano ad un lignaggio molto antico


Quello di Homo floresensis, di cui mi sono occupato spesso su Scienzeedintorni, è un argomento che mi ha sempre appassionato da quando nel 2004 è stata annunciata la scoperta dei resti di una popolazione umana nana nella remota isola di Flores. Remota non solo per un europeo, ma anche nel senso che non essendo mai stata in epoche geologicamente recenti (diciamo negli ultimi 2 milioni di anni) raggiungibile via terra anche nei momenti di basso livello marino durante i massimi glaciali, c’era anche il mistero di come gli Hobbit (così sono affettuosamente chiamati questi esseri) fossero potuti arrivare da quelle parti.
Un altro argomento piuttosto dibattuto è stato (ed è ancora) “chi” fossero questi uomini: dei Sapiens affetti da gravi patologie? Degli Erectus diventati così bassi a causa di nanimo insulare? O, addirittura, una popolazione ancora più antica (ipotesi in qualche modo ancora più affascinante?). Di anni dal 2004 ne sono passati tanti e la bibliografia scientifica in materia è davvero ingente. Anche la datazione degli scheletri di Liang Bua è cambiata: è stato dimostrato che di anni ne hanno 60.000 e non 12.000. Oggi finalmente un nuovo lavoro, anche grazie al rinvenimento in Sudafrica di Homo naledi, confrontando le caratteristiche scheletriche di tutti gli Homo conosciuti ha stabilito che gli Hobbit di Flores rappresentano una popolazione molto antica. Il che dimostra una migrazione fuori dall’Africa antichissima e fino ad oggi sconosciuta.   

Quando nel 2004 fu annunciata, in un lavoro che resterà fra i capisaldi della letteratura paleoantropologica, la scoperta dei reperti di Liang Bua (in particolare il famoso scheletro LB1) la cosa fece parecchio scalpore, anche per la datazione estremamente recente, attribuita su basi stratigrafiche in quanto non fu possibile effettuare una datazione radiometrica dei reperti stessi. 
Gli furono subito attribuiti un nome (Homo floresensis) e un soprannome (Hobbit), in riferimento alla saga del Signore degli Anelli, all’epoca imperante [1]. 

In questo post di quasi 2 anni fa ho descritto lo stato dell’arte della ricerca, in particolare da che parte dell’Asia e in che modo questi esseri potessero essere arrivati sull’isola 
Purtroppo il clima caldo e umido dell’Indonesia ha reso impossibile ricavare da quelle ossa il DNA, cosa che invece ha permesso le affascinanti scoperte sui Denisoviani grazie al freddo secco dei monti Altai, ed in particolare il loro contributo alla genetica attuale dell’Asia sudorientale.

Restava un grande interrogativo: qual’è la collocazione all’interno di Homo degli Hobbit di Flores e se siano più vicini a noi o ad altri nostri simili.
Questo aspetto ha generato una bibliografia scientifica immensa, che segue tre filoni principali:
1. Homo floresiensis è una forma distinta derivante da una linea piuttosto antica di Homo (a livello di H. habilis), se non addirittura di australopitecine 
2. Homo floresensis è un derivato recente di Homo erectus, la forma tipica dell’Asia prima dell’affermazione di H. sapiens
3. gli scheletri di Homo floresensis appartengono in realtà dei sapiens con delle patologie gravi
 
Faccio una precisazione: parlo di “forma” e non di “specie” perché, come ho spiegato qui nella discussione fra chi fa “di (quasi) ogni scheletro una specie distinta” e chi tende ad istituire il numero minore possibile di specie io sono schierato nell’ala estrema del secondo schieramento, in cui c’è una unica “specie” da Australopithecus in poi che si è modificata nel tempo, cioè una cronospecie. Aggiungo che le tante classificazioni che abbiamo si reggono solo sulla scarsezza di fossili:  se ne avessimo 100 volte tanti (e ben distribuiti nel tempo invece di mostrare ampie lacune come quella tra gli austalopitechi “classici” e Homo habilis), si vedrebbero talmente tante forme intermedie che per stabilire un limite occorrerebbe usare delle convenzioni, anche se la transizione potrebbe essere stata molto più veloce di quello che si poteva supporre, innescata da violenti ed improvvisi cambiamenti climatici che hanno provocato un "collo di bottiglia" nella popolazione.

Considero però lo stesso importante tutte la la varia nomenclatura esistente, usandola, come si dice tecnicamente come “denominazioni tassonomiche informali” che rappresentano popolazioni di caratteristiche via via diverse e sono molto di aiuto per classificare i vari reperti e per capire in modo abbastanza intuitivo la loro collocazione nello spazio e nel tempo, in particolare il “grado” di “umanizzazione” intesa come varie caratteristiche anatomiche fra le quali soprattutto la capacità cranica e il modo di camminare, le cose che ci distinguono maggiormente dagli altri appartenenti ai Primati.

Dicevo appunto che tutte e tre queste posizioni su chi fossero in realtà i piccoli abitanti di Flores hanno i loro sostenitori.
L’unica fra quelle teoricamente possibili che è stata scartata a priori è quella di una forma di nanismo insulare di Homo sapiens: qualcuno per spiegare la diversità degli Hobbit ha invocato l’effetto del fondatore, cioè lo sviluppo di una popolazione a partire da pochi antenati che portano con sé solo una parte della variabilità genetica (e morfologica) della popolazione originale a cui sarebbe seguita una importante deriva genetica. Ma come è stato riportato anche di recente, varie popolazioni moderne di Homo hanno sviluppato nanismo insulare, ma oltre a non essere così piccole di statura, nessuna anche se lontanamente, mostra le proporzioni anatomiche tipiche di Flores [2]

L’idea che si tratti di forme di Homo sapiens affette da gravi patologie metaboliche o genetiche è minoritaria (ma come è noto nella Scienza non ha ragione “la maggioranza”, bensì chi ha i dati più verosimili). Sono state indicate diverse patologie al proposito, l’ultima delle quali è la sindrome di Down.
L’ampia gamma di patologie proposte era già di suo una dimostrazione  della difficoltà di collocare in H. sapiens questi reperti e nel 2016 due lavori hanno definitivamente respinto questa idea: 
1. un nuovo esame della stratigrafia della grotta di Liang Bua ha portato indietro a 60.000 anni fa l’età di LB1. Ciò implicherebbe un arrivo molto precoce in zona (forse troppo) di Homo sapiens [3]. Ne ho parlato qui
2. sempre a Flores sono stati scoperti altri fossili umani insieme a quelli, draghi di Komodo, coccodrilli, del proboscidato Stegodon e di altri piccoli mammiferi. Si tratta di una mandibola e di alcuni denti, di dimensioni e forma estremamente simili a quelle a Mata Menge [4]. Questo  insieme di fossili è stato datato a circa 700.000 anni fa grazie alla datazione radiometrica dei tufi del sito, che come nella rift – valley africana sono utilissimi a questo scopo. È evidente che 700.000 anni fa non potessero proprio esserci dei Sapiens

Quindi rimanevano in piedi due ipotesi, il nanismo da Homo erectus (che cronologicamente è possibile ma anatomicamente continua a dare qualche problema) o una popolazione ancora più antica. E, in questo caso, “quanto” antica?

Un lavoro appena uscito sul Journal of Human Evolution getta finalmente luce su questo aspetto [5]. Prima firmataria è Debbie Argue, che studia la questione da diversi anni e già nel 2009 aveva proposto una origine molto antica di Homo floresensis [6]. Il nuovo lavoro confronta due serie di reperti diversi sia con un’analisi Bayesiana che con il criterio della massima parsimonia diverse caratteristiche anatomiche di Homo floresensis e di molti altri ominini, sia appartenenti al lignaggio di Homo, che Australopitecine e le altre scimmie antropomorfe, compreso il Homo naledi, la più sensazionale scoperta in campo paleoantropologico degli ultimi anni.  

Questa analisi, divisa in due raggruppamenti di reperti, ha fornito 6 alberi diversi.
Ci sono 4 raggruppamenti stabili e cioè:
  1. altre scimmie antropomorfe: Pan (Scimpanzè), Gorilla e Pongo (Orango)
  2. Australopitecine: tutte le forme appartenenti a Australopithecus
  3. Homo antichi: H. georgicus (i fossili di Dmanisi, in Georgia), H. naledi, H. habilis e H. floresensis
  4. Homo moderni: H. erectus, H. ergaster e H. sapiens
 
La posizione di H. floresensis è sostanzialmente simile in tutte e cioè è annidata negli “Homo antichi”, anche se rimane ancora controverso il rapporto con il clade rappresentato dagli altri Homo antichi, H. naledi e H. georgicus, che in alcuni casi hanno una divergenza più antica dalla nostra linea, mentre in altre la loro divergenza è più recente.

Il risultato quindi è che gli Hobbit rappresentano una popolazione estremamente antica, differenziatasi dal resto del cespuglio umano attualmente conosciuto in tempi molto precoci, e che: 
  • o condivide un antenato comune con Homo habilis dopo che entrambi si sono staccati dal nostro ramo 
  • o che si è staccata dal nostro ramo poco prima che lo facessero gli Habilis.

In entrambi i casi quindi si tratta di una linea da un bel pezzo estranea a quella che ha portato a noi, a Neanderhtalensis e a Erectus.
Una conseguenza affascinante è che H. Floresensis dimostra una uscita dall’Africa di forme umane avvenuta più di 2 milioni di anni fa e che, insieme a quelle più recente di Homo naledi e della grotta di Denisova in Siberia porta a pensare come il “cespuglio umano” possa essere ben più folto di quanto si poteva supporre anche solo pochi anni fa.
 
[1] Brown, et al 2004.. A new small-bodied hominin from the Late Pleistocene of Flores, Indonesia. Nature 431, 1055–1061. 
[2] Jungers, et al 2016. The evolution of body size and shape in the human career. Phil. Trans. R. Soc. B 371, 21050247. 
[3] Sutikna et al (2016). Revised stratigraphy and chronology for Homo floresiensis at Liang Bua in Indonesia. Nature, 532, 366-368
[4] Brumm et al, 2016. Age and context of the oldest known hominin fossils from Flores. Nature 534, 249-253. 
[5] Argue et al 2017 The affinities of Homo floresiensis based on phylogenetic analyses of cranial, dental, and postcranial characters Journal of Human Evolution 107 (2017) 107e133 
[6] Argue et al 2009 Homo floresiensis: a cladistic analysis Journal of Human Evolution 57, 623–639 

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