mercoledì 26 aprile 2017

Perchè fra i rettili l'andatura bipede è più diffusa che fra i mammiferi?


I rettili sono molto curiosi e offrono, fra passato e presente, una vastissima gamma di comportamenti e soluzioni evolutive, in una enorme quantità di ambienti (acqua, aria con gli uccelli e gli pterosauri e terra, dai deserti alle foreste pluviali, solo le aree polari sono precluse) e di riproduzione (ovipari, vivipari, ovovivipari). Anche il movimento non fa eccezione: nella loro storia hanno alternato una andatura che striscia sul suolo con arti corti (o addirittura senza), quadrupede con arti di discreta lunghezza, fino a bipedi obbligati in forme provviste di lunghi arti posteriori, mentre in mare dalle tartarughe agli ittiosauri arti e/o coda sono stati usati in vari modi per nuotare. Oggi i bipedi per eccellenza fra i discendenti dei rettili triassici sono gli uccelli, ma anche qualche lucertola è capaci di muoversi su due zampe per alcuni tratti. Mi pareva che anche il Tuatara si comporti così, ma non ho trovato conferme. Quindi fra i diapsidi (rettili e uccelli) l’acquisizione di una andatura bipede facoltativa insieme o alternativa a quella strisciante sembra essere avvenuto svariate volte in svariati gruppi. Invece nei mammiferi se si escludono i canguri, un bipede obbligato come Homo e la possibilità di stazione eretta per le scimmie antropomorfe, il bipedismo è estremamente raro. Il perché di questa differenza comportamentale non è ancora stato ben determinato, ma una nuova ricerca suggerisce una soluzione piuttosto intelligente  nelle differenze fra mammiferi e rettili nella anatomia della parte posteriore del bacino. 

I rettili si dividono grossolanamente in Arcosauri (uccelli, coccodrilli e dinosauri) e Lepidosauri (lucertole, serpenti, varani etc). La collocazione delle tartarughe e degli altri rettili marini mesozoici, è più discussa. Adesso sta prevalendo l’idea che si tratti di arcosauri molto basali. Ne avevo parlato qui a proposito delle tartarughe e qui a proposito degli altri rettili marini.
Il fossile più antico mai ritrovato che mostra l’evidenza della capacità di una andatura bipede in un rettile è Eudibamus cursoris, un piccolo Bolosauro trovato in Germania [1]. Siamo nel Permiano inferiore (290 milioni di anni fa) quindi addirittura in tempi ben precedenti alla divisione fra lepidosauri e arcosauri, che dovrebbe essere avvenuta nel Permiano superiore: l’ultimo lavoro in merito parla di almeno 260 milioni di anni fa [2]; diciamo quindi che questa divergenza dovrebbe essere avvenuta addirittura prima della estinzione di massa della fine del Permiano medio (Guadalupiano), la quale a sua volta si colloca circa 8 milioni di anni prima della tragedia di fine Permiano.
La comparsa negli arcosauri dell’andatura bipede è successiva alla divergenza fra gli antenati dei coccodrilli (Pseudosuchia) e di quelli dei dinosauri (Avemetatarsalia). Questa divergenza ha coinvolto cambiamenti molto importanti nella forma e dimensioni del corpo e specialmente degli arti. Le vestigia più antiche di dinosauromorfi sono impronte lasciate da creature quadrupedi di circa 250 milioni di anni fa, di poco successive alla madre di tutte le estinzioni, quella di fine Permiano [3]. È evidente che all’inizio del Triassico i pochi superstiti, avendo campo libero, abbiano compiuto delle grandi radiazioni evolutive e abbiano avuto la possibilità di differenziarsi in maniera piuttosto veloce.
L’andatura bipede è, comunque, un tratto basale dei primi dinosauri triassici e dei loro parenti più stretti, ma nel Triassico - quindi prima dell’età dei dinosauri propriamente detta - questa caratteristica era diffusa anche in altri arcosauri prima che l’estinzione di fine Triassico segnasse la fine di tutte queste linee a parte dinosauri e rettili volanti. Insomma, sembra che all’epoca ci sia stata una diffusa pressione selettiva a favore di questa andatura negli arcosauri terrestri.
Ricostruzione di Teleocrater rhadinius, un antenato quadrupede dei dinosauri recentemente scoperto, da [4]
Recentemente è stato pubblicato un articolo in cui viene descritto Teleocrater rhadinus [4], un quadrupede vissuto nel Triassico medio che accanto ad aspetti morfologici degli antenati comuni di coccodrilli e dinosauri, mostra anche delle caratteristiche tipiche di questi ultimi. In particolare quello che colpisce del fossile sono le zampe particolarmente lunghe per un rettile, come ne sono dotati solo i dinosauri attuali (gli uccelli).

Il Basilisco che corre sull'acqua con andatura bipede
RETTILI BIPEDI ATTUALI AL DI FUORI DEGLI UCCELLI. Le poche specie di rettili attuali che esibiscono una andatura bipede (una cinquantina appartenenti a più gruppi di lucertole, in particolare iguanidi) per lo più sono dotate di forme snelle e arti più lunghi della media e si muovono così solo in particolari condizioni e per tempi molto brevi, soprattutto quando hanno bisogno di correre. Mentre queste lucertole corrono su due zampe il tronco si solleva e gli arti anteriori lasciano il terreno. Famoso al proposito è il Basilisco, che corre su due zampe sulla superficie dell’acqua. Non sono quindi bipedi “obbligati” e neanche “preferenziali”, al contrario degli antenati dei dinosauri, i quali, comunque, avevano gli arti ben più lunghi di quelli del rettile “medio”.  La presenza di queste caratteristiche in più gruppi diversi fa pensare anche che il bipedismo sia nato indipendentemente in diversi momenti e in diversi gruppi
Ci sono poi dei varani che riescono ad alzarsi su due zampe ma come fra i mammiferi le marmotte, si ergono stando fermi: questo comportamento sembra essere a scopo difensivo o per esplorare meglio i dintorni.

Il bipedismo delle lucertole attuali offre dei particolari apparentemente sconcertanti: non solo appare illogico che meno zampe ci sono più si corra, ma è stato persino dimostrato che non ci sono vantaggi né di velocità né di efficienza energetica nelle lucertole che corrono su due zampe [5] anche se le lucertole capaci di farlo, quando corrono su due zampe sono ai vertici come velocità di punta (e anche di lunghezza delle zampe posteriori, ma questo appare abbastanza ovvio...). Quanto poi al Basilisco,  è ancora più "assurdo": distribuisce il peso su due zampe anziché su 4. Ma, allora, cosa ha portato al bipedismo? Banalmente, i vantaggi non stanno nella massima velocità o nel minore impiego di energia, ma nelle prestazioni migliori in fase di accelerazione e nella abilità di cambiare direzione più in fretta. Ed è accertato che queste lucertole lo fanno soltanto quando sono costrette a farlo da cause esterne. 

Lo Stegosauro, quadrupede "di ritorno" già nel Giurassico inferiore
LE MOTIVAZIONI DEL BIPEDISMO DEI DINOSAURI. I dinosauri triassici erano tutti bipedi obbligati (o quasi). Dal Giurassico in molti dinosauri erbivori l’aumento delle dimensioni e/o la formazione di armature hanno spesso determinato l’abbandono della stazione eretta, le cui tracce rimangono nella conformazione degli arti anteriori, più corti di quelli posteriori. Altri erbivori come gli iguanodontidi potevano alternare una andatura bipede, probabilmente più veloce, a quella quadrupede. Fra i teropodi solo lo spinosauro potrebbe aver usato entrambe le locomozioni. Il passaggio da una alimentazione carnivora ad una erbivora ha favorito il ritorno al quadrupedismo, a causa delle modifiche nella forma del corpo, in particolare della cavità addominale, dovute alla maggior complessità del tubo digerente di un erbivoro rispetto a quello di un carnivoro, che ne hanno spostato in avanti il baricentro.

Sulle motivazioni del bipedismo nei primi dinosauri ci sono diverse ipotesi:

- la termoregolazione e la possibilità di godere di una vista “dall’alto”: queste ipotesi erano nate quando era valido il “modello canguro”, secondo il quale i dinosauri stavano in piedi come i canguri. Oggi si ritiene che il corpo fosse in posizione suborizzontale come in molti uccelli: in questa posizione la testa non risulta più elevata rispetto al corpo, per cui queste ipotesi oggi sono poco fondate
- l’andatura bipede poteva servire per utilizzare meglio le zampe anteriori in funzione predatoria se non addirittura per consentire la manipolazione delle prede. La cosa è suggerita dal fatto che gli antenati dei dinosauri fossero carnivori ma ci sono forti dubbi sulle capacità cerebrali necessarie per questi compiti ed inoltre molti teropodi avevano arti anteriori piuttosto piccoli, sicuramente meno efficienti dei lunghi musi per questi scopi (anzi, questa diminuzione della lunghezza degli arti anteriori può addirittura essere interpretata come un segno della loro inutilità). Inoltre si tratta di un punto di vista un po' troppo antropocentrico, ma rimane una ipotesi piuttosto “gettonata”.

Una spiegazione brillante al proposito è stata appena presentata da W. Scott Persons e Philip J. Currie, paleontologi dell’Università dell’Alberta [6].
Per iniziare sono state esaminate le condizioni ecologiche in cui è iniziato il bipedismo dei dinosauri: i loro antenati erano piccoli carnivori che vivevano a contatto di predatori ben più massicci di cui potevano anche essere preda. Pertanto la loro vita doveva essere basata sull’agilità e sulla velocità, capacità di cui i loro predatori dalle zampe corte e dall’andatura strisciante erano scarsi. 

È stata avanzata la possibilità che negli antenati dei dinosauri la capacità di mantenere questa andatura più a lungo, più dispendiosa dal punto di vista energetica almeno all’inizio, sia in qualche modo collegata ad un certo grado di omeotermia presente già oltre 200 milioni di anni fa.
Ho scritto che era più dispendiosa “almeno all’inizio”, perché è logico pensare che ci sia stato un passaggio da quadrupedi obbligati a bipedi obbligati in cui a poco a poco il bipedismo da occasionale è divenuto obbligatorio, probabilmente grazie alla modificazione di una serie di caratteristiche anatomiche, in particolare:
- l'irrobustimento di bacino, arti posteriori e coda per migliorare l’andatura bipede
- la riduzione degli arti anteriori che non essendo più usati per la locomozione, meno pesavano meglio era
Insomma, l’evoluzione, avrebbe favorito sempre di più in questo gruppo le forme capaci di passare più tempo possibile in stazione bipede con sempre maggiore velocità e agilità e minore dispendio energetico. Bisogna notare inoltre che se fra i sinapsidi del Permiano molti avevano una andatura strisciante (per esempio i pelicosauri), i terapsidi triassici (come i mammiferi attuali) tenevano il corpo sollevato. Ricordo anche che stare sollevati da terra permette una migliore ossigenazione e stressa meno gomiti e ginocchi.

L'immagine mostra l'estensione del distretto muscolare caudofemorale
in un tyrannosauro 
BIPEDISMO E DISTRETTO MUSCOLARE CAUDIFEMORALE. in tutti i modelli sulla locomozione dei dinosauri la coda svolge un ruolo fondamentale, con la sua massa in grado di spostare il baricentro del corpo verso la parte posteriore, scaricando dal peso la parte anteriore; di conseguenza per molti Autori le code lunghe e robuste degli arcosauri sono state un fattore essenziale per lo sviluppo della locomozione bipede. Le modifiche che hanno consentito una maggiore efficienza dell’andatura bipede dei dinosauri sono dovute essenzialmente all’irrobustimento della parte posteriore del corpo, nel distretto muscolare caudofemorale. Si tratta dei muscoli che collegano bacino e femore e servono a muovere la coda: data la sua posizione, questi muscoli hanno potuto ingrandirsi senza interferire particolarmente con altre strutture del corpo (l’unica cosa importante da realizzare era il conseguente irrobustimento delle estremità degli arti posteriori per sostenerne il peso).  
Infatti l’andatura bipede, combinata con una muscolatura caudofemorale importante, comporta dei vantaggi nella corsa bipede perché questi muscoli riescono ad offrire delle possibilità maggiori di propulsione agli arti posteriori rispetto a quelli anteriori.  
E che l’andatura bipede sia collegata alla corsa lo dimostra il fatto che solo forme erbivore dotate di doti difensive diverse da quelle della corsa sono ritornati dei quadrupedi obbligati: i grandi sauropodi, la cui massa troppo grande e la vita in branco impedivano la predazione (come oggi succede con gli elefanti) o quelli dotati di armature come i ceratopsidi: gli altri, anche se erano in grado di muoversi su 4 arti, come i canguri attuali se dovevano correre erano diventati obbligati a farlo su due zampe a causa della pesantezza maggiore della parte posteriore del corpo e del ridotto sviluppo degli arti anteriori. 

MA PERCHÈ QUESTO NON È SUCCESSO CON I MAMMIFERI? Anche fra i mammiferi ci sono abbondanti esempi di animali che si basano sulla corsa per predare o per sopravvivere ai predatori. Ma nessuno di loro è un bipede preferenziale se non canguri che se devono andare veloci non possono che saltellare in andatura bipede, o obbligato come Homo: fra i Primati alcune specie camminano su due zampe per certi tratti e in più c’è qualche altro sporadico caso di bipedismo più o meno occasionale.
Questa differenza la troviamo anche nel Triassico. Ricordo che i rettili e gli uccelli sono diapsidi (hanno nel cranio due aperture temporali), mentre i mammiferi appartengono ai sinapsidi (una sola apertura temporale).. 
Arcosauri e terapsidi sono stati nel Triassico i gruppi di vertebrati terrestri di vertice, differenziandosi in maniera molto vivace per occupare una gran quantità di nicchie ecologiche (quello che ora è riservato quasi esclusivamente ai mammiferi se si eccettuano le acque interne tropicali, dove i protagonisti sono sempre degli arcosauri (i coccodrilli).  Eppure fra i sinapsidi del Triassico (compresi gli antenati dei mammiferi) non ci sono forme bipedi e fra i mammiferi mesozoici contiamo persino delle forme volanti (o quantomeno capaci di planare come Volaticotherium antiquus) ma nessun bipede.

Una differenza importante è la mancanza nei sinapsidi (almeno dal triassico in poi) del quarto trocantere, una struttura nel femore che serve appunto per l'inserzione di uno dei muscoli del distretto caudofemorale di cui invece sono ancora dotati i diapsidi.
Secondo Persons e Currie la chiave di questo sta nel sistema caudofemorale ridotto dei sinapsidi vissuti dal Triassico in poi. Nel Permiano anche molti sinapsidi avevano ben sviluppato questo sistema, ma sembra che i pochi sinapsidi sopravvissuti alla estinzione al passaggio con il Triassico siano stati esclusivamente delle forme che vivevano scavando tane nel sottosuolo. Per cui avevano perso nei tempi precedenti buona parte del sistema caudofemorale che in uno stile di vita come quello era un ingombro per diversi motivi:
- necessità di avere più sviluppate le zampe anteriori che scavano rispetto a quelle posteriori
- una coda lunga e robusta era di ostacolo per le manovre e i cambi di direzione nelle tane e inoltre in caso di pericolo quanto l’animale si rifugiarsi nella tana potrebbe esere agganciato dal predatore proprio dalla coda

La mancanza di un sistema caudofemorale importante è dunque la motivazione per cui i sinapsidi dal Triassico in poi, dai Terapsidi ai mammiferi, non hanno potuto a parte qualche caso particolare, sviluppare una andatura bipede.
I diapsidi che non hanno sviluppato andatura bipede non hanno avuto antenati per i quali l’agilità e l’accelerazione erano esigenze così preminenti.

[1] Berman, D.S., et al., 2000. Early Permian bipedal reptile. Science 290 (5493), 969–972.
[2] Ezcurra MD, Scheyer TM, Butler RJ (2014) The Origin and Early Evolution of Sauria: Reassessing the Permian Saurian Fossil Record and the Timing of the Crocodile – Lizard Divergence. PLoS ONE 9(2): e89165. doi:10.1371/journal.pone.0089165
[3] Brusatte, S.L., Niedźwiedzki, G., Butler, R.J., 2011. Footprints pull origin and 
diversification of dinosaur stem lineage deep into Early Triassic. Proc. R. Soc. Lond. B: Biol. Sci. 278 (1708), 1107–1113.
[4] Nesbitt et al 2017 The earliest bird-line archosaurs and the assembly of the dinosaur body plan Nature, Aprll 2017 doi:10.1038/nature22037
[5] Clemente, C.J., Withers, P.C., Thompson, G., Lloyd, D., 2008. Why go bipedal? Locomotion and morphology in Australian agamid lizards. J. Exp. Biol. 211 (13),
2058–2065.
[6] Persons Currie 2017 The functional origin of dinosaur bipedalism: Cumulative evidence from bipedally inclined reptiles and disinclined mammals Journal of Theoretical Biology 420 1–7






giovedì 13 aprile 2017

Nuna (o Columbia): il supercontinente di 2 miliardi di anni fa


La Pangea non è stato nella storia della Terra l’unico supercontinente: l'aggregazione della maggior parte delle masse continentali in una unica è un fenomeno ciclico e si registrano sicuramente almeno altri due episodi del genere: circa un miliardo di anni fa c’era Rodinia e mezzo miliardo di anni fa, al passaggio fra Precambiano e Cambriano, la maggior parte delle terre emerse erano unite in Pannotia (chiamato anche Gondwana, anche se si tratta di un continente più grande del Gondwana che si è frammentato nel Mesozoico).
Gli indizi per un supercontinente di 2.5 miliardi di anni fa sono un po' labili (anche se è probabile che una buona parte delle poche croste continentali dell’epoca fossero in zona tropicale). Ci sono invece una lunga serie di indizi su una ”Pangea” di poco meno di 2 miliardi di anni, in cui era raggruppata la maggior parte delle masse continentali dell’epoca. Di questo supercontinente si sa poco e persino il nome è dibattuto: fondamentalmente c’è chi lo chiama “Nuna” e chi lo chiama “Columbia”, ma in giro ho trovato altre denominazioni che spesso fanno riferimento a raggruppamenti parziali. In questo post parlerò dello “stato dell’arte” delle ricerche su questo supercontinente.
Due annotazioni: (1) onde evitare di scrivere il termine “miliardi di anni fa” userò spesso la sigla Ga. Quindi 2 Ga significa 2 miliardi di anni fa e (2) la bibliografia non è recentissima, semplicemente perché i lavori più recenti spesso riguardano le cose molto più in dettaglio rispetto a quanto è necessario per questo post, in cui invece parlo delle linee generali, che sono quelle di una decina di anni fa o più (anche perché se le liee generali sono le stesse, è più giusto indicare i primi lavori sull'argomento)

Le fasce orogenice di circa 2 miliardi di anni fa in [1]
I protagonisti di questa storia, i vecchi cratoniCos’è un cratone? È un’area, più o meno vasta, in cui affiorano rocce di oltre 2 Ga (o queste sono ricoperti da successioni sedimentarie più recenti) che dall’epoca non sono state più deformate. In pratica sono quelli che venivano chiamati una volta “scudi”. I cratoni costituiscono i nuclei dei continenti e la tettonica delle placche è in pratica la storia di come questi cratoni si sono mossi, scontrati e poi, magari, divisi. Un anno fa in un post ho fatto vedere che vecchi limiti di placca spesso vengono "riutilizzati" da fasi tettoniche successive, perché sono delle cicatrici della litosfera che funzionano da linee di rottura preferenziale. Per questo dopo la loro unione spesso i cratoni si dividono nuovamente: ad esempio Laurentia (il Nordamerica) e Baltica (l’Europa Settentrionale) si sono spesso unite e successivamente divise, più o meno lungo la stessa linea.  
I cratoni sono quindi vecchissime croste continentali. Come si sono formati? Come si forma tutt’ora la crosta continentale e cioè attraverso la risalita e la solidificazione di materiali liquidi provenienti dal mantello terrestre, fondamentalmente nelle zone di scontro fra le zolle e quindi negli archi magmatici; una minore parte di crosta continentale si forma con gli espandimenti basaltici in ambiente di apertura, in un modo che ricorda un pò la formazione di crosta oceanica nelle dorsali mediooceaniche. Il fatto che si formi di continuo nuova crosta continentale implica che l’estensione dei continenti aumenta con l’aumentare dell’età della Terra, perché nelle zone di convergenza se ne forma sempre di nuova. Per questo Nuna (o Columbia) era molto meno estesa di Pangea. Adotto il nome di Nuna, sperando che prima o poi un congresso internazionale degli studiosi in materia metta fine a questa confusione terminologica.

GLI ARGOMENTI CHE FANNO PENSARE ALL’ESISTENZA DI NUNA. L’indizio principale è la presenza di una serie di fasce orogeniche di età compresa fra 2.1 e 1.8 miliardi di anni fa, molte delle quali separano ancora due o più cratoni diversi, segno che questi, precedentemente distanti, si sono successivamente scontrati, come si vede dalla carta qui sopra, presa da [1]. Fra questi sono particolarmente noti l’orogene Trans – Hudsoniano in America settentrionale, vari orogeni dell'Europa Orientale come Kola - Karelia e l’orogene di Lapponia – Russia e Baltica (riconosciuto pochi anni fa e quindi assente nella carta qui sopra), l’orogene Trans – Amazzonico in America meridionale e quello del Limpopo in Africa australe. Si configura dai dati a disposizione un “ciclo di Wilson” con la separazione di alcuni cratoni tra 2.3 e 2.0 Ga che successivamente si sarebbero di nuovo scontrati generando appunto quelle fasce orogeniche.

Sul come questo cratoni erano disposti ci sono ancora parecchie dispute: a parte quelli che sono ancora adesso fisicamente separati da quelle stesse fasce orogeniche le posizioni degli alti sono spesso incerte. Ad esempio l’orogene del Limpopo è posto fra il cratone del Kapvaal in Sudafrica e quello del Botswana e non ci sono dubbi sul fatto che questi due blocchi si siano scontrati fra loro a circa 2 Ga. In altri casi le successive frammentazioni e due miliardi di anni di movimenti complicano molto il quadro; ci sono comunque ampie prove di una vicinanza più o meno stretta fra Laurentia, Baltica e Siberia, ma sulla posizione di altri blocchi come Cina settentrionale, Amazonia e quelli che oggi costituiscono India e Australia occidentale ancora le interpretazioni sono piuttosto divergenti. Alcuni autori hanno poi fornito ricostruzioni parziali in cui alcuni cratoni vengono considerati e altri no.
La formazione di un supercontinente è un processo che non è detto sia continuo: diciamo che ad un certo punto ci sarà una ”massima aggregazione”, ma non è detto che dappertutto prima ci sia l’unione e poi la divisione. Anche nel caso della Pangea mentre negli Urali continuava il processo di scontro fra Siberia, Kazakstan e Euramerica, in altre zone, come il margine orientale “africano”, erano attivi i primi processi di disgregazione, con il distacco di Cimmeria dal Gondwana e la formazione della Neotetide. Questo potrebbe (anzi, dovrebbe) essere valido anche per Nuna, per il quale il periodo di massima aggregazione dovrebbe risalire a circa 1.8 Ga (i primi lavori parlavano invece di 1.6 Ga), ma dove alcune frammentazioni sono iniziate qualche decina di milioni di anni prima della massima amalgamazione.

ALCUNI FENOMENI INTERESSANTI CHE HANNO COINCISO CON L’ESISTENZA DI NUNA.
La formazione di Nuna e la sua esistenza hanno coinciso con dei cambiamenti significativi della Terra.

Le fasce di nuova crosta continentale formatesi nel margine SE di Laurentia
in un ambiente di collisione fra zolle di tipo andino, da [1]
1. un cambiamento generale nel magmatismo. Fino a quel momento le associazioni di graniti – granodioriti (serie GG) erano state molto rare, subordinate dal punto di vista quantitativo alle ben più diffusse serie TTG (tonalite–trondhjemite–granodiorite), tipiche di Archeano e Paleoproterozoico: le serie GG sono diventate comuni a partire dagli orogeni di 1.9 – 1.8 Ga e da quel momento in poi nessuna grande suite TTG si è successivamente formata. L’avvento delle serie GG può significare l'instaurazione da quel momento di una tettonica delle placche simile a quella attuale oppure di nuove condizioni del mantello diventate simili a quelle attuali.

2. Una conseguenza di questa nuova situazione è non solo la formazione di una prima estesa rete di fasce orogeniche formatesi in relazione allo scontro di vari cratoni, ma anche la prima presenza accertata di larghe fasce orogeniche di tipo “andino”, testimonianze della convergenza fra una placca continentale una oceanica che le scorre sotto consumandosi nel mantello

3. Per questo l’esistenza di Nuna ha coinciso con un vistoso aumento della superficie dei continenti a causa della nuova crosta continentale creata su alcuni dei suoi lati proprio da questo margini di tipo andino: di fatto nessuno dei crstoni che si sono amalgamati durante la formazione di Nuna era più grande di 2 milioni di km quadrati (per confronto l’odierna America Settentrionale è 25 milioni di km2), mentre durante la sua frammentazione alcuni blocchi sono rimasti di considerevole dimensione: Siberia, Laurentia, Australia occidentale, Atlantica, Baltica, India e Cina settentrionale che da quel momento diventano le grandi protagoniste delle vicende geologiche, e sono molto più grandi di quelle che si erano precedentemente amalgamate, perché a loro volta sono l’unione di continenti più piccoli lungo quelle fasce orogeniche di età compresa fra 2.2 e 1.8 Ga. Il più studiato di tutti è Laurentia, di cui vediamo una ricostruzione con i vari cratoni minori che la hanno formata, da [2].
Dei principali blocchi usciti dalla frammentazione di Nuna solo Atlantica non esiste più, mentre altre come Baltica, Siberia e Laurentia hanno continuato periodicamente a scontrarsi e nuovamente separarsi fra loro. È facile quindi vedere come ci sia un cambio nettissimo nella geologia della crosta continentale tra prima e dopo Nuna, in particolare nelle dimensioni dei frammenti di crosta continentale. anzi, direi che è la caratteristica più chiara a livello tettonico.

La diminuzione del tenore di CO2 in atmosfera
nel mesoproterozoico, da [3]
4. dopo il Grande Evento Ossidativo di 2.5 mld di anni fa, il tenore di ossigeno atmosferico ha continuato a salire e quello di CO2 a diminuire: la formazione di Nuna ha aumentato le aree che avevano iniziato ad individuarsi qualche centinaio di milioni di anni prima nelle quali erano divenuti maggiormente attivi i meccanismi che consumano CO2 rispetto a quelli che consumano O2, che avevo illustrato in questo post. In particolare hanno contribuito ad assorbire sempre più CO2 la diffusione degli organismi fotosintetici e il sequestro di CO2 dovuto alla sedimentazione di rocce carbonatiche nelle prime piattaforme continentali.  Le piattaforme di mare basso sono ulteriormente aumentate quando hanno iniziato a formarsi i vari rift con cui successivamente Nuna ha iniziato a disgregarsi. 
Quanto all'Ossigeno, l’aumento della fotosintesi rese disponibili maggiori quantità di O2, di cui c’era meno bisogno per ossidare la superficie del pianeta, in quanto le aree coperta da magmi delle serie TTG e GG sono meno avide di ossigeno rispetto alla crosta basica e ultrabasica archeana 
Di fatto è molto probabile che il tenore atmosferico di CO2 sia diminuito abbastanza costantemente tra 1.8 e 1.1 Ga [3] 

4. anche negli oceani qualcosa è cambiato: la loro temperatura è diminuita, mentre approssimativamente a 1.8 Ga nella loro composizione sono drasticamente aumentati i solfati rispetto ad un periodo precedente in cui i carbonati la facevano da padrone.
Tra tutte queste vicende geologiche accompagnando l’evoluzione dei primi eucarioti

I METODI PER CAPIRE COME I VARI CRATONI ERANO ASSEMBLATI IN NUNA. Il processo di aggregazione di Nuna ha visto probabilmente più fasi, con l'aggregazione progressiva di blocchi sempre più grandi (ad esempio Kola e Karelia prima si sono uniti e poi insieme si sono scontrati con Volgo - Uralia. 
Per capire la paleogeografia di Nuna ci sono diversi metodi possibili:
In questa carta da [2] spono illustrasti i vecchi cratoni più piccoli (Superior, Wyoming,
Rae, Slave, Hearne, Nain) che hanno formato il nucleo di Laurentia
Il paleomagnetismo, con cui si determina la paelolatitudine e che sarebbe poi l’unico metodo quantitativo a disposizione: per farlo occorre studiare delle rocce che registrino la magnetizzazione al tempo della loro formazione. Questo metodo si scontra con  alcuni problemi fondamentali: innanzitutto che non ce ne sono tante di rocce utilizzabili, e poi perchè il lasso di tempo in cui si svolge la vicenda dell’unione e della successiva disgregazione di Nuna è di varie centinaia di milioni di anni (da 2.1 a 1.5 miliardi di anni fa): in un periodo così lungo vengono studiati alcuni intervalli che però sono lontani fra loro di decine di migliaia di anni, durante i quali la configurazione può essere cambiata e non di poco sia per la presenza contemporanea di fenomeni di aggregazione, disgregazione e rotazione, sia per la possibilità di scorrimenti laterali su faglie trascorrenti.
Una situazione del genere è attestata, ad esempio, per l’orogene del Limpopo, che si è formato con la collisione del cratone sudafricano del Kapvaal e quello del Botswana: la sutura al limite fra l’orogene e il Kapvaal dopo la collisione si è trasformata in una faglia trascorrente [4] (e dovrebbe essere pure la faglia che ha provocato il terremoto dello Zimbabwe di qualche giorno fa, anche se adesso il movimento è stato di tipo distensivo).

Il confronto fra la geologia dei vari cratoni è un altro metodo: si cercano delle somiglianze fra cratoni che potrebbero derivare da una loro continuità in quel tempo. In particolare per questo scopo vengono usate le età e le rocce delle varie fasce orogeniche che si sono formate durante l’amalgamazione di Nuna e le direzioni dei filoni di magmi basici che ne hanno segnato la disgregazione: nel mesozoico la frammentazione del Gondwana è stata preceduta dalla messa in posto di vaste coperture basaltiche (Deccan, Atlantico Centrale, Madagascar etc etc) e questo è successo anche per Nuna, senonché, essendo il fenomeno molto più antico, durante il tempo che ci separa da allora, l’erosione ha portato via tutti i basalti e sono rimasti solo dei frammenti delle radici profonde di queste all’epoca immense coperture laviche. 

Alcune ricostruzioni riepilogate in un recente lavoro riassuntivo [5]
CORRELAZIONI PIÙ O MENO SICUREIl problema è che queste correlazioni sono difficili a farsi e non sempre chiare. La correlazione paleogeografica più accertata (e quella prima riconosciuta già nel 1989) è quella fra Laurentia, Groenlandia, Baltica e Siberia [6], spesso chiamata “configurazione NENA” o “Arctica” (tanto per aumentare la confusione). Secondo quasi tutte le ricostruzioni questo è proprio il nucleo del supercontinente, che secondo la maggior parte degli Autori è rimasto in parte stabile addirittura per oltre un miliardo di anni: Siberia e Laurentia si sarebbero inglobate così come erano nel successivo supercontinente (Rodinia), separandosi solo alla sua successiva disgregazione, quindi un miliardo di anni dopo la formazione di Nuna.

Ci sono poi altri raggruppamenti come “Atlantica, che prevede l’unione fra i cratoni di Congo - São Francisco, Río de la Plata, Africa Occidentale e altri blocchi archeani minori. Ci sono varie versioni dell’assetto di Atlantica a seconda degli autori che l’hanno studiata  Nelle prime fasi degli studi c’è persino chi ha sostenuto che i blocchi di Atlantica si siano mantenuti così fino all’apertura dell’Oceano Atlantico [7]. Questa ipotesi è stata successivamente poco gradita. È probabile che le differenze che si registrano in biblografia siano invece dovute al lungo intervallo di tempo in cui si svolge questa vicenda, per cui fra movimenti e rotazioni avvenuti prima e durante l’amalgamazione e, successivamente, durante la nuova fratturazione, le posizioni relative dei vari blocchi si sono modificate e quindi il paleomagnetismo dà ovviamente risultati diversi epoca per epoca. Di fatto Atlantica sembra essere stata oggetto di una formazione e una frammentazione molto precoce: i suoi costituenti si sarebbero fusi insieme prima di 2 miliardi di anni fa (l’orogene Trans – amazzonico infatti è tra i più vecchi fra quelli legati alla formazione Nuna), andando poi tutti insieme contro Artica, e anche la sua frammentazione sarebbe iniziata prima del resto del supercontinente. In genere, ma non da tutti gli autori, Atlantica viene collocata a SE del blocco di Arctica. La posizione al suo interno di Amazonia è quella più discussa.

Ad Atlantica manca l'Africa australe, particolare di non trascurabile importanza. Di fatto ci sono forti indicazioni di un blocco formato dal cratone del Kapvaal e del Botswana con l’Australia occidentale: si tratta di un altro esempio della amalgamazione  tra 2.0 e 1.8 miliardi di anni fa di blocchi sempre più grandi: il Kapvaal è formato da due terranes che si sono uniti e in seguito amalgamatisi con il Botswana; da ultimo tutti insieme si sono amalgamati con l'Australia occidentale, a sua volta unione di 3 blocchi più piccoli.

La fratturazione di Nuna secondo [8]
Sulla posizione all’interno di Nuna di altri cratoni, come India, Cina settentrionale e Antartide orientale (a loro volta unione di una serie di cratoni più piccoli) ci sono ancora “varie interpretazioni varie”. È abbastanza gettonata l’idea che Cina settentrionale ed India fossero a ovest di Artica, soprattutto perché vengono correlati fra loro i filoni di gabbro che dovrebbero essere collegati alla loro separazione avvenuta da 1,7 mld di anni fa in poi [9], mentre la Tasmania era all’epoca molto distante dall’Australia occidentale.

LA FRAMMENTAZIONE DI NUNAUna delle caratteristiche più diffuse fra le rocce di età compresa fra 1.8 e 1.3 Ga ancora rimaste sulla Terra è la presenza di zone di rift e di un diffuso magmatismo di tipo intraplacca. È una situazione molto simile a quella intorno all’Africa dal mesozoico ad oggi e anche per questo motivo i rift e le rocce magmatich associate sono stati correlati con la frmmentazone di Nuna dopo la sua amalgamazione. Questa situazione la ritroviamo sia all’interno che ai margini del supercontinente [10], essenzialmente ai lati dei vari cratoni.
La correlazione fra queste sequienze di cratoni diversi è uno degli strumenti principali che servono a ricostruire il puzzle della loro posizione all’interno di Nuna.

IN CONCLUSIONE: gli indizi dell'esistenza attorno a 1.8 Ga di un supercontinente, Nuna o Columbia o come lo volete chiamare, ci sono. Ma ancora c'è molto da capire sulla sua storia e sul suo assetto.

[1] Zhao et al 2002 Review of global 2.1–1.8 Ga orogens: implications for a pre-Rodinia supercontinent Earth-Science Reviews 59,125–162
[2] Hoffmann 1988 United plates of america, the birth of a crato: early Proterozoic assembly Ann.Rev.Earth planet. Sci 16,543-603
[3] Sheldon 2013  Causes and consequences of low atmospheric pCO2 in the Late Mesoproterozoic  Chemical Geology 362, 224–231
[4] Khoza et al 2013 Tectonic model of the Limpopo belt: Constraints from magnetotelluric data Precambrian Research 226,143–156
[5] Meert 2012 What's in a name? The Columbia (Paleopangaea/Nuna) supercontinent Gondwana Research 21 (2012) 987–993
[6] Hoffman 1989. Speculations on Laurentia’s first gigayear(2.0 to 1.0 Ga). Geology 17, 135 – 138.
[7] Rogers (1996)  A history of continents in the past three billion years. Journal of Geology 104, 91–107
[8] Evans et al 2016 Paleomagnetism of Mesoproterozoic margins of the Anabar Shield: A hypothesized billion-year partnership of Siberia and northern Laurentia Precambrian Research 281, 639–655
[9] Hou et al 2008. Geochemical constraints on the tectonic environment of the Late Paleoproterozoic mafic dyke swarms in the North China Craton. Gondwana Research 13, 103–116.
[10] Rogers and Santosh 2009 Tectonics and surface effects of the supercontinent Columbia Gondwana Research 15,373–380 



mercoledì 5 aprile 2017

Le assurde proteste contro il TAP: parola di un ambientalista "eretico"


La questione delle proteste conto il TAP in Puglia e su quelle a proposito del nuovo gasdotto nell’Appennino centrale mi stanno facendo venire un gran prurito. Non perché io sia un petrolofilo e climascettico, tutt’altro, ma perché si tratta di una battaglia assurda ed inconcepibile in un Paese civile. A quelli che hanno paura dei gasdotti, a parte il fatto che li hanno sotto casa e in casa da decenni, dico che di strutture del genere in zone sismiche ne abbiamo già anche in Italia parecchie; ma soprattutto vorrei far notare che tra un palazzinaro che costruisce con materiali scadenti ed una azienda che costruisce un gasdotto per gestirlo c’è una “leggera” differenza: al palazzinaro disonesto dopo aver venduto l’immobile (o aver consegnato quanto formalmente richiesto dall’appalto) di quello che succederà in seguito non gliene può importare di meno; invece l’azienda che costruisce un gasdotto non si può permettere il lusso che abbia problemi, per cui sicuramente lo costruisce bene… Quindi, a partire da quelle a San Foca, devo dire che le proteste attuali contro la costruzione di alcuni gasdotti, TAP e transappenninico in primis, mi paiono assurde, immotivate e portate avanti con criteri che la Scienza l’hanno abbondantemente calpestata. Ma in un Paese in cui l’analfabetismo scientifico è particolarmente diffuso, bastano le parole di pochi guru per provocare ondate assolutamente ingiustificate di proteste e di panico. Resta solo un problema: che in Italia la comunicazione istituzionale sulle opere pubbliche è assolutamente carente e che la sindrome "nimby" è particolarmente diffusa. E i risultati si vedono.

Qualcuno mi ha definito, un po' pomposamente direi, un “ambientalista eretico”, perché alle volte vado esattamente contro le istanze portate avanti dagli ambientalisti, convinto che la “mia” soluzione sia a favore dell’ambiente e quella degli ambientalisti vada esattamente contro le necessità ambientali. Di esempi in proposito ce ne sono diversi, a partire dal mio essere sempre stato a favore  dell’Alta Velocità ferroviaria (con esclusione della Venezia – Trieste e del ponte sullo Stretto) e del traforo del Frejus (il quale non è, ripeto, una TAV ma una variante di tracciato).
Altre persone che conosco sono rimaste parecchio perplesse per il mio atteggiamento sul referendum dell’anno scorso sulle concessioni per l’estrazione degli idrocarburi e le mie posizioni sulla questione dell’acqua pubblica.

LE MIE PREOCCUPAZIONI SULL'USO MASSICCIO DEI COMBUSTIBILI FOSSILI. Chi mi conosce e chi mi legge sa che sono su posizioni molto allarmistiche a proposito dei cambiamenti climatici, l’ho spiegato bene anche nel libro che ho scritto sull’estinzione dei dinosauri: la storia del meteorite – killer assolve le emissioni di CO2 e SO2 da parte delle eruzioni del Deccan: insomma, per me (anzi, per i dati oggi a disposizione) oggi stiamo facendo un esperimento per capire come mai si sono estinti i dinosauri… 
Addirittura in questo post ho fatto notare la curiosa relazione temporale fra ricerche sui gas serra e "lancio" dell'ipotesi del meteorite. 
Vediamo cosa successe. 
Dopo anni che le perforazioni oceaniche avevano riscontrato un peggioramento delle condizioni ambientali alla fine del Cretaceo, un articolo propose di addebitare l'estinzione dei dinosauri a un forte effetto serra dovuto a emissioni di CO2. Pochi mesi dopo arrivò la teoria dell'impatto, in cui al contrario in quelle fasi la Terra cadde in un inverno simile all'inverno nucleare paventato in quel periodo.
Il 4 agosto 1978 uscì su Science un articolo di Dewey McLean dal titolo: A terminal Mesozoic “Greenhouse”: Lessons from the Past [1], il cui sommario comincia così: le rocce e la vita del tardo Mesozoico implicano un riscaldamento globale di breve durata (tra 100 mila e 1 milione di anni) dovute da un effetto serra indotto da emissioni di biossido di Carbonio (all’epoca le datazioni erano molto meno precise di oggi, NdR); all’inizio dell’articolo si legge che: "l’uso umano di combustibili fossili e delle foreste sta incrementando in modo significativo il tenore di CO2 atmosferico", parlando qualche riga dopo di “un innalzamento delle temperature anche di pochi gradi (entro i 6) nel prossimo secolo e in quello successivo è predetto dal comitato sull’energia e il clima dell’Accademia Nazionale delle Scienze come effetto dell’alterazione antropica del ciclo del carbonio”.
L’anno dopo Luis Alvarez, uno scienziato importante, non geologo ma fisico, e persona piuttosto vicina all’apparato industriale statunitense, tira fuori una ipotesi che assolve i gas serra, combattendo in seguito con violenza McLean e tutti quelli che non la pensavano come lui (ma solitamente evitando confronti a viso aperto, a parte qualche occasione). Sempre nello stesso post mi sono chiesto esplicitamente se la successione temporale sia stata un caso o no.
Anzi, avrei persino dei dubbi sul fatto che Alvarez non ne sapesse nulla del cratere dello Yucatan, dato che la sua presenza era già stata rivelata, sia pure in maniera non proprio chiara, nel 1981 [2].

Venendo all'oggi, oltre al riscaldamento in atto, di cui una componente è sicuramente naturale, ma altrettanto sicuramente un’altra è dovuta alle emissioni antropiche di CO2, proprio in questi anni si stanno verificando, oltre all’aumento di CO2 e SO2 atmosferici, altri fenomeni  che hanno preceduto gli eventi anossici del passaggio Cretaceo – Paleocene, come una acidificazione delle acque e, in alcune aree oceaniche, una fioritura del fitoplancton.
E, sempre nel campo degli idrocarburi, mi sono sempre espresso chiaramente contro il fracking (che comunque in Italia non si può fare semplicemente per… mancanza di rocce adatte).
Queste cose le dico anche in un seminario che tengo agli studenti universitari di Scienze della Terra.

PURTROPPO I COMBUSTIBILI FOSSILI SONO ANCORA NECESSARI. Questa - lunga - premessa non l'ho scritta per pubblicizzare il mio libro, ma per far notare come io sia assolutamente schierato fra coloro che avversano l’uso dei combustibili fossili e che, di conseguenza, vogliono assolutamente trovare delle soluzioni per diminuirne drasticamente l’uso.
Ciò non toglie che il tema dell'uso (e dell'abuso) dei combustibili fossili vada visto con un po' di raziocinio e, soprattutto, con rigore scientifico. Per questo, ad esempio, continuo a correggere chi sostiene che alla base della sismicità indotta in buona parte degli USA ci sia direttamente il fracking: in realtà come ho spiegato varie volte i problemi nella stragrande maggioranza dei casi vengono dalla reiniezione nel sottosuolo ai fini di smaltimento dei fluidi che il processo produttivo ributta in superficie e solo in aree dalla geologia particolare. Questo non per assolvere il fracking, pratica a mio avviso demenziale, ma semplicemente in nome della correttezza scientifica delle cose. Perché una battaglia contro qualcosa va vinta spiegando le ragioni vere dell'opposizione,  e non accampando scuse.

WebGIS della Regione Puglia dell'aprile 2017, in cui si nota come i focolai di Xylella, molto estesi,
non sono assolutamentedistribuiti esclusivamente lungo il tragitto programmato per il TAP
PERCHÈ SONO CRITICO SULLE DIMOSTRAZIONI CONTRO IL GASDOTTO A SAN FOCA. Oggi sono molto critico sulle dimostrazioni contro l’espianto degli ulivi in Puglia per la costruzione del TAP.
Mi ero già occupato nel 2013 di questo gasdotto (e del suo omonimo orientale, il Trans Anatolian Pipeline… Adriatico e Anatolia iniziano entrambi con la lettera “a”) in questo post.
Diciamo che sono favorevole al TAP per una serie di motivi. In particolare, dal punto di vista generale dell’uso del combustibile:
- perché se proprio dobbiamo bruciare combustibili fossili, allora è meglio bruciare metano che petrolio o carbone (ricordando che alternative ritenute “più ecologiche” come legna e pellet sono in realtà molto peggior, almeno per rilascio di diossine e PM10)
- perché per trasportare metano in gasdotto si usa meno energia che trasportarlo su navi (o trasportare petrolio su navi)
- perché avremmo dopo Algeria, Libia, Russia ed Europa Settentrionale, un quarto fornitore

Dal punto di vista strettamente locale, ricordo che non c’è nessuna relazione fra area del TAP e area colpita dalla Xylella (come si vede da questa carta) e che a proposito della Xylella stiamo facendo la solita magra figura davanti al mondo scientifico internazionale, come ai tempi di Di Bella, del processo dell’Aquila e della questione Stamina: in altri Paesi gli olivi malati sarebbero stati eradicati senza i piagnistei e le masturbazioni mentali su complotti che abbiamo dalle nostre parti.
COSA VIENE FATTO A SAN FOCA? Il lavoro che in questo momento stanno eseguendo (o dovrebbero eseguire) a San Foca è molto semplice: 
- dopo aver attraversato l’Adriatico la conduttura a circa 800 metri dalla riva e ad una profondità di 25 metri entrerà in un microtunnel di approdo lungo 1,5 chilometri, che finirà sulla terraferma a circa 700 metri di distanza dalla spiaggia
- per realizzare il microtunnel verrà scavata una piccola trincea
- il tutto a fine lavoro verrà ricoperto e gli ulivi, che erano stati spostati, verranno reimpiantati
La tecnologia del microtunnel è stata usata diverse volte in situazioni del genere, per esempio sulle spiagge ad Ibiza (dove non si registrano al proposito dimostrazioni sguaiate). 
A proposito della situazione degli ulivi, non mi resta che linkare il sito dell'azienda costruttrice del gasdotto, che fornisce qui le informazioni sulla procedua di spostamento provvisorio. Mi spiace davvero non poter linkare un qualcosa fatto da terzi.

PERCHÈ SAN FOCA? Una domanda intelligente può essere: perché proprio quella zona è stata scelta per far “sbarcare” il TAP?
Certo, sarebbe stato intelligente, teoricamente, farlo nella zona industriale di Brindisi, dove il litorale è già rovinato. Ma c’è un particolare di non trascurabile importanza: l'area industriale di Brindisi è una zona a rischio di incidente rilevante, quindi non può accogliere altre infrastrutture, in particolare una sensibile come questa. Lo sanno tutti, ma alcuni fingono di averlo dimenticato.
Il sito di San Foca è stato scelto grazie ad una apposita procedura di Valutazione di Impatto Ambientale, la cui documentazione è stata fornita dal preponente al Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare nel settembre del 2013: il ministero pretese delle integrazioni, che sono arrivate nell’aprile successivo, insieme alle risposte alle osservazioni del pubblico. A settembre del 2014 il Ministro Galletti, ha firmato il decreto di compatibilità ambientale, superando il parere negativo espresso dalla Regione Puglia e del Ministero dei Beni Culturali. Su questi pareri, è evidente nel primo la demagogia della decisione, sul secondo... beh... le sovrintendenze ci stanno abituando a scelte scientificamente e tecnicamente incredibili, conseguenze di un Paese in cui il mondo umanistico e quello scientifico sembrano muoversi in universi paralleli, grazie alla puzza sotto il naso di molti umanisti.
In questo parere il Ministero dell'Ambiente ha fornito una approfondita analisi delle alternative proposte, confermando che il minor impatto ambientale e paesaggistico per l'approdo del gasdotto sulle coste salentine è San Foca, dove comunque nessun segno evidente dell’opera rimarrà lungo la costa, grazie proprio alla tecnologia del microtunnel.  Tutta la documentazione si trova sul sito del Ministero dell'ambiente a questo indirizzo.  

SOLO QUESTI ULIVI (CHE VERRANNO REMPIANTATI) SONO STATI ESPIANTATI IN PUGLIA IN QUESTI ANNI? Ribadendo che gli ulivi lungo il gasdotto non verranno abbattuti, ma semplicemente dislocati provvisoriamente altrove per poi essere reimpiantati dov’erano e come erano, annoto che 80 sindaci sono fra i manifestanti e/o fra quelli che hanno dimostrato simpatia per la manifestazione contro il TAP. 
Naturalmente mi auguro che durante il mandato di questi sindaci, nei loro comuni non sia stato espiantato nessun ulivo per costruire edifici di ogni tipo e che, in nome dell’ambiente, in questi comuni il territorio sia pulito (specialmente le spiagge) e tutti gli scarichi fognari siano in regola con le normative europee. Insomma, un territorio non sfregiato come quello che diversi amici mi raccontano esista spesso da quelle (splendide!) parti .
Eppure mi risulta che in zona per costruire varie strutture di ulivi ne siano stati espiantati parecchi, e senza il loro riposizionamento in altro luogo.
E oggi il problema è spostare provvisoriamente gli ulivi lungo l’itinerario del TSP? Ma fatemi il piacere…

Carta dei gasdotti del 2004 (!), dove si dimostra che la rete esiste già, anche nelle zone terremotate
DIETROLOGIAA questo punto mi chiedo cui prodest tutto ciò. È chiaro che a qualcuno il TAP non piace, e che nel Paese della scarsa preparazione scientifica, dei 50 milioni di allenatori della Nazionale di calcio e della cultura da bar sport i "no qualcosa" hanno vita facile.
Io una soluzione ce l’avrei, evito comunque di andare in questioni che coinvolgono partiti politici, non perché io non abbia idee in merito, ma perché su Scienzeedintorni si parla di Scienza e non di politica, tranne che di politiche sulla Scienza.
Faccio però notare che ai fornitori di gas esistenti (e cioè Nord Europa, Russia ed Algeria) che l’Italia non compri il gas dall’Azerbaijan potrebbe fare comodo.
Ricordo anche due particolari del giugno 2013, quando scrissi il post già linkato sulla questione: a Istambul era in corso la questione degli scontri a Gezi Park: qualcuno si è domandato perché la Bonino, grande paladina dei diritti umani, è stata all’epoca un ministro degli esteri un po' tantino tiepido nei confronti del governo di Ankara, il secondo è che l’Azerbaijan ha deciso il 25 giugno, anziché nell’autunno successivo, che il progetto vincente sarebbe stato il TAP via Grecia – Albania e Italia anziché il Nabucco, con cui il gas azero avrebbe raggiunto la Germania via Paesi balcanici (costringendomi ad editare in fretta il post di cui sopra). 
Evidentemente la Bonino non poteva far arrabbiare troppo i turchi, che bene o male un po' di influenza sulle decisioni dell’Azerbaijan ce l’avevano. E nessuno mi toglie dalla testa che anche gli scontri a Gezi Park siano stati un po' pilotati “da fuori” per far decidere gli azeri prima del previsto.
Se qualcuno ricorda, anche la crisi in Ucraina è iniziata per una questione di gasdotti… e anche in Macedonia proteste di piazza e proposte di gasdotti sono state stranamente sincronizzate…
D’altro canto, uscendo dal mediterraneo, anche il Sudan meridionale dopo decenni di lotta ha ottenuto l’indipendenza solo dopo la scoperta del petrolio….

A proposito: questa è la carta dei gasdotti in Italia. Come vedete anche l’Appennino centrale ne è già pieno. 
Purtroppo nulla si può fare per parlare con chi non vuole ascoltare, ed è convinto di aver ragione. In genere chi non ascolta è solo debole e prevenuto, ed è prevenuto perché qualcuno lo ha convinto di questo ….
E poi..  è troppo più facile farsi pubblicità contestando piuttostoché fornire soluzioni pratiche (non teoriche) ai problemi odierni...



[1] McLean D.M., 1978, A terminal mesozoic “greenhouse”: lessons from the past. Science 201, 401–406
[2] Penfield & Camargo 1981, Definition of a major igneous zone in the central Yucatán platform with aeromagnetics and gravity, in: Technical program, abstracts and biographies (Society of Exploration Geophysicists 51st annual international meeting, Los Angeles. p. 37

sabato 1 aprile 2017

Renzi: tranvai in piazza Duomo nel 2021

Tweet clamoroso di Renzi stamattina: nel 2021 la tranvia di Firenze arriverà in piazza Duomo.

Abbiamo cercato di capirne di più e siamo in grado di spiegare il perché di questo annuncio.

Questo è il risultato di una serie di approfondimenti della situazione fiorentina: se nel PD grazie alle sue truppe cammellate di democristiana memoria la vittoria è semplice, qualche dubbio che Andrea Orlando gli possa dare noia per le primarie di fine aprile c’è, specialmente se la sinistra deciderà di andare a votare.

A Firenze la partita dal punto di vista emotivo è importante e quindi si è ricordato che la chiusura di piazza Duomo, se esteticamente è indubbiamente una cosa ben riuscita, si è rivelata però un disastro per il trasporto pubblico perché ha di fatto impedito agli utenti di tutta la parte orientale della citttà l’uso del mezzo pubblico, a causa del giropesca che gli autobus sono costretti a fare e facendo incavolare tutti gli abitanti.

Inoltre ai vecchietti di tutta Firenze girano le scatole: una volta arrivavano al Duomo in autobus, oggi l’ATAF li lascia alla Stazione o a San Marco. E siccome i giovani non lo possono vedere l’appoggio degli anziani è fondamentale.
A complicare ulteriormente la situazione nella zona penalizzata c’è pure Gavinana dove è posto il circolo in cui sono iscritti lui e la Boschi.

Recentemente ha parlato con la Merkel ed è stato anche in Svizzera e ha visto come nelle principali città germaniche ed elvetiche il tranvai è il mezzo di trasporto più gettonato, ecologico e capillare. Quindi ha pensato che questa poteva essere un’idea per dar un respiro più europeo a Firenze.

Per essere sicuro della cosa ha commissionato dei sondaggi, che gli hanno dato una risposta assolutamente certa: Firenze vuole il tranvai.

Matteo, decisionista come sempre, ha quindi deciso che sarebbe ritornato il programma originale. Tram da Gavinana e Bagno a Ripoli lungo i viali fino alla fortezza dove si collega con il resto della 2 verso l’Aeroporto e Sesto. In piazza libertà interscambio con la linea 1 che da Rovezzano e Campo di Marte va a Scandicci passando per Via Cavour, via Martelli, piazza Duomo e le vie Cerretani e Panzani.
Inoltre viene abbandonata l’idea del passaggio sotterraneo: il tranvai passerà lungo i viali di circonvallazione (come la logica vorrebbe) e conclusone dei lavori nel 20021 e non come dice Giorgetti nel 2030.
Da ultimo ritiene possibile pensare al prolungamrnti della ljnea 4 da porta al Prato al Galluzzo e Tavarnuzze.

Renzi dichiara: “Io sul tranvai co sono stato solo per l’inaugurazione, anche se adesso in molti mi consigliano di attaccarmici.
Ma io penso più in grande: in tanti sono saliti sul mio carro, e alla fine mi è tocccato comprare un frecciarossa.. volevo un treno pendolari.. il Vivalto.. avrebbe fatto più sinistra e dal piano di sopra avrei visto bene il mio Paese... ma però non può andare nelle linee AV e inoltre Marchionne mi ha fatto sapere che su untreno così volgare (inteso “per il volgo”) non ci sarebbe mai salito".

Ci sono reazioni molto differenti...
Interpellato da diverse testate giornalistiche Nardella ha tirato delle testate nel muro: “non ne sapevo niente.. Matteo è ancora il sindaco ma porc.. le decisioni clamorose lo esaltano, ma potrebbe avvisare almeno i suoi più fidati collaboratori quando cambia idea..."
L’assessore Giorgetti soddisfatto... “non ne posso più di fare la figura del bischero a dire che i lavori delle tramvie si concluderanno nel 2030"

Razzanelli è sconvolto.. "non mi posso più fidare di nessuno... - ci ha detto - a questo punto alle primarie voto Orlando… almeno sono sicuro di non illudermi perché lui dirà solo cose di sinistra e non farà false promesse a quelli di destra".
Il ministro Delrio, che sta facendo molto per il trasporto su rotaia in Italia, gongola: "la cura del fosforo a cui abbiamo costretto Matteo gli ha fatto finalmente capire che la cura del ferro è essenziale per la mobilità delle aree urbane. Realizzeremo per il finanziamento, la progettazione e la conferenza dei servizi delle corsie preferenziali" (quelle che mancano a Firenze... ndr).
Vari gruppi di attivisti pro-tram come Straffichiamo Firenze o Firenze vuole la Tranvia esprimono la massima soddisfazione.

Costernazione totale fra i vari gruppi antitram e fra l'opposizione... "Adesso siamo proprio finiti... e le palle che raccontiamo per dire perché a Firenze la tranvia sarà un disastro nei prossimi anni gli elettori se le ricorderanno... L'unica speranza per non perdere troppi elettori è che nel PD vinca un candidato troppo a sinistra...