martedì 31 gennaio 2017

Cronache (burocratiche) da Rigopiano


Emergenza e burocrazia. Due entità in lotta fra loro. Tacito diceva che i germani, avendo buone abitudini, avevano bisogno di poche leggi, mentre i latini avendo cattive abitudini avevano bisogno di tante leggi. Senza tirare fuori il trito argomento Merkel e dintorni, noi siamo i discendenti dei latini, di cui condividiamo molti vizi. Purtroppo le ultime riforme, che avevano promesso di cambiare il mondo e che si ripromettevano di impedire le cattive abitudini, hanno portato una burocrazia totalmente priva di buon senso che è ostacolo al progresso e che soprattutto dimentica di avere a che fare con delle persone e non con dei complessi algoritmi. Soprattutto norme volte a ostacolare "fannulloni, disonesti e quant'altro" finiscono per essere di ostacolo a tutti coloro che operano avendo delle urgenze e danno l'impressione che sia la ricerca al servizio della burocrazia e non il contrario. I social network pubblicano spesso testimonianze su questo (dalla necessità di sostituire urgentemente un hard disk guasto su una attrezzatura fondamentale a quella di farsi spedire dall'estero un frontespizio di tesi di dottorato firmato, etc etc). Pubblico questa nota del professor Casagli che denuncia come in caso di emergenze come quella dell'hotel Rigopiano la burocrazia diventi quasi surreale e che frapponga una nutrita serie di ostacoli. É già seccante combattere contro le sue assurdità in tempi normali, è demenziale perdere tempo per cavilli burocratici durante una emergenza. Sperando che una volta per tutte almeno la ricerca scientifica e la gestione delle emergenze possano essere affrancate da procedimenti inconcepibili per una persona normodotata. 

Alla ricerca della posizione ideale per la strumentazione
Ecco la nota di Nicola Casagli:
Nel pomeriggio di mercoledì 18 gennaio 2017 una valanga si abbatte sull'hotel Rigopiano in Provincia di Pescara. Le operazioni di ricerca e recupero iniziano in situazioni ambientali difficilissime e con un alto rischio di nuovi distacchi di neve o di roccia dal canalone soprastante.

Giovedì 19 alle 21.40 ricevo una telefonata dal Centro Operativo Misto di Protezione Civile istituito a Penne per il coordinamento dei soccorsi. Chiedono se possiamo installare a Rigopiano uno dei nostri radar di monitoraggio. Il problema è che i nostri non vanno bene per le valanghe; è quindi necessario trovare un radar con frequenze e tempi di detezione adatti allo scopo. Prendo tempo fino alla mattina successiva.

Nella notte i miei ricercatori e io studiamo il caso, prendiamo informazioni, contattiamo colleghi e aziende specializzate per telefono e WhatsApp.

La mattina di venerdì 20 alle 8.00 diamo conferma: facciamo venire un radar doppler per valanghe da Zurigo, dove una startup (Geopraevent) ha realizzato la tecnologia giusta. Non abbiamo mai avuto contatti con quella società. Abbiamo visto il sito web e capito che può funzionare. Sentiamo anche una spinoff della nostra Università (iTem), che ha sviluppato la tecnologia degli array infrasonici per il monitoraggio delle valanghe.

Il tempo utile di preavviso di una nuova valanga a Rigopiano è solo di un minuto: in meno di 60 secondi i soccorritori si devono mettere in sicurezza per cui ci vuole un sistema allarmato. Verso le 11 il sistema è già progettato: il radar per l’allertamento rapido entro 10 secondi dal distacco della valanga, l’array infrasonico per il supporto alla previsione e per il pre-allarme.

Appuntamento ad Arcetri per preparare la missione. Partiamo alle 13.30 in 6 da Firenze con 2 automezzi fuoristrada, 2 da Zurigo con un furgone, altri 2 il giorno dopo da Firenze con un pickup. Un altro da Zurigo in aereo e macchina a noleggio.

Io sono professore, gli altri ricercatori precari: non abbiamo orario di lavoro e siamo abituati a lavorare anche nei giorni festivi. Ci sono anche due tecnici (laureati e dottori di ricerca, inquadrati ovviamente nella categoria dei diplomati perché si sa che all’Università conta prima di tutto risparmiare): loro non possono lavorare di domenica e le ore di viaggio nemmeno vengono riconosciute come ore di lavoro.

Pare che siano le conseguenze della legge Brunetta antifannulloni, che ovviamente va a colpire solo chi ha voglia e capacità di lavorare, mentre non tocca minimamente i fannulloni. Ma fortunatamente anche i nostri tecnici sono abituati a fare volontariato per la PA: hanno stipendi fissi di poco superiori ai 1200 euro.

Il traffico per raggiungere la zona dei soccorsi
Arriviamo a Penne alle 18.30 di venerdì con tutto il necessario. Il radar arriva alle 3.30 (di notte) di sabato, perché è stato bloccato tre ore alla dogana: una telefonata di spiegazioni non basta, vogliono un fax per sdoganarlo. A tutto abbiamo pensato tranne che a organizzarci per i fax. Anche al COM di Penne i fax non li manda più nessuno. Lo facciamo inviare dalla DICOMAC di Rieti (la sala che segue tutte le operazioni sulla sequenza sismica).

L’array infrasonico giunge a Penne domenica mattina da Firenze: fortunatamente fra le Regioni non ci sono le dogane!

Abbiamo portato con noi: radar e accessori, array infrasonico e accessori, un drone multicottero, telecamere e fotocamere, telecamera a infrarosso termico, GPS, ARVA, sci, ciaspole, attrezzature da neve e ghiaccio, componenti elettroniche, cassette degli attrezzi, batterie, generatori, modem, computer, taniche di carburante e molto altro.

Abbiamo dovuto pensare a portare tutto da casa perché da quest’anno ci hanno tolto le carte di credito di servizio e non possiamo fare più acquisti in situ. Dicono che esse erano incompatibili con la tracciabilità antimafia, che non potevano assegnare un Codice Unico di Gara, che non permettevano lo split payment dell’IVA, e che è molto più dinamico e moderno anticipare in contanti e aspettare mesi per essere rimborsati.

Ci vogliono ore per raggiungere il sito di installazione, in un infernale traffico di mezzi di soccorso sulla strada in cui è stata faticosamente aperta una corsia unica dalle turbine e dagli spazzaneve.

Con le ciaspole in risalita verso il canalone della valanga
E poi su con il "bruco" dell’Esercito o quello dei VVF. E poi a piedi con le ciaspole o gli sci attraverso la valanga con le attrezzature in spalla. Perché gli elicotteri non possono volare per la scarsa visibilità.

Non si vede niente. L’antenna del radar è puntata verso la parte alta del canalone sulla base delle simulazioni effettuate su un modello digitale del terreno. Ma il terreno non è più lo stesso: c’è la valanga sopra e i modelli digitali rappresentano solo la memoria del passato.

ll radar doppler è installato sabato 21 gennaio ed è operativo dalle ore 18:30. L’array infrasonico domenica 22 ed è in funzione dalle ore 16:30.

Nessuna delle attrezzature utilizzate è stata acquistata sui burocratici mercati unici del CONSIP per la Pubblica Amministrazione. Gran parte era stata acquistata in "tempo di pace" sul libero mercato, guardando alla qualità e non solo al prezzo, anche se ciò ci è costato montagne di dichiarazioni, assunzioni di responsabilità, RUP, commissioni, timbri, discussioni, delibere, verbali e lettere protocollate.

Il drone ce lo siamo interamente autoprodotto con la stampante 3D, perché il codice appalti ancora non ha scoperto l'esistenza di queste ultime e non le ha normate rendendole inutilizzabili come tutto il resto.

Radar e array sono delle ditte che abbiamo incaricato con una telefonata, senza le bizzarre e interminabili procedure di affidamento imposte alla Pubblica Amministrazione in tempo di pace. C’è l’urgenza e si applica l’art.63 del nuovo codice appalti. Per la verità le procedure semplificate per l’urgenza c’erano già anche prima con il vecchio codice all’art.57: l’unica cosa che è cambiata è la numerazione degli articoli (deve essere il nuovo che avanza).

Curiosamente invece l’art.163 del nuovo codice, appositamente pensato per le grandi emergenze di protezione civile, non è applicabile perché troppo burocratico.

Per la società svizzera non ci sono problemi: con gli stranieri le regole burocratiche degli approvvigionamenti sono un po’ più rilassate perché in Italia il protezionismo è alla rovescia, mica abbiamo Trump. Per la PA italiana è molto più facile dare un incarico a una società straniera che a una nazionale. Sarà per questo che molte nostre imprese traslocano all’estero, come i nostri ricercatori.

Installazione del radar
Per la spinoff dell’Università di Firenze invece ci aspetta un’epica lotta contro la burocrazia perché il nuovo codice appalti non ne parla: tratta solo di in-house delle pubbliche amministrazioni per le quali consente gli affidamenti diretti. Le spinoff accademiche sono lasciate nel limbo dell’incertezza normativa, per cui per la mia Università è molto semplice dare incarichi agli spinoff di tutti gli altri Atenei d’Italia e del mondo, ma è impossibile darli alle proprie, che sono incredibilmente escluse anche dal libero mercato.

Altre attrezzature sono state portate da noi, nel senso che sono di nostra proprietà privata e che le mettiamo a disposizione per far funzionare le cose. Chissà se all’ANAC avranno da ridire sull’uso pubblico di mezzi privati?

Anche i rifornimenti di carburante per automezzi e generatori li abbiamo fatti fuori-CONSIP, perché per trovare i distributori del fornitore unico TotalErg bisogna andarli a cercare, perdendo tempo e sprecando benzina più di quanto la convenzione ne faccia risparmiare. E poi a noi piace l'ENI e la "potente benzina italiana" di Enrico Mattei!

Tutto ha funzionato alla perfezione … tutto, tranne una cosa: la scheda SIM della TIM convenzione CONSIP 6 per la Pubblica Amministrazione.

Dato che pressoché tutti i soccorritori appartengono alla PA, nonostante la tempestiva installazione delle celle mobili, la rete TIM è andata in saturazione semplicemente perché tutti, ma proprio tutti - Protezione Civile, VVF, Soccorso Alpino, Forestale, Finanza, Militari, Carabinieri, Polizia, Comune, Provincia, Regione, etc. - sono obbligati a utilizzare CONSIP 6.

Siamo stati salvati dalla SIM degli svizzeri: i collegamenti con la stazione di monitoraggio sono stati fatti con il modem in roaming internazionale, alla faccia del risparmio, dell’efficienza e della razionalizzazione dei costi.

Con i Mercati Unici non si risparmia: si perde tempo, si alimenta l’inefficienza e alla fine si spende anche di più. E' la spending review, anch'essa alla rovescia.

Una settimana a Rigopiano ci ha fatto vedere che esistono due mondi della Pubblica Amministrazione: uno (largamente dominante) che si muove “a mille”, che comunica via WhatsApp, che risolve problemi e che getta il cuore oltre ogni ostacolo; un altro (minoritario e residuale) che comunica per PEC e fax, che pensa a togliersi le responsabilità piuttosto che a risolvere problemi, che gli ostacoli li crea anche quando non esistono.

Un attimo di riposo 
La comunità scientifica - inclusa l’Università - è parte integrante del Servizio Nazionale della Protezione Civile ed è chiamata a fornire il supporto tecnico-scientifico alle attività istituzionali di Protezione Civile: previsione, prevenzione, soccorso e superamento dell’emergenza.

Così Giuseppe Zamberletti concepì l’architettura del Servizio Nazionale, all’indomani del terremoto dell’Irpinia.

L’ex-Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha dichiarato a più riprese: “dobbiamo togliere l’Università dal perimetro della Pubblica Amministrazione perché non si governa l’Università con gli stessi criteri con cui si fa un appalto in una ASL o in un comune“.

Ho detto e scritto più volte che sarebbe sufficiente una semplice norma di poche righe, per abbattere il ginepraio burocratico-normativo in cui è stata fatta sprofondare l’Università italiana:

Al fine di assicurare il pieno ed efficace svolgimento del ruolo istituzionale delle Università e degli Enti di Ricerca, nel rispetto dei principi di autonomia stabiliti dall’articolo 33 della Costituzione e specificati dalla legge n.168 del 9 maggio 1989, NON si applicano alle Università statali e agli Enti di Ricerca le norme finalizzate al contenimento di spesa in materia di gestione, organizzazione, contabilità, finanza, investimenti e disinvestimenti, previste dalla legislazione vigente a carico dei soggetti inclusi nell’elenco dell’ISTAT di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n.196.”

Dopo l’esperienza di Rigopiano penso che tale norma debba essere assolutamente estesa anche a tutte le componenti del Servizio Nazionale della Protezione Civile.


lunedì 30 gennaio 2017

Le strutture attive dell'Appennino centrale e quali sono secondo la Commissione Grandi Rischi quelle più a rischio


In questo post, a seguito delle dichiarazioni della commissione Grandi Rischi sulle aree oggi più a rischio sismico nell'Appennino centrale, descrivo le strutture sismiche attive di quest'area, molte delle quali studiate in dettaglio in quanto sono faglie che affiorano in superficie. Purtroppo invece il ricordo storico dei terremoti è parecchio incompleto e non contiene tracce anche di eventi probabilmente avvenuti dopo il 1000. Inoltre la complessità dell'area mette a dura prova qualsiasi ipotesi di andamento spazio - temporale, mentre l'addensamento in tempi ristretti degli eventi è invece una cosa certa. Da ultimo preciso le zone che la Commissione ha indicato come quelle dove in questo momento sono più alte le possibilità di sviluppo di nuovi eventi sismici maggiori e che sono tutte vicine al settore del Monte Vettore, interessato dai movimenti principali degli ultimi mesi.

La Commissione Grandi Rischi ha indicato la presenza di alcune zone potenzialmente “più a rischio” di attivazione di una nuova sequenza sismica nelle aree vicine a quella in cui si svolge la sismicità degli ultimi mesi. La precisazione più importante da fare è che che non si tratta di una previsione ma si tratta di una valutazione scientifica di possibili scenari. Scenari che, continuo a ripetere, sono noti da tempo e quindi se fossimo una Nazione seria la popolazione dovrebbe vivere / lavorare / studiare / passare il tempo libero in edifici adeguati al rischio da un bel pezzo. 
Ma siamo in Italia e allora, a distanza di 8 anni dal 2009, in questo giorni si chiudono per precauzione le scuole all’Aquila in quanto è possibile che arrivi un terremoto.
Cioè, fatemi capire, ci sono 3 classi di edifici che dovrebbero essere prioritariamente messi a norma:
- scuole, per preservare la popolazione giovane e perché ambienti ideali per accogliere sfollati, avendo tante piccole stanze
- ospedali, perché servono per l’emergenza e perché ci manca solo di dover distaccare personale ad evacuare i degenti di un ospedale reso inagibile da un terremoto
- centri della Protezione civile, perché è ovvio che i centri decisionali e organizzativi devono funzionare senza se e senza ma

e in un comune dove solo 8 anni ci sono stati quasi 200 morti per un terremoto le scuole non sono ancora state ristrutturate per essere in grado di resistere in caso di sisma? Scusate ma… siamo su “scherzi a parte”, vero????   

I GRANDI SISTEMI DI FAGLIE NORMALI DELL'APPENNINO CENTRALE. Nel dettaglio il comunicato della commissione Grandi rischi parla della rottura:
- del sistema di faglie che collegano la sismicità dell’Aquila del 2009 e la sismicità di Colfiorito del 1997, sulla traccia degli eventi del 1703
- del segmento a sud-est della sequenza di ottobre, lungo la faglia di Gorzano in direzione di Campotosto e L’Aquila, con la possibile riattivazione anche delle aree interessate dagli eventi del 18 gennaio
- della possibile prosecuzione a Nord del sistema del Monte Vettore, su faglie non mappate in superficie

Fatte queste premesse, vediamo in dettagli di cosa si tratti, esaminando la situazione strutturale dell’Appennino centrale, che vediamo in questa classica carta dei “soliti” Galadini e Galli, modificata da un loro lavoro del 2008 [1].
Le strutture sismogenetiche principali sono suddivise in due sistemi grossomodo paralleli, uno orientale che va dal Vettore alla Maiella e uno occidentale che va da Colfiorito all’alta valle del Sangro.
C’è poi un terzo allineamento, ancora più occidentale, non compreso nella carta  e obliquo rispetto ai due precedenti, che dalla Valtiberina e dalla valle Umbra arriva a Leonessa e alla valle del Salto [2], unendosi a quello occidentale nell’area del Fucino.
Queste faglie accomodano la deformazione provocata dalla estensione (di oltre 1,5 mm /anno) che sta subendo la crosta e sono quindi la risposta superficiale a quello che succede sotto, su cui sono diverse spiegazioni (e io ne avrei un’altra ancora… ma è meglio per stavolta glissare sull’argomento …).

Confrontiamo ora il comportamento sismico dei due sistemi:
- il sistema occidentale ha innescato una lunga serie di terremoti registrati nel catalogo parametrico dei terremoti italiani: gli ultimi sono Valnerina 1979, Colfiorito 1997 e L’Aquila 2009, ma ci sono ampie testimonianze di forti eventi dal XIII secolo in poi (Norcia, L’Aquila, Avezzano)
- il sistema orientale ha molti meno episodi registrati nel catalogo: dovrebbero essere ad esso attribuiti i terremoti della zona di Amatrice tra il 1627 e il 1672 (il primo dei quali avvenne 8 anni dopo il forte evento del 1619 sull’allineamento occidentale a metà strada fra Norcia e L’Aquila, poco a sud di Amatrice) e sicuramente alcuni eventi minori durante la II guerra mondiale. Ci sono forti dubbi invece sulle relazioni fra il sistema orientale  e il grande terremoto M 6.2 della Maiella del 1706. Per il resto non esistono testimonianze storiche di eventi prodottisi in questo sistema.

Quindi negli ultimi secoli il sistema occidentale è stato molto più attivo di quello orientale. La domanda è se si tratti di una regola generale: forse l’attività si è trasferita (o si sta trasferendo) da un sistema “vecchio” più orientale ad un “nuovo” più occidentale? 
Non ho trovato in bibliografia notizie su una eventuale differenza temporale fra la comparsa di questi due sistemi; in Appennino in genere le nuove strutture si sono formate progressivamente andando verso est e ciò sembrerebbe negare questa possibilità, specialmente se fosse valido il modello della “destrutturazione della catena”, anch’esso legato alla direzione degli eventi orogenici (che ovviamente procederebbe pure esso in direzione orientale). 
Ma siccome secondo altri Autori queste faglie sono dovute a altri motivi (anche per me…) non vedo grossi problemi a individuare eventualmente un trend opposto a quello orogenico.

Sulla questione della loro attività passata ci viene in aiuto un aspetto importante: le faglie principali dell’Appennino centrale producono fagliazione superficiale e quindi oltre ad essere chiaramente individuabili, possono anche essere studiate scavando delle trincee nei punti chiave osservando le deformazioni del terreno, deformazioni che avvengono durante gli eventi principali, quelli appunto capaci di indurre fagliazione superficiale. Questi eventi principali possono essere datati (anche se, purtroppo, non sempre con una grande precisione a scala umana).
Oltre ai “soliti” Galadini e Galli, altri ricercatori hanno prodotto numerosi studi e quindi una buona parte di queste faglie sono state caratterizzate, nella tempistica ma anche nella magnitudo massima che possono determinare. La maggior parte di queste osservazioni sono sintetizzate in [1]. Ne cito le principali
Ricordo che da un punto di vista storico c’è una buona copertura degli eventi maggiori in età romana; invece lo scadere delle costruzioni e della civiltà in genere ha come conseguenza l’assenza di registrazioni di terremoti nei “secoli bui” e fino al XII secolo. Cosa che per esempio non ha permesso di fissare il ricordo di un terremoto molto importante fra i secoli IX e XIII, avvenuto a pochi km a sud dell’Aquila.

IL SISTEMA OCCIDENTALE. Il settore più a nord del sistema occidentale è quello di  Colfiorito / Norcia, che è sismicamene parlando pure uno dei settori più attivi di tutta l’area: gli eventi del 1279, 1703, 1997 e probabilmente anche il terremoto del 99 d.C. sono tutti da addebitarsi a questa struttura.
Andando verso sud il settore dell’alto Aterno corrisponde ad una faglia lunga oltre 20 km e ha prodotto almeno 5 eventi maggiori negli ultimi 15000 anni, purtroppo mal databili, tranne l’ultimo che corrisponde al terremoto Mw = 6.7 del 2 Febbraio 1703, 
Scendendo ulteriormente, troviamo il settore Cerasitto – Campo Felice – Ovindoli – Pezza:  secondo ricerche piuttosto dettagliate [3] si è mosso in almeno 3 episodi diversi negli ultimi 10.000 anni: il più antico fra il 5000 e il 3500 a.C., il secondo intorno al 1900 a.C. ed il terzo nel medioevo, tra l’860 e il 1300 (ma probabilmente non troppo dopo il 1000). Questo terzo episodio è una cattiva notizia non tanto per l’umanità attuale della zona (con circa 3.000 anni tra un evento e quello successivo dal punto di vista statistico questa faglia non è al momento quella più temibile) ma perché dimostra le gravi lacune del catalogo sismico che abbiamo a disposizione (e che, oltretutto, è fra quelli che vanno più lontano al mondo...).
Se la faglia si muovesse tutta insieme sarebbe una cosa estremamente pesante, avendo un potenziale di M 6.7 mentre se si rompesse soltanto uno dei segmenti l’intensità raggiungerebbe un valore molto minore (6.3).
Poi c’è più a sud il settore del Fucino, quello che ha provocato il sisma del 1915. Proprio grazie alle lacune del catalogo, quest’area non era considerata sismica fino appunto al 1915. La recente attività investigativa ha invece dimostrato che negli ultimi 2000 anni ci sono stati almeno 3 eventi piuttosto importanti.

IL SISTEMA ORIENTALE. L’inizio settentrionale corrisponde al sistema del Monte Vettore, sulla cui attività non ci sono fonti storiche. Annoto comunque che le leggende che circolano sui monti Sibillini denotano un ricordo di eventi sismici, a partire da quella sulla Via delle Fate, il sentiero che si sviluppa proprio lungo la rottura della faglia del Monte Vettore. Gli studi di Galli e soci nella piana di Castelluccio hanno dimostrato che gli eventi del 2016 sono stati preceduti da almeno tre episodi di fagliazione superficiale negli ultimi 13.000 anni, le cui datazioni sono purtroppo molto vaghe. L’ultimo è avvenuto tra il XXII sec a.C. e il VII d.C.. Questa datazione presenta una forbice piuttosto ampia ma ritengo personalmente probabile che l’evento sia avvenuto nella parte più recente dell’intervallo, proprio a causa della leggenda delle fate.
Andando verso sud troviamo il sistema di Monte Gorzano – Laga, dove una faglia lunga 30 km controlla la formazione dei bacini di Amatrice e Campotosto. L’attività paleosismica non è molto frequente ed ancora meno determinabile dal punto di vista temporale di quella del settore del Vettore, a parte gli eventi tra il 1627 e il 1672.
Il successivo settore è quello di Campo Imperatore (quindi l’area del Gran Sasso): composto da tre faglie  (Assergi, Campo Imperatore e Cappuccini – San Vito) si è mosso almeno tre volte negli ultimi 5200 anni. Precisando meglio le date di un lavoro precedente [4], Galadini e Galli hanno fornito una forbice abbastanza ristretta di date per i tre ultimi eventi (sempre in date a.C.): 1480–1400, 3545-3475 e 5155–5120 a.C.. 
Ora, il criterio del tempo di ritorno mi lascia in generale abbastanza perplesso ma queste datazioni meritano una riflessione: il tempo fra di esse è di circa 2000 anni, molto più corto dei circa 3400 che ci separano dall’ultimo evento; la cosa mette piuttosto in pensiero (anche perché siamo a 15 km dall’Aquila...), ma andando in là nel tempo gli eventi più importanti sono più rarefatti, per cui se consideriamo tutti gli eventi degli ultimi 20.000 anni diventa molto più rassicurante per l’immediato (circa 6000 anni). Ciò non toglie che su questo settore si debba porre una grande attenzione.
La trincea scavata attraverso la faglia responsabile
dei terremoti del settore del Fucino, da [1]
Per il settore del Monte Morrone i dati sono pochi, ma è probabile un forte evento nel II secolo d.C. [5]. La Magnitudo massima attesa è di 6.7
Per finire arriviamo al sistema di Aremogna – Cinquemiglia, anch’esso privo di ricordi storici della sua attività. I dati ricavati dalle trincee sono piuttosto dibattuti, ma sembra probabile che l’ultimo evento risalga al I millennio a.C.

Un appunto sul terremoto della Maiella del 1706: pur essendo molto vicino al sistema di monte Morrone, non sembra essere legato ad esso e, anzi, per molti Autori si tratta di un evento compressivo e quindi appartiene a tutta un’altra situazione.

POSSIBILI SCENARI FUTURIÈ ormai evidente che di norma gli eventi dell’Appennino centrale si raggruppano in tempi ristretti e che a questo punto si possono legare in un cluster contemporaneo gli eventi del 1997, 2009 e 2016/17. Resta da capire quali possano essere gli scenari futuri, e cioè quali settori di questi sistemi di faglie siano quelli maggiormente in grado di produrre nei prossimi mesi o anni eventi di una certa importanza. 
La complessità dell’area impedisce di trovare una linearità nella evoluzione dell’attività sismica e, soprattutto, complica molto la questione del tempo di ritorno. È un metodo piuttosto criticabile per stimare il rischio in una zona ad alta pericolosità sismica e che ha spesso avuto delle smentite. Ma soprattutto quando si tratta di un’area del genere, con tante strutture sismogenetiche, ciascuna con le sue tempistiche, e una spiccata attitudine dei terremoti a raggrupparsi in intervalli temporali ristretti, il criterio del tempo di ritorno va sicuramente gestito in un modo attento e, soprattutto, non può essere considerato ad un livello “regionale”, ma delle singole strutture. Inoltre questi addensamenti dimostrano che molto spesso le modifiche del campo di sforzo determinate da un evento principale possano promuovere, anticipandoli, movimenti di altri sistemi di faglia.  

Pertanto nei prossimi anni il rischio sismico in Appennino centrale è maggiore del normale. In particolare, pur nella difficoltà di individuare in tutto quel caos di faglie la logica di un possibile andamento  della sismicità,  le aree che la Commissione Grandi Rischi ha individuato sono:

- il settore di Norcia, che fa parte del sistema occidentale, ed è considerato particolarmente a rischio di muoversi per tre caratteristiche principali: 
  1. negli ultimi secoli ha prodotto numerosi eventi ed è quindi molto attivo
  2. si trova in mezzo fra le zone interessate dagli eventi del 1997 e da quelli del 2009
  3. è di fronte al settore attualmente interessato dalla sequenza

- il settore della Laga, che è quello immediatamente a sud del settore del Vettore e che, a parte gli eventi del XVII secolo e quelli del gennaio 2017, è sostanzialmente quiescente

- il settore della Alta Valle d’Esino, che merita una attenzione maggiore ora, visto che non ne ho parlato prima. Il comunicato precisa l’esistenza di faglie non mappate in superficie e quindi sepolte. Il che è già un problema di suo perché le faglie sepolte non sono esplorabili con trincee e quindi ricavare la loro storia è impossibile. Nella immagine qui accanto vediamo a sinistra la carta delle repliche degli ultimi 90 giorni, e a destra il database delle sorgenti sismiche, che evidenzia tre sorgenti potenziali, una a sud in mezzo alla quale c’è Fiastra e che rappresenta il limite settentrionale dell'attività attuale, una a nord in mezzo alla quale c’è Camerino (teatro del terremoto del 1873) e che inizia proprio oltre la zona interessata dalla sismicità attuale e una terza più a nord, verso Fabriano.
La sorgente del fabrianese è quella del terremoto Mw 6.2 del 24 aprile 1741, che seguì e precedette il gli eventi del 1747 e 1751 della zona di Gualdo Tadino. Questi due eventi dovrebbero essersi originati da una struttura che borda il lato orientale della valle. Purtroppo essendo una faglia che non arriva in superficie è impossibile determinare qualcosa sulla sua storia sismica.

Ripeto nuovamente, comunque, il concetto: NON non si tratta di una previsione ma si tratta di una valutazione scientifica di possibili scenari.
Le previsioni, checchè ne pensino i soliti personaggi, NON sono attualmente possibili. Punto e basta.

[1] Galli et al 2008 Twenty years of paleoseismology in Italy. Earth-Science Reviews 88, 89 – 117
[2] Boncio et al 2004. Defining a model of 3D seismogenic sources for seismic hazard assessment applications: the case of central Apennines (Italy). J. Seismol. 8, 407–425
[3] Pantosti et al 1996 Paleoseismicity of the Ovindoli-Pezza fault, central Apennines, Italy: a history including a large, previously unrecorded earthquake in the Middle Ages (860–1300 A.D.). J. Geophys.Res. 101, 5937–5959
[4] Giraudi e Frezzotti 1995. Paleoseismicity in the Gran Sasso massif (Abruzzo, central Italy). Quat. Int. 25, 81–93
[5] Gori et al 2006. Large-scale gravitational deformations and quaternary faulting: the case of the south-western side of the Mt. Morrone (central Apennines, Italy) Geophysical Research Abstracts, 8, p. 05955


mercoledì 25 gennaio 2017

La sequenza sismica dell'Appennino centrale e il comunicato della commissione Grandi rischi: perché sono possibili nuovi eventi sismici importanti in futuro?


Nel comunicato della Commissione Grandi Rischi emesso il 20 gennaio vengono dette cose che dovrebbero essere piuttosto ovvie e condivisibili anche da chi ha una infarinatura sommaria. Purtroppo siamo in Italia e persino un comunicato del genere suscita risentimenti e paure. Probabilmente perché è un pò troppo sommario. In questo breve post voglio puntualizzare gli aspetti fondamentali della questione, ritornando al concetto di "crisi sismica" che non è ben chiaro all'italiano medio e sul perché la commissione ha parlato di possibili eventi futuri. Mi piacerebbe comunque che venisse fornita una comunicazione più chiara specialmente nella parte che fa riferimento alle dighe, perché si sta scatenando un bel macello mediatico.

LA SEQUENZA SISMICA IN ATTO E IL COMUNICATO DEL 20 OTTOBRE. Il comunicato della Commissione Grandi Rischi si trova nel sito del dipartimento della Protezione Civile a questo link e ha suscitato un vespaio. Eppure vi è scritto esattamente quello che hanno detto da parecchi mesi (sostanzialmente dal 24 agosto) la commissione, tanti geofisici e – modestamente - anche il sottoscritto.
Personalmente, oltre a chiedere le logiche verifiche (che immagino siano già state effettuate anche a agosto e primi di novembre), sulla questione dighe non intendo dire altro. Sul mio blog mi sono occupato diverse volte della vicenda del Vajont, ma sono stato sul posto, ho studiato l'evento e l’area sia dal punto di vista geologico che geografico e storico, ho parlato con diversi protagonisti, dell'evento e degli studi in proposito. Su queste dighe non ho NESSUN dato: non le conosco, non conosco la morfologia e la stratigrafia delle rive e dei bacini, le potenzialità di franare dei versanti, non conosco la situazione corrente: come posso esprimere una benché minimamente fondata opinione in merito?

Nel comunicato si legge che la sequenza sismica che ha colpito l’Appennino Centrale su una lunghezza complessiva di oltre 70 km, ha avuto sino ad ora quattro momenti principali di rilascio sismico: il 24 agosto, con l’evento di M6 di Amatrice; il 26 ottobre, con due eventi principali di M5.4 e M5.9 che hanno esteso la sismicità verso nord; il 30 ottobre, con l’evento di M6.5 che ha ribattuto la zona a cavallo degli eventi precedenti; il 18 gennaio, con 4 eventi di magnitudo M5.0-5.5, su una lunghezza di circa 10 km nella parte meridionale della sequenza, nell’area di Montereale, che si ricongiungono alla sismicità aquilana del 2009.
E, tanto per smentire il concetto di una sequenza mai vista prima, si legge che questa sequenza può essere considerata come tipica dell’attività sismica appenninica, e come tale aspettata sulla base della storia sismica e del contesto sismo-tettonico regionale.

Si puntualizza anche una particolarità importante, condivisa con la sequenza di Colfiorito del 1997, rispetto a quanto si è visto negli altri terremoti del XX secolo: la presenza di numerosi eventi multipli. Per evento multiplo intendo una serie di eventi nella stessa zona estremamente ravvicinati nel tempo e non separati da una fase caratterizzata dalla sola sismicità di fondo tipica di “momenti di pace” (insomma, quella che c’è stata nei decenni precedenti, fatte salvo le scosse maggiori). 
La sismicità prodotta dall'evento del 2009 si è esaurita e tra il 2010 e il 2016 abbiamo avuto la solita attività di fondo. Invece nella stagione 2016 / 2017 eventi "maggiori" si producono senza che la sequenza di repliche del primo sia finita prima che arrivi un secondo evento principale: come riporta il comunicato stesso, anche nel 1703 ci furono due eventi di magnitudo tra 6.5 e 7 a distanza di un mese, nel 1639 due eventi comparabili a distanza di una settimana, nel 1997 dopo Colfiorito sei eventi di magnitudo oltre 5.2 su una durata di sei mesi) e ora nella zona di Amatrice, con tre eventi di Mw 5.9 - 6.5 negli ultimi cinque mesi.

Da questo si potrebbe supporre che nel 1997 e oggi la sequenza duri di più rispetto al passato. Ma in mancanza delle registrazioni strumentali ho qualche dubbio nella completezza dei dati su cosa sia successo nel passato. Osservando che in quell’area dopo una forte scossa sono stati registrati eventi sismici importanti anche in aree limitrofe mi sono chiesto se:
- da un lato nel periodo successivo ad un terremoto forte le cronache si siano più occupate di eventi sismici rispetto a periodi più "di pace", nel senso che i cronisti, impressionati da cosa era successo a poche decine di km di distanza, prestassero una attenzione maggiore del solito a fenomeni del genere (un caso attuale può essere la sequenza in atto fra Trevi e Spoleto)
- dall’altro, siccome i terremoti principali sono ricordati a causa delle distruzioni non so quanto nel "passato senza le registrazioni sismometriche" si sia fissato il ricordo di scosse successive che hanno interessato aree già distrutte nei mesi precedenti (e, soprattutto, c’era chi si prendeva la briga di registrarle nelle cronache, avendo da fare qualcos’altro?). Questa mancata registrazione potrebbe spiegare e rendere solo apparente la differenza fra il 1996 e il 2016 / 2017 con le sequenze del passato.

LA DISTRIBUZIONE IRREGOLARE DEI TERREMOTI IN ITALIA NEL TEMPO. Quello che si può dire è che siccome in Italia c’è un ricordo storico lungo diversi secoli di terremoti, fissato dall’INGV nel Catalogo parametrico dei terremoti italiani, è stato possibile capire che i terremoti maggiori non avvengono “una volta ogni tanto” nè “distribuiti casualmente nel tempo”, ma si addensano zona per zona in periodi più ristretti. e che quindi adesso dobbiamo tenere l'attenzione più alta del normale.
Parlando forbito, si può dire che i terremoti principali non avvengono random, ma si addensano in cluster temporali.

Per esemplificare torniamo all’aprile del 2009, dopo il terremoto dell’Aquila. 
Una persona che quell’anno aveva 85 anni (nata dunque nel 1924) era troppo giovane e non aveva le attuali possibilità di accesso alle informazioni per ricordarsi il terremoto dell'Irpinia del 1930, nonostanteché vi morirono oltre 1000 persone. Il primo terremoto forte in Italia di cui ha almeno sentito parlare è stato quello dell'Irpinia nel 1962, quando aveva ben 38 anni. E soprattutto, ricorda solo un grande terremoto italiano in più di me che sono nato nel 1960, 36 anni dopo e che a 24 anni avevo già “visto” 3 terremoti come Belice, Friuli ed Irpinia, più una nutrita serie di scosse di minore importanza. Cito a memoria Ancona, Tuscania, Valnerina e ancora nel 1984 l'Abruzzo (Opi e Villetta Barrea per l'esattezza) e un fortissimo evento in Dalmazia.
Dopo la crisi culminata con Irpinia 1980 abbiamo avuto pochi eventi isolati e di non grandissimo spessore: una persona nata nel 1980 nel 2009 aveva 29 anni, e prima del terremoto aquilano poteva ricordare solo eventi come Colfiorito / Assisi e San Giuliano di Puglia. Terribili certo, ma con effetti non paragonabili a quelli dei 3 grandi terremoti suddetti che io a quell'età avevo già visto.

Nel giugno del 2013 feci notare in questo post come tra 2012 e 2013 l’Appennino settentrionale è stato investito da una serie di eventi forti come non mai negli ultimi decenni: non solo gli eventi del maggio 2012, ma un evento decisamente sopra l’attività di fondo pochi mesi prima e poi un paio di eventi “sopra le righe” tra Garfagnanna e Apuane.
E rimanendo sull'Appennino Settentrionale, vediamo che circa un secolo fa c'è stato un anomalo raggruppamento di terremoti che hanno interessato tutta la catena tra l'Adriatico e il Tirreno, con 4 eventi piuttosto forti negli anni compresi tra il 1916 e il 1920:
M 6.1, 16 agosto 1916, Costiera romagnola
M 5.9, 26 aprile 1917, Val Tiberina
M 6.2, 29 giugno 1919, Mugello
M 6.5, 7 settembre 1920, Garfagnana e Lunigiana
Tutti hanno provocato danni e  morti, e tutti concentrati in pochi anni. Dopodichè nulla o quasi è successo fino ai giorni nostri. E sicuramente niente con M sopra 5.5. L'addensamento mi pare statisticamente significativo.
Una cosa simile è successa anche tra il 1470 e il 1501

Nel post sopra citato scrissi anche che “Ora, passati quasi 30 anni dal terremoto campano è possibile che si sia all'inizio di una nuova crisi: tra il 1850 e il 1908 l'Italia fu sconvolta, specialmente al sud, da una serie di terremoti notevolissimi, conclusasi con il terremoto di Avezzano del 1915 e la serie dell'Appennino Settentrionale tra il 1916 e il 1920. Da allora la situazione è stata molto calma, a parte gli eventi già citati".

FUTURI EVENTI NELL’APPENNINO CENTRALE? Insomma, passati appena 8 anni dal 2009, l’addensamento di eventi nell’Appennino centrale potrebbe far presagire una sequenza simile a quello del XVIII secolo (1719, 1730, 1741, 1747 e 1751). Come ho già scritto, esaminando il “catalogo parametrico dei terremoti italiani” dell’INGV, si notano dei momenti in cui il settore a cavallo fra Lazio, Abruzzi, Umbria e Marche è stato colpito da una serie di eventi con M superiore a 5.5 ravvicinati nel tempo come vediamo nella tabella qui accanto, che evidenzia l'addensamento degli eventi sismici principali, per esempio fra il 1269 e il 1279, fra il 1348 e il 1358 (nel 1349 i terremoti del Lazio / Molise e dell’Aquilano sono avvenuti a poche ore di distanza l’uno dall’altro), poi ancora 4 eventi tra il 1456 e il 1466, dopo il quale ci vogliono 50 anni per arrivare al terremoti dell’Irpinia del 1517 (da notare che in questo intervallo si posiziona una crisi nell’Appennino Settentrionale tra il 1470 e il 1501.

Proprio guardando al passato, nel 2009, subito dopo il terremoto dell’Aquila, in questo post mi chiesi se questo potesse essere il segnale dell’arrivo di una nuova crisi sismica in Italia. All’epoca però era solo "una possibilità" (anche se il 1997 e gli eventi della Valnerina non erano lontanissimi), perché ci sono anche degli eventi “isolati”, come nel 1389 e 1599, mentre in tutto il XVII secolo se ne contano “appena” 3.  
Per cui l'equazione "se abbiamo un evento forte, allora ne verranno altri" è stata varie volte contraddetta. 
Oggi possiamo dire invece che, purtroppo, altri eventi importanti sono seguiti a quello del 2009 e che quindi la possibilità di essere dentro una nuova crisi sismica è reale
Da questi dati emerge comunque l'impossibilità di sapere se avremo o no (e tanto meno entro quando) dei nuovi terremoti particolarmente intensi. Si sa solo che in questo momento la cosa è "più possibile" che in altri periodi.

In base a questo ci si potrebbe aspettare un terremoto "maggiore" nei prossimi anni, ma il problema a questo punto è un altro: l’addensamento in periodi abbastanza stretti è statisticamente improbabile e quindi riflette qualcosa di altro, per cui l’effetto domino mi pare realisticamente possibile. Ma… QUESTE NON SONO PREVISIONI. A questo punto ricordo per l’ennesima volta cosa sarebbe una previsione:

Si avvisa che il giorno tale, la faglia tizia si muoverà provocando un sisma di Magnitudo ics. A tal proposito alleghiamo la carta dello scuotimento prevista e l’elenco dei provvedimenti di Protezione Civile che vengono messi in opera

Secondo la Commissione Grandi Rischi "non si puó escludere" che avvengano altri eventi maggiori.
Il che non è quindi una previsione. Come lo sarebbe, del resto, anche "non ci saranno altri eventi importanti”.

Il comunicato della Commissione Grandi rischi tiene quindi – giustamente - conto di questo aspetto importante del comportamento sismico dell’Italia.

Comunque nel comunicato c’è una novità: vengono indicate tre aree contigue alla faglia principale responsabile della sismicità in corso, che non hanno registrato terremoti recenti di grandi dimensioni e hanno il potenziale di produrre terremoti di elevata magnitudo (M6-7). Questi segmenti – localizzati rispettivamente sul proseguimento verso Nord e verso Sud della faglia del Monte Vettore – Gorzano e sul sistema di faglie che collega le aree già colpite dagli eventi di L’Aquila del 2009 e di Colfiorito del 1997 – rappresentano aree sorgente di possibili futuri terremoti.
Futuri terremoti che ci saranno sicuramente, ma quando non è dato sapere. Si può solo dire che in questo momento la probabilità che accadano è maggiore che negli ultimi decenni.  

TERREMOTO, POLITICA E SOCIETA'. Faccio comunque notare che tutte queste strutture sono note, conosciute e anche caratterizzate dal punto di vista della massima Magnitudo nel "classico" lavoro di Galadini e Galli [1]. Quindi, eventuali forti eventi sismici che le interesseranno, arriveranno improvvisi ma non inaspettati e pertanto lo Stato e le Istituzioni avrebbero dovuto prendere idonei provvedimenti legislativi e tecnici e, nel caso negativo, Categorie economiche e Cittadini avrebbero dovuto pretenderlo.
Invece si è costruito dappertutto e male. Con tutti che se ne sono fregati altamente... più è lontano nel tempo un disastro e meno frequentemente si presenta meno ci si pensa...

La consapevolezza di rischiare (o la non conoscenza delle caratteristiche degli edifici) dove si vive, si studia, si lavora e si passa il tempo libero spinge dunque a credere a previsori vari che appunto ho classificato come “visionari, ciarlatani o peggio” in un popolo i cui, comunque, maghi e ciarlatani sono sicuramente più popolari degli scienziati, pronti ad assolvere i primi anche quando sbagliano (cioè sempre) e criticare gli scienziati.

La storia della magnitudo è emblematica. 
Anche il servizio geologico della Nuova Zelanda ha sbagliato – e di grosso – a calcolare la Magnitudo del terremoto del 15 novembre u.s.: all’inizio, mentre tutte le istituzioni fornivano valori ben oltre il 7, a Wellington continavano a dire che era un M 6.8. Poi si sono corretti e l’hanno portata prima a 7.5 e poi a 7.8.
Ma nessun parlamentare o cittadino ha dato di imbecille ed incompetente a Geonet, né si è permesso di dichiarare che per lui la M era superiore.
Può succede all’inizio di fare valutazioni a caldo sbagliate...
Solo da noi si fanno drammi su cose del genere…

Vorrei concludere con quanto ha scritto ieri Alessandro Amato dell’INGV:

Ieri stavo guardando una delle mappe del rapporto che ogni settimana l'Ingv invia al DPC con le informazioni sull'attività sismica in Italia. Oltre ai moltissimi terremoti in centro Italia (il periodo di tre mesi comprende i forti eventi della fine di ottobre), ogni regione ha avuto i suoi eventi sismici, come sempre. Ai politici, cittadini, ai sindaci, ai giornalisti che si interessano al rischio sismico solo quando c'è qualche tragedia, o il piccolo terremoto di magnitudo 3 o 4 nei loro paraggi, vorrei ricordare che un terremoto al di sopra della soglia del danno (diciamo sopra 5) potrebbe arrivare in qualunque momento in qualsiasi parte d'Italia, non solo nelle aree indicate dalla Commissione Grandi Rischi, e con ogni probabilità nessuno vi avviserà il giorno prima. Mentre lo aspettiamo, invece di fare gli scongiuri (vi ho visto...), pre-occupiamocene. Cominciamo. Ora, subito, adesso. Con calma e determinazione, senza gli allarmismi e gli isterismi dettati dalla paura, dal senso di impotenza dell'ultim'ora, dalla ricerca dello scoop. Se verrà tra un bel po' di anni, come è lecito sperare, e nel frattempo avremo messo in sicurezza le scuole, gli ospedali, i luoghi frequentati dal pubblico, fatto controllare e adeguare o rinforzare le nostre case, avremo meno vittime, feriti, danni, e potremo vivere senza la paura. Almeno facciamo questo regalo ai nostri figli.

[1] Galadini e Galli 2003 Paleoseismology of silent faults in the Central Apennines (Italy):the Mt. Vettore and Laga Mts. faults Annals of Geophysics 46, 815 - 836

venerdì 20 gennaio 2017

Precisazioni sugli eventi sismici del 18 gennaio 2017 e sul magico previsore


Aggiungo alcune considerazioni al post frettoloso di ieri l'altro. Purtroppo la sequenza iniziata il 24 agosto non accenna a diminuire e, appunto, il 18 gennaio abbiamo avuto degli altri eventi importanti provocati da una nuova struttura. Ricordo che quando si dice "nuova struttura" non vuol dire che si è creata una nuova faglia, ma che si è messa in moto una faglia diversa da quelle precedenti. Quindi "nuova" è usato come sinonimo di "un'altra". Voglio puntualizzare in particolare alcuni concetti, in particolare perché c'è questa sismicità e il grosso equivoco sul concetto "mai vista prima". Da ultimo, l'apprendista stregone e i suoi come al solito prevedono "a posteriori". Ma riescono sempre, purtroppo, ad incantare chi della materia non sa niente e grida alla Kasta dei baroni universitari che impediscono la libera ricerca. Citando pure la democrazia. Ma si sa, la Scienza non è democratica e non si possono difendere cose indifendibili. E in un Paese di filosofi e letterati vari, tuttologi ed esperti di youtube, ma non di cittadini con una solida preparazione scientifica, pronti a dare più ascolto a maghi e ciarlatani che alla ricerca, è normale che questa gente abbia seguito...

Immagine interferometrica della deformazione dopo il 24 agosto 
fonte CNR / INGV
LA SISMICITÀ "MAI VISTA PRIMA". Mi sto convincendo sempre di più che siamo davanti ad una delle periodiche crisi che ogni qualche secolo investono l'Appennino centrale, iniziata con il terremoto di Colfiorito del 1997. Insomma, i terremoti maggiori dell'area non avvengono "random" nel tempo, ma si adensano in raggruppamenti temporali ravvicinatiE quello che qualcuno chiama "effetto domino" potrebbe anche avere un certo senso. Torniamo al terremoto di Colfiorito del 1997: all’epoca ero un po' fuori dall’ambiente scientifico, ma leggendo qualcosa sulla sismicità storica umbra mi fu chiaro che da quelle parti succeda spesso che un evento principale presenti una serie di repliche piuttosto lunga e che dia effetti anche in aree non direttamente interessate dalla fagliazione. C'è comunque il rischio di un bias osservativo: siccome Umbria e Abruzzi sono interessati da una forte sismicità di fondo è possibile che nel periodo successivo ad un terremoto forte le cronache si siano più occupate di eventi sismici rispetto a periodi più "di pace".  
Insomma, la reazione ad un evento principale da quelle parti è po' particolare.

Ribadisco, quindi, quello che avevo scritto, parlandoi della stoira sismica dell'area, il 13 settembre 2016
in genere un evento come quello del 24 agosto può causare repliche abbastanza forti nell’arco di pochi mesi. Chiaramente non è una “previsione”. È quindi un fatto accertato che in questo momento ci sia il rischio di qualche evento un po' più forte rispetto alla sismicità di fondo dell’area: specialmente nelle zone dell’Umbria nella storia ALCUNE sequenze si sono comportate così, ma non tutte, e quindi non è detto che questo evento si verifichi, nè dove, nè quando.In altre parole: non si può assolutamente prevedere quello che succederà in futuro.

Comunque la questione della sismicità "mai vista prima" è chiaramente una deformazione dell’informazione: per quanto riguarda l’intervista a Valensise, è vero, ha detto “mai vista prima”, ma se veniva citato anche il resto della frase le sue parole sono state “mai vista prima DA QUANDO MISURIAMO LA SISMOLOGIA” (o cose del genere) e ha specificato che nel passato storico dell’area sono evidenti altre sequenze con caratteristiche similari. 
Ma chiaramente fa più notizia una cosa “mai vista prima” di una cosa “mai vista prima dell’era della misurazione dei terremoti”.
In effetti gli accadimenti di questi tempi ricordano molto quello che successe nel XVIII secolo, quando si sono verificate in un periodo ristretto scosse intense circa ogni 10 anni (1719, 1730, 1741, 1747 e 1751), mentre nel secolo precedente e quello successivo ne sono state registrate molte meno.
Lo vediamo nell'immagine sottostante, tratta dal catalogo parametrico dei terremoti italiani di INGV con le differenze fra gli eventi del XVIII e del XIX secolo.

PERCHÉ’ LA SISMICITÀ DELL’APPENNINO CENTRALE? La domanda centrale è questa. Allora, partiamo dalle caratteristiche geografiche: c’è un forte contrasto fra la parte verso il Tirreno e quella verso l’Adriatico, che si evidenzia anche soltanto osservando il reticolo fluviale
- nella zona verso l’Adriatico i fiumi in generale sono perpendicolari alla costa (e alla catena), 
- da un certo punto in poi andando verso il Tirreno le valli (e i fiumi) assumono una direzione parallela alla catena. Questo a causa della presenza di una serie di bacini, preferenzialmente allungati grossomodo in direzione della catena.

Questi bacini sono limitati da grandi faglie normali (note anche come faglie dirette). Anzi, si può dire che i bacini esistano proprio grazie all’attività di queste faglie che, come quella del Vettore, ribassano la parte ad ovest.
Detto questo, la domanda è: perché ci sono queste faglie?
Si è detto che sono faglie normali e quindi esprimono uno sforzo di tensione (se fossero derivate da una compressione svilupperebbero un movimento inverso). La tensione è data dal fatto che siamo al confine fra due blocchi crustali che si muovono in maniera diversa, come dimostrano le misure degli spostamenti di alcune stazioni dedotti usando il GPS: rispetto all’Europa a nord delle Alpi il blocco ad est si muove verso NE, quello ad ovest verso NW. Di conseguenza nella zona di contatto questi due blocchi si allontanano fra loro, generando dunque la distensione. Lo vediamo in questa carta tratta da [1]. Ne ho parlato qui

QUALI FAGLIE SI SONO MESSE IN MOTO? In questa carta modificata da un lavoro appena uscito [2] si vedono gli epicentri degli eventi maggiori degli ultimi mesi, quello del 2009 e le faglie principali della zona. Come si vede la sismicità maggiore ha interessato diversi sistemi. Questa è, appunto, una caratteristica tipica di alcune crisi in cui l’Appennino centrale è stato investito da più eventi in tempi ravvicinati.


GIULIANI -  FINE DI UN MITO (SI SPERA)E ora passiamo al comico. Sulle previsioni, penso che ormai possiamo dare addio all’apprendista stregone abruzzese, che continua a collezionare figure non proprio brillanti (anche se questa storia manco avrebbe dovuto nascere).

La iutiùb iunivèrsiti gli ha conferito la laurea in sismologia visto che avrebbe previsto il terremoto dell’Aquila.
In realtà le cose non stanno così.
In una intervista risalente al 25 marzo 2009 Giuliani si esprimeva così: "Quest'anno questo sciame sismico è stato più intenso e con delle scosse più forti, che sono state rilevate dalla popolazione. Lo sciame non è un fenomeno preparatorio ad un evento sismico più rilevante, né ha correlazione con grandi piogge o nevicate, come ho sentito dire da molti. È un fenomeno normale per una zona come quella di L'Aquila".
Proseguendo affermò che si sentiva di “poter tranquillizzare i miei concittadini, in quanto lo sciame sismico andrà scemando con la fine di marzo"... 
Poi il 31 marzo un evento M 4.1 interessò Sulmona e gli fece cambiare idea: telefonò al comune della cittadina abruzzese, dicendo che dovevano sgomberare la città perché c'era in arrivo una scossa molto forte. 
Si sa poi come è andata… 

Se delocalizzavano gli abitanti di Sulmona all’Aquila sarebbe stata la fine di un mito prima ancora che cominciasse

Celebre poi la storia della scossa M 4.9 registrata il 16 febbraio 2013 vicino a Sora, la più forte in zona dalla fine della sequenza aquilana all’inizio di quella attuale. Il Nostro non l’aveva prevista. Stando al sito “Abruzzo24ore”, il quale lo definisce giustamente “tecnico” e non “ricercatore” si scusò dicendo che aveva solo una stazione funzionante su 3, perchè la seconda era in manutenzione e la terza doveva ancora essere catatterizzata.

Quanto al 24 agosto, lui lo sapeva e sua moglie voleva che facesse un annuncio su facebook (l’altra università che lo ha laureato).
A questo punto, se De Bernardinis è stato definitivamente condannato all’Aquila, bisognerebbe aprire un processo per omicidio colposo anche per lui: ma come, sai che viene un terremoto e non lo dici?????

Ma veniamo all’oggi e cioè agli avvenimenti del 18 gennaio. 
Nelle due immagini vediamo un comunicato confortante emesso la sera del 17, che, come recita il testo, può essere condiviso solo dagli autorizzati (che ovviamente non sono Protezione civile ed Autorità varie, ma il popolo del radon).
Non credo di essere fra gli autorizzati, ma ho una gola profonda che me lo ha mandato. Nel comunicato si parla di una fase piuttosto tranquilla in cui “potrà essere anche raggiunta una M di 3.5”. 
Ma va? Cose che succedono di continuo in questo sciagurato periodo da quelle parti… come prevedere che domani, se stai mezz’ora a vedere il traffico sull’autostrada, vedrai passare un camion con un container sopra…
Però poi…  Huston, abbiamo un problema… c’è stato il terremoto e noi non avevamo detto niente. Appurato che per adesso non abbiamo notizie sulle pressioni della moglie per pubblicare la verità su feisbuc, c’è stata la necessità di spiegare come mai la previsione non c’è stata (al pari del 16 febbraio 2013 e il 24 agosto 2016 etc etc)
Soluzione escogitata: con la neve i rivelatori non funzionano! Lo si legge nel secondo comunicato.
Mi chiedo come mai nel primo comunicato non si accennava a malfunzionamenti…. Eppure la neve c’era di già.


Insomma… Giuliani non ne azzecca una, come un Calandra o un Dutchense qualsiasi… 
Eppure ha avuto la faccia tosta, ovviamente sempre a posteriori, di postare un filmato dice che aveva visto e previsto tutto come sempre, smentendo peraltro quello che aveva postato su facebook..
La faccenda si fa seria, e dimostra che da visionario si sta trasformando in qualcos’altro, e senza vergogna.
Ma tanto c’è chi continua a dargli ragione…

Eppure ricordo che se si fosse fatta PREVENZIONE certe cose non sarebbero successe e il terremoto non farebbe paura a nessuno.

[1] Farolfi & Delventisette (2016) Contemporary crustal velocity field in Alpine Mediterranean area of Italy from new geodetic data GPS Solutions DOI 10.1007/s10291-015-0481-1
[2] Falcucci et al (2016) Active faults in the epicentral and mesoseismal Ml 6.0 24, 2016 Amatrice earthquake region, central Italy. Methodological and seismotectonic issues Annals of Geophysics 59, Fast Track 5; DOI: 10.4401/ ag-7266