giovedì 20 ottobre 2016

Per il 50° del '66 - 3: anatomia di un disastro


Dopo aver parlato nel secondo post della serie, delle alluvioni del passato a Firenze, in questo terzo post esaminerò con attenzione l'evento del 1966, focalizzandomi soprattutto su Firenze e sull'Arno. Anche se quella del 1966 è nota come "l'alluvione di Firenze", la mia città non è stata l’unica area che ha subìto eventi simili, ma per tutta una serie di motivi è il simbolo di quei giorni, per la risonanza mondiale che ebbe immediatamente e per il soccorso internazionale operato dagli “angeli del fango”. Ricordo che in Toscana uscì dagli argini in maniera devastante anche l’Ombrone grossetano (per i non toscani ci sono due “Ombroni”, quello pistoiese che scende dall’Appennino e sfocia in Arno a valle di Signa e quello grossetano che dalle pendici del Chianti senese sfocia in mare a sud di Grosseto). Per non parlare del Nordest tutto, dove si gonfiarono ed esondarono quasi tutti i fiumi, sia nelle vallate alpine che nella pianura veneta dell'acqua alta di Venezia. Grosseto e Trento sono state fra le altre città più colpite e a queste si devono sommare i loro dintorni, dalle vallate trentine alla pianura veneta e a quella maremmana e tanti nuclei urbani più o meno piccoli (impossibile elencarne anche solo i principali). Per questo io preferirei definire i fatti dei primi di novembre del 1966 come "l'evento alluvionale della Toscana e dell'Italia di Nord-Est"

Ogni alluvione fa storia a se: ci possono essere tanti fattori che, a parità di pioggia, possono rendere diversi due eventi, a partire dalle condizioni del fiume (che variano di continuo per natura stressa dei corsi d'acqua o per interventi antropici). Certo, oggi i fiumi non hanno la libertà di spostare il loro percorso che avevano una volta, ma quantomeno il loro alveo è soggetto a variazioni del fondo, tra zone di accumulo e di erosione (per esempio la forma del fondo dell'Arno a Firenze cambia di continuo). Un altro parametro importante sono le condizioni meteo preesistenti, che influiscono ad esempio sulla portata da cui si parte con il nuovo evento. Vedremo che proprio le condizioni preesistenti sono state importanti nel determinare quello che è successo.

le piogge del 3 e 4 novembre, da [1]
LE PIOGGE. L’evento del 4 novembre 1966 è, ovviamente, dovuto alle precipitazioni eccezionali che hanno investito l’alto bacino dell’Arno. In genere le piogge più forti in Toscana investono una fascia piuttosto stretta allungata in direzione SW – NE, come in questa immagine tratta da [1] che rappresenta proprio le precipitazioni del 3 e 4 novembre: l’evento è iniziato nel primo mattino del 3 novembre ed è durato circa 26-28 ore, interessando una fascia che va dalla Maremma e dall'Amiata al Chianti e al Pratomagno. Il picco dell’evento si è verificato tra il pomeriggio e la sera del 3 novembre; nella notte si è osservata una certa diminuzione, con un nuovo rinforzo nel primo mattino del 4, sia pure a livello inferiore rispetto al giorno precedente, ad eccezione del Mugello, dove il 4 piovve più del 3.
Da Empoli in su tra il 3 e il 6 novembre sono piovuti almeno 150 mm di pioggia, con punte di oltre 200 nelle zone più alte del crinale appenninico tra Pistoia e il Casentino, sul Pratomagno e nelle alture che separano il Valdarno superiore dalla Val di Chiana. Valori simili li abbiamo avuti anche in Maremma, con il bacino dell’Ombrone Grossetano che, appunto per questo, ha rappresentato in Toscana una seconda area di massima emergenza.
Per capire la portata straordinaria di queste piogge diciamo che in quelle poche ore è caduto in media un quinto di quanto in media dovrebbe piovere in un anno. E questo non in un’area ristretta come succede in un flash – flood, ma in tutta la fascia montana della regione e in Maremma (dove addirittura ha piovuto quasi la metà di quanto dovrebbe piovere in un anno).
Dopo la Toscana, la seconda area di massima crisi è stato il Nordest, dove in alcuni casi è addirittura piovuto ancora di più, oltre 300 mm nei bacini di Piave, Livenza e Tagliamento. In conclusione tra Veneto, Trentino e Friuli ha piovuto dal 25 al 35% di quanto piove in media in un anno.
È importante notare che i massimi delle piogge sono registrati nelle parti sopravvento delle catene montuose che hanno incontrato le nubi.
Nel contempo forti venti meridionali hanno percosso l’Adriatico, gonfiandone la parte settentrionale e provocando una marea eccezionale che a Venezia ha provocato la maggiore acqua alta mai registrata (1,92 metri), con il massimo che è avvenuto in corrispondenza di una teorica fase di bassa marea.

LA PIENA A FIRENZE. Le prime esondazioni avvennero a monte della città già la sera prima. Circa alle 1 di notte del 4 novembre l’Arno uscì dagli argini all'Anconella, nella prima parte del corso cittadino in riva sinistra. Alle 2 gli orafi erano sul Ponte Vecchio a cercare di salvare il salvabile; in centro le spallette sono state scavalcate alle 5 del mattino, in Piazza de' Giudici, a monte della strettoia del Ponte Vecchio, come è sempre accaduto nella storia.
Le esondazioni riguardarono un pò tutto il bacino, interessando il fiume principale nel tratto casentinese e nel Valdarno superiore e la maggior parte degli affluenti (segnatamente Ambra e Sieve). A valle della città Ombrone pistoiese e Bisenzio allagarono la zona di Signa; dopo Empoli, furono Elsa ed Era a provocare i danni maggiori: i bacini di questi fiumi si estendono molto verso sud e la loro parte alta, dove confinano con quello dell’Ombrone grossetano, si trovò nella striscia maggiormente perturbata.

Altezze massime raggiunte dalla piena. Si nota la differenza fra Duomo (rialzato) e Battistero (a livello del suolo)
a destra una simulazione dell'altezza massima delle acque a Santa Croce

In questa tabella vediamo l'altezza a cui sono arrivate le acque in varie parti del centro. Ricordo che Duomo e Santa Croce sono parecchio più alti del livello del suolo (l'altezza del piano della basilica di Santa Croce è stato costruito così in alto proprio in modo da evitarne l'allagamento durante le alluvioni "ordinarie", che ai tempi erano frequentissime, come ho evidenziato nel post precedente). In media siamo ad un livello di circa mezzo metro superiore a quelle delle altre due alluvioni maggiori (1333 e 1557), le uniche altre che hanno sicuramente allagato la parte della città costruita sulla vecchia area romana, più elevata anche perché poggia sulle fondamenta degli edifici preesistenti.
In più c’è stato il problema delle dighe: tra Arezzo e Firenze il corso dell’Arno è sbarrato da due dighe costruite a scopo idroelettrico, La Penna e Levane. Il 4 novembre i laghi erano purtroppo pieni e furono svuotati nel mattino del 4 novembre. Il loro contributo è stato determinante per allagare il Valdarno superiore, molto meno per Firenze, dove dopo l’esondazione a monte, hanno costituito una parte poco significativa del flusso.

La cosa più terribile del dopo - piena non fu tanto il fango, quanto le tracce dei vari livelli a cui si è attestata la piena sui muri e sulle automobili: infatti le acque penetrarono nei serbatoi del combustibile per il riscaldamento, e siccome la nafta è ovviamente più leggera dell'acqua, costituì, appena la corrente rallentò, lo strato superficiale della colonna d'acqua, lasciando i suoi segni che in molti casi rimasero visibili per anni (me li ricordo benissimo).

Diamo ora un pò di numeri: a valle delle dighe del Valdarno superiore l’alveo può contenere in media  2.500 - 2.600 mc/sec, con punte inferiori che arrivano fino a soli 1.600 – 1.700. Nel tratto cittadino di Firenze la portata era di 2.800 mc/sec (oggi con dei lavori è aumentata); da Empoli in poi siamo a 3.000, che vengono passati da Pontedera in poi, dove ai 2.280, limite massimo di quanto può passare da Pisa, si aggiungono i 1.000 del canale Scolmatore.
Come ho già spiegato, il fiume abbassa la sua portata perché una volta le acque in eccesso finivano nelle paludi e nelle campagne e quindi non proseguivano verso la foce.

Ebbene, le stime sulle portate del 4 novembre 1966 sono estremamente più alte: a monte di Arezzo, all’uscita del Casentino (Subbiano) eravamo già a circa 2.000 mc/sec nonostante fossero già esondati 10 milioni di mc nella valle. 
A questi, a monte di Firenze, si aggiunsero 300 mc/sec della Chiana (un contributo minore di quello che la vox populi vi attribuisce e neanche lontanamente comparabile con i 663 registrati nella piena del 1921), i 1.000 dell’Ambra e i 1.340 della Sieve. A questi va aggiunto il contributo del reticolo minore. Tra le foci di questi due fiumi esondarono nel Valdarno Superiore circa 70 - 80 milioni di mc.

ESONDAZIONI E LIVELLO DEL FIUME DURANTE UN EVENTO ALLUVIONALE: L'ESEMPIO DEL 1966. Quando si verifica un evento alluvionale la portata del fiume è governata da una serie di parametri fra i quali, appunto, sono molto importanti le esondazioni, che abbassano la portata del fiume a valle di dove avvengono: 1000 mc/sec sono “appena” 3,6 milioni di metri cubi /ora… pensate che portata ci sarebbe stata a Firenze se non fossero esondati in Casentino e Valdarno Superiore quei 100 milioni di mc...
L’influenza di reticolo minore ed esondazioni si possono ben esemplificare osservando la portata alla Nave di Rosano, situata a Pontassieve a valle della confluenza Sieve – Arno. In quel punto è stato attribuito un valore massimo di 3.540 mc/sec. Siccome il massimo delle piogge nel bacino della Sieve (ben più vicino a Rosano del Casentino) è stato successivo a quello principale, l’ondata di piena della Sieve è arrivata a Pontassieve sommandosi a quella proveniente dall’alto Arno: se in Mugello fosse piovuto con la stessa tempistica del Casentino e del Pratomagno ci sarebbero state due piene distinte. 
Ora, sommando i valori precedenti si ottengono oltre 4.600 mc/sec e ricordo che ci sarebbe pure da aggiungere iol contributo dello svuotamento delle dighe.
A Firenze invece la portata è stata di 4.100 mc

Da questo si capisce l'importanza delle tracimazioni e del reticolo minore durante un evento del genere:
1. a Pontassieve mancano, in riferimento alle sole aste principali (Arno casentinese, Chiana, Ambra e Sieve), quasi 1.000 mc/sec, chiaro indice del fatto che il fiume era abbondantemente esondato nel Valdarno Superiore
2. a Firenze l’Arno ha avuto una portata di oltre 500 metri cubi superiore a quella di Pontassieve, grazie al contributo di 3 torrenti (Le Falle, Sambre e Affrico / Mensola) neanche minimamente paragonabili a quelli principali, più qualche altro rio minore.
3. scendendo oltre Firenze, tutto il territorio fu interessato da una grave esondazione (oltre 100 milioni di metri cubi) nel Valdarno inferiore, da Empoli fino alla foce. All’epoca lo scolmatore di Pontedera non era ancora finito e se non ci fosse stata nessuna fuoriuscita dall’alveo nella città della torre pendente si sarebbero riversati oltre 7.000 mc/s di acqua, contro i 2200 che può smaltire!

IL TRAGICO BILANCIO DEL DISASTRO. Tra Toscana e nordest si sono contati più di 800 comuni interessati, con 112 morti e tante città colpite con oltre 10.000 abitazioni danneggiate.
Firenze città ha contato 17 morti furono, altrettanti quelli nelle zone limitrofe. 
I danni materiali furono gravissimi: alla fine risultarono distrutti o danneggiati 9.752 negozi, 8.548 botteghe, 248 alberghi, 600 insediamenti produttivi, 13.943 abitazioni, migliaia di automobili. L’evento lasciò disoccupate oltre 30.000 persone.
Se dal lato cittadino, oltre ai danni patiti dai privati, si devono aggiungere i danni incalcolabili al patrimonio artistico e culturale (e non solo a Firenze e Venezia!), anche nelle campagne la cosa è stata dura: 12.000 fra fattorie e case danneggiate, 50.000 capi di bestiame morti o macellati per le ferite, 16,000 macchine agricole distrutte, mentre l’erosione e la furia delle acque hanno fatto man bassa di vigneti, foreste e terre coltivate
Non c’è stato niente da fare… con tutta quest’acqua non poteva non succedere qualcosa.

IL PERCHÈ DELLA TRAGEDIA. Come si è arrivati a questo? Una depressione si è formata sulla Spagna e ha iniziato a muoversi verso Est. Le masse d’aria seguirono invece, come al solito, una traiettoria da sud o sudovest. La bassa pressione abbastanza pronunciata ha causato una evaporazione superiore al normale nel Mediterraneo occidentale, gonfiando così le nubi di acqua. Il problema fondamentale è quello che è successo poi: la perturbazione arrivando in Italia si è letteralmente bloccata a causa della presenza sui Balcani di un robusto anticiclone. Le grandi alluvioni italiane sono sempre state dovute al prlungarsi delle piogge a causa della presenza di un anticilone sui Balcani che blocca sul nostro Paese le nuvole.
La presenza di una depressione profonda e di un anticiclone altrettanto robusto ha aumentato il gradiente pressorio (cosa che nella carta si riflette nell’infittimento delle isobare). Isobare fitte significano vento piuttosto forte ed ecco il perchè dei venti sciroccali che hanno gonfiato l’Adriatico settentrionale, provocando l’acqua alta eccezionale a Venezia.

LE CIRCOSTANZE CHE AGGRAVARONO IL DISASTRO DEL 1966. Ho accennato all’inizio alla questione della diversità dei disastri anche a parità di piogge. E nel 1966 ci sono state diverse circostanze aggravanti che si possono ricondurre a tre filoni principali:
1. l’ottobre 1966 è stato piuttosto piovoso. Di conseguenza il livello dei fiumi era già più alto rispetto al solito e quindi la loro capacità di sopportare il forte afflusso di acque piovane era minore (e nel caso fiorentino gli invasi idroelettrici erano al colmo). Inoltre, oltre al fatto che più piove e più bassa è la percentuale di acqua che finisce nel suolo, il terreno erano già saturo di acque per le piogge precedenti. Quindi tutta che è piovuta se ne è andata via, perchè, appunto, un suolo saturo non ne può accogliere altra
2. l’intensità altissima e la vasta distribuzione della precipitazione (che nel caso dell'Arno ha riguardato tutto il bacino a monte di Firenze - a parte la Valdichiana - e il rinforzo del 4 novembre sul bacino della Sieve)
3. nei giorni precedenti aveva fatto freddo e sui monti c’era la neve, neve che il rialzo delle temperature dovuto ai venti sciroccali e le piogge hanno sciolto (è successo altre volte nella storia anche a Firenze): annoto che nel Trentino il manto nevoso in alcune zone era presente già da 800 metri di altezza

Un caso particolare è quello del Trentino, dove una alluvione era avvenuta in agosto, lasciando alcune aree in situazione di squilibrio e aumentando quindi i danni a valle.
Con questo, non si può dire che senza queste circostanze aggravanti non sarebbe successo niente, ma sicuramente non solo a Firenze l’esondazione sarebbe stata “un pò” minore.

Nel prossimo - e ultimo - post della serie, parlerò degli scenari di piena con la situazione attuale e quella futura 

[1] Malguzzi et al (2006) The 1966 ‘‘century’’ flood in Italy: A meteorological and hydrological revisitation. Journal of Geophysical Research 111, D24106, doi:10.1029/2006JD007111, 2006

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