lunedì 3 marzo 2014

La frana di Cavallerizzo di Cerzeto (Cosenza): magistratura contro Geologia e Protezione Civile


Cavallerizzo è una piccola frazione del comune di Cerzeto in provincia di Cosenza; la storia delle sue frane merita una certa attenzione, essendo un esempio di quello che non si dovrebbe fare per un corretto uso del territorio e per la mitigazione dei danni da dissesto idrogeologico. Nel 2005, a seguito di una frana che ha coinvolto l'abitato la Protezione Civile ha formato una commissione per capire cosa fare: la commissione ha concluso che il rischio idrogeologico e sismico sono parecchio elevati e sulla base di questo il Dipartimento della Protezione Civile e l'amministrazione locale hanno deciso che l'abitato avrebbe dovuto essere delocalizzato. Fu ricostruito in luogo sicuro ma alcuni abitanti hanno fatto ricorso e il Consiglio di Stato ha dato loro ragione.
Morale: la legge italiana quindi ha deciso che va demolito un paese costruito in maniera (si spera) corretta, e in un luogo idoneo e che un abitato in condizoni geologiche pazzesche, può continuare ad esistere.



CAVALLERIZZO DI CERZETO:
UNA GEOLOGIA “DIFFICILE” FRA FRANE E PERICOLOSITÀ SISMICA

Il borgo fu fondato nel XV secolo, alla pari del capoluogo comunale Cerzeto: si tratta di profughi albanesi che arrivarono nell'Italia Meridionale per sfuggire alla conquista dei Balcani da parte dell'Impero Ottomano, e a cui fu concesso di fondare diverse comunità sparse fra Sicilia, Calabria e Campania.
Una cosa interessante è che tutte le aree concesse in quel periodo ai profughi balcanici erano sostanzialmente piuttosto disagiate (altrimenti sarebbero state già occupate...) e per i più vari motivi nessuno ci era andato ad abitare.
Cavallerizzo non fa eccezione: geologicamente è veramente un concentrato di sfortuna.

1. Il versante su cui poggia il paese è soggetto ad una “deformazione gravitativa profonda di versante. Traduciamo dal geologhese all'italiano: Cavallerizzo è costruito su di un blocco la cui base, profonda, è separata da quanto sta ancora più sotto da  superficie di debolezza lungo la quale il blocco si muove. Le deformazioni profonde sono il tipo più subdolo di frane: si osservano preferibilmente solo con foto aeree o da satellite che consentono di documentare mediante vari sistemi (interferometria, GPS etc etc) gli spostamenti e le deformazioni superficiali del terreno. La zona dove eventualmente il contatto viene a giorno può essere contrassegnata da una linea di sorgenti. Ed è un fenomeno praticamente sconosciuto al grande pubblico. 

Ok – direte – la zona è particolarmente sensibile. Però c'è dell'altro:

2.  ben 3 (tre) frane interessano l'abitato, che ha una lunga storia in proposito. Una di queste si è mossa il 7 maggio 2005

3. A questo si aggiungono, tanto per gradire, qualità scadenti dal punto di vista geotecnico del substrato sul quale è stata costruita Cavallerizzo: una falda acquifera molto superficiale e un suolo particolarmente debole. 


4. . Ma c'è di più... in un “crescendo rossiniano” decisamente sconfortante: guardiamo gli aspetti geofisici:
- Cavallerizzo, come si vede da questa immagine presa da un lavoro di Carlo Tansi del CNR di Cosenza, è situato proprio lungo il sistema di faglie che delimita il bordo occidentale della valle del Crati, una struttura tettonica tanto evidente quanto attiva: ci sono depositi quaternari dislocati e in epoca storica ci sono stati episodi con una intensità compresa tra i gradi VIII e IX MCS. In particolare nello specifico la faglia San Fili – Cerzeto – San Marco Argentano, può dare accelerazioni di picco nell'area del borgo di circa 0,48 g (quasi 5 metri al secondo per secondo). Per confronto l'accelerazione in Emilia, in un'area con costruzioni e suolo dalle caratteristiche decisamente migliori, è stata di 0,3 g:
- tra i due blocchi contrapposti della faglia c'è una zona milonitizzata (in termini umani: completamente sminuzzata dall'attrito lungo la faglia) larga 30 metri, che in caso di terremoto ha il non confortante vizio di frenare la velocità delle onde sismiche e quindi di aumentarne l'ampiezza.
Detto in soldoni, Cavallerizzo è la tipica zona potenzialmente soggetta ad amplificazione delle onde sismiche, una classica situazione da cui si dovrebbe stare alla larga.
- e per finire, tanto per gradire, la falda acquifera potrebbe provocare in caso di sisma ampi fenomeni di liquefazione del terreno e c'è il rischio molto reale che un eventuale sisma inneschi un rapido movimento delle tre frane che interessano l'abitato.

Un accanimento della geologia nei confronti di un borgo abitato come questo difficilmente si può vedere altrove...  E con i valori attesi di accelerazione cosismica, il tipo di suolo, le modalità di costruzione degli edifici, ci sono forti dubbi che in caso di scossa del genere il paese resti in piedi, .

LA FRANA E LA COMMISSIONE DI STUDIO DEL PROBLEMA:
IL PAESE VA DELOCALIZZATO

La frana del 2005 minacciò il crollo di una buona parte del paese: vennero danneggiati 124 edifici (altri 183 non subiscono danni) ed evacuati 329 abitanti su 581. Fu ovviamente dichiarato lo stato di emergenza e la Protezione Civile, prendendo in mano la situazione, decise di avviare una serie di studi allo scopo di valutare la pericolosità e il rischio residuo nel centro abitato con una campagna di indagine in vari ambiti:

- un rilevamento geologico e geomorfologico di dettaglio
- una campagna di monitoraggio degli spostamenti sia da terra che usufruendo dei dati satellitari
- analisi per valutare la risposta del terreno in caso di terremoti

I monitoraggi da satellite grazie alla digitalizzazione, permettono di notare qualsiasi spostamento del terreno a partire da quando l'area è stata soggetta a regolari osservazioni dallo spazio. Sono quindi sempre utilissimi in caso di frane, perchè è possibile vedere anche la storia pregressa dei movimenti, almeno fino da quando sono disponibili le immagini di un certo tipo, quindi almeno dagli anni '90.
L'analisi dei dati satellitari ha evidenziato che tutto il centro abitato è in movimento. Tra il 1999 e il 2005 la velocità era di circa 1 cm/anno, velocità che tra il 2003 e il 2005 è aumentata notevolmente fino a raggiungere in alcuni punti i 3,5 centimetri all'anno (quindi negli anni prima della frana!). Il movimento ha poi rallentato ma, insomma, siamo sempre a livelli che in alcuni punti eccedono i 2,5 cm/anno.
Il movimento è verso sud – est e quindi perfettamente coerente con la dinamica delle frane e della deformazione gravitativa profonda.

Queste indagini sono durate parecchi anni e nel 2010 il risultato ha permesso solo di emettere questa prognosi infausta, come si legge sul sito del DPC: sulla base del complesso dei dati raccolti e delle osservazioni geologiche e geomorfologiche di campagna è stato dimostrato che l'abitato di Cavallerizzo è interessato per tutta la sua estensione da tre frane coalescenti, che a loro volta s'impostano su una deformazione gravitativa profonda di versante.
Si ritiene che le condizioni di rischio siano estremamente elevate, per cui la rilocalizzazione dell'intero abitato in zona sicura è la migliore soluzione per garantire alla popolazione un adeguato livello di sicurezza sostenibile a lungo termine

La relazione trovò anche un'area idonea alla rilocalizzazione del paese: l'area stabile di Pianette, dove le condizioni geologiche e morfologiche consentono la costruzione della new town senza rischi di frana o alluvione, pertinenze e infrastrutture comprese; Pianette è anche ad una distanza maggiore dalla faglia e le accelerazioni previste in caso di terremoto sono inferiori a quelle che possono sopportare edifici costruiti in maniera corretta.
Inoltre Pianette è a distanza e altitudine compatibile con le esigenze espresse degli abitanti di Cavallerizzo per una loro delocalizzazione.
Viene deciso quindi di costruire la città nuova in quella località, con il Comune di Cerzeto perfettamente d'accodo.

Annoto che questa sarebbe “alta” protezione civile, cercare di prevenire danni a cose e persone prima che accadano dei disastri. In questo caso i rischi sono di due tipi: rischio sismico perchè in caso di movimento della struttura sismica la risposta del suolo sarebbe drammaticamente elevata e idrogeologico perchè le frane continueranno a fare quello che fanno, specialmente durante fasi prolungate di pioggia.

MA A CAVALLERIZZO NON TUTTI SONO D'ACCORDO

I primi alloggi vengono consegnati nel febbraio 2011. Ma a Cavallerizzo non tutti gli abitanti sono soddisfatti: c'è una forte resistenza alla delocalizzazione e nasce l'Associazione “Cavallerizzo Vive”, con la finalità di ottenere la possibilità di abitare nuovamente le nostre case e ritrovarci nelle nostre piazze, nei nostri vicoli, come risultato di una aggregazione di forze raggiunta per mezzo di un'opera di informazione corretta e completa.

Da un punto di vista emotivo li capisco, non è facile lasciare la casa che magari appartiene alla famiglia da parecchie generazioni, non c'è niente da dire.
E ciò probabilmente vale ancora di più in una comunità appartenente ad una minoranza etnico – linguistica, per natura attaccata in maniera particolare al proprio territorio. 
Ma, come ho già detto altre volte, in Italia occorrerebbe delocalizzare tanti agglomerati urbani, non solo questo, e senza guardare in faccia a nessuno.

Il bello è che questa associazione non si configura come il solito covo di gente in lotta contro la “scienza cattiva” come i noti casi Stamina e Giuliani, ma si avvale di osservazioni di alcuni geologi. Il sito dell'associazione contiene un documento scritto da un giornalista che si è occupato del problema, Luigi Guido. Nel 2009 dà una spiegazione completamente diversa del fenomeno. Il documento comincia riportando che la prima cartografia delle frane risale al Seicento, da quando cioè vi è “traccia di documenti che testimoniano di frane avvenute più volte nel corso dei secoli”.  

Questo dovrebbe già far pensare che questa frana fa parte della normale storia locale.
Invece no: il documento considera come colpevole della frana del 2005 l'errata gestione del territorio negli ultimi decenni ed in particolare la costruzione di un acquedotto e altre opere che hanno avuto il risultato di dirottare sempre più acqua nella falda sotto il paese. In particolare considera colpevole di questo specifico evento l'acqua fuoriuscita dalle tubazioni dell'acquedotto che poi in parte crollerà anch'esso il 7 maggio 2005.
Non conosco nello specifico il caso ma visto che siamo in Italia che negli ultimi decenni sia stata fatta da quelle parti una errata politica di sfruttamento del territorio è quantomeno possibile (se non probabile o certo...).
Qui il documento contiene una prima contraddizione: se le frane sono avvenute più volte, anche prima delle modifiche moderne,  il paese è lo stesso sottoposto a gravi rischi naturali dal punto di vista idrogeologico, ammesso e non concesso che questo ultimo evento abbia origini antropiche.

Ma soprattutto, e questo è molto grave, asserisce che: è da tre anni (quindi dal 2006, ndr) che ogni anfratto è monitorato da sonde “super tecnologiche” che non registrano un solo micromillimetro di spostamento. Questa è una posizione palesemente errata che non sta né in cielo né in terra... mi tocca notare anche un intento canzonatorio sui mezzi impiegati per i rilevamenti, appellati come sonde super tecnologiche. Mezzi che, appunto, hanno dato risultati completamente diversi da quelli che sono asseriti dal giornalista.

La almeno parziale buona fede di Luigi Guido sta in una perizia geologica allegata agli atti, da parte di due professori dell'Università della Calabria, Antonino e Fabio Ietto, che contestano sia la precisione dei dati satellitari (probabilmente per non conoscenza delle questioni, non essendo esperti di frane), sia l'importanza della deformazione gravitativa profonda di versante sia dal punto di vista teorico che pratico. Inoltre si basano quasi esclusivamente sulla cartografia geologica esistente e non – per esempio – su prove in situ. In pratica scrivono un esercizio teorico a tavolino, non certo un lavoro sul campo. I giudici hanno dato retta a questa perizia pur essendo palesemente lacunosa e sotto molti aspetti errata nei metodi e nei risultati. A proposito, indicano che il sito di Pianette presenta gli stessi problemi quando dati e rilevamenti riconoscono esattamente il contrario.

In ogni caso la perizia in questione non fa il minimo riferimento sul rischio sismico. Invece, purtroppo,  in caso di scossa di un certo livello è purtroppo facile pensare che Cavallerizzo farebbe la fine di Onna. È interessante notare come l'associazione Cavallerizzo Vive, nell'accogliere questa perizia non agisce proprio secondo lo statuto che vorrebbe una “opera di informazione corretta e completa”, ma accoglie una perizia di fatto non corretta, incompleta e fondamentalmente sbagliata.

Ovviamente nel sito di Cavallerizzo Vive si evidenzia la pubblicità del film della Dandini sul “terremoto annunciato” dell'Aquila. Immagino che abbiano brindato alla comunicazione della sentenza sulla commissione grandi rischi.

AVVISO AI LETTORI PRIMA DI PROSEGUIRE: sul sito di "Cavallerizzo vive" c'è anche una ampia documentazione sul malaffare incentrato sulla Protezione Civile nella ricostruzione di Cavallerizzo e non solo. A questo proposito voglio puntualizzare a chi legge quanto segue:
- non sta a me commentare né l'estetica del nuovo paese (che mi dicono sia bruttino) nè la gestione delle emergenze o cosiddette tali degli ultimi anni nella parte che ha attirato la “curiosità professionale” della magistratura, delle forze dell'ordine e del giornalismo d'inchiesta
- io mi occupo di Scienza e non di Diritto e se ho commentato (come farò adesso) qualche sentenza della Magistratura è stato perchè si è occupata in malo modo di questioni scientifiche.
- senza entrare in aspetti non scientifici, sui quali non mi sento di parlare per ovvie questioni di competenza, mi sento in dovere di segnalare che anche in questo caso sembra che ci siano stati i “soliti metodi” tipici del malcostume utilizzati per la stragrande maggioranza delle opere pubbliche italiane, che nello specifico riguardano il filone della Protezione Civile ed i lavori più o meno urgenti che sono passati come emergenza. 
- faccio altresì notare che in questo caso l'urgenza c'era davvero e se non è successo ancora nient'altro nel paese vecchio lo si deve alla fortuna (o alla mancanza di sfortuna.... dipende dai punti di vista) e alla lentezza a scala umana dei fenomeni geologici.

LA QUERELLE GIUDIZIARIA SUL PAESE NUOVO

Fattostà che nel paese degli azzeccagarbugli e della miriade di leggi, disposizioni, ordinanze etc etc un sistema per appellarsi contro un qualcosa si trova sempre e così hanno fatto quelli di Cavallerizzo, che hanno esposto una lunga serie di eccezioni. Hanno infatti constatato che per la costruzione del paese nuovo non era stata eseguita la Valutazione di impatto ambientale (la famosa VIA): questo perchè essendo stato proclamato lo stato di calamità naturale non sembrava necessaria questa procedura.

Nella sentenza datata 3 marzo 2010 del TAR del Lazio si da ragione alla perizia geologica degli Ietto, segnatamente quando affermano (abbiamo visto erroneamente!!) che la località Pianette presenta gli stessi rischi e pericoli, se non maggiori, di Cavallerizzo. In ogni caso il TAR rileva che per un progetto del genere la dichiarazione dello stato di calamità naturale è necessaria ma non sufficiente per adottare provvedimenti senza il VIA se non c'è un ”pericolo immediato non altrimenti eliminabile”, cose che il verbale della conferenza dei servizi del 31 luglio 2007 non evidenzia.
Per questo tale verbale viene annullato, costringendo a fare una nuova riunione per adottare una VIA. È una sentenza strana perchè contestualmente dichiara irricevibile l'opposizione alla Ordinanza del Presidente del consiglio dei Ministri che impone la delocalizzaizone di Cavallerizzo. Cioè, secondo il TAR del Lazio, Cavallerizzo va spostata ma la procedura è lacunosa.

La Protezione Civile non ci sta e promuove un ricorso al Consiglio di Stato, il quale dà torto al TAR del Lazio, annullandone la sentenza. Mi chiedo se non sarebbe stato meglio, anche da un punto di vista di comunicazione istituzionale, accontentare la richiesta del TAR del Lazio. 
Comunque se non l'avesse fatto il DPC, un ricorso l'avrebbero fatto gli abitanti, che a loro volta non ci stanno e questo porta ad una nuova pronuncia su richiesta di Cavallerizzo Vive. Alla fine, il 13 dicembre 2013 il Consiglio di Stato dà definitamente ragione alla associazione “Cavallerizzo vive”: ci voleva la VIA.

I soliti giornali ridono facendo notare che la Protezione Civile ha costruito un “villaggio abusivo”. Cosa che dal punto di vista legale secondo il consiglio di Stato è vera... L'Associazione “Cavallerizzo vive” ride anch'essa.
Mentre il paese, senza una minima prevenzione del rischio sismico in una zona fra le più pericolose del Paese, continua a muoversi verso valle, aspettando un nuovo episodio franoso.

Irresponsabilità totale.

A cui forse seguirà che Cavallerizzo Vive chiederà i fondi per rifare qualcosa in paese dopo la prossima frana ...


4 commenti:

Cosa bozzuta ha detto...

il fatto è che un punto di vista strettamente geologico non basta. si dovrebbero esplicare, nella gestione di questi interventi, competenze di natura umanistica afferenti a discipline quali la geografia e l'antropologia.

un territorio si compone di relazioni complesse tra ambiente e comunità che lo vive e lo modifica, sono relazioni di ordine materiale e simbolico non aggirabili, se si vuole intervenire in maniera efficace.

la rilocalizzazione di un paese inagibile, abitato da una comunità così peculiare, richiederebbe capacità di intervento differenti rispetto a quelle espresse da autorità che sanno parlare solo con voce autoritaria e per mezzo di discorsi tecnici non comprensibili ai più (e perciò sospettabili di secondi fini, cosa non certo escludibile a priori, di ingegneri che promettono miracoli è pieno il mondo).

è tutta da costruire, in Italia, una cultura della progettazione territoriale partecipata e condivisa, che metta in comunicazione le competenze e le ragioni scientifiche con le esigenze delle comunità locali.

le modalità di gestione emergenziali e commissariali che vanno per la maggiore non possono che creare scontento e conflitti, aldilà delle ragioni scientifiche che possono addurre a proprio sostegno.
il fatto che queste modalità siano spesso ottime coperture per una gestione quantomeno poco chiara di fondi pubblici è solo un motivo in più per sconsigliarle, senza qui entrare nel merito delle modalità allegre con cui sono stati gestiti i vari interventi di costruzione delle cosiddette new town, ma tenendo presente che la deformazione del ruolo della Protezione Civile avvenuta in anni recenti è stata un fatto, e un fatto molto grave.

Aldo Piombino ha detto...

si, forse la protezione civile è intervenuta con la delicatezza di un ippopotamo in una cristalleria... ho sottolineato anche io che Cavallerizzo non è un paese normale. Ma resta il fatto che non è possibile mantenere un abitato in quelle condizioni geologiche. È anche chiaro che ci sono tanti abitati in Italia che per qualsiasi motivo, sono costruiti dove non dovrebbero

Unknown ha detto...

La ringrazio dei suoi commenti sulla mia eventuale conoscenza della materia..... che ritengo del tutto inutile in un sano e costruttivo confronto scientifico. Ritengo inutile, sterile e improduttivo ribattere sull'intera questione..... anche perchè lei mi giudica non esperto della materia..... peccato che il MIUR non la pensa come Lei..... ma forse Lei si sente superiore anche al MIUR.
Unica cosa che tengo a precisare per gli eventuali lettori, dato che questo è un sito aperto, che a quanto pare lei non ha ben inteso il fine del mio lavoro scientifico o forse ho peccato io in chiarezza. Ad ogni modo Lei sostiene che non ho considerato le indagini in situ..... peccato che lo scopo del lavoro era dimostrare con quanta superficialità la protezione civile avesse ordinato la delocalizzazione sulla base di relazioni scientifiche ufficialmente fondate solo su dati satellitari (che per molti nel mondo scientifico sono considerati di supporto alle normali indagini in situ; ovviamente su questo punto posso accettare che non tutti la pensino così)e soli carotaggi pregressi ossia effettuati nel 1999 mentre la frana e l'ordinanza di delocalizzazione è avvenuta nel 2005. Pertanto nelle relazioni ufficiali consegnate manca ogni riferimento a nuove indagini in situ eseguite post-frana. Inoltre nelle relazioni a supporto della delocalizzazione si descrive una paleofrana secondo un modello SCATG, o lei la vuole chiamare DGPV, potenzialmente riattivabile...... tale rischio è quindi potenziale e non imminente pertanto, personalmente, ritengo insufficiente per un'ordinanza di delocalizzazione. A tal riguardo anche il Vesuvio ha un forte rischio potenziale così come Reggio Calabria ma non per questo entrambi delocalizzati. Tuttavia quest'aspetto è ampiamente trattato nella mia pubblicazione. Allo stato attuale l'85% del centro storico a 9 anni dalla frana è perfettamente intatto senza alcuna evidenza di movimento...... è ovvio che l'abbandono totale e l'incuria dell'intero tessuto urbano con il passare del tempo potrà determinare danni agli edifici storici con fenomeni di crollo o anche evoluzione delle frane perimetrali con possibile coinvolgimenti di alcuni edifici ormai abbandonati....per cui sarebbe utile quanto meno qualche intervento per la conservazione della storia e le tradizioni di una comunità ormai privata del proprio tessuto storico residenziale. A tal proposito condivido pienamente quanto scritto da "Cosa Bozzuta", argomento questo lungamente trattato nel mio lavoro e che forse ne rappresenta uno dei punti cardine.
Relativamente alla frana avvenuta nel 2005, posso solo dire che era ampiamente conosciuta e riportata fin nelle cartografie storiche risalenti al 1913. Frana questa che lambiva marginalmente il centro storico e con la quale gli abitanti di Cavallerizzo avevano imparato a convivere con essa e con l'intero territorio difficile disseminato interamente da diffusi dissesti che perimetrano o coinvolgono numerosi centri abitati nel contorno.....
Peccato che dagli anni 1970 in poi a Cavallerizzo si è deciso di costruire diversi edifici nonchè far passare una condotta idrica interrata di oltre 90 l/s in pieno corpo di frana che come era ovvio si è riattivata nel 2005. Tale frana resta comunque perimetrale al centro storico che attualmente è perfettamente intatto ed eventualmente minacciato da un rischio potenziale per possibile riattivazione di una paleofrana sotto effetto sismico. Condizione quest'ultima valida per gran parte dei centri urbani in zona e nell'intera regione.
Vabbè spero di aver aggiunto qualche chiarimento.
La prego soltanto, dal momento che questo è un sito aperto al pubblico, di tenere per se le sue considerazioni personali sulla mia conoscenza e professionalità e ad attenersi ad un corretto e costruttivo confronto scientifico...così come sono solito fare io in simili contesti.
Tuttavia La ringrazio dell'interesse dimostrato.
fabio ietto

Aldo Piombino ha detto...

La ringrazio per il commento, a cui rispondo anche se in questi giorni non mi sento un gran chè e quindi corro il rischio di essere poco lucido.

Una prima considerazione è che qui ci troviamo davanti due lavori, che arrivano a conclusioni completamente diverse. È molto probabile che uno dei due sia sbagliato. A chi dare retta?

Prima di tutto ho scritto che gli Autori di questa perizia non mi risulta si occupino continuativamente di frane, non che non sono dei geologi di un certo spessore. Solo che mi pare che vi occupiate più che altro di un tema (per me estremamente interessante, peraltro) e cioè la storia geologica della Calabria e non di geologia applicata. Tutto qui.
Fra parentesi scrivete che un deposito detritico qualsiasi sarebbe un indicatore di frana.
E i processi erosivi e colluviali dove sono andati a finire?

Lei continua a sostenere che
1. il lavoro del DPC sia stato frettoloso.
Su questo non sono d'accordo, assolutamente, conoscendo il lavoro, chi l'ha fatto, quanto sono durati i monitoraggi e il grado di affidabilità che ha quel gruppo a livello MONDIALE

2. che i dati satellitari siano insufficilenti.
Peccato che, per esempio, proprio grazie ai dati satellitari quel gruppo sia riuscito ad evitare una possibile tragedia in una zona assolutamente non monitorata, ma solo lavorando sui dati satellitari e sia finito in prima pagina di Repubblica...
Dopodichè vorrei proprio sapere come fate ad affermare che il paese non si muova, visto che non presentate un dato che uno.
Inoltre dite che il sito di Pianette ha gli stessi problemi, senza presentare dati, e questo non è vero, come ampiamente dimostrabile dai dati.

3. che la deformazione gravitativa profonda di versante (o Struttura Cuneiforme di Assestamento Gravitativo) non costituisca problema
Non posso essere d'accordo con questa asserzione

4. il fatto che il rischio sismico sia presente da altre parti (purtroppo e notoriamente) e che ci sarebbe da delocalizzare mezza Italia.
Su questo sono perfettamente d'accordo. E proprio per questo dico: abbiamo una situazione da urlo, ottima occasione per intervenire. A mio avviso questo, quindi, non implica che qui si debba stare fermi. Anzi... è assurdo fare lavori di consolidamento in una zona del genere.

5. c'è poi una questione di fondo: chi ha fatto quelle cose si occupa specificamente di frane e sta monitorando o ha concluso di monitorare i movimenti di una lunga lista di frane (e anche una nota nave) e non ci sono mai stati errori mentre Lei ha scritto articoli, peraltro brillanti ed interessanti, sulla stratigrafia e su altre caratteristiche dell'arco calabro e non solo (e mi piacerebbe sapere cosa pensa di alcuni irrisolti problemi della storia geologica della Calabria) ma non ho visto altri lavori da Lei scritti su temi di geologia applicata.
È evidente che, facendo un paragone, se ho problemi cardiaci andrò da un cardiologo, non da un ortopedico. E se vado da entrambi, in caso di pareri differenti, terrò più in considerazione quello del cardiologo....