giovedì 2 gennaio 2014

La storia delle principali opere idrauliche in Toscana 3: da Matilde di Canossa al Granducato


Con il post precedente sono arrivato al Basso Medioevo, quando il clima umido e piovoso e le sue conseguenze politico - economiche e sociali (decadenza della civiltà, potere politico debole e frammentato fra creazione di stati effimeri in guerre locali o a portata più ampia come quelle con i bizantini) comportarono non solo la cessazione delle sistemazioni idrauliche (a parte qualche caso sporadico molto localizzato) ma anche una nuova ripresa delle aree palustri. 
Vediamo in questo terzo post come il miglioramento delle condizioni sociali e i nuovi poteri, comunali prima e granducali poi, abbiano costituito un importante punto di svolta, creando le condizioni per le bonifiche e le rettifiche fluviali che noi oggi conosciamo. 

Questa famosa carta di Leonardo da Vinci illustra una situazione rinascimentale in cui la differenza con il basso medioevo è che fino all'XI secolo non c'era il lago della Valdichiana accanto al Trasimeno. Si vedono molto bene i laghi nella piana toscana (Bientina e Fucecchio) e una serie di laghi e lagune costiere (bassa valle del Magra, Porta, Massaciuccoli, Coltano, Campiglia Marittima, Orbetello).
L'alto Medioevo, con la sua estrema frammentazione politica, non ha consentito in genere di effettuare opere idrauliche di largo respiro, ma solo opere locali.

LE OPERE DELLA CONTESSA MATILDE E IL RESTINGIMENTO DELL'ARNO 
IN CORRISPONDENZA DI FIRENZE

All'inizio del periodo caldo medievale,  e dunqua alla ripresa della civiltà, Matilde di Canossa (1046 – 1115), che dominava un feudo particolarmente esteso, in un'area che andava da Mantova a Grosseto, decise di spostare il centro nevralgico della Toscana da Lucca a Firenze. Per farlo ingrandì Firenze, e per proteggerla fece costruire in riva destra dell'Arno un fortezza che poi prese il nome di “Castello di Altafronte”, nella zona ora occupata in parte dagli Uffizi e soprattutto dal “Museo Galileo” (nei cui sotterranei è ancora visibile la base di una delle torri). 
Nell'occasione Matilde e i suoi ingegneri hanno commesso un errore gravissimo: il Castrum romano fu costruito leggermente spostato rispetto all'Arno odierno, mentre mettere il castello in quella posizione ha significato ridurre la larghezza del fiume, il quale non può essere allargato dal lato opposto perchè rasenta le colline.  
Ovviamente nulla da dire da un punto di vista estetico per quella che diventerà nel futuro l'area degli Uffizi e del Ponte Vecchio (a parte gli edifici degli anni '50 a seguito della distruzione nel 1944 da parte delle forze tedesche delle costruzioni vicine) ma da un punto di vista dell'idraulica fluviale è stata davvero una Caporetto: da quel momento infatti nasce il problema fondamentale per le alluvioni fiorentine che sono tutte iniziate proprio lì, con le acque che tracimano a monte della strettoia di Ponte Vecchio, verso via dei Castellani e Piazza San Firenze (ovviamente in riva destra perchè in riva sinistra ci sono subito le colline).
L'immagine da GoogleMaps evidenzia come il corso del fiume si stringa nella zona del Ponte Vecchio per poi riallargarsi:


È interessante notare che il Ponte Vecchio fu distrutto dalla terribile alluvione del 1333, come il Ponte Santa Trìnita, mentre il Ponte alle Grazie (che fino alle distruzioni della II guerra mondiale era il più antico di Firenze, il "Ponte a Rubaconte") che è 500 metri più a monte e dove l'Arno è molto più largo (allora più di adesso!), ha resistito a quel disastro.

È possibile che sulla carenza di opere di regimazione e bonifica prima del XIV secolo abbia influito la diminuzione delle precipitazioni che ha caratterizzato il periodo caldo medievale, e solo l'inizio della più fresca e più umida piccola era glaciale, con la estrema piovosità degli anni compresi fra il 1315 e il 1320,  potrebbe aver fatto nuovamente sentire il bisogno di opere del genere. 
Resta il fatto che per avere qualcosa di importante bisogna aspettare l'avvento di un potere forte, ben strutturato e dominante una zona molto estesa al posto della estrema frammentazione politica caratteristica del periodo comunale: la Repubblica Fiorentina, divenuta poi la monarchia medicea.
Opere idrauliche di portata più locale sono state comunque effettuate nella zona di Pistoia dove sono attestati lavori tra il XII e il XIV secolo, appunto durante l'epoca comunale.

L'IMPALUDAMENTO DELLA VALDICHIANA DALL'XI SECOLO 
E I RIMEDI NEI SECOLI SUCCESSIVI

La Valdichiana è un caso molto particolare: il nuovo impaludamento si perfeziona nell'XI secolo, cioè durante la fase di ripresa della civiltà, di temperature più alte e di clima più secco tipiche del "periodo caldo medievale". Sicuramente una buona parte di questo riavanzamento delle paludi è da addebitare agli orvietani, che nel 1055 risistemarono lo sbarramento sul Clanis presso Fabro (il “Muro grosso”) costruito dai romani, originariamente parte del sistema di chiuse che consentivano ai natanti di passare dal Clanis al Tevere. Il loro obbiettivo era di  impaludare nuovamente la vallata per diminuire le possibilità di movimento degli eserciti perugini e senesi; la cosa riuscì loro benissimo, e non solo nel settore meridionale chiusino. 
Però, stando ad un ottimo lavoro del Dr. Amedeo Bigazzi, che in fatto di storia delle bonifiche intorno ad Arezzo penso che sia oggi una delle figure più autorevoli, già nel 1047, cioè qualche anno prima, la palude interessava il fondovalle. È certa, comunque, una avanzata delle zone umide nella seconda metà dell'XI secolo praticamente fino ad Arezza, e la Valdichiana ridiventò quell'area lacustre e palustre che dal periodo etrusco in poi era stata bonificata.  

Intorno al 1150 i frati del monastero delle Sante Flora e Lucilla di Arezzo costruirono la Chiusa dei Monaci come pescaia sul Canale Maestro della Chiana, con la funzione di regolamentare il deflusso delle acque delle paludi. Questa chiusa divenne la struttura più importante per cercare di ovviare all'impaludamento della Valdichiana. In una seconda occasione, nel 1388, fu abbassato il livello della soglia della chiusa nel tentativo di migliorare l'efficenza di questa struttura.
In seguito, durante le prime fasi della piovosa piccola era glaciale, la Chiusa dei Monaci, fu distrutta e ricostruita varie volte durante le piene. 

Altri lavori hanno interessato a più riprese la zona, specialmente nella parte aretina, ma non sono serviti ad una sistemazione generale dell'area. 
Ricordo comunque che i fiorentini, come ho sottolineato durante la trattazione delle bonifiche romane, hanno sempre, storicamente, avuto paura della Valdichiana come un potenziale pericolo di innesco di piene dell'Arno, e si sono spesso opposti all'ulteriore abbassamento del livello della chiusa, specialmente da quando Arezzo, nel XIV secolo, entrò a far parte della Repubblica Fiorentina.

Alla fine del XV secolo si registrano nella zona meridionale della Valdichiana, nei dintorni del lago di Chiusi lavori ad opera dello Stato della Chiesa che fecero affluire sempre meno acqua nel bacino del Tevere e sempre di più verso la Valdichiana, tanto per aumentare i disagi. Lo spartiacque teorico era nei dintorni di Foiano ma dato il minimo dislivello la sua posizione era molto "dinamica".

FIRENZE SI ESPANDE E IL MUGNONE VIENE DEVIATO PIÙ VOLTE

Con la costruzione della quinta cerchia muraria di Firenze (la prima comunale) nel 1175, il Mugnone venne leggermente spostato vero occidente, sfociando dunque nell'Arno a Piazza Ognissanti, cioè meno di 1 km più a valle. Un secolo dopo, durante la costruzione della cerchia muraria definitiva, tra il 1284 e 1333, quella corrispondente in riva destra agli odierni viali di circonvallazione, il torrente fu nuovamente spostato lungo le mura, andando a sfociare nella zona dell'attuale Ponte della Vittoria.

Il primo duca ereditario di Firenze, Alessandro dè Medici, (1510 – 1537) che governò dal 1530, avviò un programma di bonifiche della zona ad occidente della città, iniziando i lavori che hanno poi portato alla formazione di uno dei parchi urbani più grandi d'Italia (Le Cascine) in quello che era un acquitrinio lungo l'Arno a valle della città: l'obbiettivo era di ingrandire le proprietà di famiglia, specialmente per una questione di prestigio; a dimostrazione della situazione paludosa, il primo nucleo era detto “Cascine dell'Isola"

Nel 1534, nel quadro dei lavori per la ”Fortezza da Basso” e anche per dare continuità territoriale fra la città e la tenuta di famiglia deviò ulteriormente il Mugnone per farlo confluire con il Terzolle (è la parte oggi che scorre lungo il Viale Redi, qui raffigurata). Quindi Mugnone e Terzolle sfociavano insieme nella zona dove ora c'è la passerella pedonale che attraversa l'Arno circa a metà delle Cascine e che collega il parco ad un quartiere della città che, con un nome che tradisce la sua origine, si chiama “L'Isolotto”. Successivamente con l'ulteriore ingrandimento del parco il corso del Mugnone fu ancora deviato verso valle nella posizione in cui è oggi

BONIFICHE E RETTIFICHE SI ESTENDONO CON COSIMO I

Il successore, Cosimo I (1519 – 1574), estese a vaste aree del Ducato quello che fece Alessandro a Firenze, intraprendendo un vasto programma di bonifiche e rettifiche fluviali la cui eredità si vede ancora oggi. L'obbiettivo era di incamerare nel patrimonio o vendere le terre così ottenute. Con la “contribuzione idraulica” ottenne da un lato ottimi incassi e dall'altro un forte incremento della produzione agricola.

Precedentemente Leonardo da Vinci disegnò parecchie carte dell'Arno e progettò addirittura di deviare l'Arno verso Prato e Pistoia, passare Serravalle con un sistema di chiuse e proseguire verso Fucecchio. Lo scopo era prettamente commerciale: creare una via navigabile per efficentare i trasporti. Alcuni disegni in materia sono contenuti nel celebre Codice Atlantico.

L'alluvione del 1557 è stata una delle più gravi della storia della città, come si vede in questa colonna posticcia dentro il refettorio di Santa Croce, davanti al celebre affresco dell'Ultima Cena di Taddeo Gaddi (la triade delle grandi alluvioni è 1333 - 1557 e 1966). Con l'occasione a Firenze furono risistemati gli argini e compiuti altri lavori. Ma il problema restava sempre la strozzatura del Ponte Vecchio.

Nel 1563 fu ampliato il “canale di Ognissanti” che divenne il “Fosso Macinante” (il nome deriva dai mulini che vi erano posti), un corpo d'acqua ancora oggi esistente a fianco delle Cascine. Il fosso partiva dalla pescaia di Santa Rosa e arrivava (come oggi) fino a San Donnino e al Bisenzio (oggi c'è un bypass sotto il Mugnone). È l'embrione del canale ideato da Leonardo da Vinci. Purtroppo non sono riuscito a capire come il Fosso Macinante incrociava all'epoca il Mugnone.

Nel '500 si registrano anche i primi tentativi da parte della Repubblica di Lucca di bonificare la piana versiliese, con scarsi risultati. 
In Versilia, tra lo stato lucchese e quello massese c'era una enclave di Firenze, corrispondente all'odiero territorio dei comuni di Forte dei Marmi, Pietrasanta e Stazzema. Anche qui Cosimo I voleva procedere ad una bonifica totale del lago di Porta ma l'operazione si è definitivamente conclusa solo nel XIX secolo: l'aumento delle precipitazioni della Piccola Era Glaciale aveva provocato dei problemi e fra le comunità di Pietrasanta (sotto Firenze) e Montignoso (sotto Lucca fino al 1847, quando passò a Parma) nacquero diverse questioni (che ovviamente erano di carattere internazionale), perchè le continue modificazioni dell'estensione del lago e delle paludi non assicuravano un confine certo (nel XVIII secolo fu anche sfiorata una guerra tra Granducato e Lucca). 
La storia è molto complicata e per brevità basta osservare che si procedette a numerose opere idrauliche, specialmente da parte di Pietrasanta, più ricca grazie ai marmi, per diminuire i danni delle frequenti alluvioni e cercare di colmare il lago.

L'IMPATTO DELLE BONIFICHE E DELLE RETTIFICHE MEDICEE

Le bonifiche e le rettifiche fluviali se da un lato, strappando terreni a paludi e corsi d'acqua, hanno apportato consistenti benefici economici, dall'altro sono state un disastro per la difesa del territorio dalle alluvioni: alvei dritti significano più velocità e meno volume, quindi possono contenere meno acqua e la perdita delle paludi che funzionavano da casse di espansione ha ulteriormente ingigantito il problema. In sostanza le bonifiche hanno diminuito le magre dei fiumi (aumentandone quindi le doti di navigabilità) ma hanno ingigantito l'effetto delle piene.
Da queste rettifiche si salvò il Bisenzio perchè Galileo Galilei scrisse la “Lettera di Galileo Galilei sopra il fiume Bisenzio a Raffaello Staccioli”, lavoro che non riesco a trovare (non risulta neanche nel catalogo della Biblioteca Nazionale di Firenze...). 
Ovviamente quando il grande scienziato scrisse questa lettera Cosimo I era già morto ma i suoi discendenti continuavano l'operazione. Insomma, Galileo riuscì ad impedire la rettifica del Bisenzio. Voglio trovare quella lettera e commentarla!

PISA E LIVORNO, PORTI E ACQUEDOTTI

Alla fine del XVI secolo Ferdinando I volle costruire un imponente acquedotto, proveniente dalla valle di Asciano, sullo stile di quelli romani, per rifornire Pisa in quanto l'acqua dei pozzi cittadini era qualitativamente scadente, in particolare dal punto di vista batteriologico. La progettazione iniziò nel 1584, ma i lavori finirono sotto il successore di Ferdinando, Cosimo II, nel 1613. È un'opera lunga oltre 6 km che è stata usata fino alla seconda guerra mondiale, anche se dal 1925 è operativo l'acquedotto che fornisce alla città l'acqua dei pozzi di Filettole.  

Un particolare curioso sull'acquedotto: nel 1780 il Granduca Pietro Leopoldo, di cui parlerò diffusamente per altre questioni idrauliche, emise un divieto di qualsiasi attività di taglio del bosco e di coltivazione nella Valle di Asciano, per evitare problemi all'acquedotto:
S.A.R. considerando che la conversione d’ogni genere di Boscaglie esistenti nella Valle di Asciano sommamente interessa il mantenimento di polle dell’acqua destinata a somministrare una bevanda salubre alla città di Pisa e suo territorio, che ne mancherebbe senza questo aiuto".
"Vuole che resti proibito in tutta l’estensione della suddetta Valle d’Asciano il tagliar piante, disboscare, cavar ciocchi, fare deggj e ridurre nuovo terreno a coltivazione, confermando in queata parte quanto faccia di bisogno le veglianti Leggi dell’Offizio dei Fossi da Pisa con tutte le pene in esse comminate contro i trasgessori.
Vuole inoltre che resti proibita nella suddetta Valle la diramazione delle piante tanto selvatiche che domestiche senza espressa licenza del Provveditore del predetto Offizio de Fossi che non dovrà accordarla prima d’essersi assicurato che la diramazione predetta non possa arrecare pregiudizio dei Bottini delle prese dell’acqua.
Nonostante fosse già esistente un villaggio citato da documenti del X secolo Livorno rimase un villaggio non troppo importante fino a quando l'interramento del porto pisano non decretò la necessità di una nuova area portuale. Divenne quindi una città (e anche importante) in epoca medicea, dopo una serie di vicissitudini sullo sfondo delle guerre di Pisa con Genova prima e con Firenze poi. 
Ancora una volta fu Cosimo I a promuovere  lavori sistematici e apposite leggi che, perfezionati dai successori, risultarono in una prospera e cosmopolita città. A Cosimo I si deve anche il canale dei Navicelli (ancora in uso) che collega Livorno a Pisa dove si unisce ancora all'Arno, nella zona di "Porta a Mare". L'Arno all'epoca era ancora navigabile fino a Signa e quindi il canale forniva un ottimo supporto alle attività portuali. 

L'espansione di Livorno era difficile per lo stato acquitrinoso del terreno praticamente a livello del mare. Quindi tutta la costruzione della città è stata un'opera di bonifica. In particolare nel XVII secolo furono usati gli stessi metodi usati a Venezia e il quartiere così costruito infatti si chiama Venezia Nuova.

LE BONIFICHE LORENESI

La seconda serie di bonifiche data all'epoca dell'inizio della dinastia lorenese. In particolare Pietro Leopoldo (1747 – 1792) che fu un eccellente Granduca di Toscana fra il 1765 e il 1790 (quando divenne – suo malgrado – imperatore d'Austria), avviò un grande programma riformatore a 360 gradi e nel settore di cui ci occupiano promosse bonifiche importanti in Valdichiana (dove le “Leopoldine” sono i cascinali più diffusi) e nella zona tra Lucca e Pontedera, prosciugando il Lago di Bientina, che continuava a persistere nonostante da oltre un millennio non fosse più alimentato dal Serchio. Non fu bonificato, dall'altro lato delle colline delle Cerbaie, il padule di Fucecchio, dove sfocia la Nievole: ancora oggi gli acquitrini si estendono nella piana compresa tra le Cerbaie ed il Montalbano, come si vede da questa foto presa da Massarella, sulle Cerbaie.



Vittorio Fossombroni (1754 – 1844) è stato il principale artefice dell'operazione, in particolare, lui nato ad Arezzo, di quelle della Valdichiana, che destarono la consueta preoccupazione a Firenze e furono un “affare internazionale” essendo non priva di conseguenze per territori appartenenti allo Stato Pontificio. 
Il suo lavoro proseguì anche con il successore di Pietro Leopoldo, Ferdinando III (1769 – 1824), secondogenito di Pietro Leopoldo, che governò il Granducato fino alla sua morte, ovviamente tranne durante l'intervallo napoleonico. 
Fossombroni è stato uno dei massimi esperti del settore a livello mondiale. È curioso che la sede regionale dell'Ordine dei Geologi e di quello provinciale dei Dottori Agronomi e Forestali siano a Firenze proprio in via Fossombroni!

Fossombroni, che ha l'onore di essere raffigurato in una statua sul sagrato della basilica di San Francesco ad Arezzo, è stato un importante stratega della bonifica per colmata, un sistema che si può usare quando c'è a disposizione un corso d'acqua che trasporta sedimenti e la zona da bonificare si trova ad un livello inferiore a quelle circostanti: si blocca il fiume e quindi si fa ristagnare la sua acqua, che così lascia i suoi sedimenti che a poco a poco colmano la depressione. Il sistema fu comunque scelto prima dell'avvento di Fossombroni rispetto a quello della bonifica per prosciugamento già nel 1769, seguendo le proposte di Tommaso Perrelli (1704 – 1783). Leonardo Ximenes (1716 - 1786), il famoso e influente gesuita – scienziato, aveva invece proposto l'altro sistema classico per le bonifiche, quello di far scolare via le acque, utilizzando in questo caso la Chiusa dei Monaci abbassandone ulteriormente il livello.
Non so se la storica opposizione dei fiorentini allo scolo delle acque chianine abbia influito sulla scelta della “soluzione Perrelli” al posto di quella di Ximenes. Da notare che Ximenes viveva a Firenze mentre Perrelli era aretino...
 
Leopoldo II, il famoso “Canapone” (1797 – 1870), penultimo Granduca di Toscana tra il 1824 e il 1859 continuò ad avvalersi del Fossombroni ma il problema fondamentale fu che ormai di zone “facili” da bonificare ce n'erano poche, in particolare in Maremma. La parte più lontana dal mare della piana di Grosseto fu bonificata con successo, quella invece di Castiglione della Pescaia si rivelò non fattibile (e non lo è ancora oggi), ma prima di rendersene conto ci furono spesi diversi quattrini, tantochè il Giusti scrisse nella celebre e satirica “legge penale degli impiegati”
Se un real Ingegnere o un Architetto
ci munge fino all’ultimo sacchetto,
per rimediare a questa bagattella
si cresca una gabella

È evidente come ogni riferimento al Fossombroni come “real ingegnere” sia puramente voluto!

Nel frattempo durante il regno di Canapone ci fu a Firenze una alluvione, nel 1844, ma le vicende storiche e il passaggio successivo al Regno d'Italia, con il periodo di Firenze capitale, offuscarono la memoria di questo evento. 

LUCCA E L'ACQUEDOTTO DEL NOTTOLINI 

Nel XIX secolo un'altra importante opera idraulica fu costruita a Lucca: l'acquedotto del Nottolini, dal nome dell'ingegner Lorenzo Nottolini che ne fu il progettista. Come quello mediceo di Pisa è costruito sullo stile degli acquedotti romani. Concepito durante il regno di Maria Luisa di Borbone, i lavori duraron o oltre 20 anni e fu completato nel 1851, quando il ducato di Lucca era già stato annesso al Granducato di Toscana. Oggi è sostituito da una conduttura che vi passa accanto.

Nel prossimo post (il quarto della serie) parlerò di quello che è successo durante il Regno d'Italia.

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