sabato 22 dicembre 2012

I "caffè scientifici": un modo originale per fare divulgazione scientifica


Ho molto a cuore la questione della divulgazione scientifica: proprio per questo quando ho incontrato l'Associazione Caffè-Scienza di Firenze sono rimasto molto entusiasta per l'originalità della formula ed infatti ora collaboro a pieno ritmo all'organizzazione di queste manifestazioni. Ne voglio parlare proprio per pubblicizzare al massimo la cosa. Ho anche materiale raccolto durante i vari incontri e cercherà a mano a mano di pubblicarlo. Questo post doveva essere pubblicato ai primi di ottobre ma come avete potuto notare sono stato assente per un lungo periodo e quindi la stagione del Caffèscienza di Firenze è iniziata da un bel pezzo.

I caffè scientifici sono un modo “diverso” di fare divulgazione scientifica. Fondamentalmente sono incontri diretti a non addetti ai lavori (che peraltro ci si fanno vedere eccome...) in cui vengono presentate le più varie problematiche scientifiche

Come funziona un “Caffè-Scienza”? È una formula molto “diversa” di divulgare la Scienza perchè il protagonista della serata è il pubblico. Vediamo come si fa. Non è una conferenza con qualcuno che parla “dall'alto”: pubblico e relatori sono allo stessa altezza, gli esperti sono ad un tavolino e la platea non è formata da file ordinate di sedie ma il pubblico si distribuisce intorno a dei tavoli dove spesso compaiono bicchieri (bibite, birre etc) e tazzine (di caffè); in Inghilterra, patria di queste iniziative grazie al nostro amico Duncan Dallas, un boccale di birra è un “accessorio obbligatorio”.
L'altra caratteristica fondamentale è che nel Caffè-Scienza il dibattito è guidato dal pubblico: dopo una breve presentazione da parte degli esperti (di solito due) un moderatore guida il dibattito aggirandosi tutt'altro che furtivamente in mezzo ai tavolini con un microfono, in modo da raccogliere in modo veloce e senza spostamenti le domande.


Il dibattito quindi è molto informale ma ha alcuni indiscutibili vantaggi: la successione dei cicli domanda – risposta consente una maggiore vivacità dell'incontro, le interruzioni consentono di evitare cali di attenzione frequenti nelle conferenze classiche e – soprattutto – è il pubblico a guidare l'incontro, spostando quindi il dibattito sugli aspetti considerati interessanti da chi ascolta e non da chi espone (alle volte ci può essere differenza).
Chiaramente una impostazione del genere necessita “esperti” pronti a spostarsi su “particolari non previsti” e questo li espone a qualche rischio in più rispetto ad una conferenza, ma il tutto è ampiamente giustificato dai risultati.

Potete vedere come “si fà” un Caffè-Scienza nella animazione realizzata dal vulcanico amico Franco Bagnoli.



I Caffè-Scienza si stanno diffondendo in tutta Italia, dall'Alto Adige alla Sicilia e questo per chi ama la divulgazione scientifica è sicuramente una bella cosa: fra gli ultimi arrivati l'inizio del Caffèscienza di Catania, in una cornice scientificamente suggestiva, è stato veramente più che incoraggiante e in cui è coinvolto il mio amico Ignazio Burgio di Catania Cultura.

L'Associazione Caffè-Scienza di Firenze è stata la prima in Italia ad organizzare iniziative di questo tipo, grazie all'intuizione di Paolo Politi che ne vide uno a Grenoble e ne parlò entusiasticamente a Franco Bagnoli ed altri suoi amici nel 2003 (io all'epoca "non c'ero", ero in "tutt'altre faccende affaccendato" per dirla come il Poeta). 
Cito esplicitamente quanto scrisse Paolo Politi perchè descrive in maniera straordinariamente sintetica e completa perchè fare un Caffèscienza: 
Il panorama culturale italiano, per quanto riguarda la scienza e la sua divulgazione, è attualmente di una povertà estrema. Questo fatto è ancora più grave se consideriamo quanto invece sarebbe importante discutere di temi che interessano tutti e da vicino: temi riguardanti la salute, il cibo, le fonti energetiche, i nuovi materiali. E questo solo per citare questioni che, benché siano di moda e spesso sulle prime pagine dei giornali, risultano invece assenti dal dibattito culturale e anche da quello politico, se non quando nasce una polemica, in genere tanto effimera quanto sterile. 
Partendo da questa premesse, crediamo che sia utile promuovere degli incontri periodici su temi scientifici, sia attuali che classici. Questi incontri, di cadenza mensile, dovrebbero svolgersi a Firenze in un ambiente non accademico. Il nome, provvisorio, di caffè-scienza richiama l'esperienza francese di organizzazione di incontri,dibattiti e seminari di carattere scientifico all'interno di un caffè. E' probabile che in Italia sia difficile organizzare qualcosa di simile e quindi il luogo può essere la sala di una biblioteca, o di un circolo ricreativo-culturale.

Per chi volesse leggere tutta la storia del Caffè-scienza di Firenze, questo è il link.

Da allora le cose sono andate avanti e oggi il Caffèscienza di Firenze fa parte dell'organizzazione dei Caffè Scientifici italiani (per chi è interessato sul sito italiano c'è un elenco di dove si trovano queste iniziative) e di quella europea.
Ovviamente se qualcuno volesse organizzare dei caffescienza nella sua città siamo disponibilissimi a parlarne e magari pure a darvi una mano, soprattutto morale (con le limitazioni tipiche di una associazione di volontari che hanno molte altre cose da fare).

A Firenze i “Caffè-Scienza” si svolgono alla Società di Mutuo Soccorso di Rifredi, accanto a Piazza Dalmazia e da un pò di tempo vi abbiamo affiancato le “Cafferenze”, agili conferenze con un dibattito finale alla Biblioteca delle Oblate, un ex-convento ristrutturato per fini culturali dal Comune di Firenze in via dell'Oriuolo, accanto a Piazza Duomo. Poi ogni tanto c'è qualcos'altro in giro per Firenze ma non solo.

La stagione di quest'anno prevede 15 incontri (che fatica a incasellarli tutti...), che si tengono, ormai per tradizione, di giovedì sera: ci sono 7 Caffe-Scienza alla SMS di Rifredi, 7 Cafferenze alla Biblioteca delle Oblate e, a dimostrazione del clima spesso ironico e informale degli incontri, c'è stato giusto ieri un evento straordinario per festeggiare lo scampato pericolo della fine del mondo, in collaborazione con l'associazione Amici di Arcetri, proprio all'osservatorio astrofisico di galileiana memoria.

Il programma è come sempre molto variegato: Chimica, Fisica, Astronomia, Scienze della Terra, Energia, Ambiente sono sempre gettonati ma non mancano la storia della Scienza con il tormentato rapporto fra donne e Premio Nobel e un excursus sul gioco d'azzardo.

Abbiamo anche una trasmissione radiofonica, RadioMoka, che a Firenze ed in Mugello si ascolta sulle frequenze di NovaRadio. Ma le trasmissioni di RadioMoka le potete sentire dovunque e quando vi pare, grazie ai podcast.

Se scaricherete la locandina della stagione 2012 / 2013 noterete che oltre a prestare “bruta manovalanza” il vostro blogger sarà protagonista di una cafferenza il 18 aprile alla Biblioteca delle Oblate, sull'estinzione dei dinosauri. Modererò inoltre l'incontro sullo stato del Mediterraneo del 16 maggio.


giovedì 20 dicembre 2012

Il petrolio in Italia, dove, come quando e perchè

Come è noto i NO-TAV non mi sono assolutamente simpatici. I NO-TRIV, cioè coloro che si oppongono alle trivellazioni in Adriatico, godono invece della mia simpatia per una serie di motivi ragionati (non nascondo che alle volte molti ambientalisti mi lasciano molto perplesso): il petrolio di quei giacimenti non sarà risolutivo per la dipendenza dal greggio di importazione, il risparmio energetico e le energie alternative possono abbondantemente compensare quella bassa percentuale di idrocarburi, i rischi per la salute pubblica e di quella ambientale sono molto elevati, la durata della produzione sarà presumibilmente molto breve. Insomma, tanto rumore e tanti rischi per qualcosa di non dico inutile ma insomma di cui se ne potrebbe fare decisamente a meno. Però mi pare giusto illustrare dove e come si trova il petrolio in Italia. 

In questa carta vediamo che i giacimenti petroliferi italiani si trovano sul bordo orientale degli Appennini tra Pianura Padana e Mare Adriatico, sotto gli Appennini in Basilicata e infine nel Canale di Sicilia. A queste zone evidenziate in rosso le ultime ipotesi vorrebbero aggiungere il Golfo di Taranto e aree limitrofe.

Si deve sottolineare che bene o male le condizioni favorevoli alla formazione di giacimenti di idrocarburi sono abbastanza particolari e soprattutto difficili a verificarsi ed in Italia se escludiamo un pò di metano in sedimenti recenti, ciò è avvenuto solo in alcuni momenti del Triassico, fra 240 e 200 milioni di anni fa, in una precisa fase della storia geologica del nostro Paese.

Parliamo innanzitutto della Pianura Padana: sedimenti corrispondenti a quelli dove troviamo  petrolio (spesso “trovavamo”... i giacimenti sono esauriti almeno in buona parte) affiorano nel Canton Ticino. Da poco si era esaurita la costruzione lungo il bordo meridionale dell'Europa della Catena Ercinica e stava iniziando il ciclo sedimentario alpino con l'apertura della parte occidentale della Tetide, l'oceano che già divideva più ad oriente le parti del Gondwana che costituiranno Africa ed India, dalla Laurasia (Eurasia e America Settentrionale). Nella carta qui sotto le zone che oggi compongono l'Italia sono più o meno all'estremità occidentale del golfo della Tetide.

Si formano quindi dei depositi continentali in un ambiente di pianura o palude che poi sono passati ad ambienti lagunari. Queste aree si sono a poco a poco approfondite, sia per motivi tettonici che per il peso dei sedimenti che a poco a poco si sono deposti fra il Triassico e il Terziario medio. Quindi da una situazione di pianura e laguna, rappresentata dalla Formazione di Bellano, si instaura nell'Anisico circa 240 milioni di anni fa un regime di piattaforma carbonatica (tipo le attuali Bahamas), rappresentato dalla Formazione di San Salvatore. La situazione era però instabile: il mare andava e veniva (ovviamente in tempi geologici!) e il clima era molto caldo (eravamo vicini all'equatore) ed arido ma improvvisi eventi alluvionali depositavano nei bacini lungo la costa sedimenti e materia organica (vegetali ed animali trascinati dalle piene). Questi bacini avevano tutte le qualità per diventare sorgenti di petrolio: erano caratterizzati da bassa profondità e scarso ricambio con il mare aperto, per cui c'era carenza di ossigeno e di conseguenza la materia organica non si disfaceva e veniva sepolta rapidamente anche grazie alle piene successive.

Gli Scisti di Besano sono la formazione depositata in questa fase e mostrano un contenuto fossilifero di eccezionale importanza sia di animali che di vegetali, con rettili assolutamente particolari come il Tanistropheus, dal collo lunghissimo o il terribile Ticinosuchus. Poi riprende la sedimentazione carbonatica, con i Calcari di Meride, i quali comunque al loro interno contengono intervalli simili agli Scisti di Besano, anch'essi fossiliferi.
In seguito, dal Giurassico in poi, il bacino diventerà molto profondo e ben collegato alla Tetide per cui non ci sarà più la possibilità di formazione di idrocarburi.

Nel Ticino a causa della formazione delle Alpi il petrolio non c'è più ma è rimasto nei sedimenti corrispondenti che sono ancora sepolti della pianura padana, come si vede dalle prime due sezioni,   riferite alla pianura lombarda. I colori corrispondono alle età dei sedimenti: viola per il Triassico, blu per il Giurassico, verde per il Cretaceo, marrone per il Terziario.

Nella prima sezione il petrolio è rimasto nelle rocce dove si è prodotto e i pozzi si trovano in corrispondenza degli alti del basamento:

nella seconda sezione gli idorcarburi sono risaliti in formazioni deposte successivamente, per esempio la Maiolica, sedimentatasi tra Giurassico e Cretaceo:

Nella pianura emiliana e romagnola, lungo l'Appennino, i pozzi sono spesso in corrispondenza di faglie simili a quella che ha provocato i recenti terremoti. Vediamo una sezione nella zona di Faenza da SW a destra a NE a sinistra...

Il petrolio dell'Adriatico appartiene alla Piattaforma Carbonatica Adriatica e si è formato nelle stesse condizioni e nella stessa epoca di quello della pianura padana, ma quella zona come si può vedere differisce per alcune caratteristiche fondamentali: manca la spessa copertura sedimentaria  tra Cretaceo e Terziario e non essendo ancora stata coinvolta nella collisione che ha formato gli Appennini è ancora praticamente indeformata:


Una parte della Piattaforma Adriatica è stata invece già coinvolta nell'orogenesi appenninica ma per esempio quella della Basilicata, sia pure scivolata sotto le serie del “Bacino di Lagonegro” a sua volta ricoperte dalle “Unità Irpine”, ha conservato il petrolio, che è quello che viene estratto nella zona della Val D'Agri. Purtroppo questa sezione non è “in linea” con le altre come colori: il grigio  corrisponde ai calcari della piattaforma adriatica e il petrolio si è formato nella loro parte bassa, al confine con il basamento cristallino. Non escludo che una parte del petrolio sia comunque migrato più in alto, ma non ho trovato notizie “controllabili” in materia.

Il petrolio che alcune compagnie ipotizzano esista nel Golfo di Taranto e dintorni si riferisce a questa situazione.

Per finire vediamo che anche nel Canale di Sicilia il petrolio si è formato durante il Triassico nei primi sedimenti del ciclo alpino.


Tutte le sezioni ad eccezione di quella della Basilicata sono tratte dall'articolo di Piero Casero "Structural setting of petroleum exploration plays in Italy" pubblicato nel 2004 nel volume "Geology of Italy" della Società Geologica Italiana.

Concludendo, sappiamo che per tutta una serie di motivi meno petrolio consumiamo meglio è e che – spannometricamente – la Basilicata e il resto della produzione nazionale ci fornisce oggi 100.000 barili al giorno, quando ce ne servono tra 1.600.000 e 2.000.000.
Non mi aspetto da questi pozzi del mare Jonio una produzione che possa incidere sul quantitativo generale in maniera significativa. Quindi mi pare che i rischi siano troppi rispetto ai benefici e che quindi quel petrolio non si ha da estrarre.

mercoledì 5 dicembre 2012

Italiani, Scienza e Tecnologia: quale futuro per il nostro Paese?


Sull'ultimo numero di Le Scienze (Dicembre 2012) c'è uno dei “soliti” editoriali del buon Marco Cattaneo, spesso polemici – ovviamente a ragione – nei confronti della situazione italiana. Questo editoriale porta degli interessanti spunti su come la classe dirigente italiana veda la ricerca scientifica e tecnologica e il futuro del nostro Paese. Mi riallaccio a un altro post che ho scritto recentemente sui rapporti fra cultura umanistica e cultura scientifica

Che cosa ha scritto il direttore di Le Scienze? Che è rimasto quantomeno perplesso da un intervento di Luigi Zingales a metà novembre nella trasmissione “Servizio Pubblico”.
Che ha detto Luigi Zingales? Che l'Italia ha un futuro radioso (non so se Cattaneo riporta il termine esatto usato) perchè ci sono miliardi di cinesi e indiani che vogliono vedere Roma, Firenze e Venezia. Secondo Zingales quindi dovremo prepararci a vivere di solo turismo.
Mi pare poco...

Abitando (con orgoglio) a Firenze e avendo la fortuna di dover percorrere quasi tutti i giorni la parte centrale dei lungarni in bicicletta o in scooter, sono in grado di toccare con mano quanto siano amati a livello mondiale i Beni Culturali italiani e sono convintissimo dell'importanza (anzi, della necessità) di investimenti nel settore; parlo ovviamente di investimenti intelligenti e quindi non solo colate di cemento nel settore alberghi e ristorazione, ma attrezzature e servizi per il turismo, anche e soprattutto innovativi (fra l'altro togliendosi il vizio di considerare il turista come un pollo da spennare).

Cattaneo poi fa notare una cosa molto interessante: Zingales fa parte di una associazione dal nome “Alleanza, lavoro ed impresa” autrice di un manifesto dal titolo “Fermare il declino”. Leggendo nel loro sito vediamo che negli ultimi mesi le riflessioni dell'associazione sono state condivise da un gruppo di “accademici, professionisti, imprenditori, manager ed esponenti dell’associazionismo e della società civile”. In questo manifesto non si trovano termini come “scienza” e “tecnologia” (chiedono però collaborazione a non ben precisati “scienziati”, termine citato solo in tale occasione), mentre il termine “ricerca” viene inserito una volta sola parlando del fatto che non vogliono nelle loro fila “funzionari di partito o miliardari alla ricerca di sconti e prebende a fronte d’immani conflitti d’interesse”.

Insomma, per risorgere l'Italia ha bisogno di economia, privatizzazioni, liberismo etc etc... ma niente Ricerca Scientifica e Tecnologica (forse perchè per finanziarla lo Stato abbisogna di entrate?).
Anzi, Cattaneo racconta che nella stessa trasmissione lo Zingales, pluridecorato esponente della teoria economica in entrambe le sponde dell'Atlantico Settentrionale, ha detto che in Italia fare biotecnologie non ha senso perchè siamo in ritardo e abbiamo università di basso livello.

Ignoro se abbia lo stesso giudizio in rapporto alle altre Scienze e allora sarebbe bello ricordargli i successi scientifici dei ricercatori italiani, in Patria e all'estero. Ottenuti malgrado la nostra classe dirigente. E scommetto che conosce tutti i numeri dell'economia mentre ignora che, classifiche alla mano, l'Italia è sempre fra le Nazioni scientificamente avanzate, lo si vede proprio su Le Scienze di questo mese. Sempre malgrado (quasi) tutto.
E qui ricordo le sciagurate parole di un ex ministro per il quale le Olimpiadi a Roma sarebbero state una “occasione di sviluppo”... cioè questo è il concetto di sviluppo di buona parte dei politici nostrani, il cemento. Grandioso....

Certo che se questa fosse l'opinione generalizzata nel mondo dei “decisori” sull'ambiente scientifico, si capirebbe in parte il perchè dei tagli alla ricerca e alle università.

E qui casca l'asino, nel senso che purtroppo è vero: la maggior parte dei decisori di scienza e tecnologia non sa praticamente nulla. Magari di lettere, storia e filosofia sì (e difatti abbiamo avuto uno storico del medioevo al CNR, lasciamo perdere.... anche se un pò di notorietà la devo alla polemica con quel soggetto e i suoi accoliti)
Cerchiamo di capire le motivazioni di questo.

In primis la Scienza non vivifica l'intelletto. Parola di Benedetto Croce, unica cosa nella quale sono d'accordo con lui persino i filosofi esistenzialisti...

In seconda battuta bisogna chiedersi cosa ne sappiano gli italiani di Scienza.

Firenze quest'anno è stata la sede del congresso internazionale di Comunicazione in Scienza e Tecnologia 2012 (PCTS –Public communication in Science and Technology”). La cerimonia di apertura si è svolta a Palazzo Vecchio nel Salone dei Cinquecento (questa sala è un ottimo esempio di ambiente esteticamente ineccepibile ma anche capolavoro della ricerca tecnologica di quel tempo!). Piero Angela ha tenuto nell'occasione uno splendido intervento; fra l'altro ha spiegato che di scienze l'italiano medio ne sa poco, ma è in buona compagnia: anche buona parte dei “decisori” (politici, industriali e quant'altro) ne sanno davvero poco.
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In effetti che spesso la selezione del personale di ricerca e di docenza nelle Università italiane sia discutibile sono in pochi a metterlo in dubbio, però - come ha fatto notare Cattaneo -  mi sa che la loro offerta formativa non sia proprio malvagia, se i ricercatori italiani all'estero godono di ottima considerazione (aggiungo: una reputazione parecchio migliore di quella della nostra classe dirigente... siamo molto più avanti nelle classifiche internazionali sulla Scienza rispetto a quelle sulla corruzione... ). 
Purtroppo che l'Italia sia un paese pieno di asini da un punto di vista scientifico è sotto gli occhi di tutti, a cominciare dai settori di cui si occupa Scienzeedintorni (ho sentito pronunciare  certe asinate su alluvioni e /o terremoti da rabbrividire, e non soltanto nei gruppi di Facebook, anche da politici importanti .).

E spesso ripeto che la colpa di certi disastri non è un elevato tasso di irresponsabilità da parte di chi ha gestito le scelte urbanistiche, lo smaltimento dei rifiuti, l'approvvigionamento di energia: un irresponsabile è uno che sa di stare facendo o dicendo una idiozia; ma spesso si tratta di pura ignoranza su come stiano davvero le cose...  Lo stesso dicasi per certi sgangherati atteggiamenti contro alcune opere pubbliche. Vero, alcune lasciano perplesso pure il sottoscritto, che peraltro, proprio perchè possiede una cultura specifica in materia, si è sempre dichiarato favorevole alla TAV, a tramvie e metropolitane e impianti di produzione di energia senza idrocarburi (solare, geotermico, eolico e quant'altro)
Purtroppo i nodi vengono al pettine molto spesso, come recentemente al processo dell'Aquila, dove si condannano gli scienziati e nessuno fa una inchiesta penale sul perchè la città abruzzese non era stata inserita nella prima fascia di pericolosità sismica....
Mi chiedo cosa sarebbe successo se quella persona colpita dal lutto e che ha denunciato gli scienziati avesse avuto un barlume di cosa siano Geologia e Geofisica: forse avremmo avuto un processo alla classe politica che ha clamorosamente errato la zonazione sismica anzichè ai componenti della Commissione Grandi Rischi?

Dal dopoguerra ad oggi sono nati quartieri dove capitava (o, meglio, dove qualcuno voleva costruire su propri terreni) senza tenere conto delle condizioni idrogeologiche o del rilievo e, nella previsione che “andremo tutti in automobile” senza una logica tale da poter essere serviti decentemente da servizi di mobilità pubblica. Le case sono un colabrodo energetico, la maggior parte degli italiani non sa distinguere un anfibio da un rettile nè che l'idrogeno non è una fonte di energia ma un sistema per stoccarla etc etc etc
Oggi forse le cose stanno cambiando: dopo l'ubriacatura ottimistica dell'Uomo capace di dominare tutto finalmente in questi anni si comincia a capire che in molti settori non si può andare avanti così, anche se non è passato tanto tempo da quando appena 30 anni fa, mi ricordo di ggggente che si domandava “come mai al giorno d'oggi non è possibile fermare l'eruzione dell'Etna”. Era il 1983, l'anno in cui ci fu una grandissima eruzione del vulcano siciliano, e nell'occasione fu persino fatta una prova per deviare la colata.  

Per rendersi conto che l'Uomo fosse un po' meno onnipotente dell'ipotizzato ci sono volute le alluvioni e le frane degli ultimi anni....
Oggi traffico, inquinamento, danni per frane e alluvioni e una bolletta energetica salatissima sono il prezzo da pagare a tutto questo.
Cosa dobbiamo fare, quindi? Batterci per una alfabetizzazione scientifica a tutti i livelli, dalla “casalinga di Voghera” al parlamentare.

Come? Certo la televisone qualcosa ha fatto, la Rai con Superquark per esempio (purtroppo controbilanciato da Voyager....), da quando Mario Tozzi è andato sugli schermi finalmente la gente ha capito cosa fanno i geologi (manco sapevano cos'era la Geologia,  pensavano che il geologo fosse quello che andava per grotte... giuro....), Focus è una rivista che vende bene (anche se mi pare che ci siano dei problemi pure lì). Altre trasmissioni come “Missione Natura” o vari documentari che si vedono sul digitale terrestre (in particolare ancora una volta sul canale di Focus, che però si autocontrobilancia magistralmente parlando degli avvistamenti di alieni....). Qualcosa c'è anche sui canali Mediaset.
E gli ascolti di Superquark dimostrano comunque che la “domanda” ci sarebbe. Io per quanto posso il mio contributo cerco di darlo, anche collaborando alle attività della “Associazione caffà-scienza di Firenze”, di cui prossimamente parlerò.

Fino a quando nessuno riuscirà a convincere una classe dirigente che mediamente “ha la cultura scientifica di un diciottenne asino” dell'importanza della cultura scientifica sarà difficile poter “fermare il declino” dell'Italia, aspettando le legioni di turisti indiani e cinesi.
Mi auguro che ci si riesca prima di morire per mancanza di ossigeno economico: non è che i miliardi di cinesi ed indiani verranno da domani....