venerdì 17 febbraio 2012

La genetica dei Nordafricani: una popolazione dalle origini antichissime a cui si è sovrapposta una serie di immigrazioni posteriori

Il deserto del Sahara rappresenta una importante barriera per la civiltà umana, con evidenti conseguenze nella cultura, nella lingua e nella genetica. L'Africa Settentrionale è un caso molto particolare e poco studiato da un punto di vista genetico, nonostante i 160 milioni di persone che vi abitano: ad un complesso genetico autoctono si affiancano componenti europee, mediorientali e sub-sahariane. L'espansione araba dall'VIII secolo DC in poi ha provocato un certo flusso genico con un gradiente molto spiccato, massimo a Est e che diminuisce progressivamente andando verso ovest. Di segno opposto a quello della invasione araba, massimo a ovest e che diminuisce progressivamente verso est, c'è una componente genetica che pare molto antica, ben oltre i 12.000 anni fa.
Restavano aperte parecchie soluzioni: i nordafricani discendono dalle prime popolazioni di Homo Sapiens stabilitesi in zona circa 50.000 anni fa? Oppure discendono dai primi pastori neolitici? Quanto hanno pesato le vicende storiche successive da un punto di vista genetico?

Un recente studio pubblicato su PlosGenetics ha cercato di chiarire questi dubbi. Ci sono alcune cose che saltano all'occhio: innanzitutto non ci sono differenze particolari fra popolazioni di lingua araba e popolazioni di lingua berbera. Entrambe le lingue appartengono alla Famiglia Linguistica Afro-Asiatica, ma a gruppi diversi all'interno della famiglia (diciamo come l'Italiano e l'Inglese nelle lingue indoeuropee). Nonostante che l'Arabo sia la lingua ufficiale delle nazioni nordafricane, le lingue berbere sono ampiamente diffuse (anzi, in Marocco i berberofoni sono più numerosi degli arabofoni e in Algeria probabilmente il 30% della popolazione parla dialetti berberi). L'arabo è quindi una tipica sovraimposizione di una nuova lingua introdotta da un nuovo ceto dominante; invece le lingue berbere erano quelle parlate nel I millennio AC, da una popolazione autoctona molto ben strutturata con una propria impronta genetica, quella dei vari popoli che si sono validamente opposti alle invasioni di Romani, Greci e Fenici (Cartaginesi), fra i quali i più noti sono i Numidi.

Alcuni studi hanno puntualizzato delle differenze notevoli fra la distribuzione del DNA mitocondriale e quella del cromosoma Y: il DNA mitocondriale è fra i più “antichi” del mondo ed indica una migrazione nell'area molto antica, pre-olocenica: secondo alcuni Autori potrebbe essere il DNA mitocondriale delle prime femmine di Homo sapiens giunte nell'area circa 40.000 anni fa, quando si estinsero gli ultimi neandertaliani. Il cromosoma Y invece sembra più legato all'espansione neolitica dell'agricoltura del VI millennio AC. Quindi con i nuovi venuti c'è stata una massiccia sostituzione della linea diretta maschile della popolazione. Un esempio recente ce lo fornisce il Sudamerica, dove anche fra popolazioni in cui la componente nativa è preponderante c'è una presenza anomalmente alta di cromosoma Y di derivazione europea: in effetti per averlo basta avere in linea diretta uno e un solo antenato di origine europea negli ultimi 500 anni, il che è abbastanza facile che si sia verificato.

La cultura Capsiana ha dominato la parte occidentale del Nordafrica, specialmente nell'odierna Algeria tra il 10.000 e il 6.000 AC. i Capsiani si nutrivano di un uro leggermente diverso da quello europeo, di gazzelle, lepri e, cosa abbastanza caratteristica, di lumache (alcuni testi francofoni li chiamano "escargotières". All'epoca non erano ancora diffuse capre, pecore e i bovini attualmente comuni, che sono stati introdotti dall VI millennio AC dalle popolazioni provenienti dall'Anatolia che hanno diffuso l'agricoltura. Occorre anche ricordare che durante il periodo capsiano il Sahara era profondamente diverso da oggi, un ambiente simile alle attuali savane dell'Africa Orientale. I Capsiani avevano anche sviluppato una produzione di ceramica.
Immagino che la sostituzione della componente maschile della popolazione e la fine della cultura capsiana siano eventi correlati.

Quanto ai contributi genetici provenienti dall'altro lato del Sahara, specialmente nella zona occidentale presentano delle differenze di distribuzione tali da riconoscerne l'origine molto recente. Presentano un aspetto piuttosto particolare: nella zona orientale ci sonovarianti sia di tipo nilo-sahariano e bantù, mentre nella zona occidentale sono presenti solo le seconde.

La difficoltà metodologica maggiore nello studio della genetica nordafricana è la sovrapposizione di molte componenti distinte mentre i modelli attualmente disponibili fanno riferimento alla mescolanza fra due sole popolazioni. Pertanto gli Autori dell'articolo di PlosGenetics hanno dovuto ideare nuovi metodi statistici per considerare flussi genetici da 5 posizioni geografiche diverse: Africa Settentrionale, Europa, Medio Oriente, Africa Sub-Sahariana Occidentale ed Africa Sub-Sahariana Orientale. È bene ricordare che il flusso dall'Europa è stato abbastanza continuo (sia pure senza assumere proporzioni importanti) ed è finito prima della conquista araba, mentre quello mediorientale, a partire dalla colonizzazione fenicia, è sempre stato attivo e talvolta con numeri piuttosto importanti (e, a complicare le cose, gli europei mostrano molto spesso delle ascendenze mediorientali).

Nel resto del DNA si possono vedere dei gradienti piuttosto significativi. Il trend genetico denominato “maghrebino” ha un massimo di concentrazione in Marocco e diminuisce andando verso est, con un picco di diffusione fra gli abitanti di lingua berbera della Tunisia (unica significativa correlazione fra genetica e lingua parlata). Anche in questo caso, come per il DNA mitocondriale, si evidenzia una estrema antichità di questa componente genetica, che viene da ben oltre il limite pleistocene - olocene. C'è poi una componente mediorientale che invece si comporta esattamente all'opposto, molto “vivace” a oriente e gradatamente in calo progredendo verso occidente,

In questo diagramma si vedono i rapporti fra due componenti del genoma di varie popolazioni: in celeste i nordafricani (i puntini più scuri sono i tunisini berberofoni. Il colore violarappresenta europei (nella fattispece sono stati utilizzati dati su baschi e toscani), in alto a sinistra popolazioni kenyane (che si rapportano alla componente sub-sahariana visibile solo nell'Africa nordorientale) e in basso a sinistra popolazioni sub-sahariane della Mauritania, delle quali ci sono alcune testimonianze nel genoma in tutto il nordafrica.

Lo studio mette comunque in eccellente evidenza come la genetica delle popolazioni nordafricane abbia eccellenti assonanze con quella del resto dell'area mediterranea (anche nella componente tipicamente maghrebina) e sia molto più vicina a queste che a quelle con l'Africa Subsahariana. Il che evidenzia un “ritorno in Africa” da parte dei discendenti di quelle popolazioni che erano uscite dal continente originario dirigendosi verso Medio Oriente ed Asia Meridionale.

Nessun commento: