martedì 24 gennaio 2012

Postilla al post precedente: Torino - Lione e dintorni


Come prevedevo qualcuno contrario alla Torino – Lione si è fatto sentire a proposito del mio post precedente (via mail anche qualche fiorentino di mia conoscenza per il sottopasso). Siccome il buon Gianluigi mi ha scritto nei commenti sul post e quindi in pubblico, ho visto che una replica avrebbe avuto bisogno di una struttura migliore di quella delle risposte al post e quindi ho deciso di scrivere un nuovo post: lascio integralmente il suo primo intervento e la mia prima risposta (correzioni ortografiche a parte, specialmente sul mio testo), e inserisco  - sempre integralmente - la seconda replica di Gianluigi. Chi mi conosce sa che ospito volentieri contributi esterni anche, e soprattutto, di chi non la pensa come me perchè le ritengo utili al dibattito e perchè di egocentrici “so tutto io” che non amano essere contraddetti è piena l'Italia, non solo nel web.

Questo è il primo intervento di Gianluigi:

Mi dispiace ma sulla faccenda TAV Torino Lione sei un po' "non informato". Infatti se non hai notizie di proteste per l'autostrada è perché non si è raggiunta una unità come è avvenuto per il TAV: comuni divisi, cittadinanza non informata, tendenza a pensare che le opere vanno fatte. Poi si è visto lo scempio ambientale, la presa per il naso delle compensazioni, l'arrivo in massa di problemi legati a mafia/n'drangheta e similare e la gente ha aperto gli occhi. Poi non fermarti solo ai problemi dei "minerali", qui si parla anche e soprattutto di soldi. Quanto costa quest'opera e quanto serve alla comunità. Informati un po' meglio e non così approssimatamene.

Questa la mia prima replica:

Innanzitutto non condivido il tono e soprattutto l'imperativo di "informarmi meglio". E, molto serenamente, al contrario faccio questa riflessione: la nuova ferrovia è un'opera trasportisticamente necessaria per consentire scambi più veloci ed economici ed ecologici con la Francia rispetto al traffico attuale.

Vogliamo diminuire le emissioni inquinanti dovute ai trasporti ed incrementare il trasporto su ferro? Se sì lo dobbiamo fare non solo a parole, ma anche con i fatti. E i fatti ci dicono che l'Italia sarà ben collegata via ferrovia con il Nordeuropa grazie ai nuovi tunnel ferroviari di Lotschberg, Gottardo e Brennero, mentre Italia e Francia continueranno a restare praticamente reciprocamente isolate. Se oggi al Frejus transitano poche merci è proprio colpa della infrastruttura carente rispetto alle altre

Quanto ai costi, se sono stati sostenuti dalle altre Nazioni alpine un motivo ci sarà e prima di spararla potresti magari capire perchè dalle altre parti questi lavori si fanno senza sguaiate contestazioni. Inoltre un'opera del genere va vista nell'ottica delle decine di anni e del risparmio in emissioni inquinanti.
A proposito, quando i futuro il petrolio costerà 250 dollari al barile perchè ce ne sarà poco, costerà molto di più estrarlo e diverse nazioni che ora ne usano poco ne incrementeranno il consumo in maniera esponenziale, mentre i treni potranno essere alimentati semplicemente con l'energia ricavata da un paio di dighe, i TIR con cosa si muoveranno? Avremo un muro fra Italia e Francia e quindi ritorneremo all'autarchia e non esporteremo più in Francia?
Ultima domanda: come mai gli svizzeri godrebbero come ricci nel caso si decidesse scelleratamente di non proseguire i lavori?
Quanto alle intrusioni mafiose: basterebbe una seria attenzione...
Io sono contrario al ponte sullo stretto e l'ho scritto diverse volte. Ma oltre a queste perplessità ne ho ben altre di carattere geologico economico e trasportistico. La mafia va chiaramente combattuta con determinazione assoluta e con attenzione massima per essere sconfitta ma non deve essere una remora allo sviluppo.

Dopo Gianluigi replica così:

Tu parli di merci, ti risulta (qui il mio informati meglio) che in Francia le merci possano viaggiare sulle linee AV? E sei a conoscenza di qualche treno merci che attualmente viaggi sulle linee AV italiane o europee? Esiste un locomotore AV per le merci in funzione? E siamo perfettamente d'accordo che il treno emette meno, ma hai considerato (Ponti de lavoce.info) anche quanto viene emesso/consumato nella loro costruzione? Stiamo parlando dell'AV italiana, costata rispetto alle analoghe francesi/spagnole 3/4 volte in più al km. Poi per quanto riguarda lo scambio delle merci, controllati i dati pubblicati dalla regione Piemonte per capire che le merci non viaggiano nella direzione della Torino – Lione . Già adesso.
Dimenticavo: che fine ha fatto FS Cargo? Hai idea di come vada la società merci delle nostre ferrovie?

Vedrò di rispondere con calma a domande talvolta imprecise e poste in maniera un po' polemica.

Premetto di non essere a conoscenza del fatto che tutti gli abitanti e tutte le forze politiche sindacali e sociali della Val di Susa siano contrarie all'opera.
E comincio dall'ultima domanda. So benissimo come vada e che fine farà la divisione cargo di TI (non di FS, volendo essere “precisi ed informati”), che mi pare si chiami attualmente Trenitalia – DGOL. Anzi, dal mio punto di vista prima chiude e meglio è, sempre se RFI metterà a disposizione le tracce per nuovi servizi merci: ci sono tante altre aziende che la stanno sostituendo egregiamente: RTC, SERFER, LI-NEA, Nordcargo, le controllate italiane di SBB e SNCF e per brevità ne cito solo alcune.... Se ne vuoi un elenco basta andare sul sito della Agenzia Nazionale per la Sicurezza Ferroviaria, cercando i cosiddetti “certificati di sicurezza”.

Questione AV: puntualizzo di conoscere benissimo la genesi delle linee AV francesi e la loro storia; le linee AV francesi non possono ospitare treni merci per alcuni problemi: l'immenso traffico passeggeri che sopportano, le pendenze elevate e la differenza di velocità fra convogli AV e treni merci. Ma chi ha detto che la Torino – Lione sarà usata solo per 4 treni passeggeri al giorno? Al contrario delle AV nazionali vi passeranno anche tanti treni merci, praticamente quasi tutto il traffico via ferro fra Francia ed Italia. E qui c'è la garanzia dei francesi che se spendono soldi in opere pubbliche, specialmente fuori da Parigi, lo fanno a ragion veduta e sono la migliore garanzia della riuscita dell'opera. A proposito: la SNCF da qualche tempo gestisce direttamente i TGV Milano – Parigi, è proprietaria di una parte sostanziosa di NTV e in Italia ha già una sua compagnia ferroviaria per le merci. Quindi tranquillo, se si muovono un motivo ce l'hanno...

Il termine “locomotore AV per le merci” mi sembra denotare una mancanza notevole di cultura ferroviaria. Probabilmente volevi dire “locomotive (non locomotori, tecnicamente parlando...) che possono viaggiare sui 25 Kv monofase, alimentazione tipica della AV italiana e francese (ma non tedesca)”. 
È probabile che tu sia convinto che tali mezzi non esistano. Invece ce ne sono a bizzeffe, anzi ce ne sono di più di quelle da 3 Kv DC. Che si usano solo in Italia e, parzialmente, in Belgio, Polonia e Cechia. Per cui, anzi, sono più speciali le loco che viaggiano in Italia.... Eventualmente dovranno essere equipaggiate di ERTMS per il segnalamento qualora si decidesse di adottarlo anche lì, oltre che ovviamente del classico SCMT italiano e del sistema analogo francese. Allora, vediamo... cito a memoria.... fra le locomotive che circolano regolarmente in Italia possono andarci le E412 e le E402b di Trenitalia, le BB36000 di SNCF, di cui alcune mi risulta siano assegnate alla filiale italiana come E436. Ci sono poi le bellissime Siemens “Taurus”, in Italia marcate E189, di proprietà della OBB, di Li-nea SB e di varie altre compagnie ferroviarie. Ci sono anche altre locomotive di Bombardier e della Skoda. Ansaldo-Breda, Alsthom, Siemens, Bombardier, Skoda... tutti i produttori di locomotive elettriche europee hanno in catalogo locomotive con le caratteristiche che chiedi. Quindi “zero" in cultura ferroviaria: di locomotive come dici te l'Europa è già piena.  E se qualcuno ti ha detto il contrario o era male informato o volontariamente diceva una c...ta monumentale!
Se queste locomotive non circolano sulle linee AV italiane lo dobbiamo soprattutto alla (discutibile) politica commerciale di Trenitalia, spalleggiata da RFI che lungi dall'essere una entità imparziale, mette i bastoni fra le ruote delle aziende concorrenti alla sua consociata.

La AV italiana è costata di più delle altre. Ineccepiblie. 
Vediamo perchè. 
Tralasciando la questione generale del costo dei Lavori Pubblici nel nostro squinternato Paese, faccio rispettosamente notare quanto segue: le linee AV italiane erano nate come AC/AV (AC=Alta capacità) con pendenze basse proprio per poterci far passare anche le merci (almeno nelle ore notturne) e presentano un numero di interconnessioni con la parallela Linea Storica impressionante: solitamente inutili, sono state costruite perchè altrimenti gli enti locali (regioni, province, comuni) non avrebbero dato il permesso di passare (la Bologna – Modena dimostra come il tracciato più che dai tecnici sia stato deciso.... dai politici). Se tra Milano e Bologna ci sono tutta una serie di interconnessioni che di fatto hanno allungato il chilometraggio costruito di un buon 30%, già con questo non si ottiene un costo kilometrico confrontabile con quello di linee AV prive o quasi di interconnessioni, se si considera solo la distanza fra i capolinea. Inoltre per la nostra AV si è dovuto attraversare una delle più larghe catene montuose europee. E questo dimenticando la miriade di opere compensative (asili, nuove strade, parchi giochi etc etc) che alla fine nei conti qualcosa hanno pesato.

Le merci non viaggiano attraverso la ferrovia Torino – Lione, o, meglio, ne passano poche. Verissimo ed indiscutibile. E, rimanendo alla Francia, neanche Ventimiglia se la passa bene. Ho quindi deciso di scrivere un bel post anziché una laconica risposta anche per postare questi grafici in cui sono indicate, in milioni di tonnellate, le merci che sono passate dai valichi alpini fra il 1984 e il 2010: il Frejus stradale (giallo) ha visto un forte aumento del traffico in corrispondenza della chiusura del traforo del Monte Bianco (in verde). Riaperto il Bianco ovviamente la quota del Frejus è tornata sui livelli precedenti.

Ventimiglia stradale (blu) ha visto un bell'aumento, Ventimiglia ferroviario (celestino) invece tutt'altro, principalmente per l'inadeguatezza della struttura (la ferrovia tra Savona e Ventimiglia in particolare ma non solo): aumentando il traffico passeggeri regionale in una linea in gran parte ancora a binario singolo, ovviamente le “tracce” disponibili per i merci sono diminuite.
Il Frejus ferroviario (viola chiaro) ha perso traffico e si vede benissimo dal grafico che fine hanno fatto le merci che passavano di lì: oggi passano dal Sempione (verde). Fino al 2000 per il Frejus passava il doppio di merci che dal Sempione, oggi la situazione è esattamente ribaltata (e ancora non c'era il nuovo Lotschberg, che oltre alle relazioni con la Germania serve anche come alternativa per la Francia via Basilea e non via Ginevra). Quindi le merci che passavano dal Frejus ora passano dal Sempione e gli svizzeri, a qualcuno pare strano, sono molto contenti di questo (ed ecco perchè dipendesse da loro il nuovo Frejus non si farebbe...).

Il Frejus addirittura aveva fino al 2001 un traffico superiore al Brennero!
Perchè allora è successo questo? Semplice: perchè è una strada di montagna rispetto alle autostrade come il Sempione. Una linea di montagna come questa ha dei grossi problemi per il traffico merci: è necessario dividere il treno che percorre la linea pianeggiante in due sezioni o usare una o due locomotive di supporto, in spinta. Il che costa parecchio. Tanto per dare un'idea dei costi, treni che da La Spezia devono andare a Parma spesso passano via Pisa / Firenze / Bologna per evitare di usare una locomotiva di rinforzo salendo verso la Cisa! Pensate un po' quanti km in più percorrono... e quindi quanto costa una locomotiva di spinta.

A Bussoleno c'erano tante locomotive dei Gruppi 636 e 645 per le spinte ma nessuno si interessava dei costi: le FS erano un buco nero (vi ricordate la mitica battuta di Andreotti “ci sono due generi di pazzi, quelli che credono di essere Napoleone e quelli che credono di poter risanare le FS”?). Poi i costi hanno iniziato a contare e allora per il Frejus è stata la fine: passare di lì costa troppo....
Aggiungo che sul Sempione passano molti treni espletati da compagnie ferroviarie private che non possono permettersi di tenere una locomotiva ferma a Bussoleno per le spinte.... La nuova linea renderà di nuovo più convenienti i trasporti via Frejus e trasporti più economici significano molto.

Quanto al costo ambientale della ferrovia, essendo per lo più in galleria, non sarà grandissimo. e poi, ricordiamoci, oltre al costo ambientale di costruzione, ci sono anche i costi di mancata costruzione...

Concludendo: non me ne voglia Gianluigi ma lui è proprio il prototipo dell'italiano medio che non ha cultura ferroviaria per cui gli manca la percezione di cosa sia una ferrovia e a cosa possa servire; conosce di ferrovie alcune cose più per sentito dire che per studi specifici o, quantomeno, per consultazione di materiale tecnico specializzato e per questo non ha la capacità di capire dà retta a persone che sparano senza sapere fino in fondo quello che dicono. Quindi rimando al mittente il consiglio molto imperativo "Informati un po' meglio e non così approssimatamene". Chi è informato approssimativamente non sono io
Credo di avere detto delle cose di cui nessuno lo abbia mai informato, né il Gruppo FS nella sua multiforme serie di aziende (RFI, TI, Centrostazioni e compagnia varia) che di solito fa di tutto per nauseare il pubblico e definire inutili le ferrovie, nè le altre istituzioni che la “comunicazione istituzionale” manco sanno cosa sia.
Il problema è che anche la classe dirigente di questo Paese è spesso nelle stesse condizioni (se non peggiori).
EDIT: Alla faccia di chi dice che la Torino - Lione non serve: ad un mese dalla riattivazione dei servizi Milano - Torino - Lione - Parigi con il TGV si contano già 35.000 passeggeri. Sottratti a mezzi più inquinanti come aereo o automobile.

lunedì 23 gennaio 2012

Italia, Europa, rotaie e gomma

È accertato che il treno sia il sistema meno inquinante per trasportare cose e persone tra città diverse. All'interno delle aree urbane l'equivalente delle ferrovie sono le metropolitane e le tramvie (in pochi centri urbani in Italia si usa il treno per spostarsi all'interno delle città). Eppure in Italia la realizzazione di nuove arterie ferroviarie (e anche di tramvie) è spesso osteggiata da popolazione e politica. Gravissimo che fra i contestatori ci siano anche ambientalisti. Senza giustificare gli intollerabili errori e problemi che ha comportato, specialmente nell'Appennino, la costruzione della nuova ferrovia, si nota come nessuno abbia contestato la nuova parallela autostrada, nonostante gli ingenti danni che ha fatto. Mi collego per esempio a questa notizia: questo paese sta crollando e ….. siccome l'opera è delle Autostrade nessuno contesta. Vi immaginate cosa sarebbe successo se un disastro del genere fosse stato fatto dai lavori della TAV?????
Occorre quindi capire perchè all'estero e in Alto Adige le ferrovie non sono osteggiate (anzi tutt'altro) ed in Italia sì.


C'è qualcosa che mi sfugge su una buona parte dell'ambientalismo italiano, l'avversione alle ferrovie: perchè in Italia si fanno massicce manifestazioni contro nuove ferrovie ma nessuno dice niente sulla costruzione di nuove autostrade (le prime contestazioni le ho lette giusto ieri...) ?
Ricordo che in questi anni la Svizzera sta vedendo la costruzione di 2 importanti trafori ferroviari (Lotschberg, già inaugurato, e Gottardo) e che tra Alto Adige ed Austria è in costruzione il Tunnel di Base del Brennero

In tutti e tre i casi non ci sono state le rumorose contestazioni che sono avvenute e avvengono a Firenze ed in Val di Susa. Anzi, il tutto si è svolto con l'approvazione della popolazione.
Prendiamo il caso della Val di Susa dove si sparla a proposito di amianto ed uranio, entrambi presenti, il primo nelle Serpentiniti il secondo nei Graniti. Però le serpentiniti (per la cronaca il cosiddetto “marmo verde” utilizzato anche nel Duomo di Firenze e in diversi edifici, che non è un marmo ma essenzialmente un silicato di ferro e magnesio) affiorano e sono regolarmente cavate in diverse parti d'Italia, Val di Susa compresa. Mi sfugge il perchè il materiale cavato all'aria aperta sia meno dannoso dello smarino di una galleria; il problema dell'amianto al Lotschberg è stato incontrato quando inaspettatamente scavando la galleria furono incontrate delle serpentiniti e il tutto è stato risolto senza polemiche in 9 (nove!) giorni (esiste ampia bibliografia al riguardo); quanto alla radioattività dei graniti delle Alpi Occidentali beh... allora sgomberiamo Roma, i Colli Albani e tutto l'alto Lazio, per esempio, oppure vietiamo le costruzioni in tufo e la piastrellatura in cotto fiorentino: provatevi a misurare il livello di attività con un contatore Geiger nelle situazioni appena elencate....
Non ho visto valligiani coi forconi contro l'autostrada che porta al tunnel del Frejus, eppure in quel caso hanno fatto altro che sfracelli paesaggistici; di più, ho letto un leader No–Tav dichiararsi favorevole al raddoppio del tunnel stradale di valico e quindi al traffico automobilistico di transito sull'autostrada che percorre la valle.

Veniamo alla Toscana: percorso e soluzioni adottate per la TAV nell'Appennino mi hanno lasciato sempre un po' perplesso (talora MOLTO perplesso). Però vorrei fare un paragone con i lavori per la variante di valico dell'Autostrada del Sole: molti a far notare come stavano male gli operai della Tav: ma quelli della variante di valico sono forse alloggiati in un albergo a 5 stelle? Sono state contestati e pubblicizzati tutti i misfatti della TAV, il che è giustissimo, a parte il tono usato, perchè sono successe cose davvero intollerabili; nulla sulle autostrade.

In questi giorni è stato approvato il nuovo percorso dell'autostrada tra Barberino e Firenze Nord, tutto in galleria o quasi e nessun ambientalista o No–TAV ha mosso la benchè minima contestazione al progetto, concentrati come sono su Val di Susa e sottoattraversamento ferroviario fiorentino. Eppure la variante di valico è al centro di un grave problema in una frazione del comune di San Benedetto Val di Sambro su cui nessun NO-TAV ha qualcosa da ridire (e ci sono voci che anche un'altra galleria, in territorio toscano, abbia dai problemi). Insomma, due pesi e due misure, a vantaggio dell'Automobile e dei Tir, da parte di chi dovrebbe essere favorevole all'ambiente.

A Firenze stessa certi ambientalisti mi hanno sempre lasciato perplesso, ad esempio quelli contro la costruzione delle tramvie: visto che nei Paesi più civili, quelli del Nordeuropa, è pieno di tramvie e meno gente usa il mezzo proprio, è possibile che questa soluzione per la mobilità sia più intelligente di quella, filo-automobile, adottata dalle nostre parti. Bisogna oltretutto riconoscere che dopo quasi 2 anni di tramvia Firenze – Scandicci le contestazioni vertono più su aspetti pratici durante i lavori che sulla utilità dell'opera. 
E poi, perchè nessun ambientalista fiorentino ha indicato come da quando la ferrovia Milano – Napoli sia stata completata numerosi utenti che prima utilizzavano automobile o aereo si sono spostati sul treno e non passano più nel tratto fiorentino dell'Autosole, evitando l'immissione di sostanze inquinanti?

E veniamo alla contestata costruzione del sottopasso ferroviario: anche qualche giorno fa è stata presentata ad opera del comitato contro il sottoattraversamento una docu-fiction sull'argomento. Vari personaggi continuano a terrorizzare l'opinione pubblica sui disastri che il tunnel ferroviario provocherà agli edifici e secondo qualcuno soffrirà danni persino il Davide di Michelangelo, che si trova nel Museo dell'Accademia, ben lontano dalla ferrovia. Mi chiedo: ma Firenze è forse la prima città al mondo in cui vengono costruite ferrovie o strade sotterranee? Perchè sono costruite dappertutto e solo a Firenze succederanno immani disastri?
In compenso nessuno o quasi ha storto la bocca quando il sindaco Renzi ha proposto un tunnel stradale sotto la città.

Allora. Sicuramente l'attraversamento dell'Appennino non è stato indolore (e avrebbe potuto sicuramente essere gestito meglio). Il problema fondamentale è che in Italia mancano cultura ferroviaria e comunicazione istituzionale istituzionale
Sulla mancanza di cultura ferroviaria mi ero già espresso tempo fa. Annoto oltretutto che il Gruppo Ferrovie dello Stato sta facendo di tutto per.... dimostrare l'inutilità del trasporto ferroviario. E che gli enti locali interessati da lavori ferroviari, Comune di Firenze e Regione Toscana in primis, non fanno niente a livello di comunicazione istituzionale, lasciando sempre la palla nel campo dei rumorosi e sguaiati contestatori, che favoleggiano di inesistenti tram-treno nell'Italia Settentrionale o che i binari nell'area fiorentina sono “sottoutilizzati” (mah... agli addetti ai lavori pare esattamente il contrario).

Un mio corrispondente scrive delle considerazioni piuttosto amare: normale vox populi, tutti gli italiani la pensano così, le ferrovie non si devono fare, i raddoppi si possono fare ma solo sottoterra, i treni non devono aumentare altrimenti fanno rumore e tengono chiusi i passaggi a livello. Invece le strade sono una manna, le autostrade ancora di più, così prendo la mia macchinina sottocasa vado nel capoluogo all'ora che voglio a lavorare o divertirmi, contribuisco ad aumentare il traffico, a bruciare veleni ma alla fine mi sono fatto un quantitativo n di c.... miei che in treno non avrei mai potuto fare. Per costringerci a prendere la bici fino alla stazione come si fa in Olanda, Germania, Belgio, ci vuole ancora tanta ma tanta crisi..
Lasciamo stare il poveretto che abita in montagna e deve avere l'auto, ma quando vedo la gente che va in macchina per fare 30km in località ben servite dai treni, mi viene da dire... ce l'avete ancora grassa! poi ci si mettono le regioni, per cui dopo le sette di sera non passano più treni ed ecco che mi obblighi a usare la fottutissima automobile.

Annoto sui passaggi a livello un'altra cosa: spesso, purtroppo, ci sono gravi incidenti dovuti a pedoni che attraversano le sbarre: ovviamente sui giornali si legge del “passaggio a livello assassino” e non dell'imprudenza del pedone.

Ci sono decine di casi in Italia in cui le strutture per il trasporto su ferro sono osteggiate. Riusciremo in questo ad equipararci ai Paesi europei? Difficile per una Nazione schiava dell'automobile.

EDIT: la questione della Torino - Lione ha avuto uno strascico e ho scritto un  nuovo post solo su quello

martedì 17 gennaio 2012

Firmate l'appello di Firenze per un nuovo Risorgimento delle Scienze Geologiche in Italia

Il convegno di Firenze su Geologi e Risorgimento ha avuto come appendice la stesura dell'Appello di Firenze per un nuovo Risorgimento della Geologia in Italia. Per chi non lo avesse letto ho riportato integralmente il testo in questo post.
Sono  assolutamente d'accordo su quanto è scritto nell'Appello di Firenze: la mancanza di cultura geologica, nelle Istituzioni e nei cittadini, è alla base del grave stato di dissesto idrogeologico del territorio italiano. Ed il problema fondamentale è che in Europa siamo quelli con meno sensibilità nonostante che il nostro territorio, per tutta una serie di motivi, dovrebbe essere quello curato con maggiore sensibilità. Ne avevo parlato in quest'altro post.

L'appello di Firenze verrà consegnato il 7 febbraio al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano da Gian Vito Graziano, il Presidente del Condiglio Nazionale dei Geologi.

Invito quindi tutti i lettori di Scienzeedintorni a firmare l'appello sull'apposita pagina del sito del Consiglio Nazionale dei Geologi e, possibilmente, di diffondere l'iniziativa.


Purtroppo "fatta la festa gabbato lo santo", e da novembre non essendoci più state (per fortuna) alluvioni ed essendoci altre emergenze nessuno ne parla più. Ma il dissesto idrogeologico è sempre in agguato.

Un sentito ringraziamento a chi firmerà.

Niccolò Stenone: il padre della Geologia

L'11 gennaio ricorreva l'anniversario di nascita di colui che è considerato - a ragione! - il padre della geologia: Niels Stensen, latinizzato in Niccolò Stenone (alcune fonti che si basano sul Calendario Giuliano dicono che è nato il 1 gennaio; ignoro se nella Danimarca del 1638 si usasse ancora il calendario Giuliano o quello Gregoriano... prenderò “zero” in storia ma vabbè...). Visto che Google lo ha addirittura celebrato con un “Doodle”, ho deciso di riassumere la figura di questo grandissimo uomo venuto in Italia dalla Danimarca, che si è occupato di scienze con risultati brillantissimi in Anatomia, Geologia e Paleontologia; convertito al cattolicesimo, fu anche un teologo e quando prese i voti lasciò la Scienza per la Religione, con risultati molto importanti anche da questo punto di vista, dato che è stato canonizzato nel 1988.

Nato nel 1638 a Copenhagen, Stenone visse parecchi anni a Firenze, dove fu chiamato direttamente dal Granduca Ferdinando II come scienziato di corte, un incarico mica da poco in una città che continuava ad essere una delle principali sedi scientifiche mondiali. Morì ben lontano dalle rive dell'Arno, a Schwering, nella Germania Settentrionale il 25 novembre 1686. La sua salma riposa però proprio a Firenze, nella Basilica di San Lorenzo, dove fu traslata nell'ottobre del 1687 per disposizione del granduca Cosimo III, a poche decine di metri dalle tombe dei granduchi medicei (se non erro ci fu persino il pellegrinaggio durante il 32simo Congresso Geologico Internazionale, svoltosi nella città toscana nel 2004).

I campi di interesse di Stenone sono stati parecchi ed a lui sono legate diverse scoperte di anatomia (a Firenze si confrontava per esempio con Francesco Redi) ma a me in questo momento interessano soprattutto la geologia e la paleontologia. Fu anche un teologo di tutto rispetto. Una mente poliedrica quindi (attualmente si direbbe “multitasking....).
Avevo già parlato del Neoplatonismo, e a quel post rimando sulla questione di come questa filosofia applicata alla Natura abbia ritardato parecchio il riconoscimento del significato dei fossili: succede sempre così quando la Scienza è subordinata a filosofia o religione (è il caso dell'antievoluzionismo).

A Stenone è legata una delle prime smentite su basi osservative della classificazione degli oggetti in base alla forma; una delle categorie più importanti era quella delle glossopietre (pietre-lingua), chiamate così perchè la loro forma assomiglia a quella della lingua. Le cronache dicono che nel 1666 nel mare davanti a Livorno fu pescato uno squalo di dimensioni importanti; la notizia arrivò a Ferdinando II, il quale ordinò di mandare la testa proprio al suo Fisico di corte per farla esaminare. Grazie a questa testa lo scienziato si rese conto che i denti dello squalo assomigliavano in maniera impressionante alle glossopietre, credute via via pietre venute dal cielo oppure – nello spirito del neoplatonismo – oggetti impressi nelle rocce dalle forze della Natura. 

Stenone non fu il primo a notare questa somiglianza (anzi... identità!) ma è colui che ne ha parlato in maniera chiara: rispetto ai suoi predecessori, che non sono passati alla storia, il suo merito è sicuramente quello di aver dato una spiegazione scientifica brillante e una descrizione accurata di come avviene la trasformazione; queste ossevazioni così precise sono dovute anche alla sua grande preparazione nelle due Scienze basilari per la Paleontologia: l'Anatomia e la Geologia.

La questione delle Glossopietre Stenone la pubblica nel 1669 in uno dei libri scientifici più importanti della Storia delle Scienze, il "De solido intra solidum naturaliter contento dissertationis prodromus" in cui stabilisce il sano principio che se una sostanza solida è simile sotto ogni aspetto a un'altra sostanza solida, non solo per le condizioni della sua superficie ma anche per la disposizione interna delle sue parti e particelle, essa sarà simile anche per modo e luogo della sua produzione e anche quello di capire in caso di coesistenza di due aspetti diversi quale sia il più antico. Cioè, conta come la cosa è fatta all'interno e non la sua forma esterna; il principio ribalta completamente il sistema del neoplatonismo. 
Questo scritto fu l'inizio della fine del neoplatonismo e delle chiacchiere filosofiche sulla natura dei fossili e istituì anche nelle Scienze Naturali il sano principio della prevalenza dell'osservazione sulla interpretazione a priori di un fatto.

Nel “De solido”, oltre al superamento del neoplatonismo, abbiamo un'altra enunciazione di pari importanza, in quanto nasce con questa pubblicazione la geologia stratigrafica:
  • ogni strato si depone a partire da un fluido che contiene delle particelle solide che si depositato sulla superficie solida sottostante: in questa fase parti dure di provenienza animale o vegetale possono essere deposte assieme alle particelle e incorporarsi nel sedimento
  • ogni strato è continuo lateralmente e alla deposizione è più o meno orizzontale
  • gli strati si sovrappongono nel tempo (è il cosiddetto principio di sovrapposizione)
  • la struttura orizzontale di una pila di strati rimane inalterata se non viene disturbata da eventi successivi (vulcani o terremoti)
Sono cose piuttosto ovvie con il metro di oggi, ma nel 1668 non lo erano. Onore al merito

Già che ci siamo nel De Solido c'è anche il principio della cristallografia che appunto è noto come "Legge di Stenone": in un cristallo reale, comunque sproporzionato, l'angolo formato da due facce qualsiasi è sempre uguale a quello formato dalle due facce corrispondenti del cristallo ideale.
Poi Stenone rimase creazionista (era sperare troppo per l'epoca...) e le sue idee sulla formazione dell'Appennino espresse nel De Solido lasciano molto a desiderare con le conoscenze attuali, ma logicamente dobbiamo riportare i fatti e le idee al tempo in cui sono stati studiati: mi sembra che il danese abbia decisamente fatto fare dei passi da gigante ad anatomia, geologia e paleontologia e questo è ciò che conta.

Il successo del “De Solido” fu decisamente importante: basti pensare che già nel 1671 in Inghilterra uscì la traduzione inglese del Prodromo dal titolo “The Prodromus to a Dissertation Concerning Solids Naturally Contained within Solids".
Una velocità sorprendente di propagazione delle idee quando ancora non solo non c'era internet, ma neanche era facile e veloce viaggiare per l'Europa.
In Inghilterra ci furono anche delle polemiche sulla paternità della scoperta dell'origine delle glossopietre, specialmente da parte di Robert Hook, che era arrivato alle stesse conclusioni ma senza le generalizzazioni e la ricchezza di particolari poi scritte da Stenone. Furono però rigettate grazie ad influenti membri della Royal Society.

Purtroppo fu molto osteggiato dall'ambiente religioso e da quello filosofico, capitanati dall'ultimo strenuo difensore della teoria inorganica a proposito dell'origine dei fossili, Athanasius Kirchner (1602 – 1680), un sacerdote gesuita e scienziato all'epoca particolarmente autorevole ed ascoltato, specialmente in Vaticano. Queste resistenze perseguiteranno lo scienziato anche quando, dopo aver preso i voti, lasciò totalmente l'attività scientifica per passare a quella religiosa di conversione delle popolazioni che avevano lasciato durante la Riforma la chiesa di Roma.

Stenone quindi è stato un genio, uno dei massimi scienziati mondiali di sempre. Rimangono a lui intitolati la Legge di Stenone nella Cristallografia, il Principio di  Stenone nella Geologia e il Condotto di Stenone in Anatomia. Da ultimo c'è anche un riconoscimento religioso come la beatificazione. Purtroppo per lui si è occupato di geologia ed anatomia e non di fisica o chimica, quindi è sconosciuto ai più, persino a molti frequentatori dell'istituto Stensen, che a Firenze come associazione culturale ha contato parecchio negli anni passati (Darwin è un'eccezione, dovuta soprattutto alle polemiche sulla sua opera e a quella non sempre cristallina di chi si è rifatto a lui per vari motivi). In Danimarca c'è comunque la medaglia "Steno" che premia uno scienziato particolarmente distintosi nello studio della geologia di Danimarca e Groenlandia.

Ma la figura di questo intraprendente e acuto danese è quella del padre di chi si occupa del nostro pianeta, di come funziona e ha funzionato e di come si è svolta la sua vita passata, l'uomo che in geologia ha aperto la strada al Principio dell'Attualismo di James Hutton, ai Principles of Geology di Charles Lyell, alla Deriva dei Continenti di Alfred Wegener e alla Tettonica a Zolle di John T. Wilson.

mercoledì 11 gennaio 2012

Il vulcanismo terziario fra Francia, Germania, Cechia e Polonia: riflessi settentrionali della formazione delle Alpi

In questi giorni la cattiva stampa si è molto scatenata per presunti rischi di una forte eruzione al Lacher See, un vulcano della catena dell'Eifel, in Germania, lungo la fossa del Reno Superiore. In questo momento nulla fa pensare ad un'eruzione (le emissioni di CO2 sono registrate da sempre, non solo negli ultimi giorni). Al proposito, rimando al post apposito su Eruption in cui il buon Eric Klemetti distrugge quell'allucinante articolo uscito sul Daily Mail, privo di qualsiasi senso da un punto di vista scientifico. Credo però interessante riprendere un discorso leggermente diverso e cioè spiegare le motivazioni di tutto quel vulcanismo che ha interessato nel Terziario l'apparentemente stabile Europa Centrale.

L'Europa a nord delle Alpi è stata interessata da una serie di manifestazioni magmatiche negli ultimi 70 milioni di anni, inquadrati nella Provincia Vulcanica Centro Europea, nota con la sigla CEVP. È probabile che l'attività sia tutt'ora in corso: in Germania (Eifel), Francia (catena dei Puy nel Massiccio Centrale) ed in Spagna ci sono manifestazioni oloceniche e nell'area della Sierra de Valenzuela, 200 km a sud di Madrid, c'è stata una attività fumarolica tra il XVI e il XVIII secolo) (anche la Spagna è il retroterra della catena alpina né più né meno della Germania o della Francia: bisogna considerare Corsica, Sardegna, Calabria Baleari etc etc tutte attaccate alla costa europea prima dell'apertura dei bacini del Mediterraneo Occidentale). L'attività nella Penisola Iberica è un motivo in più per dire che la CEPV è ancora attiva è che non si tratta di manifestazioni vulcaniche continue ma di eruzioni intervallate a lunghi periodi di stasi dell'attività che si protraggono ormai da oltre 60 milioni di anni.

I prodotti della CEPV sono distribuiti un po' in tutta l'area tra Polonia e Francia, come si vede dalla carta, tratta da un lavoro di Meyer e Foulge disponibile sul sito dei mantle plumes . L'attività della CEPV non può essere ascritta ad un classico punto caldo associato ad un pennacchio del mantello classico e cioè una zone anomalmente calda del mantello (meglio nota con il termine inglese di “mantle plumes”) per diversi motivi. Analizziamoli considerando un punto caldo classico come quello delle Hawaii, con il quale si notano molte differenze fondamentali:

- geografia: non c'è un trend geografico nel tempo (per esempio prime manifestazioni in Polonia, poi il magmatismo si sposta verso la Germania e ancora dopo verso la Francia): i prodotti della CEPV sono distribuiti più o meno in tutta l'area ad ogni intervallo temporal

- evoluzione tettonica: in un classico Mantle Plume si assiste prima ad un sollevamento, poi alla messa in posto dei magmi a cui segue un successivo abbassamento dell'area. In Europa Centrale invece sollevamenti e magmatismo vanno di pari passo

- composizione dei magmi: i magmi della CEVP sono dei classici esempi di liquidi dovuti alla fusione molto parziale di piccole zone del mantello che hanno subito una decompressione. Da un punto di vista chimico assomigliano molto alle lave tipiche dei punti caldi (OIB – basalti di isole oceaniche) e quindi sono simili alle lave hawaiiane, solo che sono stati prodotti a temperature molto più basse e senza la grande anomalia termica che caratterizza i plumes

- struttura del mantello: sotto i pennacchi ci sono delle estese zone in cui la temperatura è anomalmente alta che arrivano al mantello inferiore. Sotto la CEPV invece le anomalie sono di bassa entità e non arrivano oltre i 400 km di profondità

ma allora, che cosa ha provocato (e – probabilmente – provoca tutt'ora) la formazione di questi magmi?
Nella carta si vedono in verde le vulcaniti ed in rosso le fosse tettoniche (meglio note con il termine tedesco “graben”)
Una traccia importante per capire l'origine ovvia soluzione sarebbe il collegare la CEVP alle fosse tettoniche terziarie come quella del Reno, però anche in questo caso non c'è uniformità strutturale: troviamo i magmi sia all'interno dei Graben che nellevicinanze ma anche in zone più lontane, dove c'è “solo” un forte sollevamento. È comunque ovvia l'esistenza di un legame fra fosse e vulcani.

Le fosse sono provocate dal sollevamento generale dell'area che è collegato alla formazione più a sud della Catena Alpina.

Durante la formazione delle Alpi l'Eocene sia uno spartiacque importante: prima lo scontro era fra la zolla europea e la crosta oceanica della Tetide; poi lo scontro da continente – oceano è diventato continente – continente e quindi la zona di influenza degli sforzi si é propagata all'Europa Centrale (troviamo blandi piegamenti dovuti all'Orogenesi Alpina persino nelle Isole Britanniche!). Questo ha causato il forte innalzamento dell'area, le fosse tettoniche e la risalita di piccoli quantitativi di magmi mantellici. È molto probabile che almeno alcune linee di risalita e allineamenti di fosse siano ereditate da strutture della Catena Ercinica formatasi alla fine del Paleozoico lungo la convergenza fra Laurasia e Gondwana. Nella cartina qui accanto si vede bene come una importante sutura ercinica corrisponda più o meno al percorso del Reno. 

Le fosse principali sono

- il graben superiore del Reno, tra il confine svizzero e Francoforte sul Meno (dove c'è appunto la caldera del Laacher Sea in questi giorni alla ribalta delle cronache) e la zona di Messel nota per il ritrovamento di Darwinius masillae
- il graben inferiore del Reno, tra la zona di colonia ed il Mare del Nord
- i graben della Limagne, della Bresse e del Rodano nella Francia sudorientale vicino ai quali, nel Massiccio Centrale, troviamo le importanti manifestazioni vulcaniche della catena dei Puy
- l'Essian Graben a est del Graben inferiore del Ren
- l'Eger graben al confine fra Germania e Cechia

Manifestazioni magmatiche precedenti all'Eocene dimostrano comunque che questi sforzi erano attivi già prima della chiusura dell'oceano. Sostanzialmente il vulcanismo copre in maniera piuttosto irregolare una larga fascia a nord della Catena Alpina e l'orientazione di questa fascia non è parallela a quella delle fosse, bensì, molto vagamente, alla catena alpina.

Che cosa dire della zona di origine dei magmi? Le caratteristiche geofisiche sotto al Massiccio Centrale Francese e sotto la zona dell'Eifel sono state studiate in diverse occasioni. Vediamo per esempio questa, tratta da The Seismic Signature of the Eifel Plume di Joachim R.R. Ritter.
Si vede bene come sia sotto all'Eifel che sotto al Vogelsberg, che si trova a circa 400 km ad est , più o meno dove c'era il confine fra le due Germanie.
Sotto le zone vulcaniche ci sia un mantello in cui le velocità delle onde P sono piuttosto basse, ma questo non succede dappertutto ed inoltre l'anomalia riguarda solo le onde P.
C'è chi come Joachim Richter pensa a grandi eterogeneità sotto ai vulcani, principalmente per la presenza di vecchie camere magmatiche. Le zone dei rift (e quindi anche le aree vulcaniche, corrispondono ad aree in cui la crosta è molto sottile, tra 80 e 30 km di spessore, rispetto al valore ordinario dell'Europa Centrale che va dai 100 ai 140 km.
Sempre secondo Meyer e Foulger appare probabile un processo inverso a quello dei Mantle Plumes, dove l'origine dei magmi è “in basso”, nel mantello profondo: in pratica gli sforzi che vengono dalla zona di collisione delle Alpi hanno formato delle fratture lungo le quali sono risaliti dei magmi originatisi a causa della decompressione: diminuendo la pressione una roccia infatti può tendere a parità di temperatura a fondersi parzialmente

venerdì 6 gennaio 2012

L'oscillazione artica: il gioco delle pressioni atmosferiche nell'Emisfero Boreale influenza le correnti marine nell'Oceano Polare Artico e si riflette sulla distribuzione dei ghiacci

L'Oscillazione Artica è alla base di un fenomeno molto interessante successo negli ultimi 10 anni, la redistribuzione delle correnti superficiali dell'Oceano Polare Artico; ciò ha impedito il possibile scioglimento di parte dei ghiacci lungo il bordo artico dell'America Settentrionale, minati dalla diminuzione della potenza dell'anticiclone del Mare di Beaufort grazie all'apporto delle acque provenienti dai grandi fiumi siberiani.
 
L'Oscillazione Artica è un gioco della pressione atmosferica che si riflette pesantemente sulla situazione meteorologica nell'Emisfero Settentrionale ed è una caratteristica scoperta piuttosto recentemente, negli anni '80. In pratica se nelle zone artiche c'è bassa pressione ci sarà mediamente alta pressione tra i 37 e i 45 gradi di latitudine nord; viceversa ad una alta pressione nelle zone artiche corrisponde una zona di bassa pressione alle medie latitudini.
Il valore dell'Oscillazione Artica è un indice che lega i due valori medi della pressione ed è questo indice che governa l'andamento delle correnti; un suo valore positivo è determinato da basse pressioni artiche e alte pressioni alle medie latitudini: in questo caso il gioco delle correnti tende a mantenere l'aria fredda a nord. Se invece il valore è negativo (alte pressioni nell'Artide e basse pressioni alle medie latitudini) la gelida aria settentrionale invade l'Europa e l'America Settentrionale, come si vede in questa figura tratta dal sito del “National Snow and Ice data center”.
L'indice varia in maniera piuttosto casuale, ma è molto importante per le previsioni meteorologiche. La cosa strana è che se l'indice governa il tempo non è detto che a valori estremi dell'indice corrispondano condizioni meteo estreme ed è fonte di grandi diversità nello scostamento dalle temperature medie all'interno dei continenti. Ad esempio in una fase positiva gli USA meridionali sono più caldi del solito, mentre a Terranova fa ancora più freddo del solito (come me, pensavate forse fosse solo colpa di “El Niňo” o di “La Niňa”????). 
Vediamo qui accanto il valore della Oscillazione Artica in questi ultimi mesi aggiornato a ieri 5 gennaio 2012: il valore è positivo e davvero questo autunno è stato straordinariamente mite perchè l'aria artica è rimasta lì dov'era. Però il suo valore in questi gionri sta diminuendo molto rapidamente ed è previsto un forte calo nei prossimi giorni. Potrebbe quindi voler dire che sta per venire un'ondata di freddo polare? Vedremo.


All'Oscillazione Artica si affianca quella dell'Atlantico Settentrionale, che lega la pressione alla latitudine dell'Islanda con quella all'altezza delle Azzorre.
C'è anche un'altra grandezza nota come AMO, l'Oscillazione Atlantica Multidecadale che però, oltre ad avere tempi di modifica molto più lenti, si riferisce alle temperature dell'acqua marina e non alla pressione atmosferica ed è quindi cosa diversa e serve a cose diverse.

L'Oscillazione Artica però potrebbe avere una importanza molto maggiore a livello climatico per il futuro perchè forse a causa del riscaldamento globale (di cui non voglio parlare in questo momento) sembra si comporti da motore di una riorganizzazione della circolazione marina nell'Oceano Polare Artico, il che potrebbe non essere un buon segno anche se per adesso non c'è stato un incremento particolare del rischio legato a questo fenomeno.
Una ricerca della NASA e dell'Università dello stato di Washington ha notato che negli ultimi anni è un po' cambiato il destino delle acque che i grandi fiumi siberiani portano in mare nella breve estate artica. 

Occorre innanzitutto per capire la situazione dotarsi di una carta dell'Oceano Polare artico, perchè su planisferi normali ci si capisce poco. Si vede molto bene dal basso in senso orario Groenlandia, Artico Canadese, Alaska, Siberia e Scandinavia. Questo oceano è formato da due bacini separati da una serie di dorsali che corrono tra la Groenlandia e la Jacuzia.
Si vedono bene due fiumi siberiani, l'Ob il cui bacino corrisponde più o meno a quella fascia verde ad Est degli Urali e lo Jenisei che è quella linea verde ancora più a Est. Non si riesce ad apprezzare la posizione del terzo grande fiume siberiano, la Lena, che sfocia ancora più a Est.
L'apporto dell'acqua fluviale, più fredda e meno salata, è determinante per la conservazione della calotta glaciale: le acque salate tendono a favorire la loro fusione mentre quelle più dolci tendono ad impedirla perchè essendo più leggere formano un a intercapedine fra i ghiacci e le acque più calde. L'acqua di questi fiumi fino ad una decina di anni fa rimaneva nel lato euroasiatico dell'Oceano.

L'Oscillazione Artica nell'ultimo periodo è stata fortemente positiva (pressione bassa a nord) e questo ha fatto sì che i venti prevalenti, con l'aria fredda rimasta confinata alle alte latitudini, hanno condotto queste acque nell'altro lato dell'oceano, lungo le coste canadesi, mentre fino a poco tempo fa restavano sul margine euroasiatico.

La scoperta è avvenuta sfruttando il satellite IceSat e i due satelliti della costellazione Grace che hanno potuto apprezzare le differenze di densità fra l'acqua oceanica e quella dolce proveniente dai fiumi che si è letteralmente ammassata lungo la costa americana del Mare di Beaufort. C'è stata quindi una forte variazione della salinità, diminuita nel lato americano, aumentata in quello euroasiatico. il che potrebbe avere gravi riflessi nella distribuzione dei ghiacci. Quindi i ghiacci del versante americano godono da questo punto di vista di una ottima salute anche se stavano correndo un grave rischio perchè si è indebolito l'anticiclone semipermanente del Mare di Beaufort: un indebolimento di questa figura atmosferica senza l'apporto delle acque dolci siberiane avrebbe significato una grossa crisi dei ghiacci (ed infatti la molla che ha fatto scattare questo studio è stata la presenza di acque meno salate in questo bacino rispetto a quelle previste con i valori della pressione atmosferica nell'area). E un forte scioglimento dei ghiacci avrebbe rischiato di provocare un “evento di Heinrich”, cioè un forte afflusso di acque fredde nell'Atlantico settentrionale. In una situazione del genere seiste il rischio di blocco o attenuazione della circolazione termoalina e quindi una grave crisi climatica mondiale dato che questo è il miglir sistema per alterare il ciclo di redistribuzione del calore operato dalle correnti marine.
La perdita di ghiacci nella zona euroasiatica comporta invece minori problemi a scala globale.

Una facile osservazione è questo fenomeno è una ulteriore, forse inaspettata, complicazione per lo studio delle oscillazioni dei ghiacci artici presenti e future di cui va tenuto conto nei modelli e nelle ricerche.

Una avvertenza finale: in tutto questo il riscaldamento globale c'entra eccome perchè altera il sistema della circolazione e della pressione atmosferica.

domenica 1 gennaio 2012

Un servizio del TG1 sul terremoto di oggi alle Izu: era obbiettivamente difficilissimo dire così tante idiozie in 30 secondi


Mi tocca prendere e scrivere un altro e breve post oggi ma quello che ho sentito al TG1 sul terremoto di oggi alle isole Izu è semplicemente allucinante ed intollerabile nella TV pubblica.
Allora, stamattina presto, alle ore 06.27 italiane (le 5.27 GMT, l'ora che conta per la sismologia) e quindi alle 14.27 ora locale c'è stato un terremoto fortino alle isole Izu, come si vede dalla pagina dell'USGS, il servizio geologico degli USA.

La carta compilata grazie alle segnalazioni giunte all'USGS dalla zona di Tokio lo hanno sentito ma non poteva certo far scappare per strada gli scafati giapponesi: percepito con intensità da IV e V grado della scala Mercalli... roba per loro normalissima.... eccola qui.
Ed ecco più o meno cosa ha detto questo strampalato servizio del TG1, di cui non ho ancora il link.
Allora: innanzitutto la giornalista proclama che è stato un evento “più forte di quello dell'11 marzo 2011”. Estrema inesattezza: il terremoto di Tohoku (come è noto in sismologia) ha avuto una magnitudo di 9.0, oltre 900 volte più forte di quello di oggi. Incredibile errore, anzi orrore, della giornalista.
È anche facile verificare che non si possa neanche affermare che il terremoto di oggi sia stato avvertito a Tokio in maniera più forte del Tohoku, per il quale l'intensità percepita a Tokyo è stata superiore al VII grado.
Dopodichè ha detto che “è accaduto vicino a Fukushima”. Altra tavanata pazzesca... in maniera “spannometrica” sono circa 1.000 km di distanza.
Da ultimo la “preparata” giornalista avverte che non c'è stato uno tsunami. In effetti con un terremoto in quella zona di Magnitudo superiore a 9, uno tsunami sarebbe stato quantomeno “probabile”. 
Ma mi chiedo: come può un terremoto di 6.8 a 348 km di profondità provocare uno tsunami???????

Ecco, questo è lo stato dell'informazione sulle Scienze della Terra del primo telegiornale d'Italia. Annoto che la giornalista di cui non ricordo il nome è sicuramente ben più pagata di me.... e tramite il canone anche da me.

Ignobile.... ma in una nazione in cui i ministeri annunciano tunnel transalpini e transappenninici per far passare neutrini non ci si può stupire di niente...

A questo si lega un altro bellissimo strafalcione scientifico (Scienze Naturali) di un paio di giorni fa al TG2: parlando di un cucciolo di scimmia asiatica nato in questa stagione sempre un'altra giornalista si chiede “ma perchè la Scienza si stupisce? Non può una scimmia avere desideri sessuali quando le pare?”.
Nessuno le ha spiegato che non sono tanti gli animali che vanno in estro in qualsiasi momento dell'anno???

La sequenza sismica di Christchurch continua ad un anno e mezzo di distanza

L'Isola del sud in Nuova Zelanda è al centro dell'attenzione dei sismologi per una sequenza sismica che, inziata con il grande terremoto del 4 settembre 2010, ha presentato dei forti aftershocks fra i quali quello del 21 febbraio 2011, con oltre 100 vittime e gravissimi danni, e un altro nel giugno 2011. Anche il dicembre 2011 è stato caratterizzato da attività sismica piuttosto importante e giustamente la popolazione comincia ad essere stanca della situazione. Vediamo quindi di puntualizzare quello che sta succedendo.

In questi giorni si sta assistendo ad una nuova fase parossistica della sequenza sismica di Christchurch, in Nuova Zelanda, che segue la grande scossa del 4 settembre 2010, quando un evento a meccanismo trascorrente si è verificato lungo la Glendale Fault. Magnitudo molto elevata (7.1) ma pochi danni in quanto ha colpito una zona: un paio di feriti gravi, danni a sei ponti e a qualche edificio. La deformazione cosismica ha provocato lungo la faglia uno scorrimento massimo di 5 metri, davvero non poco.

In un Paese dalla storia molto recente da un punto di vista umano è evidente come non ci possa essere un record sismico storico paragonabile a quello italiano, ma solo negli ultimi 100 anni possiamo registrare in zona un evento a M 7.1 nel 1929, e due eventi, un M 6.7 e un M5.9, nel 1994 nella zona di Arthur's Pass, circa 50 km a NW di questo.
Ciononostante la carta dei forti terremoti avvenuti in “epoca storica” (cioè dalla colonizzazione inglese in poi) nel Paese dei Kiwi non è – come dire – rassicurante: 23 terremoti dal 1848 ad oggi con un significativo gap sismico nell'Isola del Sud di cui oggettivamente non conosco le caratteristiche geologiche se non che è il limite fra la zolla Pacifica e quella Australian: come ho evidenziato in un post sulla storia geologica della Nuova Zelanda, l'area manca di terremoti significativi recenti ma è lo stesso contrassegnato da frequenti eventi di bassa Magnitudo.

Ovviamente l'evento del 4 settembre ha dato luogo ad una serie di aftershocks (un termine generico ma più appropriato rispetto al termine usato in Italia di “scosse di assestamento”) fino a quando, il 21 febbraio 2011, una scossa meno intensa della prima ma scatenatasi proprio sotto Christchurch, ha fatto almeno 181 vittime e una imponente serie di danni, principalmente a causa di fenomeni di liquefazione del suolo. Questo forte aftershock ha segnato un cambiamento “epocale" dell'attività in quanto la rottura riguarda una faglia nuova e prima di allora sconosciuta ed è avvenuto con un meccanismo compressivo anziché trascorrente. Da notare che la buona qualità delle costruzioni, grazie all'emanazione ed al rispetto di buone norme antisismiche, ha evitato una strage ben peggiore. Una lungimiranza che applicata in Abruzzo ci avrebbe risparmiato molti lutti (e invece facciamo il processo agli scienziati).

Di questo secondo terremoto ho parlato in questo post. Un nuovo evento piuttosto forte lo abbiamo avuto il 13 giugno, con una M pari a 6. Oggi, dopo un periodo di relativa calma (oltre 20 scosse con M maggiore a 5 registrate da settembre 2010, proprio non poche ma come dicono gli inglesi “business as usual”, data la situazione) stiamo vivendo un momento di attività particolarmente intensa e il 23 dicembre abbiamo avuto due scosse, ben descritte da Chris Rowan di “Higly alloctonous”. Oggi ce n'è stata un'altra con una M=5 nella Pegasus Bay

La situazione sta diventando complessa soprattutto dal punto di vista della popolazione: che l'area fosse a rischio sismico era noto (e l'ho chiaramente evidenziato nell'introduzione del post sul terremoto di febbraio) e la legislazione si è dimostrata quasi adeguata alla bisogna, ma non c'era questa consapevolezza nella popolazione (o, meglio, non c'era l'abitudine a terremoti che vengono ad un ritmo “giapponese”), per cui anche Dave Petley su The Landslide Blog annota giustamente come ci possano essere dei problemi psicologici nella popolazione.

Come si evolveranno gli eventi? Senza ovviamente poter prevedere i terremoti, nel senso che è oggettivamente impossibile, nonostante le opinioni della magistratura italiana, prevedere un terremoto nel senso di dichiarate ora, intensità localizzazione e meccanismo focale di un a scossa futura, si può notare in questa carta come progressivamente gli eventi tendano a spostarsi verso oriente. In verde i terremoti fino al 22 febbraio, in rosso quelli fino al 13 giugno e in blu quelli successivi. Gli ultimi eventi, avvenuti tutti con epicentro in mare, sono perfettamente inquadrabili in questo trend.

Il GNS, il Servizio geologico della Nuova Zelanda (un commosso pensiero alle tragiche sorti del Servizio Geologico d'Italia), fornisce anche altri grafici interessanti, fra i quali c'è questo, nel quale si vede l'andamento cumulato del numero di terremoti a M uguale o superiore a 3 nell'area: si vede come la sequenza continui più o meno regolare con gli ovvi incrementi violenti dopo gli aftershoks principali e che quindi almeno per ora i ritmi sismici con i quali devono convivere gli abitanti rimarranno nell'immediato futuro più o meno gli stessi, con due considerazioni:

la prima è che se gli eventi continuano a spostarsi verso est si allontaneranno dalle .coste e che ci saranno effetti sempre minori sulla popolazione

la seconda è che continua ad esserci un rischio sismico elevato nell'area specialmente dovuto alle liquefazioni del terreno: anche una scossa che non passerà certo alla storia come la prima del 23 dicembre ha provocato locali accelerazioni dell'accelerazione cosismica molto intense, come vediamo dalla cartina qui sotto: alcuni valori, quelli in marrone, corrispondono ad una risposta



 ATTENZIONE: proprio ora che sto scrivendo una seconda scossa con M di 5 ha colpito l'area, più o meno dove la precedente e quindi una decina di km a largo della costa, nella baia di Pegasus. Anche questa scossa, come quella che l'ha preceduta 4 ore fa quindi è situata nel margine orientale dell'area sismicamente attiva e quindi completamente in linea con le aspettative.