giovedì 18 novembre 2010

Il disegno di legge 3687 sulla riforma dei dipartimenti: un provvedimento centrato sulle grandi facoltà e non sulle piccole (specialmente scientifiche)


Scienzeedintorni non si occupa di politica che molto malvolentieri e solo se ha riflessi pesanti sulla scienza o sullo stato dell'ambiente. Oggi mi tocca, mio malgrado, occuparmene. Che le Università italiane siano in condizioni non ottimali è vero. Ma il nuovo disegno di legge che limita il numero di dipartimenti, chiudendo quelli con meno di 35 fra professori, ricercatori è un provvedimento che non tocca (o tocca marginalmente) le grandi facoltà come lettere o giurisprudenza o medicina. Nelle facoltà scientifiche ci sono invece dipartimenti forzatamente di dimensioni minori. Con questa legge sarebbero quasi tutti a rischio di chiusura. Bene hanno fatto i professori di Scienze della Terra a scrivere una petizione da presentare a chi di dovere.

Invito tutti a diffondere questa iniziativa e a firmare la petizione nel sito appena istituito 


Comunicato stampa
Disegno di Legge “Gelmini” e Geologia

Il 23 novembre riprenderà alla Camera dei Deputati il dibattito sul “disegno di legge n. 3687 e abbinate - Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario (approvato dal Senato)”.

Ironia della sorte proprio nella ricorrenza del sisma del 23 novembre 1980 un terremoto sta per scuotere dalle fondamenta l’Università italiana ed in particolare la comunità delle Scienze della Terra dell’Accademia italiana. Infatti,
l’articolo 2 del disegno di legge al comma 2 lettera b) recita “riorganizzazione dei dipartimenti assicurando che a ciascuno di essi afferisca un numero di professori, ricercatori di ruolo e ricercatori a tempo determinato non inferiore a trentacinque, ovvero quarantacinque (quaranta nella versione emendata dalla VII
Commissione permanente “Cultura, scienza e istruzione” della Camera) nelle università con un numero di professori, ricercatori di ruolo e a tempo determinato superiore a mille unità, afferenti a settori scientifico-disciplinari omogenei”.

Tali limitazioni numeriche non esistono in altre nazioni, e determineranno la scomparsa dal panorama nazionale delle università ben 25 Dipartimenti di Scienze della Terra ed avranno vita non facile i soli 6 rimanenti.
Alla luce della situazione attuale con un gran numero di pensionamenti nei prossimi anni e un blocco del turn-over “de facto” appare chiaro che il comma previsto dal disegno di legge n. 3687 mette a repentaglio l’esistenza di molti dipartimenti universitari non solo nell’ambito delle Scienze della Terra ma anche in altre aree scientifico-disciplinari, che rappresentano delle identità culturali
preziose per lo sviluppo e la formazione scientifica in Italia. Questa criticità viene ulteriormente amplificata per le aree scientificodisciplinaripiù piccole, portando, in alcuni casi, alla scomparsa quasi totale di Dipartimenti di riferimento su tutto il territorio nazionale.

Tutto questo, mentre tante aree della Nazione, di recente ed anche in questi giorni, sono interessate da frane ed alluvioni. Come abbiamo ancora una volta dolorosamente constatato l’Italia è “quasi totalmente” a rischio idrogeologico: 5.581 comuni, pari al 70% del totale, sono a potenziale rischio elevato. La totalità del territorio di Calabria, Umbria e Valle d'Aosta, il 99% delle Marche e il 98% della Toscana sono in questa situazione.
Senza dimenticare terremoti ed eruzioni vulcaniche che rappresentano un altro fattore permanente di elevato rischio geologico per il sistema Paese. Pertanto la scomparsa pressoché totale dei Dipartimenti di Scienze della Terra, dove si formano i giovani professionisti del futuro ed i futuri ricercatori rappresenta un gravissimo danno per l’intero sistema, anche in considerazione del fatto che, col
tempo, andranno perdute le conoscenze sull’assetto geologico locale.

E’ con questo spirito che tutta la comunità dei geologi italiani, dai docenti e ricercatori di Scienze della Terra, ai geologi liberi professionisti, dalle pubbliche amministrazioni agli Ordini Regionali chiede con forza una modifica al comma 2 lettera b) dell’articolo 2 del disegno di legge n. 3687 prima dell’approvazione finale. Una possibile rilettura del comma potrebbe configurarsi in tal modo: “riorganizzazione dei dipartimenti assicurando che a ciascuno di essi afferisca un numero di professori, ricercatori di ruolo e ricercatori a tempo determinato non inferiore a trentacinque, ovvero quarantacinque (quaranta) nelle università con un numero di professori, ricercatori di ruolo e a tempo determinato superiore a mille unità, afferenti a settori scientifico-disciplinari omonegenei.
Nel caso di Dipartimenti formati da professori,
ricercatori di ruolo e ricercatori a tempo determinato afferenti a settori scientifico - disciplinari totalmente ricadenti in una singola Area CUN, di consistenza nazionale inferiore a 1500 unità, i suddetti limiti sono ridotti rispettivamente a venticinque e trenta.”

Prof. Gabriele Scarascia Mugnozza Direttore Dipartimento di Scienze della Terra Università di Roma “La Sapienza”
Prof. Nicola Casagli Dipartimento di Scienze della Terra Università di Firenze
Prof. Maurizio Mazzucchelli Direttore Dipartimento di Scienze della Terra Università di Modena e Reggio Emilia
Prof. Carlo Doglioni Dipartimento di Scienze della Terra Università di Roma “La Sapienza” - Presidente Società Geologica Italiana
Prof. Stefano Poli Dipartimento di Scienze della Terra Università di Milano – Presidente Società Italiana di Mineralogia e Petrologia
Prof. Stefano Catalano Direttore Dipartimento di Scienze Geologiche Università di Catania
Prof. Rosanna De Rosa Direttore Dipartimento di Scienze della Terra Università della Calabria
Prof. Eugenio Carminati Dipartimento di Scienze della Terra Università di Roma “La Sapienza” - Consiglio Universitario Nazionale Area 04 Scienze della Terra
Prof. Rodolfo Carosi Dipartimento di Scienze della Terra Università di Pisa - Consiglio Universitario Nazionale Area 04 Scienze della Terra
Prof. Vincenzo Morra Direttore Dipartimento di Scienze della Terra Università di Napoli Federico II - Consiglio Universitario Nazionale Area 04 Scienze della Terra
Dr. Gian Vito Graziano Presidente Ordine dei Geologi della Sicilia
Dr. Francesco Peduto Presidente Ordine dei Geologi della Campania
Dr. Francesco Russo Vice Presidente Ordine dei Geologi della Campania
Dr. Vittorio D'Oriano Presidente Ordine dei Geologi della Toscana
Dr. Francesco Violo Presidente Ordine dei Geologi della Calabria
Dr. Raffaele Nardone Presidente Ordine dei Geologi della Basilicata
Dr. Giovanni Calcagnì Presidente Ordine dei Geologi della Puglia
Dr. Eugenio Di Loreto Presidente Ordine dei Geologi del Lazio

Roberto Verolini per Scienzeedintorni 3: il Dio di Darwin: una alternativa laica al creazionismo e all'intelligent design

Pubblico il terzo (e per ora ultimo) contributo di Roberto Verolini. Mi scuso per il ritardo ma in questi giorni sono molto impegnato.


Vorrei volgere l’attenzione su un aspetto singolare, che rappresenta l’essenza del lavoro di ricerca (lo ammetto con ampie implicazioni filosofiche) sul tema del confronto scienza/fede da me condotto con il supporto dell’Università degli studi di Camerino (MC). 

Da aperto e integerrimo assertore dell’evoluzionismo mi schiero inequivocabilmente tra gli evoluzionisti più puri e intransigenti nella loro opposizione al creazionismo. Ma penso di farlo da una provocatoria posizione da affiancare quella usuale. Una provocazione proposta alla luce dell’applicazione di un fondamentale principio della biologia: quello della esclusione competitiva, secondo il quale la maggior competizione naturale si ha tra specie che condividono la stessa nicchia ecologica. Dunque mi schiero a fianco dei darwinisti classici (sovente atei) per sostenere, alla luce di una posizione agnostica, posizione che rispecchia il vero contenuto di conoscenza o meglio ‘non conoscenza’ delle nostre ipotesi del tema, per confliggere con gli antievoluzionisti (alias teisti) da una alternativa prospettiva critica.
La strategia è la seguente: invece di contestare il canone Sacro dall’esterno, da ateo, perché non proporre un’alternativa agnostica, laica ma interna al polo filosofico del Sacro, ai sensi di una competizione epistemologica? Forse non si doveva ‘spingere’ per chiudere quella porta: forse la si doveva ‘tirare a sé’, per aprirla, senza timori, all’indagine filosofica laica. 

Normalmente il dibattito viene condotto quasi in ossequio al seguente sillogismo:
Sé l’evoluzionismo è vero ‘allora’ Dio non esiste.
Da ciò derivano posizioni opposte:
a) L’evoluzionismo è vero allora Dio non esiste; dunque bisogna optare per l’ateismo;
b) Dio esiste: allora l’evoluzionismo è falso. Per questo bisogna optare per il teismo.
Queste è quanto accade negli scontri tra evoluzionisti e creazionisti. In realtà è facile dimostrare come tale sillogismo sia logicamente infondato. L’evoluzionismo non fa alcuna affermazione in merito alla possibile esistenza o meno di un ente creatore. Né può farlo, da brava teoria scientifica, per quanto esposto sopra. La scienza non contempla interventi sovrannaturali: è a-tea nella sua prassi. Ma, ammesso questo, è agnostica nella collocazione filosofica. Differenza sottile… ma sostanziale. L’evoluzionismo è agnostico – come lo fu lo stesso Darwin, e il sottoscritto. Una volta chiarito questo, è inevitabile – come accadde alla teoria eliocentrica sostenuta da Galilei – come possano intercorrere insormontabili incompatibilità tra ‘particolari accezioni di Dio e creazione’ e le istanze dell’evoluzionismo. È infatti possibile dimostrare che:
  1. L’evoluzionismo è in contraddizione con l’idea di Dio (e creazione) dei creazionisti.
  2. L’evoluzionismo può risultare coerente con concetti alternativi di Dio (e creazione): il Dio (Kenotico) di Darwin.
Dunque, dimostrando la validità delle due posizioni, si dimostra logicamente l’inconsistenza dell’opzione A) solitamente opposta all’evoluzionismo. Questo il fine del nostro intento. La confutazione del creazionismo può procedere da due direzioni: quella classica, esterna, materialistico naturalistica e la presente, interna, agnostica, che non arrischia alcuna affermazione in merito al tema ateismo/teismo tout court ma delinea una terza posizione interpretativa del tema non viziata da scelte epistemologicamente impossibili: per l’appunto, ideologiche. Ciò costituisce l’applicazione del principio di esclusione competitiva di cui si accennava.
I dettagli del lavoro svolto, condensato nell’ultima produzione “Il Dio di Darwin. L’alternativa laica al creazionismo e l’Intelligent Design” sono consultabili nel sito www.diolaico.it. Si precisa come non si stia proponendo alcun Dio di Darwin: ma solo un’analisi filosofica che tende a fungere da caustica provocazione nei confronti del creazionismo ortodosso.
Questa provocazione riesce a smascherare le vere velleità ideologiche e la parzialità e contingenza delle posizione degli antidarwinisti che speculano sugli aspetti di forza del metodo scientifico solo ed esclusivamente per sostenere visioni ideologico confessionali – tra l’altro assolutamente contingente e anacronistica, essendo fondata su assunti pre scientifici e limitati.
In altri termini: la trasformazione globale della scienza occorsa nel corso del ‘900 esige a livello filosofico a una altrettanto inedita trasformazione del retroterra filosofico in cui si collocano questi temi. 



Scrisse John Dewey: “L’Origine delle Specie ha introdotto un modo di pensare che alla fine era destinato a trasformare la logica della conoscenza, e perciò la trattazione della morale, della politica e della religione.” Cosa ancora di lì da venire. La scienza, darwinismo in testa, può dimostrare senza pregiudizi di sorta, in modo rigorosamente filosofico, che i ricorrenti concetti di Dio, scienza, religione sono contingenti, infondati: ovvero diventare strumento di una discriminazione filosofico profonda. Come arguì Dewey, il pensiero darwiniano è molto più dirompente ed efficace di quanto si pensi. «Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia» scrisse Shakespeare. La laica proposta del Dio di Darwin può svelare una realtà celata là dove non si era mai osato… osare! È vero: niente è più fecondo del mettere in dubbio l’ovvietà… 

Basta così. Gradirei infine che l’AISO esternasse una mia proposta al sign. Harun_Yahya, “nom de plume” del turco Adnan Oktar: questo stravagante teologo islamico boccia la teoria darwiniana attribuendole, tra l’altro, la paternità dei peggiori mali della storia moderna: fascismo, nazismo, terrorismo, degrado morale etc. Nella sua opera, L’atlante della Creazione, asserisce che le specie viventi sono frutto di un divino e lungimirante disegno creativo focalizzato nella creazione dell’uomo. Ovviamente tralascio tutte le critiche che si possono fare sulle sue affermazioni, alcune assolutamente imbarazzanti sotto il profilo epistemologico per l’autore. Ebbene: l’AISO sta da qualche tempo caldeggiando, come ammesso, una sodalizio di intenti con questo signore e hanno affermato – se non erro – che tale Yahya abbia offerto 7 milioni di euro a qualsiasi evoluzionista in grado di trovare un fossile che confermi il darwinismo. Ebbene, metto a disposizione il doppio a favore di qualunque studioso capace di presentare un fossile in grado di dimostrare la creazione diretta e immediata delle specie viventi da parte di Dio. Intesi?

Ultimo appunto: uno studioso presente dal pubblico del 22 ottobre è stato invitato ad illustrare alcuni studi su delle teorie fisiche (teorie quantistiche relativistiche) che prevedono, da quanto si è appreso, la possibilità di una sorprendente inversione dell’universale principio di causa effetto a motivo degli sconcertanti fenomeni in atto nel mondo quantistico, dove la freccia del tempo, ai sensi di alcune formulazioni matematiche, potrebbe scorrere in senso inverso (seppur per brevi istanti di tempo).
Evidente il tentativo di poggiare su tali studi al fine di ripristinare quel finalismo teloenomico implicito nel classico concetto di creazione cassato dall’evoluzionismo e da altre teorie scientifiche (teorie dei sistemi complessi e meccanica quantistica su tutte). Non sono un esperto di fisica relativistico quantistica, ma sin dai lavori di Feynmann il tema (interessantissimo) è dibattuto. Ovviamente alcuna magica manina sovrannaturale è chiamata in causa dagli autori.

Ovviamente ci sarebbe da valutare se in tale eventualità si possa poi sostenere aspetti altrettanto importanti per i creazionista: uno su tutti il libero arbitrio! Ma tant’è…
Si cita questo intervento poiché è sembrato scorgere nella presentazione di questi studi, indubbiamente singolari, lo stesso refrain utilizzato – nel complesso – dagli antidarwinisti: un intento che segue la filosofia del cuneo. Mettere continuamente in evidenza aspetti critici del darwinismo, senza alcuna remora, al fine di screditarlo.
Ovviamente ciò può colpire uno spettatore non al dentro dell’argomento il quale, superata la sorpresa, si sente anche ripetere che gli evoluzionisti snobbano questi incontri quasi consapevoli dell’impossibilità di ribattere e che anche illustri evoluzionisti hanno qua e la fatto ammenda della loro fiducia nell’evoluzionismo. Si parte (torna l’ipse dixit? Oibè) da Gould per arrivare a Mayr e altri!!! Nulla di più falso. Come il creazionismo e l’Intelligent Design…


mercoledì 10 novembre 2010

Roberto Verolini per Scienzeedintorni 2: genetica, geometrie perfette di alcuni organismi e antievoluzionisti


Come ho rimarcato nel post precedente è decisivo che a tutt’oggi nessun creazionista sia in grado di proporre una, diconsi una, teoria (ovviamente… scientifica) atta a descrivere con la stessa dovizia di particolari e livello di sovrapposizione dei conseguenti alberi genealogici le evidenze molecolari date dalle recenti tecniche di sequenziamento di DNA interspecifico. Una risposta che ancora attendo (invano) sin dall’incontro del 17 Ottobre 2009. Aspettiamo.

Durante il confronto del 22 ottobre il professor Catalano, nel corso dei suoi interventi, ha preso in considerazione la presenza di forme perfettamente geometriche in alcuni organismi viventi, sostenendo l’impossibilità che tali fini strutture (come la spirale di Archimede delle conchiglie e strutture vegetali, come le infiorescenze del girasole e dei normali broccoli romani) siano formate nello svolgimento del normale processo darwiniano.
C’è da dire che il moderno studio del genoma ha assolutamente dimostrato l’infondatezza di queste ideologiche limitazioni. Come egregiamente mostrato, a mo’ di esempio, dall’elegante lavoro di Richard Dawkins, Alla conquista del monte improbabile. L’incredibile avventura dell’evoluzione, (Arnoldo Mondadori, Milano 1997) i geni regolatori sono in grado di produrre tali strutture (guarda caso proprio conchiglie!) con estrema facilità.

Il genoma degli organismi viventi è infatti costituito da pool di geni che regolano i tassi di sviluppo dei tessuti secondo logiche in cui pochi parametri regolatori sono in grado di formare tutto un cespuglio di forme connesse tra di loro, su cui poi l’ulteriore azione regolatrice dell’ambiente, del substrato di crescita e universali regole di sviluppo tridimensionale esercitano la loro influenza. (Senza alcuna supervisione sovrannaturale).

Ovvero la logica evolutiva è profondamente diversa dalla logica che si evince dalle ipotesi dei creazionista.. che si rifanno senza eccezioni a congetture, come recitava un antropologo, “… formulate dall’uomo quando ancora non aveva domesticato il cavallo”.
In altre parole: ben venga una critica (seria) all’evoluzionismo, ma perché seguitare a proporre una concezione creazionistica vetusta, fondata su concezioni naturalistiche e filosofiche pre-scientifiche e obsolete davanti a risultati scientifici fondati si strumenti come quelli alla base delle moderne ricerche molecolari o del LHC se non per ideologica subordinazione dogmatica a banali e anacronistiche congetture ideologiche? 
 
Per finire sull’argomento: persa ogni speranza di contestare l’inevitabile accumulo di variazioni dovuto a indubbie mutazioni si sta sviluppando tra gli anti darwinisti una nuova strategia. L’evoluzione sarebbe in atto solo all’interno delle famiglie tassonomiche. In altri termini: Dio non ha creato l’uomo – come recitava il vecchio creazionismo – ma le singole famiglie (nel nostro caso gli ominidi). Deliziosa trovata…
Restano i seguenti immediati problemi:
1. Questi scenari sembrano teologicamente fiacchi e quanto meno irrispettosi… Mi sembra blasfemo costringere Dio a creare prelevando da gonadi di primati dalla coscienza obnubilata collezioni di geni da mescolare ad arte per formare nuovi individui (per lasciar perdere sul problema del monogenismo di famiglia, inficiato dal fatto che la famiglia tassonomica non è una categoria ontologica della natura ma sostanzialmente categoria semantica umana). Taccio su possibili derive umoristiche… 
2. Perché, nel corso di questi sedicenti interventi, l’Eterno non ha dispensato i nuovi arrivati dei già evidenti difetti strutturali dei vari organi e reti metaboliche che causano gravi e tragici patologie anche su innocenti esseri viventi. Bastava sostituire l’appendice cecale con una ghiandola fare un bacino con un foro più consono alle dimensioni del cranio umano etc. Come disse ironicamente B. Russell: “Chi di noi, avendo a disposizione milioni di anni e sovrannaturali proprietà, non avrebbe fatto di meglio?
3. Perché creare ex novo vari ominidi tra cui far sopravvivere alla selezione naturale solo l’Homo Sapiens Sapiens? Cui prodest Homo erectus e Homo habilis?

martedì 9 novembre 2010

Roberto Verolini per Scienzeedintorni 1: Darwin, l'evoluzionismo e gli errori degli antievoluzionisti

Roberto Verolini, che insieme con me ha affrontato il contraddittorio con gli antievoluzionisti del 22 ottobre, ha scritto alcune riflessioni che volentieri pubblico su scienzeedintorni. Inconinciamo dalla prima, sull'evoluzionismo e soprattutto sulle risposte, scientificamente debolissime, degli antievoluzionisti. Parafrasando l'introduzione del mitico dibattito sulla eguaglianza della Donna in "Berlinguer ti voglio bene" di Benigni si potrebbe dire: "pole l'antievoluzionismo essere considerato una scienza? NO. Si apra il dibattito"


1. CREAZIONISMO E ANTIEVOLUZIONISMO NON SONO SCIENZA

L’AISO (Associazione Italiana Studi delle Origini), che ha organizzato l’incontro e ci ha cortesemente invitati a Roma il 22 ottobre, e che ringrazio, per averci ospitati, propone nel suo statuto (testuale) “… che le teorie evoluzioniste non possono essere considerate un fatto scientifico indiscusso e senza alternativa. Nella scuola e società italiana, per esempio, non dovrebbe essere ignorata la critica all'evoluzionismo e neppure il senso della proposta creazionista.

È interessante mettere in risalto i fraintendimenti presenti in questo brano. Ad esempio è assolutamente infondata la pretesa di affiancare (se non sostituire!) la teoria dell’evoluzionismo con il creazionismo nelle ore di Scienze della scuola. Non hanno lo stesso status! 
La prima è infatti teoria ‘scientifica’ (sicuramente da sottoporre a un continuo vaglio interpretativo), mentre la seconda rappresenta una pura (e assolutamente debole) congettura metafisica e/o filosofica. La scienza chiama scienza. E nel creazionismo (e nell’Intelligent Design) di scienza non ve n’è punto! Non basta parlare di qualche argomento scientifico quando si vizia il tutto con ricorsi metafisici, invocando un ente trascendente.... È un ossimoro, una palese contraddizione formale e epistemologica..

La scienza moderna è una conoscenza fondata sulla continua verifica sperimentale e ripetuta di teorie ed ipotesi attraverso lo studio di oggetti o fenomeni. Il progresso scientifico è stato condotto in modo ininterrotto proponendo estensioni e revisioni di varie ‘ipotesi interpretative fondate su enti immanenti’, talvolta sostituendole con delle altre. È chiaro che in tale metodo non possa trovare spazio alcun concetto di soprannaturalità (ad esempio interventi divini et similia). Ovviamente questo tipo di conoscenza è collocato – e ciò vale per ‘ogni’ teoria scientifica – in una cornice filosofica di fondo. Nella fattispecie, un ‘realismo non ingenuo’ fondato sull’esistenza di enti fisici (corpi materiali, campi di forze etc.) e su principi come causalità, località (e non località quantistica), conservazione dell’energia etc. Null’altro.
Nessuno scienziato di qualsiasi campo negli ultimi 100 anni ha mai invocata la mano di Dio per ovviare alle carenze evidenziate dalle varie teorie.  Coloro i quali invece la propongono sono una esigua minoranza, peraltro rumorosa, riguardo alle scienze della vita e di riflesso a quelle della Terra. Va fatto anche notare come queste critiche in generale vengano da filosofi o teologi oppure, se da scienziati, da persone che non hanno una specifica preparazione di base in queste materie ma provengono da altre discipline.

2. EVOLUZIONISMO E PREDITTIVITÀ

La scienza moderna si spinge a descrivere l’universo sino a qualche frazione di secondo dal Big Bang. Questo risultato della cosmologia moderna è universalmente intesa come successo scientifico anche in ambiti confessionali, che hanno pescato argutamente a piene mani da una teoria che permette logicamente di ricorrere a un ‘inizio’ molto prossimo a certe esigenze teologiche di creazione opposte all’ateismo materialistico! Qui, per rispondere alle obiezioni del prof. Catalano, non si hanno predizioni verificate da esperimenti ripetibili, ma ricostruzioni (N.B. perfettamente immanenti!), di eventi storici unici del passato. Qualcosa di assolutamente identico a quanto avviene con la teoria dell’evoluzione.
Dato poi che si parla di previsioni della scienza galileiana (tema caro anche al più noto prof. Zichichi), si faccia, se ci si riesce, scienza galileiana non con una semplice pallina che rotola lungo un piano inclinato, ma con la piuma di Forrest Gump o altri sistemi complessi....
Ciò è sufficiente, penso, a chiarire l’infondatezza di certe pretestuose eccezioni. 

3. L'EVOLUZIONISMO NON È MAI STATO IN SALUTE COME ADESSO A DISPETTO DEGLI ANTIEVOLUZIONISTI

In estrema sintesi, la teoria di Darwin è tutta in queste tre mosse:
1. La variabilità genetica di una popolazione di organismi viventi è trasmessa casualmente alle generazioni successive.
2. le dinamiche riproduttive degli organismi viventi sono limitate dalla carenza delle risorse ambientali accessibili: ciò causa una competizione per l’accaparramento delle risorse e limita la crescita delle diverse popolazioni che restano costanti sotto il profilo demografico.
3. pertanto le popolazioni sono sottoposte a una continua selezione naturale data dal fatto che gli individui con maggiore adattabilità all’ambiente si riproducono con maggior successo. Non si ha competizione diretta tra individui: la selezione naturale favorirà organismi con maggior adattabilità (fitness), nella fattispecie più adatti, aumentando la frequenza dei loro caratteri genetici nelle generazioni successive.

Notare in particolare il fatto che la trasmissione casuale dei geni sia indifferentemente mantenuta in ogni ipotesi moderna! Nessuna alternativa altrettanto capace di inglobare la genetica moderna (Mendeliana e post Mendeliana) è stata mai proposta in sua vece! E neanche il creazionismo (e l’Intelligent Design) sono riesciti a proporre qualche variante epistemologicamente equivalente di questa terna di affermazioni.
Né possono farlo, visto che le uniche alternative proposte dai sostenitori di tali congetture è che questa terna di fenomeni debba essere o:
  1. rigettata in quanto falsa; o:
  2. sottoposta a supervisione e specifici interventi da parte di un ente sovrannaturale (Dio).
Ebbene, queste due alternative sono rispettivamente:
la (1) assolutamente non dimostrata (falsificata) a livello sperimentale e;
la (2) intrinsecamente indimostrabile a livello epistemologico.

I creazionisti tentano di mettere alla berlina l’evoluzionismo invocando scientemente il corretto principio epistemologico secondo il quale nessuna teoria scientifica debba esser considerata fatto indiscusso e senza alternativa. Vero! Ma se pretendono di esser collocati sullo stesso piano di una teoria scientifica dovranno subire anch’essi analogo destino, cioè quello di vedere discusse le loro (confutabilissime) opinioni. 

L’aspetto più determinante è che a fronte della teoria dell’evoluzione i creazionisti non sono mai riusciti a formulare una quale alternativa (scientifica), mentre sono costretti, perché proprio non ne possono fare a meno, a dare in parte ragione alla Scienza risolvendo in maniera ridicola i LORO problemi: per esempio non potendo negare che l'Oceano Atlantico sia un prodotto recente di apertura oceanica, imputano questo fenomeno al diluvio universale (ovviamente senza ipotizzare un meccanismo per questo movimento), oppure persa ogni speranza di contestare l’inevitabile accumulo di variazioni dovuto a indubbie mutazioni si sta sviluppando tra gli anti darwinisti una nuova strategia: l’evoluzione sarebbe in atto solo all’interno delle famiglie tassonomiche. In altri termini: Dio non ha creato l’uomo – come recitava il vecchio creazionismo – ma le singole famiglie (nel nostro caso gli ominidi).

Per contro l’evoluzionismo è in incessante sviluppo tramite continue estensioni e affinamenti della teoria darwiniana originaria (come in ogni altro campo scientifico!). Abbiamo, tra le tante, la teoria degli equilibri puntuati di Gould e Eldredge, la teoria neutralistica di Kimura, le varianti della teoria ‘semantica’ di Marcello Barbieri, le implementazioni fondate su principi strutturali esogenetici, sull’evo-devo, che prendono in considerazione regole geometrico funzionali, vincoli diffusivi termodinamici, aspetti inerenti funzioni metaboliche e leggi valide a livello molecolare, e quant’altro.

4. LA DEBOLEZZA DELLE RAGIONI DEGLI ANTIEVOLUZIONISTI

Prestiamo ora attenzione ad un altro aspetto: le obiezioni sollevate dai movimenti creazionistici e sostenitori dell’Intelligent Design non sono mai rivolte all’aspetto teorico dell’evoluzionismo ma alle evidenze proposte a sostegno dello stesso. Anche nel corso di questo incontro sono stati messi in dubbio solo dati paleontologici e – sic! – la bontà delle datazioni fondate sull’uso dei radioisotopi. A tutt’oggi nessun creazionista sia in grado di proporre una, diconsi una, teoria (ovviamente… scientifica) atta a descrivere con la stessa dovizia di particolari e livello di sovrapposizione dei conseguenti alberi genealogici le evidenze molecolari date dalle recenti tecniche di sequenziamento di DNA interspecifico. Una risposta che ancora attendo (invano) sin dall’incontro del 17 Ottobre 2009. Aspettiamo.
Il fatto è che ‘nessuna di queste evidenze’ è parte della teoria dell’evoluzione. Questi sono dati sperimentali, non la teoria evolutiva! La confusione tra creazionisti è enorme! Solo per inciso, visto che si è parlato di ‘300 milioni di fossili’, sarebbe opportuno verificare, vado a braccio, quante delle datazioni di questi fossili sia da correggere alla luce di certe obiezioni. Non è dato saperlo.

lunedì 8 novembre 2010

Le emissioni di CO2 e l'aumento dell'acidità dei mari: un problema che ha avuto grandi riflessi sulla vita nel passato geologico

Innanzitutto una buona notizia: una buona parte (quasi il 50%) della CO2 emessa dalle attività umane è stata assorbita agli oceani. Il che ha attenuato l'effetto – serra e quindi ha in parte evitato l'aumento di temperatura dovuto alla CO2 atmosferica. 
Ma c'è contemporanemente una cattiva notizia: l'aumento della CO2 atmosferica sta inacidendo le acque degli oceani, fatto che può drasticamente incidere sulla vita marina. Nel numero di Le Scienze di ottobre è uscito un lavoro piuttosto interessante ad opera di Marah J. Hardt e Carl Safina in cui si fa il punto della situazione.
È noto che la CO2 sia un composto che tende ad acidificare le acque e un'acqua acida, per esempio, scioglie il calcare (in effetti negli studi sul carsismo l'acidità delle acque è un fattore molto importante). Gli autori dell'articolo fanno alcuni esempi di animali che se la passano molto male con queste variazioni, in particolare quelli che si fanno un guscio calcareo, dai foraminiferi ai gasteropodi, ma non solo.

Fra gli effetti della maggiore quantità di CO2 nell'acqua oceanica c'è l'aumento del fitoplancton. È un argomento molto studiato e riguarda sia quello composto dai cianobatteri che quello eucariotico.
Dal punto di vista della modellazione teorica, il nodo è “quanta anidrite carbonica potrebbe essere fissato nel fitoplancton”? Si capisce che questo fattore ha degli evidenti riflessi sulla percentuale di CO2 libera nell'idrosfera e nell'atmosferia (e quindi, alla fine, sui cambiamenti climatici). Di fatto il contributo del fitoplancton nell'assorbimento e nella fissazione del carbonio è ancora in parte dibattuto e non entro in una questione che per me è come un campo minato.

C'è comunque un dato molto inquietante del quale nell'articolo non è stata fatta menzione: l'aumento della CO2 nelle acque a causa di grandi eruzioni vulcaniche è stato indicato come la causa delle estinzioni di massa che hanno contrassegnato la storia geologica del nostro pianeta. 

Riassumo la questione, rimandando a due post che avevo scritto in proposito per approfondimenti http://aldopiombino.blogspot.com/2010/03/le-grandi-estinzioni-di-massa-spiegate.htmlhttp://aldopiombino.blogspot.com/2009/02/asteroide-o-vulcanismo-per-la-fine-dei.html : le principali estinzioni di massa sono coeve con le eruzioni di vasti espandimenti basaltici (per esempio il limite K/T ai trappi del Deccan e quella della fine del Permiano a quelli siberiani, ma ce ne sono tante anche minori e meno conosciute dal pubblico). Questi eventi si accompagnano pure alla formazione di strati piuttosto scuri e ricchi di materia organica che associano alle estinzioni di massa eventi anossici (cioè porzioni di mare con quantità di ossigeno disciolte bassissime, se non inesistenti).

Il meccanismo proposto è il seguente: queste gigantesche eruzioni vulcaniche hanno sicuramente immesso in atmosfera e in brevissimo tempo grandi quantità di CO2 che, assorbita in parte dagli oceani, avrebbero innescato una esplosione del fitoplancton e una maggiore acidità delle acque (ricordo come nel mesozoico, in cui di eventi del genere se ne contano diversi, le ammoniti, che avevano un guscio calcareo, erano un gtruppo numericamente molto consistente e quindi un'aumento della acidità delle acque poteva avere forse riflessi ancora maggiori di oggi sulla fauna marina).

Qui la situazione si complica.
Secondo alcuni autori all'esplosione del fitoplancton è seguito per l'aumento delle risorse alimentari un drammatico aumento degli animali che se ne nutrivano, in tutta la catena alimentare oceanica che in sostanza è di tipo dimensionale: se dividiamo la fauna in classi secondo la lunghezza degli esemplari, gli animali tendono a nutrirsi di quelli immediatamente più piccoli e sono predati da quelli immediatamente più grandi. Le uniche rilevanti eccezioni sono i consumatori di plancton di grosse dimensioni, al presente balene o squali balena.
Questo aumento eccessivo di risorse avrebbe finito per sovrappopolare i mari, innescando una moria per la mancanza di ossigeno (e i corpi degli animali in decomposizione aumentano ulteriormente il consumo del gas). 

In effetti, morendo in massa, queste creature sono finita in fondo al mare senza decomporsi. La anossia consentì il deposito di questi sedimenti scuri perchè piene di materia organica, come a Gubbio i livelli Selli, Bonarelli e quello corrispondente all'evento K/T.

Chi studia le conseguenze attuali invece considera meno importante questo aumento faunistico generalizzato, ma comunque considera decisivo per la crisi della vita oceanica, limitandosi al consumo di ossigeno durante la decomposizione del fitoplancton che quando muore si sposta verso il fondo.

È possibile quindi che immettendo CO2 in atmosfera al ritmo attuale il genere umano stia ricostruendo la situazione che portò alle grandi estinzioni di massa.
Mi pare un motivo in più per frenare le emissioni inquinanti in atmosfera.