martedì 28 settembre 2010

Il ciclo del metano su Marte: reazioni con il suolo, vulcanismo o "vita"?


L'atmosfera marziana, oltrechè molto tenue, è anche irrespirabile per i nostri standard: 95% di anidride carbonica, 3% di azoto, e 1,6% di Argo. Il restante 0,4% è suddiviso fra ossigeno, vapore d'acqua e pochi altri gas, fra i quali in tracce veramente scarsissime c'è il metano, roba da parti per miliardo. Ma sono proprio queste scarsissime quantità ad aver innescato una serie di studi che stanno portando a diverse ipotesi, che prevedono tutte una situazione di attività (biologica o chimica) precedentemente inaspettata.
Furono degli italiani, il team di Vittorio Formisano a scoprire la presenza di metano nell'atmosfera marziana nel dicembre 2003. Nessuno si aspettava una cosa del genere. Sulla Terra le emissioni naturali di metano esistono e per la maggior parte sono dovute ad esseri viventi. Messi in allarme da questa scoperta, altre sonde e anche delle osservazioni da Terra hanno confermato il tutto.

Il ciclo di questo gas su Marte presenta alcuni aspetti particolari.
Innanzitutto è stato dimostrato che non è stabile e si dissolve presto (inizialmente era stato previsto un periodo di persistenza di circa 300 anni). Questo comporta una conseguenza semplice e logica: sul pianeta Rosso sono sicuramente presenti dei fenomeni che lo producono (o, quantomeno, lo emettono da sotto la superficie).La dimostrazione che ancora una qualche attività c'è.
A dispetto delle previsioni, il metano emesso in discrete quantità negli anni precedenti, era praticamente scomparso ai primi del 2006. E questa velocità maggiore del previsto non trovava nessuna soluzione con i modelli atmosferici esistenti.
L'irregolarità oltre che temporale è anche spaziale: studi successivi hanno dimostrato che ci sono 3 zone principali di persistenza, tutte e tre poste tra l'equatore e le medie latitudini dell'emisfero settentrionale: Arabia Terrae, Tharsis ed Elysium.
La distribuzione temporale accertata presuppone ovviamente che il metano si produca più o meno di continuo e che in qualche modo si dissolva.

Da un punto di vista teorico sulla sua origine ci sono diverse possibilità teoriche: attività di forme di vita, reazioni sul suolo ed emissioni vulcaniche.
Una prima spiegazione è stata la presenza di reazioni che coinvolgessero il suolo marziano, per esempio attraverso il perossido di idrogeno (noto ai più come acqua ossigenata), sostanza ritrovata dalla sonda Viking nel 1976.
È anche possibile che sia coinvolta l'acqua: potrebbe non essere un caso se queste aree sono proprio quelle dove al di sotto esistono dei giacimenti di acqua.
Restava presente anche la possibilità che sia il risultato di attività vulcanica, visto che i massimi si hanno in una zona che per gli standard locali pullula di vulcani, fra i quali l'Olympus Mons, il più grande vulcano conosciuto del sistema solare, illustrato nella foto.

In ogni caso questo è un altro segnale che ci dice come Marte non sia ancora completamente privo di attività. Non può stupire – quindi – che la prossima sonda che arriverà sul pianeta sarà dotata della strumentazione per indagare sul metano.
Intanto sulla questione altri due italiani, Sergio Fonti e Giuseppe Marzo hanno presentato al congresso europeo di scienze planetarie una memoria in cui dimostrano che il metano nell'atmosfera del Pianeta Rosso dura meno di un anno marziano

Una prima considerazione è la estrema localizzazione delle fonti del gas, confermando quello che si pensava e cioè che proviene soprattutto dalle zone già indicate e specialmente da Tharsis, una regione piena di grandi vulcani. Quanto alla concentrazione, risente di elevata stagionalità: i valori sono minimi nell'inverno dell'emisfero settentrionale, a partire dalla primavera aumentano per tutta l'estate fino all'autunno, in cui arrivano ai massimi (sempre dell'ordine delle parti per miliardo...). A quel punto la concentrazione crolla fino alla primavera successiva, ad eccezione di una piccola fascia a latitudini medio – alte.
Notare come durante l'inverno dell'emisfero settentrionale, la concentrazione di metano diventa più alta in quello meridionale dove è estate.
la carta presenta le concentrazioni autunnali ed è grossolanamente orientata W-E con il centro a circa 20° di latitudine nord. In giallo le concentrazioni maggiori, in blu quelle minori
La stagionalità esclude quindi fra le cause l'attività vulcanica: non se ne comprenderebbe il rapporto con le stagioni. Restano in piedi sia la possibilità di reazioni che riguardano il suolo, sia quella che alla base ci siano delle forme di “vita” e non sfugge anche il fatto che la produzione avviene nel momento più caldo e quindi più favorevole.
In particolare nel caso di metano biologico vorrebbe dire che queste eventuali forme di vita siano molto più attive durante l'estate. L'ipotesi di metano biogenico è senza dubbio la più affascinante, e attualmente da un punto di vista teorico è assolutamente plausibile. Ma non è la sola: fenomeni di idratazione del terreno dovuti all'acqua sottostante o reazioni geotermiche e/o idrotermali sono spiegazioni altrettanto se non più, plausibili.
Per quanto riguarda la scomparsa del metano, l'attività fotochimica sembra troppo poco elevata per consentire una dissoluzione del metano in questo modo. Per cui una soluzione può essere data dai venti che abrasando la superficie, trascinano in aria particelle di perclorati che reagiscono con il metano dissolvendolo.

Questi sono i primi risultati: se sul dissolvimento del gas ci sono idee molto chiare, le ricerche sulla sua origine sono invece ancora molto più indietro. Ma essendo diventato un target importante per le ricerche su Marte, sicuramente nei prossimi anni ne vedremo delle belle.

EDIT: 5 Giungo 2012: finalmente è arrivata la soluzione del problema: il metano si orifgina con il bombardamento dei raggi ultravioletti sulla superficie di meteoriti caduti sul pianeta: questo è il post in proposito.

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