giovedì 29 luglio 2010

La nuova scala geologica dei tempi

Decisamente questo è il periodo della declassazione.

Nel 2006 il congresso dell'Unione astronomica Internazionale (Iau) riunito a Praga prese la decisione di declassare Plutone da pianeta a 'pianeta nano' a causa della scoperta di corpi di dimensioni analoghe a quelle dell'oggetto celeste scoperto nel 1930 da Clyde W. Tombaugh e che orbitano in posizione ancora più esterna di questo. Quindi alla domanda “quanti sono i pianeti del sistema solare?” la risposta giusta adesso è “otto”: Plutone va a far parte della categoria degli 'asteroidi grandi', cui fanno parte diversi KBO (oggetti della fascia di Kuiper). 
Non mi risulta che gli astrologi siano d'accordo, ma il loro parere – giustamente - non viene tenuto in considerazione. 
Sull'opportunità di questa scelta non mi pronuncio, non essendo un planetologo.

Adesso a essere declassata è l'era quaternaria, divenuta un periodo dell'era terziaria. Il tutto segue le decisionu che sono state prese al 33° congresso geologico internazionale che si è tenuto a Oslo nel 2008.

Già a metà del XIX secolo la “scala geologica dei tempi” era già stata delineata da un punto di vista relativo (non da quello “assoluto” perchè ancora non era stato scoperto il decadimento radioattivo e quindi non si conoscevano “orologi geologici”).

Nella gerarchia le “ere” sono state divise in “periodi”, a loro volta divisi in “epoche” o, come si diceva prima, in “piani”.
Per il terziario e il precambriano era stata istituita una classe intermedia tra ere e periodi, che raggruppa alcuni di questi, ingenerando inavvertitamente in chi non è molto esperto una certa confusione nel caso del terziario inferiore che si chiama “Paleogene” con la “g” e comprende il ”Paleocene” con la “c”, l'Eocene e l'Oligocene, mentre il “Neogene” comprendeva Miocene e Pliocene. Per il Giurassico invece c'era un livello intermedio fra periodo e piani, raggruppati in 3 divisioni, Lias, Dogger e Malm. Quindi il piano iniziale di questo periodo, l'Hettangiano, in cui si sono formati i sedimenti che hanno dato origine al Marmo Bianco di Carrara, faceva parte assieme al successivo Sinemuriano ed altri, del “lias”.

Erano state distinte un'era primaria (o paleozoica), un'era secondaria (o mesozoica), un'era terziaria (o cenozoica) e un'era quaternaria (o neozoica). Queste suddivisioni erano fondate essenzialmente sulla base del contenuto fossilifero: notiamo infatti come le barriere principali, quelle fra le ere, sono rappresentate dalle estinzioni di massa della fine del Permiano e della fine del Cretaceo e anche i limiti fra i periodi siano momenti in cui c'è stata una alta rotazione delle specie (per esempio il limite Triassico - Giurassico.

In seguito ci si accorse che c'erano rocce ancora più antiche nelle quali non c'erano fossili e fu istituita l'“era azoica” di cui poi si dovette cambiare il nome perchè – alla fine – si vide che un po' di fossili c'erano anche in quelle rocce.

Adesso al proposito c'è accordo universale nel parlare semplicemente di “precambriano” anche se in qualche libro di una quarantina di anni fa si parlava di “era archeozoica” divisa in archeano e algonchiano. Il termine “Archeano” è comunque rimasto come sotto-suddivisione ma ha perso la parte più antica, l'”Adeano”, di cui comunque non esistono testimonianze essendo il primissimo periodo dopo la formazione del nostro pianeta.
Tutto sommato questa classificazione, se si esclude il precambriano, in cui nuove scoperte hanno costretto a revisionare la cosa, regge(va) ormai da 150 anni.
Adesso le cose sono state cambiate e, se le “ere” ed i “periodi” sono rimasti gli stessi, ad eccezione del terziario e del quaternario, i “piani” sono diventati “età” e tra loro ed i periodi è stato istituito un livello intermedio, le “epoche”.

Le modifiche “pesanti” che hanno subìto il terziario e il quaternario sono le seguenti:

- l'Era Quaternaria (a sua volta suddivisa nei periodi pleistocene e olocene) è stata retrocessa a “periodo” dell'Era Terziaria
- il limite fra Neogene (Pliocene) e Quaternario passa da 1,806 a 2,588 milioni di anni fa: il Gelasiano, prima considerato ultimo piano del periodo Pliocene, è diventata la prima età dell'epoca pleistocenica, appartenente al periodo “quaternario”.
- i periodi dell'Era Terziaria sono stati a loro volta declassati a “epoche” ed è stato conferito il rango di periodi al Paleogene e al Neogene
- L'inizo dell'Olocene è stato protato a 11.700 anni dall'anno 2000 (la base precedente era l'anno 1950)

Si vede come l'era Terziaria è stata allungata e contemporaneamente passa da 5 periodi a 3: il Paleogene, che comprende gli ex periodi Paleocene , Eocene e Oligocene, il Neogene con Miocene e Pliocene e il Quaternario, suddiviso quest'ultimo nelle 2 epoche pleistocene e olocene (qust'ultimo non è suddiviso in più età)
Da ciò consegue che noi attualmente viviamo contemporaneamente nel Terziario (come era) e nel quaternario (come periodo)...

Le decisisioni. come spesso succede, hanno soddisfatto alcuni e insoddisfatto altri.

Fra le cose votate al congresso geologico internazionale di Oslo quella che è stata vivamente contestata (c'è persino chi dice che sia “illegittima” ) è lo spostamento del limite pliocene – quaternario. La polemica continua tutt'ora e presenta pure una certa virulenza.

Al proposito sono dubbioso anche io, specialmente in riferimento alla letteratura scientifica pregressa: saremo quindi costretti a tradurre nella nuova denominazione, per esempio, sedimenti di 1,3 milioni di anni fa che ora sono diventati pleistocenici mentre fino a ieri erano giustamente indicati come altopliocenici (non sempre è usato il termine “gelasiano”, mi auguro che lo sia d'ora in poi.....). Vi immaginate che caos?

Insomma, questa classificazione ha finalmente messo ordine (e chiarezza!) fra i vari ranghi (ogni tanto ne veniva fuori uno intermedio) e ne ha cristallizzato la disposizione. E soprattutto ha unificato la nomenclatura, spesso diversa nei vari continenti. Ma non la trovo del tutto soddisfacente.

Ho alcune forti perplessità sulla retrocessione a età dei vecchi periodi dell'era Terziaria e sulla retrocessione dei loro piani in età. Inoltre non so bene che bisogno ci fosse di introdurre per i periodi dell'era paleozoica e di quella mesozoica figure intermedie che si chiamano – semplicemente e per ogni periodo – “inferiore”, “medio” e “superiore”. Oltretutto non capisco perchè per il Permiano, unica eccezione, non si parla di inferiore, medio e superiore ma di Cisuraliano, Guadalupiano e Lopingiano (come prima) e nemmeno, allora, perchè si parla di Giurassico inferiore, medio e superiore quando per questo periodo erano già “disponibili” le denominazioni, sia pure informali, di Lias, Dogger e Malm (forse perchè istituite in Europa?). 
Anche il Cambriano mi sembra trattato un po' malamente con quelle “serie” (altra denominazione usabile al posto di “epoca”) numerate che comprendono vari stadi (età), altrettanto numerati.

C'è poi da ricordarsi la differenza fra “epoca” ed “età”, e soprattutto che l'epoca ha un rango superiore.

Comunque, lasciando indietro polemiche e giudizi, questa è la classificazione del tempo geologico a cui la comunità scientifica deve attenersi e senza eccezioni.

nota: questo è il link per chi volesse scaricare la nuova scala

martedì 27 luglio 2010

notizie dalla blogosfera - 26 luglio 2010

Anche questa settimana comincio con qualcosa in cui l'Italia ha fatto la sua buona figura: un team italo – egiziano ha effettuato una spedizione nel luogo di un cratere da impatto notato tramite l'osservazione con Google Earth. Se ne sono occupati svariati blogger, ma fra tutti cito il post di Ole Nielsen perchè in fondo ha come sempre una bella bibiliografia.

Su Eruptions, in sostituzione del buon Klemetti, momentaneamente disperso nelle montagne del sudovest degli Stati Uniti, un suo compagno di università, Ed Kohut, in due post consecutivi illustra la geologia delle Marianne. Note per la più profonda fossa oceanica esistente, queste isole sono sede di diversi vulcani e devono la loro presenza alla subduzione della zolla pacifica sotto quella delle Filippine e hanno una storia inaspettatamente complessa ben schematizzata nel primo post.
Nel secondo invece descrive anche attraverso delle foto alcuni vulcani. Un particolare: interessante: nelle Marianne molti vulcani sono ancora sotto il livello marino. Fra questi il Rota, di cui avevo parlato anche io più di un anno fa.
Veniamo a Gianluigi Filippelli e al suo Sciencebackstage. Oltre a una comunicazione di una assemblea di ricercatori universitari (precari o no, la ricerca in Italia è precaria per definizione....) che vi invito a leggere solo se siete calmi, ritengo molto interessante una riflessione sui cambiamenti climatici e soprattutto su quella che è la attuale percezione di questo problema e come sperimentare nuovi metodi di comunicazione in materia.

Sempre rimanendo nella questione climatica, queste sono le ragioni dei negazionisti: la presenza di petrolio in Alaska dimostra che il clima nel passato era più caldo..... il bello è che questo Joe Barton è uno dei deputati del congresso americano, eletto in Texas e indovinate un po' di quale industria difende gli interessi.....
La preparazione scientifica di questo signore penso sia inferiore al suo tasso di obbiettività.

Sempre della serie “petrolio e ambiente”, passiamo a due disastri ambientali attuali, uno molto noto, quello del Golfo e uno molto meno conosciuto, anzi persino negato dalle autorità. Nel primo caso mi riferisco ovviamente al Golfo del Messico, sul quale Michael Welland di Through the Sandglass ci illustra le possibilità di disinquinamento grazie alla collaborazione di batteri.

Quanto al secondo, mi riferisco allo strano caso dello sversamento del Mar Rosso: un altro incidente petrolifero attuale, totalmente sconosciuto all'opinone pubblica. Anche in questo caso sono molto evidenti gli opposti interessi fra turismo ed industria estrattiva, più o meno gli stessi che contrappongono in Louisiana i pescatori e gli occupati dell'industria petrolifera sulla questione “moratoria alle trivellazioni sì o no”. Gli abitanti del delta del Niger, invece, come ho già detto, non interessano a nessuno..... Ricordo che un problema analogo è “attivo” in questi giorni sulle coste cinesi.

La lotta fra uccelli e molluschi bivalvi (che sono appetititi da molti pennuti) sembra impari. E solitamente lo è. Ma qualche volta a rimetterci le penne è anche, nel pieno senso della parola, l'uccello. Ce lo illustra Darren Nash di Tetrapod zoology.

Invece il fatto storico ci informa dei nuovi clamorosi ritrovamenti di selci in Inghilterra meridionale, vecchi di ben 800.000 anni. Evidente che già a quell'epoca, approfittando di una tregua nelle condizioni glaciali, degli uomini, forse rappresentanti di Homo antecessor, si erano spinti fino lassù.
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Questo post ci parla della terribile settimana sismica per la zona tra Filippine e Nuova Guinea, in cui, tra il 18 e il 25 luglio, ci sono state ben 10 scosse con Magnitudo superiore a 6. La cosa che colpisce maggiormente è la ripetitività degli eventi: in Nuova Guinea tra 18 e 19 luglio in 24 ore tre scosse da 6.9, 7.3 e 6.3 con meccanismi focali diversi fra loro e il 23 luglio 3 scosse nelle Filippine con M maggiore di 7 in un'ora e mezzo, fra parentesi ad una profondità di ben 600 kilometri!
Da ultimo continuo con la questione della senatrice dello stato della California che vorrebbe privare del titolo di "Roccia dello Stato" la serpentinite, roccia che, come ho già scritto, avendola studiata per la tesi, mi è particolarmente care. Qui Geotripper smonta le asserzioni della autrice di siffatta idiota proposta di legge, che verrà discussa a breve, forse addirittura il 2 agosto. Ma non hanno altro da fare al senato della California????

domenica 25 luglio 2010

Il dibattito sui fossili del Gabon di 2 miliardi di anni fa

La recente scoperta, presentata sul numero uscito il primo luglio di Nature, a proposito di presunto materiale organico vecchio di oltre 2 miliardi di anni in Gabon, e che è stato interpretato come organismi pluricellulari, oltre a fare molto rumore, ha suscitato pure qualche contestazione.
Una precisazione innanzitutto: non è una novità trovare fossili di quella età. Per esempio c'è Grypania spiralis, del Michigan ed interpretata come un'alga, pur essendo ancora nel dubbio se si tratti di una cellula procariote (quindi senza nucleo differenziato) o eucariote, quindi una cellula “moderna”, con un nucleo ben distinto.

Venendo al Gabon troviamo una situazione incredibile: sedimenti marini e deltizi non piegati né tantomeno metamorfosati inquadrati nel Gruppo di Franceville, testimonianza del colmamento di un bacino ribassato in mezzo al basamento archeano vecchio di circa 2.7 miliardi di anni. In un angolo del bacino si trovano delle vulcaniti riolitiche i cui prodotti sono intercalati ai sedimenti e ne hanno permesso la datazione.
Logico che per i paleontologi specializzati nel più lontano passato la zona, per di più estesa per 35.000 km quadrati, sia oggetto di attenti studi, che hanno rilevato in passato la presenza di molti cianobatteri. Stavolta siamo forse andati oltre: El Albani e il suo team scrivono un articolo su Nature in cui parlano di concrezioni piritizzate presumibilmente organogene in una unità di scisti scuri che fa parte del gruppo di Franceville.

Le concrezioni (ne sono state prelevate circa 250 in 18 orizzonti diversi) si trovano all'interno  di una serie di scisti neri di ambiente deltizio. Lunghe da poco meno di un centimetro a 12, larghe meno di 7 e spesse da 5 a 70 millimetri, arrivano ad una densità di 40 per metro quadro. Sono quindi molto appiattite e tutte disposte parallele alla stratificazione, ma la loro orientazione sulla superficie è casuale. Tutte presentano delle fessure lungo i raggi.

Negli esemplari più grandi ci sono nuclei centrali di forma nodulare. Dove manca il nodulo centrale si riducono a semplici e sottili film piritici, come le zone senza nodulo degli altri.

La piritizzazione è piuttosto comune nel precambriano (e non solo nei fossili) ed è stata guidata dall'abbondanza di solfati: l'ambiente riducente presente durante la diagenesi del sedimento spiega il solfuro. Al proposito occorre ricordare il diverso chimismo dell'atmosfera e dell'acqua dell'epoca, in particolare la minore quantità di ossigeno (in quel momento era in corso la prima delle due fasi di aumento dell'ossigneo nell'atmosfera). ci sono comunque diversi aspetti che stabiliscono senza ombra di dubbio la loro origine organica, in particolare:

- cristalli di pirite o marcasite che crescono radialmente sono noti nel precambriano e attribuiti a cianobatteri.
- le analisi geochimiche sono molto differenti da quelle della roccia incassante
la struttura:
- noduli di pirite a forma di sole di origine inorganica sono documentati nelle rocce di quel periodo ma sono estremamente più regolari
- la superficie a contatto con il sedimento sottostante è debolmente piegata, tipica caratteristica di un “foglio” organico flessibile
- tutte queste strutture sono posizionate sulla parte superiore degli strati e si sono quindi formate in superficie
- in tutte queste forme si evidenzia una crescita radiale a partire da un nucleo centrale

Anche sull'età non ci sono dubbi (si oscilla di una trentina di milioni di anni, ma insomma... stiamo parlando di oltre 2050 milioni di anni....): una breve ma completa ricerca in materia è stata esposta su Hightly Alloctonous dal puntuale Chris Rowan.

Per quanto riguarda il cosa fossero questi fossili, i ricercatori escludono di essere davanti a dei tappeti microbici perchè una crescita come quella rilevata presume quantomeno la capacità di un coordinamento fra le varie cellule, più simile a quello di organismi pluricellulari: le colonie batteriche non sono capaci di coordinare il loro comportamento e formare strutture di aspetto regolare e ben definito. Quindi saremmo al cospetto del più antico esempio del genere conosciuto. E per di più ci sarebbero dei segnali chimici (la presenza di composti organici come degli sterani) secondo i quali queste forme di vita sarebbero eucarioti e non procarioti.

Non tutti però sono d'accordo su questa conclusione. In particolare Chris Nedin, un esperto del settore (non a caso il suo blog si chiama “ediacarian”). Forse i suoi studi sono orientati più all'ediacariano (che è la parte finale del precambriano, meno di 600 milioni di anni fa), ma sicuramente è una persona informata sui fatti.
Vediamo cosa scrive Nedin sul suo blog, in un post dal significativo titolo2.1 Ga multicellular colonial organism? uhm, not”.

Secondo lui sono proprio tappeti batterici, l'unica cosa esclusa dal gruppo di El Albani. Dove non c'è il nodulo, sia negli esemplari che ne sono dotati che no, il fossile si riduce ad un sottile fiilm piritico e gli autori dell'articolo su Nature si tirerebbero letteralmente la zappa sui piedi quando affermano che i nuclei si sarebbero piritizzati posteriormente rispetto ai film sottili. La cosa mi aveva lasciato perplesso, ma non sapendo praticamente niente di fossili del precambiano mi riservavo eventualmente di approfondire.
Secondo Chris questo è un punto focale: i noduli non rappresentano una forma originaria ante – fossilizzazione, cioè tutte le strutture si sono formate come film e solo dopo il loro seppellimento ci sono stati dei fenomeni che ne hanno modificato in parte l'aspetto. Nell'immagine qui accanto si vede il particolare di un nodulo: si evidenzia come ai suoi lati continua ad esistere il tenue film mentre l'interno è diverso. E qui c'è la differenza fondamentale nelle interpretazioni: gli autori dell'articolo pensano che il nodulo abbia origine organica, Nedin no.

L'americano spiega tutto in maniera molto diversa e presenta due ipotesi su come, in maniera del tutto meccanica, si sarebbero formati questi noduli a partire da un film organico spesso pochi millimetri.

1. in superficie: la deformazione sarebbe dovuta a qualcosa (acqua o gas) che è andato sopra al film, deformandolo e successivamente è stata coperta dallo stesso tappeto che ha cominciato a crescervi sopra, intrappolando questo qualcosa che poi si è piritizzato come il tappeto. C'è anche la possibilità che vento o acqua abbiano deformato i tasppeti e inserito sotto di loro del materiale
2. deformazioni indotte durante il consolidamento del sedimento: in qualche modo durante questa fase l'acqua contenuta nelle argille doveva essere espulsa e quindi poteva incunearsi dentro i tappeti batterici.

Inoltre le dimensioni di questi noduli sono paragonabili a quelle di tappeti microbici attuali, come dimostra lo stesso Nedin in un post successivo.

Per questi motivi non ritiene necessario pensare a forme di vita più complesse e capaci di interazione fra le varie cellule rispetto a dei procarioti.

Cosa dire a commento? Ribadendo che non sono pratico di queste cose e dopo aver sentito l'opinione di alcuni amici, in primis Cesare Papazzoni che mi ha fornito il link al blog di Nedin, l'impressione comune è che l'interpretazione scritta su Nature possa essere un po' forzata. Inoltre Nedin nei suoi due post appare molto convincente facendo vedere sia altre situazioni simili in cui delle strutture piane sono state deformate da cause esterne in sedimenti non altrimenti deformati, sia coinvolgenti tappeti batterici attuali.

Una critica potrebbe essere quella di non aver visto gli originali, ma le foto su Nature sono abbastanza chiare per una persona della sua esperienza.
Aspettiamo comunque una risposta dagli autori dell'articolo anche se, onestamente, se dovessi essere chiamato ora come ora a una preferenza "secca", opterei per Nedin.

giovedì 22 luglio 2010

Oltre il disastro del Golfo del Messico: la situazione allarmante della Nigeria

Ormai da mesi tutto il mondo sta guardando al Golfo del Messico per l'incidente della Deepwater Horizon. Volevo anche io scrivere qualche post in proposito ma non l'ho ancora fatto e oggi preferisco scrivere una notizia un po' alternativa a questo, anche se molto correlata

Non nego le drammatiche conseguenze ambientali di questo incidente, ma come è successo per l'uragano Kathrina (di cui si parla dal 2005), questi disastri avvenuti negli USA oscurano a livello mediatico altre situazioni simili: a proposito degli uragani, dal 2005 ad oggi i Caraibi sono stati investiti da tempeste che hanno arrecato gravissime distruzioni e migliaia di morti; a proposito degli incidenti dovuti a sversamenti da parte di petroliere conosciamo benissimo i disastri come ad esempio quello della Exxon Valdez in Alaska del 1989 (e, a proposito di piattaforme petrolifere, sempre nel Golfo del Messico quello della piattaforma Ixtok – 1 del 1979).
Ma probabilmente solo pochi addetti ai lavori conoscono la situazione drammatica che vive il delta del Niger.

Della Nigeria sentiamo parlare spesso per i rapimenti di operatori che lavorano nell'estrazione del petrolio e per le dure lotte fra musulmani e cristiani. Talvolta in ennesima pagina dei giornali c'è la notizia di qualche esplosione di oleodotti (per lo più a causa di persone che cercano di rubare del greggio, come a Abule Egba, un quartiere di Lagos, dove nel 2006 morirono almeno 269 persone).L'allarme di cui vi voglio parlare riguarda proprio il livello preoccupante di greggio che si riversa nel delta del Niger ogni anno.

Oltre ad essere presidente della sezione nigeriana di “Friends of the Earth International”, gli “Amici della Terra”, l'unica ONG ambientalista con cui vado sostanzialmente d'accordo e a cui sono molto legato, Nnimmo Bassey è uno dei 30 “eroi dell'ambiente” della rivista Time per il 2009. <
Sono decine di anni che i Nigeriani convivono sistematicamente con gli stessi problemi che ora affliggono le coste della Louisiana: il greggio scorre più o meno indisturbato fra campi, foreste e lagune del delta del Niger, dove le compagnie occidentali ricavano petrolio probabilmente senza usare le accortezze che userebbero a casa loro.

Nel 2006 Friends of the Earth International e governo nigeriano hanno prodotto un rapporto della situazione in cui si stima che dal 1958, quando iniziarono le prime estrazioni, ogni anno nel delta si riversa una quantità di petrolio pari a quella fuoriuscita dalla Exxon Valdez, circa 275.000 barili, più o meno sono il quantitativo mensile che esce dalla perforazione della Deepwater Horizon. Solo fra 1970 e 2000 ci sarebbero stati 7.000 (!) incidenti per un totale di 9 milioni di barili di petrolio. Notiamo inoltre come l'area sia abitata da milioni di persone
E così, mentre l'opinione pubblica occidentale tutti i giorni viene (giustamente!) bombardata di notizie sulla situazione del Golfo del Messico, nessuno conosce i guai che l'estrazione del greggio provoca in Nigeria, uno dei primi 10 produttori di petrolio del mondo.
Nnimmo Bassey dichiara al noto giornale inglese “The Observer” che “in Nigeria le compagnie petrolifere ignorano completamente i loro sversamenti, distruggendo l'ambiente e arrecando gravi danni alla salute degli abitanti. L'incidente del golfo è una metafora di quello che succede quotidianamente nei campi petroliferi della Nigeria e di altre zone dell'Africa”.

Tutti questi misfatti vengono arrecati da compagnie note come BP, Shell and Exxon Mobile, accusate di di operare con attrezzature vecchie e poco sicure. Le organizzazioni ambientaliste parlano di almeno 2000 siti da bonificare (per non parlare della situazione delle acque) in un'area in cui vivono oltre 20 milioni di persone che, a dispetto dei profitti fatti in tutti questi anni dalle compagnie e dai vari governi che si sono succeduti, in tutta quella ricchezza vivono con in media meno di un dollaro al giorno

La difesa delle compagnie petrolifere fornisce una realtà del tutto diversa, ascrivendo le fuoriuscite ad atti di vandalismo o di terrorismo e precisando che sono trattati in modo molto tempestivo.
Per esempio la Shell dichiara, sempre a “The Observer” che solo nel 2009 ha sostituito oltre 300 km di oleodotti e che hanno un team specializzato che interviene efficacemente, “usando tutti i sistemi conosciuti per il disinquinamento, compresi quelli batterici” e senza porsi il problema della causa dello sversamento.
Però in questo periodo, proprio a causa della situazione nel Golfo del Messico, l'immagine delle compagnie petrolifere in generale è un po' appannata e molti non credono a queste parole, specialmente se si riferiscono a Paesi poveri e dai governi solitamente proni alle multinazionali.

Al proposito sentite quello che dichiara allo stesso giornale Judith Kimerling, professoressa di scienze politiche alla City University of New York: “sversamenti, perdite e fuoriuscite volontarie avvengono nei campi petroliferi di tutto il mondo e sembra che la cosa non importi a nessuno. L'incidente del Golfo del Messico dimostra che le compagnie petrolifere sono fuori da ogni controllo e, anzi, influenzano su questo la politica in USA e altrove, bloccando qualsiasi strumento in materia. In Nigeria hanno sempre vissuto al di sopra della legge e ora sono chiaramente un pericolo per il pianeta”.

E' chiaro che qui ci sono due versioni molto divergenti sullo stesso problema. Le ho riportate entrambe e ciascuno potrà trarre le conclusioni che vuole.

martedì 20 luglio 2010

Come Darwin non scrisse a Marx: un errore storico in cui alcuni persistono


Spesso i creazionisti attribuiscono a Charles Darwin (1809 – 1882) ogni sorta di tragedie e gli danno la colpa di aver spianato la strada all'ateismo, al “darwinismo sociale”, alla eugenetica, al nazismo e al comunismo. Insomma, secondo loro le idee darwiniane, anziché portare in un certo qual modo al riconoscimento che tutti gli uomini sono fratelli (o, meglio, cugini), hanno contribuito alle peggiori disgrazie del XX secolo. Annoto che un simile pensiero, come quello di attribuire direttamente a Marx (1818 - 1883) le stragi di Stalin e Pol-Pot, la “rivoluzione culturale” cinese con tutte le sue epurazioni e le infamie del regime di Ceausescu mi sembra un po' eccessivo.

Inoltre da questo punto di vista i fondamentalisti cristiani potrebbero essere abbondantemente colpiti dalla stessa arma, viste le varie guerre di religione e altre “non proprio esaltanti” imprese della Chiesa, come la santa inquisizione, il razzismo, la distruzione dei popoli dell'America Latina e l'alleanza con le classi dominanti operate in nome di Cristo, al quale nessuna persona dotata di una normale intelligenza si sognerebbe di ascriverle.

Adesso molto semplicemente voglio chiarire il punto su Darwin ed il marxismo, in particolare la questione della tanto strombazzata richiesta da parte di Marx di poter dedicare allo scienziato inglese “Il Capitale” (quantomeno la seconda parte). Ne aveva già parlato Telmo Pievani su Micromega pochi mesi fa.

Veniamo ai fatti: ad Amsterdam sono conservate una serie di carte relative all'archivio di Karl Marx. Fra esse una lettera di Darwin di cui cito due passaggi che sono riportati da Steven Jay Gould in uno dei suoi ultimi saggi, scritto nel 2002 e finalmente pubblicato assieme ad altri in “I have landed” nella collana “La biblioteca delle Scienze”.

La lettera è datata 13 ottobre 1880. Vi si legge “preferirei che la parte o il volume non fosse dedicato a me (sebbene vi ringrazi per l'onore che intendevate farmi) in quanto ciò implicherebbe, in una certa misura, la mia approvazione dell'opera nel suo complesso, della quale non so nulla”.
E ancora “mi pare (a torto o a ragione) che le argomentazioni dirette contro la cristianità e il teismo non producano sul pubblico quasi effetto alcuno e che la libertà di pensiero sia promossa nel modo migliore dalla graduale illuminazione delle menti umane che fa seguito al progresso della scienza. È stata pertanto sempre mia cura evitare di scrivere sulla religione e mi sono limitato alla scienza".

Fra parentesi quelle della seconda parte sono parole che mi sentirei di condividere in pieno, anche se ogni tanto, purtroppo, su scienzeedintorni sono alle prese con la religione o, meglio, con la parte più retriva e conservatrice che ignora deliberatamente i fatti dimostrati dalla scienza. È comunque possibile che Darwin non abbia toccato le questioni religiose anche solo per rispetto della sua religiosissima moglie.

La data della missiva non appare molto congrua: il primo volume de Il Capitale è del 1867, mentre dal secondo in poi furono pubblicati postumi. Ora che l'ultima parte della vita di Marx non sia stata “particolarmente felice” è un conto, ma che 3 anni prima di morire avesse chiesto a Darwin di potergli dedicare il secondo volume (che sarebbe uscito postumo ben 6 anni dopo) è circostanza abbastanza sospetta.
Non che i due non si conoscessero: Darwin con l'evoluzione per selezione naturale aveva fornito la “pistola fumante” per capire i fossili e le forme di vita attuali senza dover passare per forza da una creazione, anche se mancavano, come adesso, certezze su come si sia svolto questo processo nella fase iniziale

È noto che Marx abbia regalato a Darwin una copia autografata della prima edizione de Il Capitale. Non ci sono però prove certe che l'inglese lo abbia letto o, meglio, si può quantomeno escludere che l'abbia finito di leggere perchè risultano aperte le prime 105 pagine sulle 822 del libro e per di più senza un minimo appunto scritto sopra, come sarebbe stato normale per lo scienziato., solito scrivere appunti direttamente sui libri che leggeva Nell'ipotesi che le pagine siano state realmente sfogliate da Darwin stesso si nota quindi un tremendo disinteresse culminato nell'abbandono definitivo della lettura a circa 1/8 dall'inizio.
In seguito Marx si distaccò da Darwin anche a causa di alcuni suoi pensieri. Più fedele al darwinismo rimase Engels

Ma allora a chi aveva scritto Darwin nel 1880? lo hanno scoperto in tre studi diversi ma sostanzialmente contemporanei Levis S. Feuer (is the Darwin – Marx corrispondence authentic? - annals of sciences – 1975) e 3 anni più tardi Margaret A. Fay (Did Marx offer to dedicate Capital to Charles Darwin journal of history of ideas 1978) e, per finire, Ralph Colp Jr. ha ribadito il tutto in “The myth of the Darwin-Marx letter”, del 1982 (in History of Political Economy)

Marx aveva due figlie, una delle quali, Eleanor (1855 – 1898), era la compagna di Edward Ameling (1815 – 1884). Questi era un energico attivista ateo (e poi socialista), che scrisse parecchi lavori in materia, fra i quali un posto di spicco lo ha The student's Darwin, in cui cercava di rendere nota la teoria di Darwin usandola in chiave ateistica. Amering è stato quindi probabilmente il capostipite dei tanti scienziati ed intellettuali che usano l'evoluzionismo come arma contro la religione.
Ebbene era ad Avering, la cui attività era probabilmente a lui ben nota, che Darwin rispondeva. Per qualche motivo questa lettera è finita poi nel corpus marxiano che Eleanor conservava. Da qui è nato l'equivoco.

La cosa quindi, come fa notare Telmo Pievani, è risaputa da un bel po', ma ciononostante qualcuno continua imperterrito a riprendere la stessa questione, una causa persa e sbagliata come tutte quelle in cui i creazionisti si avventurano. Fino a quando non la riporranno fra gli argomenti da non usare nelle loro FAQ.

giovedì 15 luglio 2010

notizie dalla blogosfera - 12 luglio 2010

La periodicità settimanale delle notizie dalla blogosfera mi è un pò difficile, pertanto spero di poter postare ogni 15 giorni. Al solito doveva essere lunedì 12 ma siamo già a giovedì ma comunque comprendo i post delle due settimane precedenti, quindi diciamo che il post è aggiornato a domenica 11 luglio.


Dopo la nuova rivoluzionaria ottica per i telescopi con cui avevo iniziato le “pillole”, ecco una nuova realizzazione dell'università di Firenze: alcuni ricercatori hanno messo a punto un dispositivo innovativo per rilevare la presenza di mine e altri ordigni bellici nel terreno. Lo strumento è l’unico italiano selezionato tra i migliori progetti di utilità sociale per la Summer Science Exhibition di Londra. Ce ne parla “Oggi Scienza”.

Riferendomi alle mie appena espresse considerazioni sui cambiamenti climatici Anthony Watts ci fa vedere interessanti grafici (che ovviamente smentiscono il “raffreddamento globale”)

Nel 1971 alcuni geologi stavano studiando un'area del Turkmenistan ricca in gas. Per cause naturali durante una prova di perforazione il terreno è collassato per cui si è formato un cratere di oltre 50 metri di larghezza. Per evitare problemi fu deciso di incendiare il gas. L'incendio dura ancora a 40 anni di distanza. Leggete tutto su Olelog.


Questa è bellissima: la serpentinite è la roccia dello stato della California (ogni stato americano ha il suo animale, la sua roccia etc etc). Siccome la serpentinite contiene amianto, secondo la senatrice locale Gloria Romero è doveroso che il grande stato americano cambi questa scelta. La notizia mi coinvolge personalmente, dato che ho studiato per la tesi di laurea proprio le serpentiniti dell'Appennino, ma nella preparazione ho letto diversi articoli sulle “mitiche” serpentiniti di Yosemite. Da notare che sempre per la California, l'animale di stato è il Grizzly, per non parlare della Florida, in cui il “rettile dello stato” è l'alligatore. Tutti tipi tranquilli, pacifici ed inoffensivi...
Erik Klemetti distrugge la malcapitata senatrice in maniera molto elegante.
Peraltro geotripper in questi giorni sta proprio descrivendo le serpentiniti californiane in una serie di post

Laelaps invece ci parla di Stephanorhinus hundsheimensis, un rinoceronte ben diffuso in Eurasia, la cui brusca scomparsa pone degli interrogativi.

Due scoperte molto importanti nel campo della paleontologia sono uscite in questi giorni su Nature: per chi non può leggere questo giornale per fortuna la blogosfera ha diffusamente parlato di tutto ciò.
La prima consiste nella scoperta in Gabon di organismi pluricellulari di 2 miliardi di annifa, di comprensione molto difficile. Fra tutti quelli che ne hanno parlato mi pare che quello più chiaro sia questo.
La seconda è quella di un capodoglio miocenico in America Meridionale. Puntuale come sempre Davide Bressan. Probabilmente si nutriva di balene un po' più piccole du quelle attuali. Aggiungo un mio commento: è significativo che oltre a questo capodoglio esisteva pure all'epoca Carcharodon megalodon, un carcarinoide (parente quindi dello squalo bianco) che probabilmente si nutriva anch'esso di queste balene. La scomparsa di questi cetacei in favore di forme più grandi potrebbe aver messo in crisi sia il capodoglio, costringendolo a rivedere la sua dieta in favore di calamari giganti, che lo squalo, il quale addirittura si è estinto.

Per chi vuole conoscere i principi delle datazioni radiometriche (tanto avversati dai creazionisti) consiglio questo esauriente intervento di Gianluigi Filippelli.


Che cosa si può fare quando una prova scientifica rischia di minare le nostre convinzioni? Semplice, ci si tappa occhi e orecchie e si va avanti con la propria idea. Ne parla Oggiscienza, blog dalla produzione immensa (che quindi oggi si "becca" ben due citazioni), in un post sulla percezione della scienza che viene ritenuta spesso inutile da chi ha in testa idee che la contrastano. Viste le mie polemiche con i creazionisti posso proprio dire che è vero.


Infine una intervista a Enzo Tiezzi, per commemorarne la scomparsa. E chiaro che non sono d'accordo su alcuni passaggi del tiezzi-pensiero, ma una figura del genere merita soprattutto un grande rispetto.

domenica 11 luglio 2010

Il dibattito sul clima: i fatti e le ideologie


Torno a dire la mia sulla questione dei cambiamenti climatici. Comincio con il far notare alcune cose.

1. poco meno di un anno fa ho riassunto la storia del clima negli ultimi 20.000 anni. È facile, studiando la questione e andando molto più a ritroso, capire che nell'ultimo milione di anni l'unica cosa costante da un punto di vista climatico è stata.... la variabilità dello stesso, con ritmi e direzioni piuttosto irregolari
2. da questo consegue semplicemente l'ineluttabilità di tali cambiamenti, anche senza intervento umano
3. dire però che la situazione a cui stiamo assistendo in questo momento sia completamente naturale è ben diverso. Partendo da quanto ha scritto Gianni Comoretto nel commento a questo mio post si vede come i cicli solari in qualche modo influenzino la questione
4. d'altro canto è provata una relazione stretta fra quantità di metano e CO2 in atmosfera da una parte e temperatura globale dall'altra. Per l'appunto questi sono fra i gas che in maggior quantità le attività umane immettono in atmosfera (e questa secondo me è la migliore prova dell'influenza antropica sul fenomeno). nella foigura vediamomi dati ricavati dalla celebre "carota Vostok" perforata in Antartide.
5. a questo punto di vista siamo sfortunati perchè le attività umane hanno iniziato a immettere tali gas in uno dei periodi della storia del nostro pianeta in cui la loro concentrazione naturale è straordinariamente bassa: se la stessa quantità fosse stata immessa nel pliocene, con valori di CO2 quadrupli di quelli di adesso l'incidenza delle attività umane sarebbe stata inferiore: la differenza di peso in un cestino aggiungendo 5 pere ad un cestino che ne contiene 10 è nettamente più avvertibile rispetto alla stessa aggiunta in un cestino che ne contiene 30

ESPLORARE LE VARIAZIONI CLIMATICHE

Partendo da queste considerazioni come si possono capire le tendenze climatiche attuali? Vediamo quali indicatori si possono esaminare.

Sicuramente non le temperature cittadine: confrontare i dati di oggi con quelli di un secolo fa così come sono lascia quantomeno perplessi: le città odierne sono sempre più calde rispetto alle zone circostanti, non solo d'inverno, un po' per l'asfalto nero, un po' per le varie attività umane che generano calore: tutte situazioni non esistenti nel passato, anche prossimo. Inoltre la eventuale distruzione di boschi nelle vicinanze aumenta inevitabilmente la temperatura del suolo

Molto migliori sono le indicazioni ricavate dai ghiacciai, che in tutto il mondo, tranne un paio di eccezioni, sono in ritirata. Se continua così non solo entro la fine del secolo non ci saranno ghiacci permanenti al nord ma spariranno diversi ghiacciai, come quelli equatoriali in Africa (Kilimangiaro) e Indonesia (Nuova Guinea) e, con possibili gravi conseguenze per il subcontinente indiano, quelli himalayani.
Anche per quanto riguarda l'Antartide i dati sono veramente allarmanti, basti vedere come la penisola antartica abbia perso una buona parte del manto bianco.

E qui si innesta un altro discorso: essendo bianchi, ghiaccio e neve hanno una albedo fortissima (cioè respingono via una buona parte della radiazione solare). Invece il terreno è spesso molto scuro, per cui al contrario assorbe radiazione solare (provate a mettere due automobili delo stesso modello una bianca e una nera al sole per un paio d'ore e poi guardate la differenza di temperatura interna). Quindi la perdita di ghiaccio consente alla crosta di assorbire più calore, aumentando ulteriormente il riscaldamento.
Vero che un ghiacciaio possa essere in crisi anche a causa di una diminuzione della piovosità, ma non sembra questa la causa (e di sicuro non lo è in Indonesia, dove sul ghiacciaio di Punkak Jaya piove continuamente).

Molto più sicura, anzi la chiamerei la testimonianza più evidente del riscaldamento in atto pr la completa mancanza di spiegazioni alternative (e difficilmente smentibile) è lo spostamento delle fasce climatiche verso nord. Questo è definitivamente acclarato in Nordamerica, dove, come si legge sul numero di luglio di Le Scienze Mattew Sturm ha potuto confrontare lo stato della vegetazione attuale con quello del 1944. Non solo, ma se al nord la foresta boreale è in avanzamento, nella zona meridionale della fascia gli alberi hanno troppo caldo e poca acqua a disposizione per cui Sturm ipotizza che pure la prateria stua avanzando verso nord.

Pertanto tutti gli indicatori climatici sono concordi nell'indicare un trend di forte riscaldamento in atto.
Per questo trovo assolutamente fuori luogo tutti quei (pochi) personaggi che parlano di Terra in raffreddamento come questo.


LE CONSEGUENZE SUL PIANETA E SULLE ATTIVITÀ UMANE

Viviamo un ambiente già profondamente modificato dall'Uomo e che ha visto alterare praticamente tutti i sistemi ecologici, prima solo con armi naturali (caccia, trasformazione del territorio) e poi anche artificiali (con la chimica e la combustione dei combustibili fossili). Secondo alcuni autori già 20.000 anni fa l'Uomo ha provocato delle variazioni climatiche e secondo altri lo ha fatto pesantemente all'introdizione dell'agricoltura.
Fra le conseguenze principali ne scelgo un paio:

1. la modifica delle zone climatiche (e segnatamente di temperature, precipitazioni e umidità) influenzerà pesantemente l'agricoltura, che rimane la principale e insostituibile fonte di sostentamento per una buona parte della popolazione mondiale con l'eccezione di chi vive di pesca (anche chi mangia solo carne alla fine mangia la trasformazione di erbe e quant'altro in muscoli e grassi animali)

2.  l'innalzamento del livello marino provocato dallo scioglimento dei ghiacci: molte delle principali città (quasi tutte quelle portuali, in particolare quelle costruite su coste basse) rischiano di finire sotto il livello del mare. Notare che l'aumento del livello marino amplifica il fenomeno della aubsidenza dei litorali, che oltre a una componente naturale ne ha una artificiale provocata dagli emungimenti delle falde acquifere


LE IDEOLOGIE INFLUENZANO PESANTEMENTE IL DIBATTITO SUL CLIMA

Stabilito che la Terra è “naturalmente” preda di cambiamenti climatici anche repentini e che, con buona pace di Roberto Madrigali (autore dell'articolo linkato), il trend attuale è quello di un forte riscaldamento, resta da vedere quanto di questo fenomeno sia dovuto a cause naturali e quanto a cause antropiche e quali possano essere le sue conseguenze.
Qui le cose si complicano e subentra nei dibattiti una delle cose più deleterie per la Scienza, l'ideologia. Quando l'ideologia pretende di influenzare la Scienza non viene mai nulla di buono e se c'è un dibattito ideologizzato è quello sul clima.

Cominciamo dalle conseguenze: al proposito ci sono due ideologie: 
- la prima è che l'uomo deve rispettare la Terra e la Natura
- la seconda che Dio ha dato la Terra all'uomo per farne quello che vuole.

Per i primi i cambiamenti climatici sono una sciagura, per i secondi una opportunità. Al proposito posso chiaramente capire Sarah Palin e gli abitanti dell'Alaska, dove il clima non è propriamente “caldo e afoso”: il riscaldamento globale faciliterà loro la vita e, in un'ottica di Dio che ha regalato la Terra all'uomo per sfruttarne le risorse, consentirebbe loro di estrarre meglio il petrolio dalle viscere della Terra.

Veniamo alle motivazioni.

Se io sono una persona di cultura ambientalista grido per struttura mentale al mondo industriale bieco, cinico e baro che avvelena la Terra e ne modifica il clima. Ignoro però che le variazioni climatiche naturali esistono o, al limite, le riduco a una percentuale trascurabile della situazione attuale, per me catastrofica

Se io sono una persona di cultura industrialista ecco che rimarco abbondantemente la complessità e le continue variazioni nei trend climatici del passato, negando la validità dell'influenza antropica sul clima.

Quindi un ambientalista è portato a minimizzare per esempio l'effetto climatico delle variazioni di energia che emette il Sole. Mentre un industrialista tende ad esaltarle.

In mezzo c'è la Scienza....

Da ultimo una postilla: come fece vedere Marco F. su Leucophaea, ci sono delle curiose relazioni  fra i negazionisti delle cause antropiche delle variazioni climatiche e i negazionisti dell'evoluzione

venerdì 9 luglio 2010

Un aereo solare che accumula energia anche per muoversi di notte

Solar Impulse HB-SIA è un aereo simile ad un aliante che ha volato consecutivamente per 26 ore e 9 minuti. Ma perchè scomodarsi a rimarcare un simile avvenimento? Perchè Solar Impulse HB-SIA, costruito in fibra di carbonio (pesa 1.600 kg per una apertura alare di oltre 60 metri, quella di un Airbus A340), è mosso da 4 motori elettrici alimentati da celle solari (per confronto il classico Piper Cherokee, il tipico aereo da turismo degli anni 60, pesa 500 kg per 9 metri di apertura alare).
Durante il volo ha raggiunto una velocità massima di 68 nodi (125 km/h), mentre il valore medio è risultato di 23 nodi (42 km/h) e l'altezza massima toccata è stata di 9564metri slm.
Decisamente questi valori non sono allo stato attuale interessanti per l'aviazione civile ma la novità è che le oltre 10.000 celle solari a bordo dell'aereo sono riuscite di giorno a produrre l'energia necessaria per il movimento dell'aereo anche di notte.
Il team, che opera in Svizzera, è capitanato da Bertrand Piccard, che ha all'attico anche la prima circumnavigazione del globo con una mongolfiera.
Che questo progetto sia considerato serio, lo dicono i nomi dei suoi sponsor principali: la multinazonale della chimica Solvay, la Omega, marchio di orologi di proprietà della Swatch e la Deutsche Bank, pronti fra tutti a mettere sul piatto una novantina di milioni di euro.
Le celle solari, oltre 10.000, sono collocate nelle ali
il prossimo obbiettivo del team di Solar Impulse è quello di attraversare l'Atlantico con un modello strettamente derivato dall'aereo attuale.

Aspettiamo l'evento e intanto ci godiamo un nuovo record in fatto di trasporti non inquinanti e ci rendiamo conto una volsta di più che la ricerca scientifica e tecnologica è determinante per il futuro di un Paese. E ancora una vollta vediamo come le (eventuali) ricadute pratiche e guadagni di una ricerca possono essere realizzati in tempi non immediati

mercoledì 7 luglio 2010

La scomparsa del professor Enzo Tiezzi, uno dei padri del concetto di "sviluppo sostenibile"

Internet è fondamentale per assicurare la circolazione di notizie che i media ufficiali non lanciano. Se fosse stato uno scrittore di quarto ordine, un filosofetto o un attore probabilmente la notizia sarebbe passata dappertutto, telegiornali compresi. Invece in questo caso niente. E allora, come blogger scientifico, anche se non sono mai stato un “ambientalista” puro (anzi, proprio perchè all'ambiente ci tengo spesso sono stato in duro contrasto con l'ambientalismo e gli ambientalisti), mi sento in dovere di commemorare uno dei più incisivi scienziati italiani della seconda metà del XX secolo, Enzo Tiezzi, fisico ma soprattutto ambientalista scomodo e geniale, scomparso il 25 giugno scorso a Siena,
Enzo Tiezzi, classe 1938, era ordinario di Chimica Fisica presso l'Università di Siena e uno scienziato ambientalista di fama mondiale.
Negli anni ottanta è fra i protagonisti, unico italiano, di un gruppo internazionale di 25 scienziati che insieme al grande economista ambientalista Herman Daly nel 1984 gettarono le basi del concetto di sviluppo sostenibile e delle sue applicazioni future, in una serie di incontri culminati nella collaborazione con la Banca Mondiale e con l'ASPEN Institute negli Stati Uniti, E' quindi uno dei precursori del concetto di sviluppo sostenibile e di una moderna cultura ecologista, nonché uno dei padri dell'ambientalismo italiano.

Nella sua poliedrica attività Enzo Tiezzi si è appassionatamente impegno per gettare un ponte tra cultura scientifica e cultura umanistica, tra ecologia ed economia, in sintonia con personalità come Edgar Morin, Elya Prigogine, Herman Daly, Barry Commoner e altri.
Tra i tanti riconoscimenti italiani ed internazioni che ha avuto (anche in materie economiche!) cito quello del 2005, la medaglia d’oro Prigogine, una sorta di premio Nobel dell’ambientalismo, presso l’Università di Cadice.

Colpisce molto che Enzo Tiezzi ci abbia lasciato proprio mentre da un lato la crisi ambientale globale si fa sempre più grave - a cominciare dai cambiamenti climatici - ma dall'altro, per fortuna, sembra finalmente prendere corpo attraverso la rivoluzione della green economy quella svolta verso un nuovo modello economico che, se accompagnato da una svolta anche negli stili di vita e nella concezione stessa del benessere, potrebbe dare all'umanità nuove ragioni di fiducia nel futuro.
Se ne va pertanto, circondato dal silenzio della stampa, un grande scienziato che ha speso tutta la sua vita per difendere il diritto delle generazioni future ad abitarlo.
Cito da Aspo Italia questa nota del professor Bardi:
L'essenza del pensiero di Tiezzi credo che si riassuma in una sua frase, "non sarà superfluo ricordare che non può esistere una crescita infinita su un pianeta finito" che troviamo nel libro che scrisse, insieme con la moglie, Nadia Marchettini, "Le Basi scientifiche della sostenibilità" (Donzelli 1999). E' un concetto semplice, ma che è profondamente ingranato in tutto quello che sappiamo di scienza e che - purtroppo - viene sempre dimenticato da quelli che prendono le decisioni a livello di governi. Il fatto di ignorare questi principi di base è una delle cause dei tanti guai che ci affliggono.

Tristi considerazioni sulla politica in fatto di scienze, ricerca e ambiente

Ovviamente Scienzeedintorni è scritto da una persona che ha proprie idee politiche, ma in generale questo settore esula dalla mia linea editoriale perchè la Scienza non dovrebbe essere né di destra né di sinistra.
È altrettanto ovvio che chi governa proprio perchè è al governo si espone per definizione alle critiche di chi, almeno su un particolare argomento, non la pensa allo stesso modo delle direttive governative.
D'altro canto gli ultimi sviluppi della situazione italiana mi costringono a parlare di questo perchè le ricadute sulla ricerca scientifica e sull'ambiente dell'azione del governo mi paiono piuttosto tristi al proposito (stando alle notizie, la nuova legge finanziaria continua sulla stessa linea). Dopodichè, per par condicio, dico che pure all'opposizione non mi pare ci siano grandi idee....

Cominciamo con alcune osservazioni:

Enrico Bellone, come sempre molto puntuale, sul numero di luglio di “Le Scienze”, dice alcune cose che meritano una certa attenzione.

1. Si discute su tagli per 24 miliardi di euro, quando c'è il programma di acquistare 121 aerei da caccia, 131 cacciabombardieri F35 e 100 elicotteri per un totale di 29 miliardi. Mi chiedo se con qualche taglio a questo capitolo di spesa un po' di eurucci potrebbero essere risparmiati e su questo mi pare che l'opposizione taccia.

2. La Merkel ha escluso dai tagli di una manovra di 80 miliardi di euro, anche se spalmati in più anni, solo 3 settori: ricerca & sviluppo, istruzione e pensioni, che invece nella finanziaria e nella politica generale del nostro governo sono stati piuttosto massacrati (L'opposizione su questi argomenti fa più rumore, ma  in fatto di finanziamenti alla Ricerca non ha poi la coscienza proprio limpidissima)

Sull'innovazione e sulle sue ricadute positive avevo già scritto un post oltre un anno fa. Oggi, oltre alla rivoluzionaria ottica per i telescopi terrestri e al radar salvauomo contro le mine, entrambi realizzati a Firenze, sempre Le Scienze di questo mese parla della NicOx, azienda hi-tech con base a Bresso (Milano), leader mondiale nel settore dell'ossido nitrico in campo medicale. Purtroppo in questo caso per avere i capitali i ricercatori italiani sono dovuti andare in Francia e il sito, internet è solo in inglese e francese e dell'Italia parla ben poco...
una piccola annotazione: a dimostrazione che la ricerca pura non dà ricadute immediate, si parla di questa molecola da quasi 20 anni e le applicazioni pratiche cominciano ora.....

Riporto una frase del libro “incubi diurni” di Carlo Bernardini (Laterza) citata da Bellone stesso: “tagliare i canali di promozione delle competenze o delle attività scientifiche è una sorta di trogloditismo politico”.
Non sarebbe meglio incidere sui costi della politica? Per esempio, PDL e Lega Nord hanno respinto in parlamento una proposta del PD per la riduzione delle “auto blu”. Vedremo comunque se questa idea era solo strumentale: basterà controllare se negli enti locali amministrati dal PD tali mezzi diminuiranno.

Veniamo ora alle politiche ambientali. Dare un giudizio fallimentare a questo governo, anche senza il nuovo condono edilizio che per fortuna sembrerebbe messo da parte (comica l'idea di chiamarlo con termini tipo “emersione di edifici sconosciuti al catasto”) è facile. Oppure senza quella di dare la possibilità ai VIP di andare con la barca all'isola di Montecristo (pagando un salato pedaggio per finanziare i parchi).
Sostenere che i cambiamenti climatici non esistono e se esistono hanno effetti benefici e che comunque non sono attribuibili ad attività umane e che, infine, ogni sforzo di riduzione delle emissioni sarebbe antieconomico è un'altra cosa che non può assolutamente trovarmi d'accordo. Continuo a sostenere che ci sia anche una componente naturale in tutto ciò, ma esentare del tutto la razza umana dalle colpe in materia è aberrante. Purtroppo la frase “pensare all'ambiente in un periodo di crisi è come quella signora ammalata di polmonite che va dal parrucchiere per farsi una messa in piega" è stata davvero pronunciata.... Frase tollerabile se sentita in un "Bar sport" di paese, non è tollerabile se pronunciata da un politico con grandi responsabilità.

Vedere dappertutto tranne che da noi incentivare la green economy, che porta diversi posti di lavoro, è triste, come lo sarebbe la scomparsa della detrazione fiscale del 55% dei costi sostenuti per ristrutturazioni edilizie che assicurino un maggiore efficienza energetica delle case (nei primi due anni di vita ha permesso un risparmio di 2 Gwh!), per non parlare della scomparsa dell'obbligo per i gestore della rete di acquistare i “certificati verdi”. Quanto all'energia in generale, ostacolare in Puglia (e anche altrove...) per motivi estetici le pale eoliche e permettere le trivellazioni per la ricerca di petrolio nella zona delle Tremiti lascia perplessi (ora però, a causa del disastro del Golfo del Messico la cosa è un attimo in stand-by, come fu messa da parte la semplificazione delle regole costruttive in zone sismiche a causa del tragico terremoto abruzzese)

Sul nucleare non ho ancora sentito nessuno, a livello governativo, parlare del problema delle scorie che le nuove centrali produrranno (sempre ammesso che vengano effettivamente costruite).
In ogni caso, per realizzare il programma servirebbero almeno 30 miliardi per arrivare a produrre il 25% di energia elettrica, cioè appena il 5-6% del totale dell'energia che consumiamo. E senza la garanzia di realizzare alcun risparmio nella bolletta per cittadini e imprese e, anzi, dovendo probabilmente imporre un prezzo fisso all'energia, in modo da garantire i ritorni alle aziende produttrici, in barba a qualsiasi legge di mercato. A questo aggiungiamo il voler imporre con la forza una scelta che i cittadini ovviamente non gradiscono e prevedendo persino l'uso dei militari per proteggere i siti che le aziende, non la collettività, sceglierebbero per far sorgere le centrali.
E' vero che a questo modo si produrrebbero 10.000 posti di lavoro, ma se pensiamo che in Germania nel settore delle energie rinnovabili lavorano oltre 250 mila persone il confronto si fa impietoso

Fra le altre perle, infine, cito quella di rinviare ulteriormente il divieto di produzione e commercializzazione dei sacchetti di plastica non biodegradabili.

Ma non è che dall'altra parte l'ambiente e la green economy siano poi così esaltate: certo, non ci sono posizioni così estremistiche sulla negazione degli effetti antropici sul clima (per contro un po' di nuclearisti nelle file del centrosinistra ci sono).

Ma che in 19 pagine della relazione di Pierluigi Bersani all'assemblea nazionale del PD del 22 maggio 2010 la parola “ambiente” compare solo una volta, come “innovazione” nel senso inteso in questo post, “ricerca” e “ricercatori” e mai lo facciano la parola “scienza” e “green economy”, non è certamente positivo.

lunedì 5 luglio 2010

Nuove scoperte sull'acqua marziana

Genericamente si può dire che Marte presenti due emisferi molto diversi: più ricco di pianure e con una bassa altitudine quello settentrionale, molto più complesso ed elevato quello meridionale. In questo momento la teoria più accettata per spiegare il fenomeno è quella di un impatto massiccio ad opera di un oggetto molto grande: in pratica l'emisfero settentrionale conserverebbe le tracce di un immenso cratere da impatto.

Fondamentalmente la presenza di acqua su Marte si può dedurre da diversi aspetti geologici e geochimici, che cito in un ordine assolutamente casuale, non essendoci fra loro un aspetto più importante dell'altro ma essendo tutti fenomeni che, analizzati, portano allo stesso risultato:

- sia i satelliti che i rover hanno fotografato forme tipicamente dovute ad erosione. Potrebbero essere dovute al vento? Non sempre: alle volte la presenza di acqua è l'unica spiegazione possibile. Anche sulla terra in zone desertiche il principale agente erosivo continua ad essere l'acqua, durante le occasionali piogge
- In alcune situazioni sembra di vedere bene una linea di costa attorno ad alcuni laghi e, soprattutto, delle formazioni deltizie
- I rover hanno poi attentamente esaminato rocce sedimentarie stratificate e la loro presenza è un altro indizio importante
- da ultimo, è stata notata la presenza di minerali di alterazione di altri minerali preesistenti, la cui formazione non solo è incompatibile con l'attuale chimismo dell'atmosfera marziana, ma che possono solo formarsi in ambiente umido.

A questo aggiungiamo che la presenza anche attuale di una certa quantità d'acqua su Marte è nota.

Gli indizi della presenza molto più abbondante in un lontano passato di questa sostanza sono ormai molti e difficilmente discutibili. Sempre parlando delle differenza fra i due emisferi, anche la distribuzione dei minerali idrati sembrava limitata a quello meridionale. Ma la notizia del giorno è che finalmente è diventato evidente come ci siano tracce delle stesse condizioni anche nell'emisfero settentrionale. La cosa appare abbastanza logica visto che personalmente mi lasciava perplessa la presenza di minerali idrati solo nelle zone topograficamente elevate della parte meridionale del pianeta.
La notizia è appena acomparsa in un lavoro su Science. Sia la sonda europea Mars Express che quella americana Mars Reconnaissance Orbiter hanno rilevato la presenza di silicati idrati nell'emisfero settentrionale. Gli scienziati erano convinti che le spesse coltri laviche di quest'area siano più recenti del periodo “umido” e quindi semplicemente coprono le vestigia di quel periodo. Marte, come ogni corpo tettonicamente inattivo però ha un buon sistema per tentare di rilevare cosa ci sia sotto la superficie: i materiali crustali scagliati fuori dagli impatti meteoritici, i cosiddetti “ejecta” che circondano i crateri da impatto.
Per questo sono state scelte oltre 90 strutture del genere e in 9 di queste fra gli “ejecta”sono stati osservati silicati idrati ,
I minerali in questione si sono sicuramente formati in un ambiente superficiale o a leggera profondità entro il terreno, contraddistinto da forte umidità. Il chimismo è lo stesso di quelli rilevati nell'emisfero sud e pertanto le condizioni erano le stesse.

Quindi, come dice John Carter, della Università di Parigi, che è il primo autore dell'articolo di Science, “ormai possiamo affermare che più di 4 miliardi di anni fa su Marte erano ben diffusi meccanismi di alterazione delle rocce messi in atto da acqua allo stato liquido”.
Qui ci sono due ipotesi diverse: Carter sostiene che con ogni probabilità non esistevano oceani di tipo terrestre, ma solo dei bacini poco profondi, forse collegati fra loro. Secondo invece un articolo pubblicato su Nature Geosciences (anche questo pochi giorni fa!) D'Achille e Hynek, analizzando latopografia dei depositi deltizi sostengono la presenza nell'emisfero settentrionale marziano di un vasto e profondo bacino oceanico.
Faccio una annotazione: la definizione di oceani sulla Terra prevede che si possano definire così solo i mari il cui fondo è costituito da crosta oceanica non disturbata, composta da serpentiniti, gabbri e basalti. In altre parole, l'Atlantico è un oceano, come il Tirreno, mentre il mare del Nord o l'Adriatico sono dei “mari” e non degli oceani. Oggettivamente, non so quanto tale definizione si confaccia a proposito del pianeta rosso.

Tornando a noi, vera l'una o l'altra a scelta, la situazione “umida” è perdurata al massimo per poche centinaia di milioni di anni (e infatti le colate laviche soprastanti non sono alterate, anche se c'è chi sostiene che pure esse sarebbero state coperte per un po' di tempo da un mare non molto profondo): circa 3 miliardi e mezzo di anni fa per un motivo sconosciuto Marte ha perso acqua e atmosfera. Pertanto l'acqua o è evaporata o è rimasta intrappolata dentro il suolo, dove ne esistono ingenti quantità.
Nell'emisfero meridionale in particolare possiamo vedere ancora oggi tutto questo perchè, a differenza della Terra, sul pianeta rosso i processi tettonici si sono disattivati molto presto e quindi la situazione si è congelata (per confronto, sono estremamente rare sulla Terra rocce di età superiore al miliardo di anni, un'età che è un quarto di quella stimata per questi minerali di alterazione).

Questa scoperta potrà avere nei prossimi decenni dei risvolti pratici importanti: i siti dove sono presenti i silicati idrati sono quelli più idonei a trovare tracce di vita passata e soprattutto questa scoperta allarga il campo di dove è possibile trovarne le tracce, che prima era teoricamente limitata all'emisfero meridionale.