venerdì 16 aprile 2010

comunicare la Scienza in italia. Perchè è difficile?

Gianluigi Filippelli di ScienceBackstage in questo momento è impegnato in un workshop dal titolo “comunicare fisica”. Ha chiesto a diversi blogger di scrivere qualcosa sulla comunicazione scientifica. Anche se notoriamente la fisica per me è una materia un po' indigesta (se si toglie quella “di base” ) rispondo volentieri all'invito, incentrando la cosa restando sulle generali o intervenendo su argomenti che tratto su “scienzeedintorni”.

C'è da chiedersi se il grande pubblico voglia comunicazione scientifica o no. Fondamentalmente direi di si, se programmi come Superquark sono collocati in prima serata.
Però accanto a trasmissioni molto valide ce ne sono altre molto meno valide: vedere denaro pubblico investito in programmi come Voyager grida vendetta. Ripeto qui un commento da parte di una professoressa al mio post su questa trasmissione: Sono insegnante di scienze delle medie, non ho visto il programma, ma me ne hanno parlato i miei alunni di 12 anni.I ragazzi avevano bevuto tutto come oro colato. Non si scherza con questi argomenti, posso dire che la televisione pubblica con questi programmi danneggia gravemente la cultura scientifica (se c'è mai stata in Iatlia). Inutile farsi illusioni: nonostante la discussione in classe, i ragazzi continueranno a credere a quanto ha detto la TV.

Per quanto riguarda le notizie l'impressione è che l'informazione e la comunicazione scientifica rimangono fini a se stesse per il mondo “esterno” nel senso che quotidiani e rotocalchi se ne occupano solo in occasione di alcuni fatti ma in genere non trattano il settore con sistematicità, almeno in Italia.
E soprattutto, oltre che in quantità, in tutti i media generici – cartacei, via etere o on-line che siano – c'è oggettivamante una bassissima qualità delle notizie. Non è un problema solo italiano ma nel raffronto fra il modo in cui trattano fatti scientifici i media americani o inglesi e quelli italiani spesso si evidenzia una differenza abissale, figlia della bassa alfabetizzazione scientifica di chi redige gli articoli.
Quella stessa bassa alfabetizzazione scientifica grazie alla quale in Italia si generano le paure più irrazionali o le voci (pare molto fondate, purtroppo) di iscrizione nel registro degli indagati per omicidio colposo a carico di Enzo Boschi che avrebbe sottovalutato gli effetti premonitori del terremoto abruzzese di un anno fa.

Un altro esempio classico sono le cellule staminali, dove si fa un can-can mediatico terrificante sulla questione morale quando è stato dimostrato che quelle embrionali servono solo per la ricerca (e sono ottenibili in modo eticamente corretto) mentre per curare gli adulti le cellule embrionali non solo non servono, ma sono pure dannose.

Un grosso problema dello scienziato è che è abituato a parlare dei suoi argomenti con persone che lo capiscono perchè hanno lo stesso background intellettuale. E spesso difetta nel comunicare chi non è del settore. Maggiore prova non può esserci che esaminare nelle pubblicazioni – specie se “di nicchia” – alcuni titoli che spiazzano quasi totalmente chiunque abbia delle conoscenze marginali su un certo argomento. Inoltre molti lavori scientifici sono scritti davvero male.
C'è da chiedersi perchè succede questo. Solo perchè da parte di chi redige un articolo c'è la convinzione che quanto scrive non interessa ad altri se non ad esponenti della propria branca? C'è forse la supponenza di dare per scontate delle cose che scontate non sono? Fa semplicemente fatica scrivere più chiaro? Oppure comunicare la scienza è molto più difficile che comunicare materie umanistiche? E via discorrendo...
Quindi gli uomini di Scienza devono imparare a comunicare di più (e ad avere  la voglia di farlo!!), ma soprattutto meglio perchè una migliore comunicazione porta fatalmente anche all'aumento delle occasioni per farlo. Soprattutto occorre interessare chi legge.
Ne ho parlato ieri sera con degli amici in margine ad un incontro di “caffèscienza”, un luogo in cui gli scienziati incontrano il pubblico. C'è la sensazione che spesso manca proprio la “voglia” di comunicare al grande pubblico.

Troppo spesso le Scienze sono considerate cose “difficili” e lo scienziato viene visto come un personaggio strano, chiuso in se stesso. Probabilmente oltre alla mancanza di voglia c'è anche la tristezza di essere considerati una cultura di serie b, una reazione alla condizione specifica del nostro Paese, in cui a causa dell'impronta tipicamente umanistica voluta da Croce e Gentile e mantenuta ancora oggi dai loro epigoni, in cui la Cultura con la “C” maiuscola è quella Letteraria / Storica / Artistica mentre la scienza e la tecnica sono culture minori (iniziali maiuscole e minuscole non sono assegnate in maniera casuale).

Certo non è facile parlare della Teoria delle Stringhe (anche io evito semplicemente di leggere cose su questo argomento....) ma fisica, astronomia, chimica, scienze della Terra e della vita hanno sicuramente tutte degli argomenti generali che possono essere compresi da tutti.
Sapere le cose non vuole dire saperle comunicare e lo si vede anche a scuola e all'università, dove alle volte un docente preparatissimo in qualche modo non riesce a comunicare la sua esperienza e il suo sapere all'aula. Questo avviene in tutti i campi ma la cosa si rende più evidente quando si insegnano materie scientifiche. Figuriamoci se si deve comunicare ad un pubblico “generico”

Veniamo a Internet. Ho sempre sostenuto che la Rete è ottima per informarsi, ma che per formarsi servono sempre i cari e vecchi libri. Ma devo dire che proprio grazie alla fioritura di siti scientifici più o meno specializzati(caratteristica importante della comunicazione scientifica nell'ultimo decennio), internet ha accresciuto di diversi ordini di grandezza la capacità di circolazione più che delle idee, della cronaca scientifica quotidiana. Limitandomi all'ambito della mia laurea, le Scienze della Terra, vedo in tempo reale i terremoti sui siti del nostro INGV e del Servizio Geologico degli Stati Uniti, la situazione meteo, grazie a Erik Klemetti so tutto sull'attualità vulcanica, e collegandomi a diversi siti scientifici ho come un quotidiano di notizie scientifiche, cosa impensabile fino a pochi anni fa.
Però anche in rete bisogna saper scegliere i siti giusti: le bufale sono 2vendute” alle volte meglio di cose serie....

Semplificando, questo, il mitico "olelog" e gli altri blog che circolano in rete (come proprio Science Backstage) sono proprio figli di questa fioritura e dipendono molto dalla Rete e dalle notizie che vi scorrono. Non solo, ma anche la comunicazione fra i blogger è un fenomeno molto interessante, soprattutto però in termini di crescita personale di ciascuno. Ma se il blogger non avesse una preparazione scientifica adeguata non avrebbero il minimo significato.

1 commento:

PiT ha detto...

Solo per un motivo, vorrei che si avverassero le "profezie" del 2012, per vedere sprofondare giocobbo e le sue castronerie nella parte più profonda della crosta terrestre.
Con "Voyager" sta facendo dei danni incredibili, sempre più spesso, trovo persone discutere animatamente su ipotesi dettata da Voyager, io cerco di spiegare che in quello che dice non c'è alcuna prova scientifica, ma gli Italiani per la stragrande maggioranza, purtroppo, sembrano credergli.