domenica 31 gennaio 2010

Energia eolica per la ricerca scientifica in Antartide

Il 16 gennaio è stato un giorno molto importante sia nella storia dell'Antartide sia in quella dell'energia. Sull'isola di Ross è stata inaugurata la seconda centrale eolica del continente: tre turbine alimenteranno due importanti basi di ricerca in Antartide, quella statunitense di Mc Murdo e quella neozelandese di Scott. Contemporaneamente il generatore a olio combustibile della Scott è stato spento.

L'energia è uno dei problemi più importanti che devono essere affrontati in una spedizione nel Continente Bianco. Lontani da qualsiasi area di approvvigionamento e con la ovvia necessità di energia, anche solo per riscaldare le basi e mandare avanti la strumentazione scientifica, fino ad oggi la soluzione è sempre stata quella di generatori a combustibili fossili.

Anzi, non sempre.
Non tutti sanno che proprio la base di Mc Murdo era stata rifornita di energia da un reattore nucleare. Autorizzato dal Congresso degli Stati Uniti nell'agosto del 1960, questo impianto fu affidato alla Marina americana e divenne operativo nel 1962. Aveva una potenza di 1,8 Mw. Sembra una tempistica sorprendente, ma in realtà quando il congresso ne approvò la costruzione, il progetto era già pronto da svariati anni. 
Il reattore fu poi smantellato a partire dal 1972. 10 anni di funzionamento per un impianto nucleare sono davvero pochini, ma il motivo è stato sostanzialmente il fallimento del progetto. Il tutto fu fermato da problemi di corrosione, perdite di radioattività e interruzioni di funzionamento. Quindi, giudicandone troppo onerosa la necessaria manutenzione, fu presa la decisione di smantellare ogni cosa. I materiali sono tornati negli USA, assieme a 11.000 metri cubi di terra radioattiva. Non ho notizie sulla presenza di radioattività residua in zona.  La conclusione di questa vicenda ha comunque impedito la costruzione di altri esemplari del prigramma: un'altro a Mc Murdo, uno alla stazione Byrd e un terzo addirittura alla Amundsen - Scott, la stazione costruita in mezzo al continente, proprio al polo sud. 

Da allora i combustibili fossili hanno rappresentato l'unico sistema di produzione dell'energia in loco. E' chiaro che tale scelta non sia in linea con i proclami di mantenere l'ambiente antartico con le sue caratteristiche preesistenti all'arrivo dell'uomo. Questo perchè ovviamente il combustibile va trasportati sul posto, con i conseguenti costi energetici di trasporto e di strutture per lo stoccaggio, di costi ambientali (le emissioni di gas in atmosfera) e perchè con i combustibili fossili si sfrutta al massimo il 20% dell'energia disponibile teorica: quando producendola direttamente dal vento la resa è dell'80% (con l'esclusione della produzione di calore). 

Affrontare in maniera ambientalmente corretta il problema dell'energia in Antartide significa trovare una fonte rinnovabile e che sia disponibile sul posto: anche le biomasse sono energia rinnovabile ma un conto è emettere CO2 nelle zone dove sono state coltivate quelle biomasse sapendo che la crescita di nuove piante ne sequestrerà la CO2, un altro è farlo in zone dove di biomasse non ne crescono. E poi il combustibile va lo stesso trasportato. 
L'energia solare non va certo bene per il lungo e buio inverno polare e in estate la luce non è molto potente, anche se basta orientare in modo giusto gli specchi per migliorarne la potenzialità: gli australiani hanno realizzato nella base Davis degli impianti solari per la produzione di acqua calda, decisamente quelli più meridionali che si conoscano... Li vediamo in foto.

Restava il vento, che da quelle parti è decisamente disponibile in quantità industriali. Mi sono già espresso in maniera molto entusiastica sulle possibilità dell'eolico e ci credo veramente, pur se anche le pale hanno qualche controindicazione ecologica
Ed è quello che è stato fatto.
Il primo progetto è quello della stazione australiana di Mawson, entrata in servizio nel 2003, dove comunque i generatori diesel integrano sempre le necessità: l'eolico arriva a poco meno del 60% del fabbisogno. E' significativo che, tanto per fare un esempio, a dicembre 2009 quella base grazie all'eolico abbia risparmiato quasi 30.000 litri di carburante, evitando contestualmente l'immissione in atmosfera di 74 tonnellate di CO2.
Visti gli ottimi risultati australiani, nel 2005 è partito il progetto di americani e neozelandesi. Le basi Scott e Mc Murdo sono molto vicine fra di loro e anche per questo la collaborazione logistica fra le due nazioni è sempre stata elevata. Non solo, ma con un unico impianto servi due basi al prezzo di una. L'inaugurazione, prevista per il febbraio 2010 è stata addirittura anticipata di un mese.
Le difficoltà logistiche affrontate sono state ovviamente notevoli. La costruzione è avvenuta in due estati diverse: nella prima sono state montate le basi, nella seconda le pale. I manufatti, di origine tedesca, sono arrivati via nave.

Le tre turbine eoliche di 33 metri di diametro, con la colonna alta 40 metri sono capaci di fornire 330 KW/h di energia elettrica. Finanziate quasi interamente dalla Nuova Zelanda nel quadro di una joint-venture fra le due nazioni, alimenteranno per quasi il 100% le necessità della base Scott e il 15% della Mc Murdo, con un bel risparmio di combustibile e evitando le emissioni dovute alla combustione. Si parla di oltre 430.000 litri di carburante e più di 1300 tonnellate di CO2 non emesse all'anno.
Se l'impianto si dimostrerà valido sono in programma altre turbine per eliminare definitivamente o quasi dalla dipendenza del petrolio anche la base americana e questo costituirà un nuovo successo dell'energia eolica, rafforzato dalle condizioni estreme di freddo e di salsedine dell'area.

Per quanto riguarda la collocazione delle future turbine, c'è da fare molta attenzione a causa della presenza in zona di strumenti molto sensibili per misurazioni atmosferiche.

Indubbiamente la copertura totale del fabbisogno energetico della ricerca scientifica in Antartide mediante le rinnovabili è un obiettivo ambizioso, ma percorribile. Di sicuro mette in gioco diversi fattori, fra i quali l'affidabilità dei componenti. E servirà molto per aumentare l'autorevolezza dell'eolico fra le varie fonti di energia.

sabato 30 gennaio 2010

Fratus scrive sul mio blog che mi ha risposto, ma forse censura la mia risposta sul suo blog!

EDIT: RISPOSTA INSERITA, MI SCUSO
Avrei voluto proseguire con altre cose, ma mi tocca parlare di nuovo di evoluzionismo e creazionismo.
Questa è una cosa un pò antipatica. In un precedente post avevo commentato uno scritto di Fabrizio Fratus, Nomenclatura intellettuale ignorante su scienza e filosofia, in cui lui se la prende al solito con gli scienziati che sono prevenuiti contro la Bibbia e quindi non vogliono capire che la verità è il creazionismo.
Fratus mi ha risposto sul suo blog "antidarwin", avvisandomi con grande correttezza, e immediatamente gli ho risposto sul suo blog. Ma siccome lui ha attivato la moderazione dei commenti, (cosa che io non ho fatto per scelta personale), a tutto stasera venerdì la risposta non compare sul suo blog.  Delle due l'una: o non ha controllato il post o non ha gradito le mie smentite su quello che dice.

Riporto qui il link per chi lo volesse leggere completo. 

Cito alcune parti:

Per oltre 150 anni si credeva che l’attuale crosta terrestre si sia formata nel corso di molti milioni di anni, mediante gli stessi processi di erosione e sedimentazione  osservabili ora. Questa idea, chiamata “uniformismo” era contrapposta al “catastrofismo” che tradizionalmente si ispirava al diluvio universale.
La frase si commenta da se, ma prepara quella che per lui è la "bomba" successiva:
Nel 1923 un giovane geologo, Harlen Bretz, descrisse vaste zone nel Nord America, la cui formazione si poteva spiegare solo con un’inondazione – vero e proprio diluvio – di proporzioni inimmaginabili. Fu ovviamente deriso, ma dopo 40 anni e ulteriori spedizioni sul campo, fu trovata anche la probabile fonte dell’acqua – l’antico lago Missoula. Così il “catastrofismo” ha guadagnato cittadinanza tra gli scienziati e il pubblico.
Bene questo successe nel 1923. Sono passati da allora 87 anni.  E i sedimenti sono stati studiati con molta attenzione.

L'evento si svolse verso la fine dell'ultima glaciazione: postumi della deglaciazione.

E qui cito il punto 1 della mia risposta: in realtà non si è trattato di un singolo evento, come invece successe per il lago Agassiz (mi perdonerete l’autocitazione). Ovviamanente i sedimenti in questione sono stati studiati molto dettagliatamente e è venuto fuori che il fenomeno sui è ripetuto più volte: ci sono infatti intercalati a più riprese prodotti vulcanici e tra una mandata e l’altra si notano evidenze di interruzione della sedimentazione per diversi anni. 

Aggiungo una postilla: le inondazioni a più riprese sono dovute alla rottura di una diga di ghiaccio, come successe per il lago Agassiz. Solamente che il lago non si è svuotato una volta per tutte ma lo ha fatto periodicamente e la diga si è rotta in più punti diversi.
Quindi niente catastrofe singola, ma una serie di alluvioni.  
e qui il punto 2 della mia risposta:
Sostenere che così il “catastrofismo” abbia guadagnato cittadinanza tra gli scienziati e il pubblico è completamente inesatto. Almeno per i tempi più recenti. Negli anni 20 può darsi. Mi trovi nella letteratura scientifica degli ultimi 30 anni (qualificata e scritta da scienziati, ovviamente, non da creazionisti su siti creazionisti…) un articolo che lo dimostri.

La cosa simparica è che la loro cosiddetta scienza della creazione si rifà alle teorie catastrofiste che hano perso ogni validità alla metà del XIX secolo... Cion questo, non si può negare che ci sia stata qualche catastrofe o, meglio, qualche evento più estremo. Ma da qui a parlare del Diluvio universale ce ne corre... Ed inoltre l'evento (o, meglio, gli eventi) a cui fa riferimento Fratus, hanno influenzato solouna piccola parte dell'Ameroica Settentrionale.Invece la fine del Lago Agassiz ha avuto rosvolti climatici planetari.

Poi si passa alla biologia:
La teoria scientifica dell’evoluzione biologica dovrebbe spiegare il "meccanismo" di un fenomeno: la supposta trasformazione dei viventi dal microbo all’uomo. In questo senso ci sono tante teorie: sicuramente non meno di 14 per quanto riguarda l’origine della vita, poi per la trasformazione delle specie una nell’altra abbiamo il darwinismo classico, il neodarwinismo, la teoria sintetica, la teoria degli equilibri punteggiati, la Evo-Devo e infine quella del Big Bang biologico. È vero che i sostenitori delle diverse teorie criticano tutte le altre, mentre sostengono l’evoluzione. Ma a questo punto l’evoluzione non è più una teoria scientifica, ma un’idea o una metastoria. Gli scienziati evoluzionisti quindi l’idea e basta: sono d’accordo che l’evoluzione c’è stata, anche se non sanno come è avvenuta. La maggior parte degli scienziati sono soddisfatti con la spiegazione darwiniana, ma una piccola parte non lo sono. Il mio lavoro non è di imporre il pensiero dei “dissidenti” come unico, ma di informare il pubblico della loro esistenza e dei limiti del darwinismo.

E' vero che le vicende che hanno portato all'origine della vita sono ancora dibattute. Ma se questo spinge i ricercatori a cercare di scoprire come è successo, dall'altra parte questo viene considerato una debolezza. Ed ecco il punto 3 della mia risposta:

Certamente che c’è dibattito, alle volte un pò aspro. Ma quello che forse non Le è chiaro è che il dibattito si basa soprattutto su questioni di velocità dei cambiamenti. Ma che il meccanismo fondamentale dell’evoluzione siano sostituzioni, raddoppi, elisioni etc di basi o di interi segmenti del DNA non lo mette in dubbio nessuno.
Ecco, secondo me, (non se la prenda, mi raccomando…) è ai creazionisti che mancano le basi scientifiche. E difatti nelle sue file vediamo giornalisti, filosofi, teologi, sociologi, dottori in legge, lettere archtettura etc etc. Ma di laureati in discipline tecniche nelle vostre fila ce ne sono pochissimi e di laureati in discipline scientifiche ancora meno. Il motivo non sarà forse che filosofi, epistemologi e compagnia parlano di fatti di cui hanno cognizione?
saluti e grazie soprattutto per il tono pacato, non facile da trovare nelle vostre schiere. Non mancherò di avvisarLa quando risponerò dettagliatamente alle sue considerazioni.

Aggiungo un commento alla parte finale del post di Fratus che è la seguente

Piombino dice che non vede cosa ci possa entrare l’ateismo o teismo con la scienza. Si guardi un po’ meglio attorno e vedrà che c’entra e come. L’attuale dibattito non è tra i sostenitori delle diverse teorie – o se si preferisce meccanismi – dell’evoluzione, ma tra due idee o visioni del mondo. Quando la presidente dell’UAAR – che non è una Associazione scientifica, ma di atei – Maria Turchetto, scrive “Il nostro Darwin”, sa benissimo cosa dice, e lo so anche io. Può darsi in altri tempi e contesti storici i creazionisti abbiano censurato le idee evoluzioniste, ma ora le parti sono invertite.

Qui c'entra la libertà di opinioni. UAAR e soci sono impegnati in una campagna che condivido poco ma che in nome della libertà di opinione rispetto come rispetto chi si considera credente. Mi spiego: a me sembra che facciano dell'ateismo una religione e la propagandano. E per loro l'evoluzione è una dimostrazione della non esistenza di Dio.
Ma dall'altra parte ci sono tanti cattolici, evoluzionisti perchè conoscono profondamente le Scienze.E capiscono che le prove dell'evoluzione sono ovviamente troppo schiaccianti per non essere prese in considerazione. 

Quanto a censurare le idee creazionistiche, il problema è che sono solenni fesserie..... 

EDIT: Fratus mi ha scritto che pubblicherà il mio commento. Lo ringrazio.

mercoledì 27 gennaio 2010

Lettera a De Mattei e quello che chiedo ai miei lettori

Nel post precedente ho chiesto al professor De Mattei di rispondere a svariate domande su 22 argomenti scientifici principali. Non nascondo ai miei lettori che mi piacerebbe scrivessero anche loro a De Mattei per dirgli di rispondermi all'indirizzo:

Questo è il testo della e-mail che ho inviato al prof. De Mattei per invitarlo a rispondermi all'indirizzo di posta elettronica r.demattei@presidenza.cnr.it (indirizzo reperito sul sito del CNR e quindi pubblico).



Egregio Prof. De Mattei,

                                        Le scrivo perchè appartengo a quella categoria di persone che eufemisticamente si può dire non abbiano particolarmente apprezzato il convegno da Lei organizzato dal titolo “Evoluzionismo, il tramonto di una ipotesi”. Tantomeno ho apprezzato che il CNR Le abbia consegnato quasi 10.000 Euro come contributo alla stampa degli atti relativi.
Non entro nelle questioni filosofiche. Non che non mi interessino tout court, ma, per me le Scienze sono una cosa seria e non vedo cosa possa entrarci l'etica con lo studio di quello che è successo nel passato del nostro pianeta (mentre posso capirlo su altri argomenti, tipo per esempio le staminali): a prescindere da epistemologia e quant'altro un osso di dinosauro è un osso di dinosauro, come una serie sedimentaria è una serie sedimentaria e non occorrono Kant, Platone, Hegel né tantomeno la Bibbia per spiegarne la presenza e la funzione, ma gli scienziati.
L'evoluzione è un fatto ormai acclarato da testimonianze paleontologiche, geologiche, genetiche, biologiche, zoologiche, botaniche, astronomiche e quant'altro. E sono perfino in accordo con quelli che sono stati i movimenti dei continenti negli ultimi 600 milioni di anni.
Qualcuno dei suoi sostiene che la Scienza sia impermeabile alle novità. Sciocchezze: come ho fatto notare in questo articolo, la Tettonica a Zolle si è imposta in un lasso di tempo talmente breve da far scrivere a un ricercatore: sono entrato all'università con i continenti fermi e mi sono laureato (in corso!) con i continenti che si muovevano.
Comunque, visto che Lei ma soprattutto i suoi amici, avete scritto una serie di cose su cui non sono d'accordo (e come me praticamente tutto l'ambiente scientifico) su Scienzeedintorni, il mio blog, Le ho scritto una serie di domande a cui vorrei una risposta, o al mio indirizzo di posta elettronica oppure segnalandomi se e dove mi ha risposto.
L'URL del mio post è http://aldopiombino.blogspot.com/2010/01/22-questioni-per-il-professor-de-mattei.html

So di essere stato un pò lungo nel porle una serie di domande su 22 argomenti, ma meno di così non mi è riuscito

Certo di un Suo riscontro in merito, Le invio i miei più cordiali saluti

Dr.Aldo Piombino
    
 Adesso spero in una risposta!

22 questioni per il professor De Mattei

E' vero. Non sono un ricercatore universitario, come lo sono invece tanti blogger scientifici. Proprio per questo mi sento libero di rivolgere alcune domande al Vice Presidente del CNR, il Professor Roberto De Mattei, che non solo è un antievoluzionista, ma ha organizzato, come ho già scritto, un convegno contro il darwinismo nella sede del CNR (convegno di cui peraltro non c'è traccia nel sito di questa organizzazione). Sono curioso di sapere come è possibile che oggi, quando l'evoluzionismo regge alla prova dei fatti "al dì là di ogni ragionevole dubbio," un vicepresidenza del Consiglio Nazionale delle Ricerche, continui a contestarlo usando allo scopo i locali di questa organizzazione pubblica, che gli ha pure concesso 9.000 euro per stampare gli atti del suo workshop. Ammetto di essere molto lungo, ma la capacità di sintesi evidentemente non è il mio forte, e gli argomenti da toccare sono troppo vasti. Quindi, Caro Professor De Mattei, La prego di rispondermi o qui direttamente o inviandomi una E-mail al mio indirizzo aldo.piombino@tiscali.it per sapere dove mi ha risposto in modo che i miei 24 lettori ne siano informati.

1. ETÀ DELL'UNIVERSO: la luce viaggia nel vuoto a circa 300.000 km al secondo, come è anche provato dal ritardo nella risposta nelle trasmissioni via satellite e in quelle tra la Terra e i satelliti che esplorano gli altri mondi del sistema solare.
La luce del sole ci arriva più di 8 minuti dopo che è stata prodotta. Ci sono moltissime stelle che sono a una distanza tale che la luce ci ha messo anche oltre 10 miliardi di anni luce per arrivare a noi. Come sarebbe possibile tutto questo se l'Universo non avesse tutti questi anni?

2. CLASSIFICAZIONE DEGLI ESSERI VIVENTI: come Lei ben sa, gli esseri viventi sono raggruppabili in insiemi gerarchici via via sempre più generali. Prendiamo per esempio le capre: sono molto simili fra di loro. Poi, ad un grado un po' superiore, condividono molte caratteristiche con le pecore.
Assieme a pecore, cervidi, bovini, giraffe ed altre forme condividono l'essere ruminanti. E solo questi animali hanno il rumine e le corna.
Se poi le colleghiamo con cammelli, maiali ed ippopotami vediamo come tutte insieme abbiano delle caratteristiche comuni e specifiche: una particolare conformazione degli arti e dita dei piedi in numero pari le cui unghie ispessite formano zoccoli su cui l'animale cammina. Per questo, tali forme vengono inquadrate tutte insieme fra gli “artiodattili”. A loro volta gli artiodattili fanno parte dei mammiferi con le unghie a zoccolo, gli ungulati, assieme ai perissodattili, che hanno dita in numero dispari (attualmente rappresentati solo da cavalli e rinoceronti, mentre nel passato ci sono stati molti altri perissodattili) e agli estinti notoungulati, tipici dell'America Latina.
Tutti gli ungulati condividono con tutti gli altri mammiferi placentati (e solo con essi) altre caratteristiche tipiche ed esclusive di questa sottoclasse: possiedono 7 vertebre cervicali, nutrono l'embrione con la placenta, sviluppano due dentizioni, una giovanile e una definitiva che non viene mai sostituita etc etc.
Come e soltanto come gli altri appartenenti alla classe dei mammiferi (marsupiali e monotremi), i placentati hanno la capacità di regolare la propria temperatura corporea, sono ricoperti da peli e non da scaglie come gli altri vertebrati, hanno gli arti con i femori verticali (escluso l'ornitorinco), un solo arco aortico e la prole all'inizio della sua vita è nutrita dal latte materno.

Mammiferi, rettili, uccelli, e anfibi condividono a loro volta una serie di caratteristiche: hanno 4 arti (tranne alcune forme che ne hanno persi una coppia o tutte e due), respirazione polmonare e un piano corporeo piuttosto simile. Tutti tranne i mammiferi hanno 2 archi aortici. Con i pesci condividono una struttura formata da una colonna vertebrale.
Con i tunicati e gli anfiossi condividono la presenza di un cordone che contiene i fasci nervosi. Pertanto vertebrati, tunicati ed anfiossi sono uniti nel phylum dei Cordati.
Questo ragionamento si può fare a partire da qualsiasi altra specie vivente, almeno fino al livello del phylum: mancano ancora alcune relazioni fra i vari phyla (nel cammino della Scienza c'è c'è ancora tanto da scoprire) anche se è chiara a sua volta la distinzione in protostomi e deuterostomi (nell'embrione dei primi si sviluppa prima l'ano, in quello dei secondi la bocca).
Come può spiegarmi questa ramificazione dei viventi in modo diverso da quello evolutivo?

3. IL CONCETTO DI SPECIE: i biologi hanno notato come non sempre i confini fra due specie siano rigidi. Ci sono dei casi in cui due popolazioni si comportano come specie diverse o no a seconda dell'area dove abitano. Questo secondo la biologia è un classico esempio di specie che stanno divergendo attualmente da una specie ancestrale originaria. Un caso emblematico è quello delle specie ad anello, un insieme di popolazioni adiacenti, che formano un anello attorno ad un ostacolo naturale (catena montuosa, valle arida, lago…) nel quale le singole popolazioni adiacenti sono interfeconde, e solo un paio di esse mostrano isolamento riproduttivo.
Quale spiegazione dà a questo fenomeno? Come si può conciliare questo fatto con l'immutabilità delle specie?
A proposito: visto che ne parla, è in grado di dare un concetto definitivo di specie? Perchè, proprio a causa del fatto che la vita si evolve, questo concetto è molto difficile e si rende necessario solo a causa della “mente discontinua” che abbiamo noi esseri umani e che ci spinge a classificare rigidamente tutto, viventi compresi
Come mai animali molto simili fra loro anche se appartenenti a specie diverse, ma simili, possono riprodursi accoppiandosi fra loro? Come mai il cavallo si può riprodurre se si accoppia con un'asina e non con una mucca? Perchè, se tutte le specie sono state create nello stesso momento, alcune sono più vicine ad alcune rispetto alle altre, come per esempio il cavallo è più vicino all'asino che alla mucca, ma contemporaneamente è più simile alla mucca che ad un canguro?

4. LA GENETICA: un suo amico, il prof. Maciej Giertych (che Lei sostiene essere un genetista quando a me risulta essere un dendrologo), sostiene che la formazione di razze o di varietà, fenomeno molto ben studiato sulle specie domestiche, consiste in una riduzione della diversità del genoma. Guarda caso è la stessa preoccupazione dei biologi conservazionisti (che sono anche evoluzionisti!): temono proprio per questo le conseguenze dell'isolamento fra loro di varie popolazioni di una stessa specie. Ma se questo è un aspetto molto importante ce n'è un altro: l'isolamento (geografico, alimentare o di altro genere) non Le sembra il sistema migliore per la speciazione perchè delle variazioni genetiche si possano fissare meglio in una piccola popolazione che in una grande?
A proposito, lo sa che sono stati proprio i genetisti a dimostrare che nella nostra specie non si possono biologicamente separare delle razze distinte dal punto di vista genetico esistono le razze, con ciò dando un messaggio di uguaglianza fra gli uomini di cui la Chiesa dovrebbe appropriarsi?

5. ENTROPIA E MUTAZIONI: cominciamo con il dire che nella Sua rivista “Radici cristiane” il suo amico Seiler è presentato come “fisico dell'Università di Monaco”, quando so benissimo che Lei sa che non appartiene al personale di quella università. E veniamo alla fisica e alla termodinamica. Innanzitutto una domanda sulle mutazioni che come è noto consistono in sostituzioni (per esempio di una timina con una adenina) o nell'elisione o il raddoppiamento di alcune basi. Perchè si può ammettere solo mutazioni negative? Perchè questo fenomeno non può avere mai risvolti positivi?
Non ci sono dubbi che i sistemi termodinamici evolvono nel senso di minimizzare l'energia libera. Ma qui finiscono le sue ragioni e cominciano i problemi: lo sa che alle volte succede che variando la temperatura, a volte ci sia la transizione a una fase con minore entropia? E lo sa che Seiler dimentica (o finge di dimenticare) un punto fondamentale e cioè che la massimizzazione dell'entropia dà un contributo, ma non è l' unico? Perchè Seiler trascura totalmente il ruolo delle fluttuazioni termodinamiche, attraverso le quali un sistema o una porzione di un sistema esplorano per breve tempo stati diversi da quello stabile e che sono la norma per i sistemi aperti come quelli biologici, in cui si possono realizzare stati stabili molto diversi da quello di partenza?
Non dico Lei, professore, dato che pubblicazioni del genere necessitano di una padronanza della fisica che solo laureati in quella materia possono avere, ma come mai Seiler ignora gli studi e i libri di Ilya Prigogine, che ha preso in Nobel proprio per aver chiarito questi fenomeni di transizioni a stati più ordinati in sistemi aperti? Forse anche il buon Ilya fa parte della grande lobby anticristiana malata dei (sani) principi di referaggio e peer-review....
Francamente non conosco le mosche a cui si riferisce Seiler, ma, anche se si volesse accettare il suo punto di vista sul legame tra entropia e ordine biologico, non le sembra che l'esempio sia irrilevante, perché, da fisico, dovrebbe poter dare una valutazione quantitativa della variazione di entropia di TUTTO l'organismo prima di definire la perdita delle ali un esempio di aumento di entropia e perdita di informazioni? Non potrebbe essere che fra i vari cambiamenti la mosca potrebbe aver sviluppato meccanismi di alimentazione o riproduzione più complessi (quindi, nella sua accezione, meno entropici) per ovviare alla perdita delle ali che le limitano, muovendosi solo al suolo, a territori più ristretti?
Le fluttuazioni non rendono insignificante l'esempio della mosca senza ali, che invece é un preciso caso di evoluzione per selezione del più adatto a specifiche condizioni ambientali (la mosca modificata é sopravvissuta ai venti più a lungo di quelle normali, e quindi ha generato più discendenti ad ali corte di quelle con ali lunghe)?

6. DNA FOSSILE: come saprà il nostro corpo funziona grazie al DNA che controlla i processi biochimici che ci permettono di crescere e vivere. Ma non tutti i geni funzionano: abbiamo sempre, sia pure modificati (basta una sostituzione fortuita di una base) dei geni che in altri esseri viventi funzionano. I biologi li chiamano “geni fossili”. Faccio un paio di esempi: anche Lei ha molti geni che sovrintenderebbero all'odorato ma che non funzionano più: gli evoluzionisti sostengono che le mutazioni dannose sono potute sopravvivere nel momento che l'odorato così fine non serviva più, con l'avvento della visione a colori (è facilmente dimostrabile tramite lo studio delle opsine che anche questa conquista sia avvenuta per mutazioni genetiche... )
Inoltre possediamo 3 geni, non più funzionanti, che a rettili ed uccelli servono per produrre la vitellogenina, la proteina che sovrintende alla formazione del tuorlo dell'uovo. La spiegazione più ovvia è che nei mammiferi la comparsa del latte ha reso meno necessario l'uovo con il tuorlo (che è stato reso definitivamente inutile dalla gestazione). Pertanto nei mammiferi questi geni si sono disattivati in quanto una femmina di uccello o di rettile portatrice di una mutazione che disattiva un gene della vitellogenina non può avere uova funzionali, mentre tale mutazione non ha conseguenze in una di mammifero. Di geni disattivati per mutazioni se ne trovano a migliaia in tutte le creature viventi, dai lieviti ai batteri, agli animali superiori.
Come spiega in un quadro creazionistico la presenza di questi geni nel suo corpo e in quello di tutti gli uomini, dato che qualsiasi cosa pensi il suo amico Hugh Owen, le cui conoscenze scientifiche di base mi sfuggono, non è provato che questi geni abbiano altre funzioni?

7. BALENE E IPPOPOTAMI: fino a qualche anno fa non era chiara quale fosse l'origine dei cetacei. I dati genetici provano la vicinanza di questi mammiferi agli artiodattili, in particolare agli ippopotami. Recentemente nella valle dell'Indo sono stati trovati tutta una serie di fossili che dimostrano la transizione fra mesonochidi (ungulati terrestri primitivi) e cetacei. Inoltre come mai questi animali sarebbero stati creati da un Essere Supremo con al loro interno moncherini di arti posteriori (che in alcuni rari casi ricompaiono, per un fenomeno detto “atavismo”)? E come mai gli arti anteriori hanno le stesse caratteristiche di quelle tipiche ed esclusive dei mammiferi ungulati a dita pari (artiodattili), a cui i cetacei sono geneticamente molto simili? Come mai i dati paleontologi sono così coerenti con quelli genetici

8. ORNITORINCO: ci sono 5 classi di vertebrati (o 6 se scindiamo dai pesci ossei quelli cartilaginei): ognuna di queste ha un preciso schema anatomico, biologico e fisiologico, nonostante le grandi differenze in dimensioni e stile di vita delle creature che ne fanno parte. Se vediamo un animale capiamo immediatamente se è un “pesce”, un “anfibio”, un “uccello” un “rettile” o un “mammifero” (placentato o marsupiale). Invece l'ornitorinco è un caso diverso: ha il pelo, ha una temperatura costante (sia pure più bassa degli altri mammiferi), produce latte (però non ha delle vere mammelle), ha un solo arco aortico e i denti visibili solo nei neonati e in qualche fossile, sono diversi fra loro. Questi sono caratteri tipiche di un mammifero. Ma per altre caratteristiche sembra un rettile: i femori orizzontali anziché verticali, la visione a colori, l'apparato escretore – riproduttivo unico (la cloaca), la produzione di uova (con uno solo dei geni per la vitellogenina ancora attivi), i cromosomi sessuali più simili a quelli dei rettili. Insomma, si potrebbe classificarlo sia fra i rettili che fra i mammiferi. Guarda caso questo animale assomiglia molto a tutta una serie di fossili che indicano forme di vita intermedie fra rettili e mammiferi che si trovano in sedimenti di età compresa fra il Permiano e il Triassico, forme estinte dappertutto tranne che in Australia, dove i mammiferi placentati non sono potuti arrivare a causa dell'isolamento di questo continente dall'epoca della rottura del Gondwana. Quindi l'ornitorinco è l'unico animale che troviamo, diciamo così, nel guado fra una classe di vertebrati ed un'altra. Perchè Dio, dopo aver usato degli schemi così rigidi, avrebbe fatto un animale come l'ornitorinco che è una via di mezzo tra rettili e mammiferi?

9. TIKTAALIK: come l'ornitorinco lo è fra i rettili e i mammiferi, il Tiktaalik rosae è nella visione evoluzionistica una delle diverse forme intermedie fra i pesci crossopterigi e i tetrapodi. Fornito di pinne anteriori che gli consentivano di sollevarsi dal fondo e di un collo che separa la testa dal resto del corpo, è stato ritrovato in Groenlandia. La sua scoperta è il frutto della sintesi di molte discipline scientifiche: paleontologia e biologia avevano indicato come gli antenati dei tetrapodi si fossero evoluti in una zona costiera con lagune e delta fluviali in zona tropicale. I geologi hanno indicato il tipo di rocce sedimentarie da ricercare.
Tutti insieme hanno identificare le rocce dell’età giusta nelle quali cercare. A questo punto grazie al lavoro di generazioni di geofisici che hanno ricostruito i movimenti delle zolle si è concluso che le rocce che soddisfacevano tutte queste condizioni erano in una zona della Groenlandia. Andando là, sono stati trovati diversi scheletri del tipo cercato. Come è possibile che tutto questo sia un caso?  Come è possibile che tutte le forme intermedie fra pesci e tetrapodi siano collocate in un ristretto intervallo nei sedimenti del periodo Devoniano e che solo dopo compaiono nel record fossile i primi anfibi?

10. BRANCHIE E ORECCHIE: come mai nei tetrapodi si trovano strutture come le ghiandole paratiroidi, le ossa delle orecchie e le stesse aperture delle orecchie hanno la medesima origine embrionale delle branchie dei pesci? Come mai nei fossili intermedi fra pesci e tetrapodi (che guarda caso sono tutti raggruppati in un determinato periodo geologico) si trovano strutture intermedie che fanno pensare ad una trasformazione progressiva delle branchie in orecchie?

11. SEDIMENTAZIONE E TETTONICA: come Lei ben sa, esistono serie sedimentarie spesse molti kilometri che sono state successivamente piegate, coinvolte nella formazione di montagne, talvolta persino metamorfosare ed adesso esposte all'erosione. Come è possibile spiegare queste cose senza prevedere almeno decine di milioni di anni per questi processi? Il suo amico Guy Berthauld asserisce che gli strati sedimentari non siano il risultato di depositi successivi, ma una segregazione meccanica delle particelle che si verifica durante il loro trasporto. Il che suggerirebbe che le enormi coltri sedimentarie, per esempio lungo le piattaforme continentali e nella pianura padana, si sarebbero formate molto rapidamente.
Questo non solo contrasta con il principio dell'attualismo formulato da Sir Charles Lyell nel XIX secolo, ma anche con le osservazioni attuali in cui, molto curiosamente per persone che la pensano come lui, quelle serie sedimentarie attive nel passato che lo sono ancora nel presente hanno tassi di sedimentazione attuali inferiori al centimetro per secolo, senza trasporti improvvisi di ingenti quantità di materiali, e soprattutto i nuovi sedimenti si depositano sui vecchi con forme indistinguibili da quelle che secondo Berthault si sarebbero originate da una “segregazione meccanica di particelle già sedimentate”. Come mai succede questo? Come spiegare con eventi di sedimentazione improvvisi queste coltri sedimentarie Da dove provengono tutti questi materiali e come mai sono venuti via tutti assieme?
Berthault dice che “Quando si forma uno strato o questo fluido era circoscritto lateralmente da corpi solidi oppure dobbiamo considerare che faceva il giro del mondo". Come mai le enormi quantità di sedimento che attualmente escono dai grandi fiumi come Rio delle Amazzoni, Gange ed Orinoco rimangono nei pressi delle foci e formano le grandi conoidi sottomarine, anziché espandersi in tutti i mari in modo uniforme come vuole Berthault? E, in piccolo, come mai questo vale per qualsiasi fiume che sbocca in mare o in un lago? Perchè studiando una serie stratigrafica troviamo un continuo ricambio di ambienti di deposizione e di fossili presenti? Come sarebbe possibile questo se non c'è stato un processo di sedimentazione lungo e continuo?

12. VULCANI ED EROSIONE: sulla Terra esistono centinaia di vulcani attivi e spenti. Come è possibile che quelli non più attivi siano spesso erosi a tal punto da non essere più riconoscibili come vulcani o quasi (tranne osservando le loro rocce): possibile che questo sia successo in così poco tempo?

13. DATAZIONI RADIOMETRICHE: sempre Berthault sostiene che le “le più moderne ricerche tolgono qualsiasi significato cronologico alle datazioni radiometriche". Ci potrebbe citare queste moderne ricerche, perchè nella letteratura scientifica a mia disposizione non le ho trovate? Sempre nel suo convegno viene sostenuto che i fossili di dinosauri hanno 60.000 anni sulla base di analisi al radiocarbonio sul collagene. Come mai allora usate le datazioni radiometriche?
Al di là della follia di usare il C14 per un fossile di dinosauro, come sarebbe possibile che in 60.000 anni si formi un sedimento, venga coinvolto in una orogenesi, le rocce sovrastanti vengano erose e quindi questo sedimento affiori di nuovo? Che velocità di sedimentazione, deformazione tettonica ed erosione sarebbero necessarie per fare tutto ciò?
Come mai ora il mondo geologico procede così più lento oggi?


14. FOSSILI E OMINIDI: come mai la maggior parte dei fossili proviene da specie non attualmente viventi? Come mai non sono mai stati rinvenuti fossili umani assieme a fossili di dinosauro? Come mai non ci sono fossili di mammiferi nei sedimenti attribuiti al paleozoico, dove i fossili ritrovati sono totalmente diversi dalle forme di vita attuali?
Cosa rappresentano secondo lei fossili come Homo Neanderthalensis, gli Australopitechi tutti, Homo Floresensis, Proconsul e gli altri fossili di ominidi scoperti?

15. I GHIACCIAI DEL GONDWANA: conoscerà sicuramente le tilliti del Gondwana: diffuse fra Africa, India, Sudamerica, Australia (e – probabilmente – pure sotto i ghiacci antartici), testimoniano una importante glaciazione. La geologia spiega il tutto mettendo questi continenti tutti uniti l'uno all'altro all'incirca 300 milioni di anni fa e vicini al polo sud. Come può giustificare altrimenti la presenza di queste rocce in zone così distanti fra di loro e delle quali molte si trovano attualmente in posizione equatoriale?

16. IL QUADRO COERENTE DELLA SCIENZA: le osservazioni di uno sterminato numero di geologi, geofisici, biologi, paleontologi, astronomi, chimici, fisici, astrofisici, prendendo i dati dalle più disparate discipline forniscono un quadro coerente sulla storia della Terra, del Sistema Solare e dell'Universo, al di là di particolari nuovi che vengono fuori e che modificano in parte il quadro perchè ancora c'è parecchio da studiare. Il tutto praticamente senza voci contrarie all'interno della Scienza nei confronti dell'impianto generale del sistema, nonostante i contrasti, anche forti, sulla interpretazione dei dati. Non La fa sentire a disagio essere in disaccordo totale con tutti coloro? Come è possibile che gli attacchi a questo quadro si basino esclusivamente su una interpretazione rigida della Bibbia? Leggendo il suo curriculum vitae, come può entrare così pesantemente in questioni di cui non si è mai minimamente occupato, al contrario della folta schiera di cui sopra, asserendo inoltre che questi dicono una montagna di fesserie? Come fanno i suoi accoliti a negare tutto questo? Perchè rifiutano il confronto, le banche dati esistenti, la peer-review? Perchè la maggior parte di loro non hanno una specifica formazione biologica in una Università “normale”? Perchè rifiutano esperimenti e osservazioni empiriche? Come è possibile che ci sia una lobby di persone così gigantesca che ha il solo scopo di combattere la Religione?

17. PAPA WOJTILA, L'ALLORA CARDINALE RATZINGER E L'EVOLUZIONISMO. Le riporto testualmente, il punto 63 del documento “Comunione e Servizio" del 2004 reperito nel sito wwww.vatican.va e di cui l'allora Cardinale Ratzinger dovrebbe esserne il supervisore, se non l'ispiratore:
«Secondo la tesi scientifica più accreditata, 15 miliardi di anni fa l’universo ha conosciuto un’esplosione che va sotto il nome di Big Bang, e da allora continua a espandersi e a raffreddarsi. Successivamente sono andate verificandosi le condizioni necessarie per la formazione degli atomi e, in epoca ancora successiva, si è avuta la condensazione delle galassie e delle stelle, seguita circa 10 miliardi di anni più tardi dalla formazione dei pianeti. Nel nostro sistema solare e sulla Terra (formatasi circa 4,5 miliardi di anni fa) si sono create le condizioni favorevoli all’apparizione della vita. Se, da un lato, gli scienziati sono divisi sulla spiegazione da dare all’origine di questa prima vita microscopica, la maggior parte di essi è invece concorde nell’asserire che il primo organismo ha abitato questo pianeta circa 3,5-4 miliardi di anni fa. Poiché è stato dimostrato che tutti gli organismi viventi della Terra sono geneticamente connessi tra loro, è praticamente certo che essi discendono tutti da questo primo organismo. I risultati convergenti di numerosi studi nelle scienze fisiche e biologiche inducono sempre più a ricorrere a una qualche teoria dell’evoluzione per spiegare lo sviluppo e la diversificazione della vita sulla Terra, mentre ci sono ancora divergenze di opinione in merito ai tempi e ai meccanismi dell’evoluzione. Certo, la storia delle origini umane è complessa e passibile di revisioni, ma l’antropologia fisica e la biologia molecolare fanno entrambe ritenere che l’origine della specie umana vada ricercata in Africa circa 150.000 anni fa in una popolazione umanoide di comune ascendenza genetica. Qualunque ne sia la spiegazione, il fattore decisivo nelle origini dell’uomo è stato il continuo aumento delle dimensioni del cervello, che ha condotto infine all’homo sapiens. Con lo sviluppo del cervello umano, la natura e la velocità dell’evoluzione sono state alterate per sempre: con l’introduzione di fattori unicamente umani quali la coscienza, l’intenzionalità, la libertà e la creatività, l’evoluzione biologica ha assunto la nuova veste di un’evoluzione di tipo sociale e culturale".

Noto poi come Papa Giovanni Paolo II ha affermato alcuni anni fa che «nuove conoscenze conducono a non considerare più la teoria dell’evoluzione una mera ipotesi. È degno di nota il fatto che questa teoria si sia progressivamente imposta all’attenzione dei ricercatori, a seguito di una serie di scoperte fatte nelle diverse discipline del sapere» (Messaggio alla Pontificia Accademia delle Scienze sull’evoluzione, 1996).
E' vero poi che il messaggio del Papa riconosce che esistono «diverse teorie dell’evoluzione» che sono «materialiste, riduzioniste e spiritualiste» e quindi incompatibili con la fede cattolica. Ma il punto fondamentale è che nel 2004 la Chiesa aveva lanciato un messaggio molto chiaro: occorre adeguare la teologia alle scoperte o, meglio, che la teologia faccia presente a se stessa che le nuove scoperte pongono dei grossi problemi e deve risolverli. A questo punto cito testualmente le sue parole: "d'altra parte, nel campo cattolico, non manca chi rifiuta l’evoluzionismo filosofico, ma accetta sul piano scientifico la teoria dell’evoluzione. Tali posizioni, ieri ed oggi, nascono da un complesso di inferiorità nei confronti della cultura laica, caratteristico di chi non si sente sicuro delle proprie idee cattoliche". Wojtila e Ratzinger appartengono forse a questa categoria? Perchè il magistero della Chiesa si è pronunciato così? Non si sente un po' sconfessato da queste parole?
Perchè ci sono eminenti scienziati credenti che sono convinti evoluzionisti, come Padre George Coyne? Perchè, studiando le Scienze senza paraocchi ideologici, ma attenendosi ai dati, tutti arrivano alle stesse conclusioni, cattolici, protestanti, musulmani, buddisti, atei o altro che siano?

18. DIO E LA STORIA: come mai i creazionisti vogliono per forza mettere la mano di Dio nella Storia Naturale e scriverlo sui libri scientifici mentre non cercano di imporre questa visione anche nei libri di Storia Umana, quando poi nella Dottrina si accenna anche alla presenza di Dio nella storia umana?

19. MARXISMO, NAZISMO E DARWINISMO: Lei cita spesso il darwinismo in simbiosi con nazismo e comunismo. Su questo io, che - preciso – non sono uno storico, ho dei grossi dubbi. A parte il falso sulla presunta volontà di Marx di dedicare a Darwin un suo libro (equivoco definitivamente chiarito da Margaret A. Fay in "Did Marx of­fer to dedicate Capital to Darwin?", Joumal of the History of Ideas,39, 1978, e da Lewis S. Feuer, "Is the 'Darwin- Marx correspondence' authentic?",An­nals of Science,32, 1975) non so se ha presente la questione del darwinismo nell'Unione Sovietica: ai tempi di Stalin il darwinismo e la genetica mendeliana furono messi al bando come “scienza borghese”. I genetisti furono fucilati o condannati ai campi di lavoro in cui morirono. Le conseguenze, specialmente per gli studi sulla vernalizzazione di Trofim D. Lysenko furono devastanti per l'agricoltura sovietica.
Quanto al nazismo, siamo probabilmente davanti alla solita questione della eugenetica e del darwinismo sociale. Puntualizzo che il concetto darwiniano non è la sopravvivenza del più forte ma quella del più adatto. Il che può essere molto diverso: non sempre il più forte è il più adatto! Per esempio alle volte è troppo grande per il cibo a disposizione o per l'ambiente dove vive. Lei ha presente questo particolare di non trascurabile importanza?
Non Le sembra che attribuire a Darwin le colpe dell'eugenetica e di altre cose del genere equivalga ad attribuire a Gesù Cristo le guerre di religione o le torture ed i roghi della Santa Inquisizione, lo sterminio dei nativi americani o altre nefandezze volute o appoggiate dalla Chiesa?

20. TURCHIA E PAESI ISLAMICI: notoriamente Lei è un avversario della integrazione nella UE della Turchia. Ma non Le sembra che la Sua visione della Natura sia più vicina a quella di pensatori islamici come
Harun Yaya e ai regimi integralisti islamici piuttostochè al mondo occidentale?

21. UN NUOVO PROCESSO DOPO QUELLO A GALILEO? Quando la Chiesa processò Galileo, fece una figuraccia che poteva risparmiarsi se solo i religiosi non avessero ostacolato rigorose osservazioni scientifiche con teorie filosofiche e religiose che non tenevano conto dei fatti (perchè scritte in un'epoca in cui non c'erano queste conoscenze). Non le sembra di correre il rischio di ripetere un errore simile a quello di 500 anni fa? La Religione quando si è arroccata su posizioni non scientifiche a causa di una presunta superiorità sulle osservazioni scientifiche e difendendo credenze che non avevano alla base né osservazioni né esperimenti scientifici, è già stata sconfitta da Galileo e da Pasteur. Non crede di stare andando verso una nuova e ancora più devastante sconfitta, come paventava un Papa, credo Pio XII, che a chi gli chiedeva di pronunciarsi con una chiara condanna contro il darwinismo rispose "di casi Galileo, nella storia della Chiesa, ne basta e avanza uno".
Lei considera gli scienziati delle persone che hanno come attività preminente la lotta alla Religione. Non le sembra di essere un po' esagerato? Non le sembra di comportarsi in maniera speculare? Non le sembra che l'atteggiamento antiscientifico di molti religiosi sia in parte la causa di questa ostilità?

22. IL FUTURO DEL CNR: per poter stare al passo con i Paesi più progrediti sono necessarie la ricerca scientifica, di base ed applicata e quella tecnologica. Come è possibile che la crescita del nostro Paese avvenga, come pensa Lei, attraverso le Scienze Umane? Quale progresso ci potranno portare? Lei forse appartiene a quella schiera di epigoni di Benedetto Croce (il quale comunque non credo avrebbe rifiutato per falsi i dati scientifici sull'età della Terra e dell'Universo) per cui solo quella umanistica è Cultura (con la “c” maiuscola) mentre quella tecnica e scientifica è una cultura di serie B e quindi con la C minuscola?


EDIT: a generale richiesta a De Mattei potete scrivere al suo indirizzo istituzionale: r.demattei@presidenza.cnr.it

martedì 26 gennaio 2010

Il Canale di Sicilia e i suoi tanti vulcani


Il Canale di Sicilia è quel braccio di mare posto tra la più grande isola italiana e la costa africana. Separa il Mediterraneo occidentale, formato da bacini di recente apertura (Tirreno, Baleari, Alboran), da quello orientale che è l'ultimo residuo della Tetide, l'oceano che divideva l'Eurasia da Africa, Arabia e India. Giunzione quindi fra due modi diversi di “essere mare”, ha una topografia del fondo molto complessa e il suo significato geologico è stato ampiamente dibattuto.
Geograficamente divide l'Europa dall'Africa, ma geologicamente la cosa è un pò diversa in quanto fra le due coste c'è una certa continuità stratigrafica e strutturale.

Il fondo del Canale di Sicilia è formato da una piattaforma calcarea meso – cenozoica (calcari simili a quelli della Sicilia) spessa fino a 7 kilometri, all'interno della quale troviamo una gran quantità di vulcaniti alcaline. La crosta sottostante ha uno spessore molto minore che nelle zone adiacenti: 20 kilometri contro oltre 35. quindi c'è una evidente risalita del mantello terrestre verso la superficie.

La caratteristica topografica più spiccata sono 3 fosse allungate nella direzione del canale: una nella parte occidentale (il graben di Pantelleria) e due in quella orientale (il graben di Malta e quello di Linosa).
I fianchi delle fosse sono bordati da gradinate di faglie subverticali; al loro interno vi si trovano grossi spessori di sedimenti miocenici e post – miocenici. La profondità varia tra i 1400 e i 1700 metri, decisamente superiore al resto del canale, dove il fondo si attesta mediamente sui 400 metri. Non ci sono dati diretti sulla natura della crosta sotto le coperture sedimentarie delle fosse, ma le prospezioni geofisiche indicano che probabilmente siano abbondanti le rocce vulcaniche.

Un aspetto caratterizzante del Canale di Sicilia è la presenza di molti apparati vulcanici, secondo alcuni autori il residuo di una attività che qualche milione di anni fa era molto più intensa.
Che Pantelleria e Linosa siano di origine vulcanica nessuno lo metteva in dubbio. L'eruzione della Ferdinandea dimostrò nel 1831 che anche davanti alle coste sudoccidentali siciliane c'era un vulcano (pure adesso vi sono evidenti fenomeni vulcanici collaterali come vene idrotermali e attività fumarolica).
Le zone intorno alla Ferdinandea, il cosiddetto “Banco Graham”, nascondono un edificio vulcanico che coinvolge altri banchi sottomarini chiamati coi nomi di "Terribile" e "Nerita". Tutti quanti non sono altro che coni secondari di un apparato vulcanico a forma di ferro di cavallo dalle rispettabili dimensioni (è largo 25 km e largo 30 km). In pianta è grande quasi come l'Etna, ma è molto più basso perchè rispetto al fondo marino si eleva di appena 500 metri. E' stato denominato Empedocle, in onore del filosofo che secondo la leggenda si buttò nel cratere dell'Etna per capire cosa c'era.

Un altro probabile vulcano è il monte Bannock. E' posto nella parte meridionale del graben di Pantelleria. Ancora nessuno l'ha studiato ma, vista l'area, un cono che si eleva di circa 800 metri dal fondo marino cosa potrebbe essere di altro? L'immagine sismica qui riprodotta lo dimostra abbastanza chiaramente. La cima piatta è lunga 3 km e larga uno.
Una curiosità è che l'Empedocle e il Bannock si trovano su una linea trasversale del canale che all'incirca corrisponde al luogo dove il Graben di Pantelleria finisce e si divide nel graben di Malta e in quello di Linosa. E' un'allineamento non casuale, visto che vi si addensano di preferenza gli epicentri dei terremoti. Gli ipocentri generalmente si trovano a profondità inferiori ai 30 km. Sia Pantelleria che Linosa sono parti di complessi vulcanici di grandezza superiore a quello che si vede sopra la superficie marina.

A parte l'Empedocle tutti gli altri vulcani sono posizionati lungo i fianche delle fosse tettoniche. E non è proprio detto che siano tutti noti, anzi la scoperta di qualche nuovo vulcano è possibile, perchè è facile trovare nelle aree in estensione crustale tanti vulcani piccoli alposto di pochi grandi.

Topografia, assetto strutturale, debole spessore crustale e diffuso vulcanismo alcalino sono tutti sintomi di un regime distensivo, in cui Sicilia e Tunisia si allontanano fra di loro. Il tutto è cominciato pochi milioni di anni fa, nel Miocene. Un modello geodinamico che gli assomiglia potrebbe essere la zona dell'Afar, nel corno d'Africa, dove il continente si sta smembrando e c'è una consistente attività vulcanica alcalina sparsa in molti centri eruttivi, di cui alcuni sono il risultato di singole eruzioni.

Però la posizione del Canale di Sicilia pone dei problemi interpretativi notevoli. Si colloca infatti nel cosiddetto “avampaese”, cioè è ancora una zona non deformata, sebbene prossima alla fascia di deformazione corrispondente all'asse della catena appenninico – maghrebide, la parte siciliana di quell’esteso sistema montuoso che interessa l’Africa (area Maghrebide) e l’Italia (Sistema appenninico), in Sicilia rappresentato dai Monti Peloritani, Nebrodi ed Erei.

Questa catena è formata da un complesso sistema di “falde” formatesi per i movimenti di convergenza tra le placche continentali Euro-Asiatica da una parte e Africana e Adriatica dall'altra. Questi movimenti hanno deformato i sedimenti del bacino posto tra i due continenti negli ultimi 100 milioni di anni (Cretaceo medio). Le deformazioni sono cominciate sui margini del continente euro-asiatico, estendendosi in tempi diversi prima ai domini dell’oceano posto tra i continenti, ed infine, alla definitiva chiusura di questo (con eccezione dello Jonio), spingendo il fronte della catena sul margine stesso della placca Adriatica e di quella Africana.
In un futuro geologicamente prossimo anche la zona del Canale di Sicilia finirà coinvolta nella orogenesi appenninico – maghrebide, come le Murge, il Gargano e la Sicilia sudorientale, come si vede dalla carta qui a fianco.

Ma per adesso la sua posizione è un po' strana: siccome è un'area in evidente estensione, cosa ci fa una zona di questo tipo all'interno di un'area dal regime complessivamente in compressione? Ci sono diverse interpretazioni, ascrivibili a tre diverse linee di pensiero:
- il Canale di Sicilia si è aperto perchè corrisponde a una linea trascorrente destra, in cui la Sicilia si muove verso SE rispetto alla Tunisia, con una leggera componente distensiva
- Il Canale di Sicilia è un rift che si è formato perchè la Sicilia e la Tunisia si stanno allontanando
- Una terza ipotesi attribuisce il rift a movimenti del mantello sottostante

Nei primi due casi questi movimenti sono riflessi locali diretti di un “gioco” molto più grande fra le due macrozolle euroasiatica e africana. Nel terzo sono effetti più indiretti di questa situazione.

La sismicità di fondo del Canale di Sicilia non è particolarmente elevata. Però contrariamente a quanto si pensava, la costa agrigentina non è tranquilla dal punto di vista sismico e lo dimostrano gli studi sulle rovine di Selinunte, che hanno evidenziato due importanti eventi sismici nella zona, uno ai tempi della Magna Grecia e l'altro in età bizantina.
Inoltre le coste sono a rischio tsunami che più che a un terremoto potrebbe essere causato dall'esplosione di uno dei tanti vulcani presenti in questo braccio di mare. E' una eventualità statisticamente molto remota ma che tuttavia deve essere presa in considerazione.

martedì 19 gennaio 2010

il rischio sismico a Hispaniola: l'allarme per Port Au Priunce era stato lanciato e ce n'è un'altro per la zona settentrionale dell'isola

Quando si verifica un terremoto io mi fido essenzialmente delle mie fonti, dopo oltre 10 anni di esperienza nel web, perchè, ammetto, sono molto prevenuto nei confronti delle fonti di informazione generaliste. Però devo ringraziare Brunella Beato, una lettrice  (e blogger a sua volta) che indicandomi un link sulla CNN mi ha messo sulla buona strada.

Ricordo che nel post precedente ci eravamo lasciati con un dubbio: come è possibile che nella carta del rischio sismico da me riprodotta (e visibile di nuovo qui a fianco) la zona di Port au Prince non era segnalata come area a forte rischio sismico? Chiaro ed evidente che quella carta è sbagliata sia perchè ne abbiamo avuto una tragica riprova, sia perchè era risaputo in letteratura scientifica che lì c'era un margine trascorrente di zolla.

E' altresì vero che la zona colpita non ha una elevata densità di terremoti: a Hispaniola la sisimicità è molto maggiore nelle zone lungo l'Atlantico, dove al sistema trascorrente settentrionale si sommano gli effetti della subduzione sotto i Caraibi della crosta oceanica in corrispondenza di un perfetto sistema orogenico attivo, con le sue rocce metamorfiche, il batolite e le strutture di accrezione dei terreni sulla crosta continentale.
Grazie al link di Brunella sono riuscito ad arrivare agli scritti di un esperto dell'area, Paul Mann dell'Università del Texas, che invece era di tutt'altra opinione. Durante la 18esima Conferenza Geologica sui Caraibi svoltasi a Santo Domingo nel marzo 2008 Mann aveva presentato assieme ad altri ricercatori una ricerca dal titolo non proprio tranquillizzante: "Enriquillo-Plantain Garden strike-slip fault zone (EPGFZ): a major seismic hazard affecting Dominican Republic, Haiti and Jamaica".

Dopo aver descritto la tettonica generale intorno alla microzolla di Gonave, dimostra come la EPGFZ formi un lineamento geologico continuo e preminente tra Hispaniola e Giamaica. Intorno a questa linea, così ben visibile anche nell'immagine LANDSAT qui accanto, i ricercatori elencano e commentano una lunga serie di faglie, bacini, terrazzi ed altro associati alla EPGFZ, indicanti che la faglia ha un movimento trascorrente destro e che sicuramente è stata attiva nel tardo quaternario. Al proposito ho scaricato una presentazione dello stesso Paul Mann di oltre 130 Mb (astutamente ridotta a un più umano PDF di 22 Mb grazie alla stampante virtuale) in cui tra carte, foto, rendering tramite GIS e altro fa vedere tutta una serie di queste strutture che lo dimostrano inequivocabilmente.

Il lavoro conferma il movimento di circa 8 mm/anno e migliora sensibilmente le informazioni dell'USGS che avevo riportato nell'altro post: interessante appare il fatto che a partire dal terremoto del 1751, centrato nell'area del lago di Enriquillo (a Est di Port au Prince e già nel territorio della Repubblica Dominicana) ci sarebbe una progradazione verso ovest degli eventi, culminati nel terremoto della Giamaica del 1907. Nella cartina qui sotto l'area di Port Au Prince corrisponde alla parte in alto a destra dell'area di risentimento dell'evento del 1770. Da questa data il piano di faglia era virtualmente bloccato fino all'evento dell'altro giorno.

Secondo Mann negli ultimi secoli i due margini trasformi della placca di Gonave si sono mossi in periodi distinti. Il primo terremoto da lui indicato è del 1584 ed ha interessato il sistema settentrionale. Poi dal 1615 al 1860 il margine sismico è stato quello meridionale (la EPGFZ). La regola vale quasi sempre: Il margine settentrionale è ritornato attivo tra il 1842 e il 1946 (solo gli eventi del 1842 e del 1860 si sovrappongono). un'altra possibile eccezione è rappresentata da una scossa nel 1783. E' possibile che Mann non abbia citato questo sisma, attribuendolo più agli effetti della subduzione oceanica che al margine trascorrente della placca di Gonave.

Concludendo Mann nel 2008 scriveva che “dal 1770 a oggi nell'area della capitale haitiana si registra un deficit di deformazione di circa 2 metri, il che significa un terremoto di Mw = 7.2. Entro i 30 Km dalla faglia ci sono 2 città come Port-au-Prince e Kingston che insieme assommano oltre 3 milioni e mezzo di abitanti”. E che “lo studio paleosismico affrontato in questa comunicazione dimostra come questa ricerca debba essere considerata altamente prioritaria in Giamaica, Haiti e Repubblica Domenicana, dato il rischio sismico associato alla faglia”.

Un'altro aspetto allarmante da considerare dal 12 gennaio in poi è questo: Mann riporta che nel 1751 e nel 1761 gli eventi sarebbero stati multipli, rispettivamente 3 e 2. Nel 1751 una scossa a ottobre colpì la zona di Enriquillo e un mese dopo quella della capitale. Non sono in grado di dire dove è avvenuta la terza scossa attribuita a quell'anno né gli epicentri del 1761.


Abbiamo purtroppo avuto una drammatica conferma del pensiero di Mann. Ma probabilmente, anche se questo studio avesse avuto la considerazione ad esso dovuta, sarebbe cambiato poco. Tra recepire l'allarme e adeguare gli edifici (con le finanze disponibili a Haiti poi...) penso che si sarebbe potuto fare molto poco. Resta il fatto che qualcuno l'allarme lo aveva davvero lanciato.

Oltre alla possibilità in tempi brevi di nuovi terremoti lungo la EPGFZ verso la parte occidentale di Haiti e la Giamaica (e ci sarà da capire come mai la zona di Enriquillo è rimasta ferma quando in teoria doveva essere la prima a muoversi), ci sono forti apprensioni anche per ll'altra area caratterizzata da forte rischio sismico nell'isola di Hispaniola, la parte settentrionale del territorio della Repubblica Dominicana, dove si sta anciora strutturando  l'accrezione dei domini oceanici sulla crosta dell'isola.  Nell'allarme, che è noto almeno fino dal 1993, c'è sempre coinvolto Mann, assieme ad altri (con primo firmatario Carol S. Prentice). Siamo nella parte più orientale del sistema Settentrionale che delimita la placca di Gonave, nella valle di Cibao: in quest'area, scavando una trincea attraverso la faglia in una zona di recente accumulo di sedimenti, è stato chiaramente notato che, al di là della frequenza degli eventi, un terremoto capace di rompere il terreno manca da ben 700 anni, un limite superiore a quello che è stato determinato per le differenze di età delle altre rotture ritrovate.

In altre parole, anche qui bisogna che le autorità si rendano conto del rischio. Tutto sommato, se davvero fosse valida la “regola” che se si muove la EPGFZ non si muove la zona settentrionale, gli abitanti potrebbero dormire sonni tranquilli. Ma forse non è il caso di fidarsi di pochi secoli di osservazioni....

BREAKING NEWS DEL POMERIGGIO:

E' di questi minuti la notizia che nella zona delle Isole Cayman c'è stata una scossa con M=5.8.  Sono esclusi danni a cose e persone. Si è quindi mosso anche il sistema settentrionale. Ovviamente non si possono fare dei collegamenti sicuri fra i due avvenimenti. Intensità, profondità e analogie con gli altri terremoti della zona fanno supporre che anche qui siamo davanti ad un meccanismo di faglia trascorrente destra.

venerdì 15 gennaio 2010

Inquadramento tettonico del terremoto del 12 gennaio 2010 a Haiti e la sottostima del rischio sismico nell'area


Il terremoto di Haiti del 12 gennaio 2010 non è stato di per sé un terremoto fortissimo in termini di energia liberata: con una Magnitudo di 7.0 potrebbe anche non essere ricordato fra i 10 maggiori terremoti del 2010: c'è già stato per esempio il 3 gennaio un 7.2 alle isole Salomone, che fra l'altro ha provocato danni e uno tsunami di circa 3 metri di altezza.
I fattori che hanno provocato un simile disastro sono essenzialmente la bassa profondità ipocentrale (circa 10 km), l'essersi scatenato vicino a una città di un milione e mezzo di abitanti, in media poverissimi e quindi residenti in edifici costruiti pessimamente dal punto di vista sismico. e, come vedremo in fondo al post, in una zona in cui il rischio sismico si è rivelato molto sottostimato.
Eppure gli indizi di forte attività tettonica recente si vedono anche da foto satellitari: un esempio è la valle a SE di Port Au Prince.
Per precisare, la mappa dello scuotimento visibile qui a fianco, ha il massimo proprio in corrispondenza di Port Au Prince. Il colore rosso è riservato a intensità del IX grado Mercalli in su. Fate un pò voi...

Negli ultimi 10 anni solo due eventi sono stati peggiori come bilancio di vite umane: lo tsunami di Sumatra del 2003 e (forse) il terremoto cinese del Sichuan nel 2008. A Port Au Prince sono crollati anche palazzi governativi (da quello presidenziale in poi) e delle ONG, per cui dubito che sia rimasto qualcosa di minimamente abitabile.
Insomma la strage è stata provocata da una serie di concause in una nazione poverissima e esposta abitualmente di suo ad altre catastrofi naturali come gli uragani.

Vediamo ora il quadro geologico in cui si è scatenato questo terremoto.
Le Antille dividono il mar dei Caraibi dall'oceano Atlantico. Le Grandi Antille sono meno interessate da fenomeni sismici, mentre le Piccole Antille sono isole costellate da vulcani piuttosto attivi e pericolosi: lungo la fossa di Portorico la crosta dell'Oceano Atlantico scende sotto quella caraibica, che a sud confina con quella sudamericana. A nord, il contatto con la zolla nordamericana è molto più complesso: la zolla dei Caraibi si muove verso Est di circa 20 millimetri all'anno rispetto a quella nordamericana, in un margine di zolla di tipo trascorrente, come quello californiano contrassegnato dalla famosa Faglia di San Andreas. Però, anziché da una faglia singola, il margine nord della placca caraibica è contrassegnato da due sistemi di faglie diversi, grossolanamente subparalleli che individuano all'interno la microzolla di Gonave.

A nord c'è il “sistema settentrionale”, che borda la costa nord di Hispaniola e quella meridionale di Cuba. A vedere la cartina si ha addirittura l'impressione che un'isola più grande si sia divisa in due minori lungo questa faglia, spostando Hispaniola verso est rispetto a Cuba.

Il sistema meridionale, denominato “sistema di Enriquillo – Plantain Garden," assorbe un movimento medio di 7 millimetri all'anno, la metà del rigetto complessivo fra le due zolle e prosegue fino al continente americano e oltre, giungendo alla giunzione tripla fra zolla nordamericana, zolla caraibica e zolla delle Cocos.

Il sistema settentrionale invece si interrompe bruscamente nei pressi delle isole Cayman. Là si è formato un lineamento contrassegnato da un piccolo bacino (il Cayman Trench Spreading Center) che si è aperto per compensare il movimento verso est della zolla di Gonave, mentre la parte ado vest rimane sostanzialmente ferma. E il più profondo e il più lento (oltrechè il più piccolo) esempio di dorsale oceanica estensionale della Terra.

I sismogrammi dimostrano che il terremoto ha provocato uno scorrimento laterale destro con una leggera componente compressiva. Meccanismo focale e localizzazione dell'ipocentro dimostrano che la scossa si è originata lungo il sistema di Enriquillo – Plantain Garden.

Il terremoto del 12 gennaio è stato il più forte registrato in zona negli ultimi 200 anni. Nella zona sono segnalati 7 eventi principali, precisamente negli anni 1618, 1673, 1684, 1751, 1761, 1770 e 1860.

Da questo dato potrebbe sembrare che nell'area ci fosse un gap sismico importante: la distanza massima fra gli eventi era stata 90 anni e ora eravamo a 150 anni. Però senza conoscere in termini precisi i parametri di questi terremoti (nessuno di loro è stato effettivamente associato sul campo alla struttura, anche se i sospetti di un legame sono forti) ed essendo le mie conoscenze sull'area non certamente profonde, posso soltanto limitarmi a considerare questa come una ipotesi preliminare, senza poter affermare certezza alcuna.

Molto preoccupante a mio avviso è la poca distanza temporale fra alcuni eventi: il sistema presenta dei periodi maggiori di instabilitò per cui c'è da aspettarsi una o più forti scosse entro i prossimi 10o 20 anni?

C'è poi un interrogativo: la distribuzione delle repliche è piuttosto strana, essendo tutte dallo stesso lato della scossa principale, indicata nell'immagine con la freccia, mentre il cerchio giallo è Port Au Prince. Quindi si è mosso solo un segmento della struttura, mentre quello adiacente è totalmente fermo. Immagino che qualcuno stia già lavorando su questo aspetto che potrebbe avere dei risvolti difficili: già a Sumatra nel 2003, come ho evidenzato in un altro post, si è avuta una situazione simile e la porzione adiacente si è mossa qualche mese dopo, sia pure con energia molto minore. Ricordo comunque che qui abbiamo uno scorrimento laterale di due zolle mentre lì il terremoto si originò lungo una faglia orizzontale, l'esatto contrario di questa.


Da ultimo una questione di non trascurabile importanza. Dal 1990 a oggi nell'isola e zone adiacenti si era avuto un solo terremoto con M maggiore di 6 e per di più sulla costa atlantica. Solo la parte orientale dell'isola, nella Repubblica Domenicana, quella davanti a Porto Rico, mostra una intensa sismicità.  E questo è sancito dalla carta del rischio sismico nel centroamerica: nella quale  come si può vedere la zona di Port Au Prince è contrassegnata dal colore giallo, per cui erano previste al massimo intensità del VII grado Mercalli e non del nono come è successo.
Probabilmente sarebbe cambiato poco nel bilancio delle vittime: costruire con criteriantisismici in un Paese così povero è pura utopia. Ma almeno, forse, i palazzi sensibili (Governo, ONG, presidi dei Caschi Blu etc etc potevano esserestati esaminati con maggiore cura da questo punto di vista. Ma viste le previsioni probabilmente con le poche risorse a disposizione si è provveduto a fare altro.

Francamente non so se questa carta è stata redatta esclusivamente su basi storiche, ma mi sembra molto difficile che sia così.
Ed è chiaro che la pericolosità della zona era stata sottostimata. Ora, precisando che parlo con il senno di poi, non capisco perchè assegnare un valore così basso di scuotimento massimo teorico proprio in un'area in cui c'è un margine di zolla ben evidente e conosciuto.


giovedì 14 gennaio 2010

Le nanotecnologie per il restauro delle opere d'arte: una prospettiva per il futuro sperimentata con successo sulla Torre di Pisa


Non ci sono dubbi sul fatto che la Torre di Pisa sia uno degli edifici più celebri al mondo. C'è da dire che sarebbe osannata lo stesso anche se fosse dritta, ma così com'è fa passare in secondo piano le altre costruzioni della Piazza dei Miracoli, “robette” come il Battistero, il cimitero monumentale e la Cattedrale, uno dei massimi esempi dell’architettura romanica italiana.
Non tutti sanno che fra guerre e altri problemi I lavori per costruirla, iniziati nel 1173, si sono protratti per quasi due secoli, riuscendo però a rimanere nella piena fedeltà del progetto originario, o quasi: infatti ad un certo punto si vede una inclinazione della struttura, perchè tentarono in quel modo di raddrizzarla (forse per questo qualcuno aveva pensato che la pendenza della Torre fosse intenzionale?).

C'è anche chi l'ha messa sul ridere come icona della carenza di cultura sulla necessità di avere una consulenza da parte di un geologo: “vedi cosa succede a risparmiare sulla perizia geologica????”, altri ne hanno ricavato gag stupende, a partire dal leggendario “Servizio Torri” di “Amici miei atto II”.

Fattostà che la Torre ha continuato a pendere sempre di più e del suo restauro statico (deciso stavolta dopo una lunga e dettagliata indagine geologica....) si è parlato molto all'epoca su quotidiani e rotocalchi.
Non tutti però sanno che oltre ai restauri statici sono stati affrontati anche altri problemi che riguardano i materiali lapidei. I marmi del rivestimento sono stati messi a dura prova da sollecitazioni chimiche e fisiche: alla normale esposizione agli agenti atmosferici e alle conseguenze dell'inquinamento atmosferico (le “croste nere”), le costruzioni pisane patiscono i problemi comuni alle altre città poste vicino al mare: sali marini sono entrati nei pori del materiale reagendo con esso.

Il risultato è che, con il passare del tempo, i capitelli finemente scolpiti in marmo bianco di Carrara hanno perso gran parte del modellato e il materiale sopravvissuto si presentava con un aspetto pulvirulento ed incoerente.

Si è posto quindi il problema di consolidarli e per questo è stata scelta una tecnica molto moderna: l'uso di nanomateriali.
Le nanotecnologie stanno sviluppandosi sempre di più praticamente in tutte le branche delle attività tecniche, dalla medicina all'industria meccanica, dall'aerospaziale alla sanificazione. Sono nate quando si evidenziò che alcuni materiali, se composti di particelle inferiori al decimo di micron, presentano, un rinforzo di alcune proprietà “classiche”, e anche delle altre proprietà particolari. In altri casi, come questo, i nanomateriali vengono scelti soprattutto per le loro minime dimensioni.

Un laboratorio di ricerca toscano, il CE.RI.COL., branca tecnologica del Gruppo Colorobbia, un colosso mondiale dei materiali per le industrie di base come ceramica e vetro, ha fornito un prodotto consolidante a base di nanosilice in solvente acquoso.

Il prodotto è stato applicato ai capitelli del loggiato del primo ordine della Torre di Pisa per immersione: in corrispondenza di ognuno di loro è stata creata una vasca, sigillata con del silicone e riempita con il nostro prodotto (come se avessero messo delle mutande ai capitelli....). Le pietre hanno così potuto assorbire lentamente la silice, che per le sue dimensioni nanometriche è riuscita ad entrare praticamente in ogni vuoto. In pratica è stato come simulare in tempi molto brevi un meccanismo naturale, la diagenesi, che è il lungo processo geologico per mezzo del quale i sedimenti sciolti si trasformano in dura roccia.

A questo modo sono stati ottenuti due effetti importanti: la coesione del marmo è aumentata in maniera drastica e la chiusura dei pori limiterà al massimo la circolazione di liquidi al loro interno.
Ovviamente il trattamento non ha alterato il colore dei capitelli.

Se non bastava questo, c'è stata un altra applicazione di nanomateriali nella zona superiore della torre, vicino alla cella campanaria. Stavolta anziché una nanosilice è stato usato un nanobiossido di titanio. Questo composto ha due caratteristiche molto interessanti. Prima di tutto rende la superficie su cui viene applicato super-idrofilica, per cui l'acqua anziche fermarsi con il suo carico di composti disciolti vi scivola via, evitando la formazone di gocce. La seconda funzione è quasi da fantascienza: colpito dalla luce solare genera dei radicali liberi che riescono a dissolvere i materiali organici! Quindi oltre a tenerla pulita, impedisce che la superficie venga attaccata da sostanze organiche.

L'intervento ha riguardato un arco in cui c'è un continuo ristagno di acqua piovana in qunto è nella zona sotto pendenza. Così l'”Opera della Primaziale di Pisa” (l'istituzione nata per sovrintendere ai lavori della costruzione dei monumenti della Piazza del Duomo che continua l'attività ancora oggi dopo oltre 1000 anni!!!) spera di poter risolvere i problemi di accumulo dello sporco in quel particolare punto del monumento.

Oggi un intervento del genere “fa notizia”, ma è possibile che in futuro queste diventino operazioni di routine: fermare lo sbriciolamento delle pietra e proteggerle con un materiale incolore che tenga lontano lo sporco sono dei traguardi impensabili fino a pochi anni fa e particolarmente importanti in una nazione ricca di palazzi storici come l'Italia.

domenica 10 gennaio 2010

Le incredibili conseguenze delle ultime ricerche sui piccoli scheletri umani ritrovati a Flores: quando la Scienza sorpassa la fantasia

Sarà capitato a tutti un libro, un fumetto o un film in cui uomini moderni incontrano una popolazione primitiva, se non di “pitecantropi” (un termine scientificamente superato che comunque continua ad essere usato dal solo Sermonti, biologo antievoluzionista, non a caso in buoni rapporti con De Mattei. Anche per questo gli oltre 9000 “euri” buttati via dal CNR per far stampare gli assurdi sproloqui di quella congrega rappresentano un oltraggio al buon senso).
Ma quello che fino ad oggi era semplicemente fantasia di qualche mente più o meno geniale, probabilmente è proprio quello che è successo nell'Indonesia di 17.000 anni fa.

EDIT MAGGIO 2016: RECENTI RICERCHE HANNO SMENTITO L'ETÀ COSÌ RECENTE E IPOTIZZANO UNA SCOMPARSA DI HOMO FLORESENSIS CIRCA 50.000 ANNI FA (vedi qui )

La scoperta dell'anno nel 2003 fu senz'altro quella dei 14 strani scheletri rinvenuti nell'isola indonesiana di Flores: sicuramente appartenenti a "uomini" primitivi questi scheletri (di cui quello più completo, LB1 di sesso femminile, da cui il soprannome "Flò") possiedono una caratteristica semplicemente sconvolgente: le piccolissime dimensioni e la capacità cranica altrettanto limitata.
Ovviamente il primo problema è stato capire chi erano di queste creature. Considerando la loro età la loro collocazione sistematica non è stata un gioco semplice. Il secondo è che il loro cervello era di dimensioni estremamente ridotte, 417 centimetri cubici, un valore tipico per scimpanzè e australopitechi. Possibile che con un cervello così piccolo fosse accompagnato da un livello culturale elevato, come dimostrano le ossa di Stegodon (un proboscidato) che mostrano evidenti segni di macellazione?
Sono state avanzate diverse ipotesi, generalmente ascrivibili in tre categorie:

1, Gli scheletri appartenevano a normali Homo Sapiens affetti da qualche patologia o da qualche disturbo genetico. Sono state ipotizzate via via diverse malattie che soprattutto hanno come conseguenza una testa di dimensioni ridotte. Questo soprattutto perchè, come fece notare Dean Falk, antropologo alla Università della Florida, "molti studiosi mostrano il preconcetto secondo il quale una capacità cranica così ridotta sia incompatibile con la costruzione di utensili come quelli rinvenuti vicino ai resti".

2. E' un caso di nanismo insulare. Questo si scontra con una difficoltà importante: ad oggi il fenomeno sembra sconosciuto nel genere umano, nonostante che diverse comunità primitive abbiano vissuto davvero in contesti insulari (isola di Flores compresa) nei quali altri mammiferi (elefanti, ippopotami etc etc) hanno subìto tale processo. Per ritrovare fra i nostri "parenti" più prossimi un caso del genere bisogna ritornare a Oreopithecus Bambolii, del Miocene toscano e sardo.

3. Siamo al cospetto di una nuova specie: le caratteristiche scheletriche mal si addicono a considerarli degli Homo Sapiens.

4. è una popolazione simile ai negritos, cacciatori – raccoglitori di piccola statura che vivono in nuclei isolati tra Filippine, Malaysia e Andamane. Probabilmente imparentati con alcune piccole popolazioni dell'India e dello Skri-Lanka, mostrano le somiglianze somatiche principali con gli aborigeni australiani e melanesiani e infatti le loro lingue appartengono alla famiglia linguistica indopacifica. Secondo alcuni studiosi rappresentano i “relitti” della migrazione dall'Africa verso il Pacifico meridionale dell'Uomo Anatomicamente Moderno.

La quarta ipotesi ha sempre trovato poco credito. Con il tempo, nonostante che ancora non ci sia unanimità fra gli studiosi, si è sempre più imposta all'attenzione l'idea che davvero siano tracce di una nuova specie, Homo Floresiensis e che questa specie sia più simile ai predecessori di Homo Sapiens che a noi stessi. Non è stata una vicenda indolore ma accompagnata da fortissime polemiche, in particolare a causa della asimmetria nel cranio di LB1, che i sostenitori della patologia hanno appunto addebitato a questa causa, mentre i sostenitori della nuova specie hanno sempre addebitato la cosa alla non perfetta fossilizzazione e a deformazioni indotte dal peso dei sedimenti sovrastanti. Per la cronaca LB1 doveva avere circa 30 anni quando è morta e anche questo oi fa propendere per un individuo sano: l'età è già avanzata per l'epoca per un individuo normale, figuriamoci per uno affetto da una patologia così grave.

I primi “rumors” sulla arcaicità delle ossa di Flores sono partiti abbastanza presto (o, meglio, subito): alla luce delle evidenti differenze con la nostra specie qualcuno, cominciò a dire che questi scheletri mostravano delle notevoli somiglianze più con Homo Erectus che non con Homo Sapiens.
Le ultime ricerche però sono arrivate a un livello decisamente sorprendente: nel corso del 2009 su Nature è comparso un eccellente articolo in cui osservando la pianta del piede l'Hobbit ricorda più un australopiteco che un esponente del genere Homo.

Andiamo con ordine, partendo dalla testa. Come fa notare la sempre chiara Kate Wong, una delle firme principali di Le Scienze, Homo Floresiensis è un po' un puzzle fra caratteristiche arcaiche da australopiteco e più moderne da umani. La testa, a parte la robustezza della mascella inferiore, è abbastanza “umana”. C'è anche una spiegazione per le notevoli capacità culturali: uno studio tomografico della scatola cranica dimostra che nel cervello ci siano delle strutture che sovrintendono ad attività culturali complesse, come l'area 10 di Broadman, assenti nelle australopitecine. Ma dal collo in giù si cambia la musica: il polso è scimmiesco, con un osso, il trapezoide, piramidale: nell'uomo moderno il trapezoide assume una forma simile ad uno scarpone e consente movimenti molto più precisi della mano. Clavicola, pelvi, femore e tibia dicono la stessa cosa. Ma la parte più “sconvolgente” è il piede: a parte la lunghezza relativamente elevata (il 70% del femore, contro il nostro valore medio del 55%), che rendeva non facilissimo camminare, manca l'arco plantare. Per inciso un rapporto dimensionale piede / femore simile è presente solo nel Bonobo. In compenso l'alluce è allineato con le altre dita e questa è una caratteristica più umana che da australopiteco e da scimmia antropomorfa.

Pertanto appare sempre più improbabile che le caratteristiche di LB1 e degli altri reperti siano ascrivibili ad una strana patologia. In effetti per poter sostenere questa idea occorre pensare a un meccanismo che ricrei delle strutture arcaiche. Un atavismo un po' troppo complesso per essere vero.
Però qui viene il bello. E' stato definitivamente risolto il dilemma se siamo davanti a una specie diversa o no: la maggior parte degli studiosi a questo punto concordano: “sì, gli individui appartengono a una nuova specie, denominata Homo Floresiensis

Spesso nella scienza la risoluzione di un problema ne apre degli altri: un siffatto scheletro starebbe molto bene nell'Africa di 2 milioni di anni fa: come è possibile trovare tutto ciò nell'Indonesia di 17.000 anni fa?
Si nota infatti come la soluzione indicata, che sicuramente è quella più logica, apre una serie di problematiche antropologiche non indifferenti: se Homo Floresensis deriva direttamente dalle australopitecine (o addirittura "è" un'austalopitecina), allora bisogna per forza concludere che qualcuno emigrò dall'Africa verso l'Asia ben prima di 2 milioni di anni fa in assenza di una tecnologia (relativamente) moderna. Un evento completamente sconosciuto fino ad adesso e che avrebbe una seconda conseguenza: un australopiteco sarebbe sopravvissuto praticamente fino ai nostri giorni, quando si sapeva che nessuna altra specie di ominini condivideva con i nostri antenati l'ambiente almeno negli ultimi 30.000 anni (dall'estinzione di homo Neandertalensis) e, di più, che i sopravvissuti erano nostri cugini molto più alla lontana di tutte le forme conosciute attraverso le ricerche paleontologiche degli ultimi 2 milioni di anni!

Poi sulla classificazione di austalopitechi, uomini primitivi etc vale sempre il detto di Dawkins: "non è che la mamma Australopitecus abbia partorito un figlio Homo": anche considerando in quelche momento delle violenti accelerazioni dell'evoluzione  (gli "equilibri punteggiati" di Gould e Eldredge), è chiaro ed evidente che i passaaggi sono stati complessi e che le caratteristiche di molti reperti sono per forza "intermedie" fra quelle tipiche di una specie e quelle tipiche di un'altra.

Per questo sono in corso una serie di ricerche in diversi siti dell'Indonesia per confermare questa rivoluzione nella antropologia: la scoperta di nuovi Hobbit è vicina?