giovedì 29 ottobre 2009

Un bel dibattito sulla vulcanologia del Chaiten



Il primo maggio del 2008 nessuno poteva pensare che quello che stava incominciando quel giorno sarebbe diventato uno degli eventi scientifici più seguiti almeno nei due anni successivi, questo anche grazie ad internet (altrimenti di questa eruzione si sarebbe saputo ben poco). Rimando al primo post che ho scritto in materia per riportare alla mente i primi dati sull'eruzione.

Da allora la situazione è rimasta più o meno costante. Non ci sono state (ancora?) le temute nubi ardenti ma la città omonima è ormai persa, sepolta sotto una coltre di cenere prodotta dall'eruzione e trasportata lì dal vento e dalle acque, come tutta la pianura circostante. Dispiace per i cittadini di Chaiten ma non oso pensare a cosa sarebbe successo se una eruzione del genere avesse avuto luogo in un'area più popolata.

Purtroppo la zona, dove piovono 5 metri di pioggia all'anno, è spesso coperta dalle nuvole e le osservazioni dirette sono molto difficili perchè avvicinarsi al vulcano è ovviamente troppo rischioso, visto il costante pericolo di nubi ardenti, lahar e collassi dei duomi. Quindi le notizie sono spesso frammentarie e ricavate indirettamente dai dati atmosferici e geofisici. Un parziale collasso di un duomo lavico lo abbiamo avuto davvero il 29 settembre 2009, 16 mesi dopo l'inizio dell'eruzione.

Oggi questo vulcano sale alla ribalta per una clamorosa questione scientifica: sembra che il magma riolitico del Chaiten abbia avuto una risalita insospettabilmente veloce per lave del genere. Il Dr. Jonathan Castro, ricercatore formatosi negli USA, attualmente in Francia e che prossimamente si trasferirà in Australia è stato così gentile da rispondere a delle domande che abbiamo potuto rivolgergli tramite Erik Klemetti di “Eruptions”. Ne è nato veramente un bel dibattito. Per chi lo volesse leggere integralmente, commenti compresi, questo è il link.

Tanto per far capire la differenza fra una lava basaltica e una lava riolitica, costruire una casa lungo le pendici di un vulcano basaltico comporta un grave rischio per la costruzione stessa (l'Etna in questo è un esempio classico).

Costruire una casa su un vulcano riolitico non comporta questo rischio, perchè la lava non raggiungerebbe mai la casa non riuscendo a scorrere: quella che fuoriesce dalla bocca rimane più o meno nella zona e si accumula fino a formare i cosiddetti “duomi vulcanici”. Ma proprio perchè la lava è molto viscosa, i vulcani riolitici sono pericolosissimi, in quanto non hanno colate laviche ma una vasta gamma di prodotti come tufi, nubi ardenti ed esplosioni capaci di distruggere l'intero edificio etc etc. Anzi, la maggior parte delle esplosioni sono da addebitarsi ai vulcani a magma riolitico. Quindi una casa su un vulcano riolitico è ad altissimo rischio, molto maggiore di una su un vulcano basaltico, nonostante il rischio di distruzione da colata lavica sia estremamente remoto.

Riassumo quanto ha detto Castro nell'articolo su Nature: i segni premonitori dell'eruzione sono stati pochi e soprattutto più tipici di una lava basaltica: appena 24 ore tra il tremore sismico e l'inizio dell'attività, in un vulcano quiescente da 9300 anni. È la prima volta che viene osservato un simile comportamento in un vulcano riolitico e quelli prodotti dal Chaiten sono i duomi lavici più grandi negli ultimi 200 anni. Però questa situazione mette in subbuglio i vulcanologi che fino ad oggi pensavano di avere più tempo per lanciare l'allarme in vulcani del genere. La cosa si riflette anche in Italia, con vulcani come Lipari o Vulcano, in cui gli scenari attualmente prospettati sarebbero quindi molto più lenti di quella che potrebbe essere la realtà.

Le indagini sui (pochi) cristalli contenuti nel magma hanno dimostrato che il primo magma eruttato nel maggio 2008 è risalito molto velocemente da una camera magmatica posta a circa 5 km di profondità: ogni profondità è contrassegnata, a causa della minore pressione che il magma incontra via via che sale, da modifiche nei bordi dei cristalli contenuti nel magma e quindi studiandoli si può stimare la permanenza del liquido a varie profondità.

La discussione è venuta molto bene perchè tutti coloro che hanno posto le domande sono quantomeno "persone informate sui fatti", non degli sprovveduti. Si comincia con le preoccupazioni per il supervulcano di Yellowstone: attualmente i piani si basano su un certo tempo di attesa fra l'inizio dei fenomeni premonitori e l'eruzione. Queste scoperte sul Chaiten cambiano la situazione? No, dice Casto, perchè questo quadro si può applicare, solo ad eruzioni minori che possono comunque avvenire anche nei supervulcani. E purtroppo non si può evincere una regola nuova da questo caso: troppo diverse sono le condizioni tettoniche, chimiche e termiche fra un vulcano ed un altro per dedurre una regola “generale”.

Ci siamo poi spostati sull'origine dell'eruzione. Innanzitutto il quadro strutturale del Chaiten è quello giusto per un vulcano “orogenico”: la placca oceanica che subduce è a circa 170 km di profondità: il valore “ideale” per un arco magmatico. La camera magmatica dovrebbe essere a circa 5 km di profondità, ma non ci sono indagini geofisiche per stabilirne esattamente forma e dimensioni. Si sa che non è in equilibrio chimico in quanto la composizione dei feldspati non è costante.

Non si sa se il magma sia venuto da grandi profondità e sia il risultato della differenziazione di un originale magma di composizione basaltica o andesitica (più bassa in silice) o altrimenti se sia il risultato della fusione parziale della crosta dovuta alla risalita di magmi molto caldi sottostanti (ipotesi questa ben fondata a proposito dei magmi toscani). Anche se non c'è una evidenza della seconda possibilità, è sicuro che i cristalli hanno subìto degli sforzi prima del loro coinvolgimento nel magma. Quanto prima di essere coinvolti nell'eruzione e perchè, al momento non è dato sapere, né si sa da quanto tempo il magma è nella camera. Una cosa è sicura: c'è un alto contenuto di acqua e questo può essere uno dei motivi fondamentali della bassa viscosità della lava del Chaiten. Un altro è la scarsissima quantità di cristalli solidi all'interno.

Sul futuro dell'eruzione si sa poco: l'attività è molto costante e la costruzione dei duomi prosegue. Potrebbero raggiungere dimensioni ragguardevoli: parecchi kilometri cubici (a meno che non collassino). Un comportamento un po' diverso da quello dei duomi “classici”: un vulcano rioliico di solito preferisce costruire una catena di piccoli duomi anziché pochi duomi grossi. Nonostante la on ci sono evidenze di uno spostamento di composizione fra le prime lave di un anno e mezzo fa e quelle attuali. Altra caratteristica particolare è la granulometria dei tufi, molto più fini di quelli che si trovano normalmente associati ad eruzioni del genere.

questo è quanto, per adesso, sul Chaiten e siamo qui ad aspettare che prima o poi l'eruzione si concluda.

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