domenica 18 ottobre 2009

I bacini intermontani dell'Appennino Settentrionale: fosse tettoniche o semplici pieghe?


Da un punto di vista geologico l'Appennino è molto più largo rispetto alla definizione geografica. Geologicamente tutta la Toscana (isole comprese!) fa parte dell'Appennino Settentrionale. Una delle caratteristiche principali di questo complesso orogene è una spiccata diversità fra il versante tirrenico e quello adriatico. Nel versante tirrenico troviamo un sistema di baqcini intermontani parallelei all'andamento della catena, in quello adriatico le valli sono trasversali. Altra differenza è che se nelle valli trasversali alla catena del versante adriatico c'è sempre un fiume principale che le percorre, alcuni bacini toscani (come la Valdichiana o il bacino di Firenze) non lo presentano.

Normalmente è ammesso che le fosse del versante tirrenico abbiano origine tettonica, delimitate ai margini da faglie normali: dal Tortoniano superiore l'area tirrenica è interessata da un regime tettonico estensionale, legato all'apertura del Tirreno, responsabile della formazione di una serie di bacini intermontani impostati sulla catena già strutturata, mentre la compressione si spostava via via verso l'Adriatico. In pratica a occidente della catena principale, la crosta si sarebbe sblocchettata in un sistema di horst (le dorsali) e graben (le fosse), la cosiddetta “tettonica a horst e graben” , tipica di zone in stiramento, dove gli sforzi sono di tipo estensionale.

Questo è comunemente accettato da molti ma non da tutti. I ricercatori di geologia strutturale dell'università di Firenze (principalmente Mario Boccaletti, Giovanna Moratti, Federico Sani e Marco Bonini) hanno studiato parecchi di questi bacini e la pensano in maniera diversa: ammettono che ci siano delle faglie normali ai margini delle fosse, ma le loro ricerche dimostrano che sono molto successive alla formazione dei bacini. Non solo, nei sedimenti che riempiono i bacini prevalgono soprattutto strutture compressive. Quindi questi studiosi contestano completamente la ricostruzione “classica” che considera queste vallate bacini estensionali, riconducendo il tutto a un continuum di deformazioni compressive, sia pure non costanti, ma contrassegnate da momenti di sforzo massimo seguiti da momenti di stasi. Un quadro completamente diverso che merita una grande attenzione. Anche perchè, come ripeto, secondo questa scuola, le grandi faglie normali ipotizzate (come la Pistoia – Settignano per il bacino di Firenze), non esistono.

Passiamo in rassegna alcune caratteristiche comuni dei bacini intermontani appenninici secondo questa scuola:
- dove si svilupperà in futuro un bacino si forma una piega sinforme (una piega a forma di sinclinale cioè una piega con convessità verso il basso) che comprende più unità già tettonizzate.
- la loro collocazione è sempre piuttosto particolare: si originano in mezzo fra due sovrascorrimenti fra le falde che compongono l'Appennino Settentrionale. Già questa è una coincidenza interessante da considerare: per esempio immediatamente accanto al bordo del Mugello si vede il grande sovrascorrimento delle Arenarie del Cervarola sulla Formazione Marnoso-arenacea.
- in quasi tutte le discontinuità stratigrafiche i sedimenti immediatamente sotto la discontinuità sono inclinati in direzione del bacino. Le inclinazioni sono massime ai lati del bacino e minime al centro.
- in generale le strutture distensive sono successive a quelle compressive
- le direzioni di raccorciamento sono in generale perpendicolari agli assi dei bacini
- le età delle discontinuità sono correlabili con i momenti di maggiore pulsazione compressiva lungo la catena appenninica. Questi momenti corrispondono a stasi dell'attività vulcanica della provincia magmatica toscana

Esaminiamo in particolare alcuni casi. Nella linea sismica illustrata qui sopra attraverso il bacino della Velona (noto per le sue faune di mammiferi del Miocene) vediamo come non esistano faglie normali, ma come all'incirca verso il bordo NE si annidi un classico thrust. Un secondo thrust in mezzo al bacino è sovrastato da una debole piega anticlinale. E' evidente che, almeno in questo caso, non si possa parlare di graben, visto che manca la condizione principale e cioè la presenza di faglie normali che lo delimitano

Nella sezione qui accanto vediamo come nel lato NE del bacino di Radicondoli – Volterra forti piegamenti (e faglie inverse) interessino le evaporiti del Messiniano (il livello contrassegnato dal numero 8). E' evidente che questo contrasta con la scuola tradizionale che non prevede forti piegamenti nei sedimenti deibacini, considerati "tardoorogenici" se non addirittura "postorogenici".

In quanto alla profondità dei bacini, c'è da fare una considerazione importante: prendiamo il bacino di Firenze, che curiosamente è una valle senza nome (eppure non si può dire che manchi di storia....)., la cui superficie è a circa 50metri sul livello del mare. Nella zona del casello autostradale di Firenze Nord ci sono circa 800 metri di sedimenti. Monte Morello, pochi Km distante, arriva a quasi 1000 metri di altezza. Sembrerebbe facile dire che la faglia normale che delimita il bacino abbia un rigetto verticale di quasi 2 km, ma non è così: nel bacino di Firenze, come in tutti gli altri, alla sedimentazione è corrisposta una ovvia subsidenza perchè il peso dei sedimenti ha provocato un approfondimento della base. Quindi le sezioni verticali del basamento che vengono prodotte con la situazione attuale non rappresentano, forzatamente, le condizioni all'inizio della sedimentazione al loro interno. La subsidenza può essere la causa che innesca ad un certo punto alcune faglie normali lungo i bordi del bacino, che interessano i sedimenti recenti. Vediamo qui schematizzato il caso della zona di Volterra. Queste faglie si formano nel basamento, forse lungo vecchie superfici di discontinuità riattivate (magari anche dei thrust riattivati con direzione opposta).
Lì per lì la cosa può lasciare perplessi: guardare da Artimino o dal piazzale Michelangeolo la fossa tra Firenze e Pistoia sembra proprio che i monti sullo sfondo coincidano con una bella faglia. Stesso discorso per le altre fosse. Ma se lo dicono dei geologi strutturali che quelle non sono faglie... beh..non si può dire che non abbiano competenza e autorevolezza in materia....
Un segnale in tale direzione comunque viene anche dalla letteratura geologica: non ho mai letto lavori sullo studio di queste faglie.... che forse anziché faglie normali, sono le tracce dei thrust principali della catena.
A questo proposito è interessante notare come tutto il grande sovrascorrimento delle unità della Serie Toscana, il “fronte della Falda Toscana”, dall'Appennino parmense al Lago Trasimeno sia bordato da fosse.

La presenza di deformazioni compressive in questi bacini non vuole dire che i thrust che li delimitano erano ancora attivi: un'altro caposaldo della geologia appenninica è che la deformazione procede verso il versante adriatico ed in effetti questi bacini si impostano su zone che sono già state interessate dai fenomeni plicativi e di sovrapposizione delle varie unità tettoniche. Però è scontato che fenomeni orogenici possano avere effetti in aree anche a una certa distanza: in un lavoro recentemente pubblicato sul volume II del 2009 del “Bollettino della Società Geologica Italiana” D.C.Peakock dimostra che l'orogenesi alpina ha provocato movimenti di faglie e piegamenti persino in Inghilterra.

2 commenti:

Unknown ha detto...

Gentile Aldo,
mi chiamo Paolo Gennai e non sono un geologo ma uno storico 'malato' di geologia nel senso che, professinalmente parlando, ho capito sempre di più, in tema di storia insediativa, quando le mie rilfessioni le condivido con un geologo piuttosto che con uno storico focalizzato solamente sui documenti archivistici.
Quello che sostieni è per me in molti passaggi, inarrivabile ma il concetto che sta alla base del tuo ragionamento credo di averlo afferrato. Ti chiedo quindi: anche fra di voi geologi si contrappongono solitamente quelli che sudiano la materia 'senza scendere in campo' e quelli che invece fanno delle campagne di indagine il loro faro di riferimento?
Grazie.

Aldo Piombino ha detto...

chiedo scusa per il ritardo ma non ho le notifiche dei messaggi...
diciamo che ci sono entrambe le categorie.
Però se facciamo un discorso più ampio, il geologo deve sia andare sul campo che studiare tanto la bibliografia. Specialmente se vuole fare delle ricostruzioni tettoniche