martedì 19 maggio 2009

Breaking news: si prepara una nuova eruzione vulcanica in Arabia Saudita?


E' possibile che in quella parte dell'Arabia Saudita che fronteggia il Mar Rosso si stia preparando una eruzione vulcanica.
Questi i fatti: circa 200 kilometri a nordovest di Medina da domenica scorsa c'è in corso una forte attività sismica, in una zona disseminata da piccoli coni e da lave basaltiche. Forte per un'area in cui non è che si registrano in genere scosse forti.
Avevo visto la scossa di domenica ma sinceramente ci avevo fatto caso solo perchè mi aveva colpito la zona (scosse ben più forti in Indonesia mi avrebbe lasciato totalmente indifferente). E neanche l'Iris Hearthquake Browser riporta molti eventi da quelle parti. Questa è la carta prodotta dall'USGS, il Servizio Geologico degli stati Uniti

Di fatto, proseguendo le scosse e leggendo poi a ritroso i giornali on-line locali, si vede che le prime avvisaglie sono della metà di aprile, quando a Medina furono registrate 1200 piccole scosse, ed era qualche giono che c'era attività sismica rilevante.
Dopo la scossa di domenica (M=4.6, niente di che) l 'attività si era più o meno assestata su livelli bassi, ma da ieri c'è stata una impennata, sia nella intensità che nel numero degli eventi. Una cittadina vicina (Al-Eis) è stata in parte sgomberata. Stamattina altra scossa ma è in queste ultime ore che la situazione sembra stia precipitando: si sono registrati ben 4 eventi con M superiore a 4.5 (e uno di 5.6.). quest'ultimo sembra abbia causato qualche piccolo danno. Soprattutto si parla insistentemente di boati provenienti dal basso, non ho capito se contemporanei o no alle scosse

Ci sono due spiegazioni: un terremoto semplicemente di origine tettonica e un terremoto collegato ad attività vulcanica.
Forse non molti sono a conoscenza che nella penisola arabica c'è una forte attività vulcanica quaternaria, correlata all'apertura del Mar Rosso e che fa parte di quella fascia di vulcani che parte dalla Rift Valley africana e arriva fino al Mar Morto. L'anno scorso si è registrata una forte eruzione nella zona del Golfo di Aden, su un'isola.

Non ci sono grossi apparati vulcanici: probabilmente la maggior parte dei coni ha visto una sola eruzione. Ma le calde e fluide lave basaltiche possono percorrere delle discrete distanze ed in effetti occupano la maggior parte della superficie dell'area che è adesso sede di questa attività sismica. Sulle foto da sartellite si distinguono diversi piccoli coni vulcanici sparsi.
Purtroppo il sito del Servizio geologico dell'Arabia Saudita non dice molto. La stampa aveva riportato delle voci secondo le quali la lava era risalita da 8 a 4 kilometri di profondità. Non so bene cosa intendessero: il magma non si comporta certamente come una falda acquifera... E comunque ci sono sempre una parte di studiosi che contestano l'origine vulcanica dei tremori, sismogrammi alla mano.

Però, di fatto, testimoni oculari dichiarano che la temperatura delle acque dei pozzi sta aumentando e che comincia a comparire del “fumo”.
Aspettiamo e vediamo. E' altamente probabile che se eruzione sarà, si formerà un nuovo piccolo cono vulcanico.

mercoledì 13 maggio 2009

La mancanza di cultura ferroviaria in italia e le sue conseguenze

Dopo tanti anni di discussioni sul passante ferroviario fiorentino adesso c'è una certezza: i lavori si faranno. Soluzione scelta quella sotterranea con la stazione di Foster ai Macelli. Pertanto l'importante è che vengano fatti senza arrecare danni alla città.
In questo momento Firenze è scossa dai movimenti dei contrari, che descrivono scenari apocalittici, di case distrutte dal passaggio della talpa per un lavoro inutile (c'è chi, anziché di inutile, parla di un lavoro utile ma che doveva essere fatto in superficie o passando sotto le colline).
Questi fatti, di cui mi sto occupando attivamente, mi portano a delle riflessioni generali sulle ferrovie in Italia.

In tutta questa storia si manifesta l'ignoranza (nel senso di “non sapere”) dell'italiano medio in tema di geologia, ingegneria e ferrovie. E' quella che ha permesso a Trenitalia di spacciare il Frecciarossa come un treno nuovo, quando. come potete vedere da queste due foto, è invece il vecchio ETR500 con una semplice ripellicolatura esterna (per me molto discutibile da un punto di vista estetico). Vediamo un po' dove portano questi “non saperi”.
Molti quando sentono che io sono un appassionato di treni mi guardano come se fossi un marziano. Quando vengono a sapere che sono capace di passare ore appollaiato lungo una linea ferroviaria per fare foto ai convogli che passano mi ritengono pronto per un ricovero forzato alla neuro.

Evito di fare la rassegna di sciocchezze che ho sentito in treno ma vi lascio una perla: “Montezemolo riesca a costruire la sua ferrovia in due anni e senza soldi pubblici quando le FS ce ne hanno messi 10 e abbiamo speso un sacco di soldi”.
Ora, capisco che non è “necessario” sapere che nel gruppo FS ci sono RFI (rete ferroviaria italiana – il gestore della rete) e Trenitalia, l'azienda che “fa” i treni e paga il pedaggio a RFI , come farà dal 2011 NTV (nuovo trasporto viaggiatori – l'azienda di Montezemolo, Della Valle & c), ma dire una cosa del genere dimostra la pochezza di non solo n termini di informazioni, ma anche di percezione della realtà, di chi l'ha pronunciata. Come si può minimamente pensare che un'azienda si possa costruire una ferrovia per conto suo tra Milano e Roma?
Inoltre non c'è la percezione che una ferrovia, rispetto ad una strada, abbia dei vincoli maggiori in tema di pendenze e curve.

L'INCULTURA FERROVIARIA IN POLITICA, SOCIETA' E STAMPA

Purtroppo la scarsa cultura in tema di trasporti (ad eccezione dell'automobile...) e particolarmente in materia ferroviaria non riguardi solo la popolazione: c'è anche fra decisori e politici. Si manifesta con l'incompetenza in materia e provoca interventi o idee discutibili (a partire da chi vorrebbe, nel caso fiorentino, fare la stazione AV a Castello), oltre a farne la Cenerentola del trasporto in Italia.
E' vero che un “tecnico” che deve tracciare una ferrovia farebbe volentieri una linea retta e buonanotte.a tutti. Ed è pacifico che ciò non sia possibile. Ma quando una ferrovia è disegnata in base a compromessi politici si assiste al disastro di Modena, dove in una pianura senza ostacoli sono riusciti a partorire un tracciato che non consente i 300 Km/h..
C'è poi il campanilismo, che tanto per restare sulla Bologna – Milano ha fatto costruire una montagna di interconnessioni fra la vecchia e la nuova linea che rimarranno praticamente inutilizzate (a parte quella di Piacenza), e che hanno provocato un pressochè inutile (e notevole) aggravio nella spesa (mi pare che rispetto alla linea principale sono stati costruiti per le interconnessioni binari per una lunghezza del 30% in più rispetto al singolo tratto Bologna – Melegnano)
Oppure fa istituire delle fermate che restano praticamente inutilizzabili.
Un'altra perla di incompetenza: anni fa vidi un parcheggio ricavato sul vecchio piazzale merci di una stazione, che sarebbe stato dunque un perfetto esempio di parcheggio scambiatore tramezzo privato e pubblico.. Peccato che ci avessero messo la “zona disco” con massimo due ore di sosta. E chi doveva prendere il treno si attaccava...

Anche gli estensori di piani alternativi ne sono affetti. A parte il caso della proposta che circola a Firenze per un attraversamento in superficie, che poteva essere interessante ma è molto approssimativa, se ne sentono di tutti i colori. Cito sempre a casa nostra il caso della proposta di tram-treno della facoltà di architettura. Irricevibile. Praticamente hanno disegnato un sistema di trasporti come se avessero usato la pianta di Paperopoli e non di una città reale perchè non sanno neanche che il tram e il treno hanno tensioni diverse di alimentazione (problema sorpassabile) e binari con profilo diverso. Inoltre non hanno la minima idea di cosa voglia dire far circolare un tram in una rete satura come quella fiorentina, con le ovvie limitazioni imposte dal segnalamento ferroviario: pensano forse di far viaggiare i convogli a vista? Peccato che una cosa del genere, normale per una tramvia, sia impossibile in ferrovia....
Di tram-treno in giro per l'Europa ce ne sono, D'accordo. Ma in realtà come Parigi o la Ruhr, dove la cultura ferroviaria è ben sviluppata e di binari a disposizione ce ne sono a bizzeffe, non gli asfittici 2 binari in arrivo da Pisa, per cui volendo aumentare l'offerta è stato necessario riaprire Porta a Prato.
La stampa non è esente da macroscopici errori. Notizie sbagliate, esagerazioni, errori grossolani sono pane quotidiano (e in generale di ferrovie ne parlano solo quando c'è qualche problema). La più bella è stata quando in un noto ed autorevole giornale, una notizia di un problema ad un treno pendolari è stata corredata con una foto di... un treno ad alta velocità tedesco...


ANCHE LE FERROVIE SE NE SBATTONO DELLA CULTURA FERROVIARIA

Parliamo poi di quello che stanno facendo (o, meglio, NON facendo), le Ferrovie Italiane.
A parte che sembra siano interessate solo ai “Frecciarossa”, fanno solo pubblicità “ordinaria” e non “educativa”. Svolgono pochissima comunicazione sugli aspetti migliori del treno: arrivare a destinazione tranquillamente senza guidare e co il mezzo di trasporto più ecologico che esiste.
Basta poi vedere come trattano il loro patrimonio di rotabili storici: da quest'anno è più difficile e costoso organizzare treni storici (che poi sono pubblicità per la ferrovia stessa!) e la vicenda triste e vergognosa del “Settebello”: l'ultimo esemplare di questo treno, orgoglio dell'Italia degli anni 50 e fenomeno di costume. Salvato dalla demolizione solo per una sollevazione degli appassionati, che hanno letteralmente inondato di email le Ferrovie e i ministeri, è stato parzialmente smotorizzato e giace a Falconara Marittima lungo il mare, aspettando che la salsedine lo faccia fuori.

L'immagine delle ferrovie in generale e della TAV in particolare è a dir poco molto bassa. Regna quasi incontrastata la cattiva stampa dovuta ai vari beppegrillo, no-tav (molto più attivi delle FS nella comunicazione...) etc etc ..
C'è sempre un'aura ideologica pseudoambientalista quando si parla di Alta Velocità, come se fosse una cosa da ricchi, quando invece consente di viaggiare a tutti (a tariffe ahimè un po' care...) mentre prima l'aereo era l'unico (e salato) mezzo di trasporto veloce.
Per dirla come il Cav. Caprotti di Esselunga “in Italia tutto deve avere una connotazione politica, come se le piste ciclabili fossero di sinistra e l'alta velocità di destra”. Io aggiungo: mi permettete di andare in bicicletta alla stazione per prendere il Frecciarossa?
Che poi la TAV, fra costi elevati (come quasi tutte le opere pubbliche italiane, del resto) e, in Toscana, le profonde ferite subìte dal Mugello abbia fatto di tutto per rendersi antipatica è un altro discorso.
In quanto alle altre ferrovie, segnatamente il trasporto locale, regionalizzato in maniera quasi selvaggia, c'è molto che non funziona. Treni sporchi e in ritardo sono la norma. Sullo sporco c'è comunque da fare una puntualizzazione: su polvere, sedili e poggiatesta consunti e vetri unti chiaramente la colpa è della manutenzione; su porte e aria condizionata fuori uso o a temperatura sballata idem, Ma per carte, lattine (magari non vuote) e quant'altro sparse sui sedili la colpa non è delle ferrovie!

In queste condizioni, come è possibile che la popolazione percepisca l'importanza di un'opera ferroviaria?

Il passante sotterraneo fiorentino: la necessità di comunicare da parte di Amministrazioni Locali e Ferrovie dello Stato

Già nel lontano 1995 o giù di lì “Orizzonti”, un giornale gratuito che le ferrovie distribuivano negli allora “intercity” pubblicò una mia lettera in cui mi lamentavo dello scarso livello delle comunicazioni esterne di FS: affermare di avere come unico obbiettivo per bucare l'Appennino solo il guadagno di 20 minuti fra Firenze e Bologna era una visione troppo limitata: avrebbero dovuto spiegare meglio i vantaggi collaterali dell'opera.
All'epoca non conoscevo l'esistenza della cosiddetta “comunicazione istituzionale” ma bene o male credo di aver interpretato questo bisogno.
Oggi, purtroppo, siamo alle solite.
Sta per partire un'impresa ciclopica come il sottoattraversamento di Firenze e dalle Ferrovie l'unica cosa che è arrivata è un comunicato al quartiere 1 (peraltro poco toccato dall'opera), per di più lacunoso e che – visto come era scritto – non poteva che scatenare le più eccitate proteste, anche se per adesso limitate a una piccola (ma rumorosa) parte della popolazione. Leggo di incontri che paventano un “terremoto provocato dai lavori”. Mi arrivano testimonianze di gente preoccupata per la paura di vedere la casa crollare per i lavori.

Qualche tempo fa anche io avevo avanzato dei dubbi e avevo invitato ad esaminare progetti alternativi. Ma li ho trovati di difficile applicazione.
In sostanza ce ne sono due: un attraversamento in superficie, con il quale si dovrebbe demolire un pò di edifici e un attraversamento sotto le colline, che aggirerebbe la città e comporterebbe la costruzione della stazione a Castello, in posizione troppo decentrata per una stazione ferroviaria importante. Quindi sono progetti che non possono essere presi in considerazione.

C'è poi una indagine demoscopica, presentata al workshop sulle ferrovie dello scorso marzo, in cui si rileva che un fiorentino su 6 pensa che l'alta velocità o non passi da Firenze o sia “una cosa del nord”.
Le amministrazioni locali invece, per adesso, hanno scelto il silenzio. Basta andare su google per vederlo. Quindi, unendo il silenzio con la mancanza di conoscenza del'opera, della sua necessità e di come si svolgeranno i lavori, come è possibile che la popolazione se ne stia tranquilla e non dia retta a capipopolo contrari più per opportunità politica e pochezza culturale in campo di trasporti?

Affrontata questa prima questione, occorrerà pensare alle preoccupazioni dei fiorentini, che sono sono fondamentalmente di 3 ordini:
1. il traffico portato dai cantieri
2. le possibili lesioni agli edifici lungo il percorso per lo scavo e per gli effetti sui manufatti di possibili variazioni della falda acquifera
3. L'inquinamento portato dai cantieri

COMINCIAMO DAL TRAFFICO, un problema sostanziale per il fiorentino medio. Nello sciagurato comunicato di RFI di cui sopra praticamente quasi tutte le strade principali della città in riva destra dell'Arno all'esterno dei viali di circonvallazione (che come è noto)in poi erano considerate “viabilità di cantiere”. Per i non fiorentini preciso che i “viali di circonvallazione” erano la circonvallazione nell'800, ricavati dall'abbattimento delle mura medievali e ora sono l'asse principale pe ril traffico dentro la città. Inoltre si erano dimenticati l'impianto di betonaggio di Rovezzano, per cui si capiva che sarebbero serviti per portare da Signa, San Donnino o Calenzano il calcestruzzo per il cantiere di Campo di Marte. E non era stato sottolineato che il marino verrà smaltito integralmente su treno. Venivano dati poi dei valori di passaggio dei camion molto approssimativi e senza specificare quanto avrebbero inciso sul normale traffico delle strade interessate
Inoltre venivano segnalati anche dei cantieri intermedi come al Romito, senza specificare che si tratta di piccolissimi interventi, limitati nel tempo e nello spazio
C'è voluta la conferenza stampa dell'ing. Rettiglieri di RFI nell'ambito del workshop del marzo scorso per capire quanto il comunicato fosse lacunoso ed esagerato.

LESIONI AGLI EDIFICI E FALDA ACQUIFERA: è uno dei cavalli di battaglia degli anti-TAV che hanno distribuito dei dati apocalittici in materia, paventando la rovina di centinaia di edifici. Non si può dire che in generale lo scavo di gallerie sia salutare per gli edifici soprastanti: i toscana i casi della galleria per il quadruplicamento (parziale, strasob!) della Firenze - Empoli e per la variante dell'aurelia a sud di Livorno sono un pessimo esempio e un pessimo precedente. Però, a parte che quasi tutte le maggiori città del mondo hanno al di sotto un dedalo di gallerie (e in quelle storiche spesso sono strutture interessanti per l'archeologia...), basta usare la tecnologia giusta. E questo è stato fatto. Io mi domando come mai ci voglia così tanto per spiegare che il sistema prescelto, la talpa TBM, ha consentito – solo negli ultimi anni – di scavare a Torino passante e metropolitana, a Brescia metropolitana a Bologna il passante ferroviario senza il minimo danno agli edifici. Nella città lombarda la talpa è persino passata sotto il palazzo comunale. E' vero che a Bologna ci sono stati dei guai, ma solo nel tratto in cui NON è stata usata la TBM!
A questo proposito vorrei che qualcuno degli spaventati o degli spaventatori mi indicasse in letteratura un caso in cui uno scavo condotto con una talpa TBM abbia provocato dei danni agli edifici. A Bologna hanno scavato per anni sotto la ferrovia esistente, che per questo motivo non ha patito neanche un minuti di chiusura in 6 anni, nonostante i severi vincoli posti da un monitoraggio preciso (quasi maniacalmente), continuo e fittamente distribuito nello spazio come quello messo in opera dalla “Golder Associated
Molti hanno perplessità sugli effetti dello scavo sulla falda acquifera. Confesso di averne qualcuna anche io. Ma ho ampia fiducia nel dott.Rubellini (fra parentesi eravamo compagni di università), una delle persone che negli ultimi anni hanno avuto i sonni più agitati a Firenze. E' chiaro ed evidente che senza interventi artificiali la dinamica della falda potrebbe subire dei cambiamenti.
Le domande sono: nonostante le precauzioni ci saranno dei cambiamenti nella superficie della falda? Questi cambiamenti porteranno modifiche alle caratteristiche geotecniche del terreno e se sì cosa comporteranno?
Una rete di piezometri che ci diano i valori dei livelli della falda nello spazio e nel tempo, con affiancati anche dei dati storici e dei dati presi in zone non interessate dai lavori penso che non possa sfigurare. Da notare che se gli eventuali effetti della talpa si possono registrare solo nella zona immediatamente al di sopra dello scavo, l modificazioni del livello piezometico possono modificare le caratteristiche geotecniche del terreno anche a una certa distanza dalla zona di lavoro.

INQUINAMENTO PER I CANTIERI: ovviamente ci saranno dei porblemi di polveri, rumori ed emissioni. inutile nasconderlo

L'INFORMAZIONE ISTITUZIONALE


Tutto questo dimostra la necessità di una comunicazione chiara ed esaustiva alla cittadinanza nel quadro di un continuo confronto fra committenti, costruttori e amministrazione, che dovrà cercare di essere sempre dalla parte dei cittadini. Il “modello Sesto Fiorentino” è a questo proposito molto interessante perchè sostanzialmente in quel comune il rapporto fra CAVET, ferrovie ed amministrazione comunale è sempre stato improntato al confronto – talora anche duro – ma sempre in prospettiva costruttiva. Questo perchè un cittadino informato è meno vulnerabile alle critiche mosse da settori contrari della società e della politica che basano la loro comunicazione anche sulla grave carenza di informazioni della cittadinanza.

La comunicazione dovrà essere di due tipi: una comunicazione iniziale e una continua durante i lavori. Il tutto improntato alla massima trasparenza – costi e tempi compresi – e cominciando dall'ABC
Nella comunicazione iniziale dovranno essere illustrati chiaramente gli attori dell'opera (RFI, TI, TAV, NTV, la società costruttrice, quella che fa i monitoraggi, quella che si occuperà della comunicazione e – proseguendo – perchè è stata concepita, perchè è difficile la convivenza fra i treni regionali a quelli veloci, perchè l'operazione venga fatta in sotterranea e non in superficie e ovviamente quali vantaggi porterà alla città e alla regione, perchè la stazione AV non potrà essere la gloriosa Santa Maria Novella e perchè deve essere più vicina possibile al centro.. Il tutto senza slogan, ma con un linguaggio semplice ed efficace e fornendo tutte le indicazioni per trovare i documenti attinenti, dal VIA, alla VAS, alla conferenza dei servizi etc etc.
E siccome non è vero che ancora le opere, almeno quelle accessorie, non siano partite, occorre cominciare da queste, a cominciare dalla messa in sicurezza del Torrente Mugnone, chissà come mai avversata dagli anti.TAV: preferiscono forse rischiare di nuovo un'alluvione come quella del 1992 che mise in ginocchio i quartieri di Statuto e Rifredi, risparmiati a suo tempo dal disastro del 1966?

Occorre proseguire con l'illustrazione delle tecniche di scavo, per dimostrare come con la talpa TBM non si corrono rischi.
Nella comunicazione continua informazioni sull'andamento dei lavori, come si svolge il lavoro nel cantiere, a che punto siamo sia nell'avanzamento che nella durata dei lavori ed altro, in modo che il cittadino o negli infopoint o direttamente da casa sua via internet possa conoscere la situazione in tempo reale.
Dovranno essere pure previste visite ai cantieri per scuole o associazioni
Soltanto in questo modo sarà possibile che i cittadini non parlino per “sentito dire” e quindi siano consapevoli dell'utilità del lavoro che si sta compiendo.

domenica 10 maggio 2009

NW Rota-1: un sorprendente vulcano sottomarino e il suo blog



Nel 2003, durante un rilevamento della NOAA (national oceanic and atmospheric administration), attorno alle Isole Marianne fu scoperto sul fondo dell'Oceano Pacifico un vulcano la cui cima si eleva fino a circa 500 metri dalla superficie marina, e lo hanno chiamato NW Rota-1. La struttura si trova a circa 100 kilometri a nord di Guam, nelle isole Marianne
Le isole Marianne sono un tipico esempio di arco vulcanico insulare dovuto alla subduzione di una zolla oceanica (in questo caso la zolla pacifica subduce sotto un'altra zolla a crosta oceanica, quella delle Filippine). L'arco delle marianne è bordeggiato ad Est dalla fossa omonima, dove si raggiungono le maggiori profondità marine della Terra: 11.600 metri è il punto più basso della superficie terrestre. Nella carta prodotta dalla NOAA sono evidenziate in blu la fossa oceanica e in rosso i vulcani.
In più nell link della NOAA potete trovare una sintetica ma precisa descrizione geologica dell'arcipelago.


Ritornando a 5 anni di distanza, i ricercatori hanno sorprendentemente trovato le cose molto cambiate. Le lave di NW Rota-1 hanno una composizione andesitico-basaltica, il che è assolutamente normale, visto il contesto tettonico. Ma c'è una particolarità molto interessante: il vulcano risulta essere in attività permanente, cosa questa molto poco frequente (anche se per noi italiani, fra Stromboli – sempre attivo - ed Etna – molto spesso attivo – potrebbe sembrare il contrario).
E soprattutto dall'epoca del primo rilevamento, è nato nei pressi della cima un nuovo cono alto come un palazzo di 10 piani e ampio come un isolato laddove, nel 2004, era stata notata una certa attività idrotermale con la presenza di una grossa frattura sul fianco della montagna. E il punto indicato con la freccia nella figura qui accanto.
Insomma, NW Rota-1 è un'ottimo laboratorio naturale per osservare l'evoluzione e le caratteristiche di un vulcano sottomarino.

Un'altra caratteristica strana di NW Rota-1 è l'ecosistema che lo circonda. Un ambiente del genere potrebbe essere considerato difficile per la fauna marina, tra frane di rocce, lave, ceneri, immissione di gas contenti sostanze poco salutari per la vita e a temperature piuttosto elevate. Invece i suoi fianchi offrono una eccellente biodiversità.
Potrà sembrare strano ma la densità di popolazione risulta maggiore rispetto a 6 anni fa, sia a livello microbico sia a livello di specie animali; addirittura sono presenti organismi che non si trovano altrove. E' evidente che il particolare microclima attorno alla cima del vulcano consente degli adattamenti particolari.
Quanto rapidi possono essere questi adattamenti non è dato sapere, ma in precedenza mi ero occupato di un caso simile in Indonesia. Situazioni del genere sono molto comuni nelle acque dolci: la questione degli spinarelli nei grandi laghi americani o dei pesci ciclidi dei laghi della rift valley africana sono esempi “classici” dell'argomento.

La nuova spedizione al NW Rota-1 si è dotata di un ottimo modello di comunicazione: un blog, anch'esso ospitato in "blogger.com".
Per gli amanti del genere “vulcanismo sottomarino” i filmati contenuti nel sito, come questi, sono un must.
Il sito fornisce una ampia documentazione della spedizione, in tutti i suoi aspetti, dalla vulcanologia, alla biologia, alla composizione delle acque, corredato con diagrammi e cartine.

Una riflessione amara: anche noi abbiamo nel Tirreno il nostro NW Rota-1, il Monte Marsili. Purtroppo conoscendone da decenni l'esistenza, siamo solo riusciti a mettere qualche sensore sulla cima che ha trasmesso qualche dato per un po' di tempo. E basta.

giovedì 7 maggio 2009

Al.Ka.Pe.Ca. e le mie idee (molto personali) sulla geologia dell'Appennino Settentrionale

Per la seconda volta da quando esiste “Scienzeedintorni” l'autore mette qualche idea propria anziché studiare o commentare idee o fatti di altri protagonisti del mondo scientifico. Premetto che qui siamo un po' sullo specialistico e che questo post per essere compreso necessita di una buona conoscenza della Geologia dell'Appennino Settentrionale.

Il post precedente, ma soprattutto l'articolo di Marcello Viti, Enzo Mantovani, Daniele Babbucci & Caterina Tamburelli: Generation of Trench-Arc-Back Arc systems in the Western Mediterranean Region driven by plate convergence. Ital. J. Geosci, vol. 128 (2009) n,1 pp 89-106, mi hanno fornito nuova linfa per una mia vecchia idea sulla storia geologica dell'Appennino Settentrionale, che avevo proposto una ventina di anni fa a un paio di persone dell'allora Dipartimento di Scienze della Terra (e che era stata da loro regolarmente bocciata).
Avverto che (purtroppo o per fortuna non lo so) sono fuori dall'ambiente della ricerca e quindi occupandomi di queste cose nel tempo libero fatalmente ho meno dimestichezza di chi se ne occupa tutti i giorni, anche se lieggo sempre avidamente le pubblicazioni della Società Geologica Italiana, di cui ho sempre continuato ad essere socio dai tempi dell'università.

IL BASAMENTO METAMORFICO TOSCANO, LA SERIE TOSCANA E I LORO RAPPORTI STRATIGRAFICO-STRUTTURALI

Personalmente da molti anni nutro grossi dubbi sulla visione tradizionale della geologia dell'Appennino Settentrionale. In particolare non sono per niente sicuro che i sedimenti della “serie toscana” si siano realmente deposti sopra il “basamento paleozoico toscano”. Vediamo perchè.
Il basamento toscano è formato da rocce più o meno metamorfosate paleozoiche, riferibile alla “catena ercinica”, un complesso orogene che occupava l'allora Europa centromeridionale, e i cui resti vanno dalla penisola iberica a Sardegna, Toscana, Francia Meridionale, Germania fino ai Sudeti. Al di sopra troviamo una copertura permo-triassica, anch'essa in parte metamorfosata, formata dal famoso “Verrucano”, (eminentemente presente al Monte Serra anche se depositi simili sono comuni in tutta l'area), dalle evaporiti triassiche (Calcare Cavernoso e Anidriti di Burano) e da un po' di sedimenti, per lo più calcarei, meso-cenozoici.
La Serie Toscana è affine a quelle del sudalpino e a quelle dinariche ed è un ottimo esempio di serie sedimentaria meso-cenozoica del margine “africano” .

Da un punto di vista stratigrafico – strutturale vediamo alcune cose interessanti:

(1) una struttura tettonica fondamentale dell'Appennino Settentrionale è il cosiddetto “fronte della falda toscana”, una enorme sovrascorrimento che va dall'Appennino parmense al Trasimeno, che coinvolge con una gigantesca piega rovesciata le rocce della Serie Toscana
(2) la presenza nelle Alpi Apuane di due unità di serie Toscana, facilmente distinguibili perchè la serie inferiore è metamorfosata (quella dei famosi marmi di Carrara)
(3) Il basamento toscano affiora solo ad ovest del fronte della Falda Toscana: suoi elementi sono visibili in tutta un'area che parte dalle Alpi Apuane e passando per Monti Pisani, Jano, dorsale di Monticiano – Roccastrada, Monti dell'Uccellina arriva fino all'Argentario. In questa zona sedimenti meso-cenozoici sono rari e poco spessi. Unica eccezione, forse, è il macigno di Calafuria.
(4) il basamento toscano ricorda più la Sardegna che le serie coeve presenti nel sudalpino. E non vi è traccia dell'evento magmatico medio-triassico tipico invece dell'area sudalpina

Siccome sostanzialmente l'età della maggior parte dei sedimenti adesso sovrapposti al basamento ercinico toscano non supera il triassico mentre la stratigrafia della Falda Toscana comincia con il Calcare Massiccio dell'Hettangiano (il primo piano del Giurassico), la Serie Toscana è stata sempre interpretata come la copertura di questo basamento. Penso che questo fattore temporale abbia generato un enorme equivoco.

Inoltre sopra alle unità del basamento, dove forse in origine c'erano le rocce della Serie Toscana, adesso ci sono le Falde Liguridi. Per spiegare questa situazione nella storia della geologia nordappenninica è stato quindi introdotto il concetto di “serie toscana ridotta”. Su questi temi c'è una letteratura immensa. Principalmente questo fatto è stato spiegato o con la mancanza di sedimentazione o con uno scollamento fra basamento e sedimenti sovrastanti durante l'orogenesi appenninica avvenuto a livello delle spesse evaporiti triassiche, che avrebbero fatto da orizzonte plastico, con il successivo arrivo delle falde liguridi. Ci sono poi ulteriori spiegazioni come quella di faglie recenti a basso angolo.

A questo punto mi erano venuti alcuni dubbi: come è possibile che sempre e comunque dove c'è il basamento paleozoico e la sua piccola copertura non c'è mai la serie toscana sopra e viceversa? Annoto che:
1) L'interpretazione classica ha un difetto: il basamento toscano è di tipo “europeo”, mentre la serie teoricamente sovrastante è di tipo “africano”
2) Analizzando poi i pochi sedimenti che vediamo adesso sopra il basamento, vediamo come più che quelli della Serie Toscana e del sudalpino ricordino i pochi coevi calabresi e quelli siciliani dell'area di Mandanici (monte Kumeta e dintorni nei monti Peloritani) o addirittura le serie sarde e provenzali
(3) Le uniche rocce dell'Hettangiano, la base del Giurassico, in continuità con il basamento toscano non sono “calcare massiccio”, che è la tipica roccia dell'Hettangiano di tutto il settore adriatico.
(4) Non ho mai capito dove realmente sia andato a sbattere il margine su cui si sono formati i sedimenti delle rocce dell'Appennino Settentrionale: c'è il margine africano, ci sono le rocce dell'oceano... ma qualcosa del margine europeo? Quali rocce che vi appartenevano sono adesso nell'Appennino Settentrionale? Qualcuno, anni fa, mi disse che c'era “il brianzonese”. Risposta un pò vaga che non ha fatto altro che aggiungere interrogativi (può darsi anche che sia io che non abbia capito niente...)
(5) L'assetto strutturale attuale della Toscana sembra cominciare a delinearsi apparentemente da fine Oligocene. Come mai non ci sono tracce di tettonica preesistente?

LA MIA VECCHIA IDEA E I SUOI PROBLEMI

Tutte queste situazioni mi avevano convinto che poteva esserci un'altra spiegazione: non è che basamento toscano e falda toscana appartenessero ai due lati diversi dell'oceano ligure? Ma ammetto che entravo un po' in confusione cercando di spiegare in questa chiave l'assetto tettonico dell'Appennino Settentrionale. In particolare
(1) come mai ci sono tanti sedimenti ad ovest del basamento, se questo, come pensavo, è sempre stato unito al blocco Sardo/corso?
(2) come si può spiegare l'assetto della Corsica, con le unità piemontesi degli Schistes Lustrees sopra al basamento ercinico?
(3) come mai le prime tracce di tettonica compressiva sono così precoci? Chiaramente tutto questo mi costringeva a voli pindarici su obduzioni, vergenze inverse nelle zone interne degli orogeni e quant'altro. Non molto scientifico, direi... Mi restava l'idea di fondo sulla distanza paleogeografica fra il paleozoico e il meso-cenozoico toscani ma non capivo cosa poteva essere successo.

Al.Ka.Pe.Ca E LA GEOLOGIA DELL'APPENNINO

Anche se in una serie di appunti di una ventina di anni fa scrissi che secondo me nel Mediterraneo mancava una placca, non avevo le conoscenze per arrivare ad Al.Ka.Pe.Ca. Ora comprendo come l'idea di un prolungamento verso sud della subduzione alpina Africa – vergente della placca euroasiatica e della litosfera oceanica a lei associata si inserisca bene in un quadro che semplifica il regime tettonico del Mediterraneo Occidentale tra il cretaceo medio e la fine dell'Eocene: una sola, grande, zona di subduzione, estesa dalla Carnia alla parte meridionale della penisola iberica.
Ma questo pone dei problemi per quanto riguarda l'Appennino Settentrionale, dove evidentemente – a questo punto – di zone di subduzione ce ne devono per forza essere due, una fossile in direzione est e una attiva verso ovest che esiste ancora e che, come provato, continua a spostarsi verso l'”esterno” della catena, cioè verso est in tutta la penisola italiana (l'inversione della subduzione non è una novità: numerose pubblicazioni , anche di oltre 20 anni fa, la proponevano ).

Sarebbe davvero utile riuscire a leggere la situazione sotto il mare tra Toscana, Liguria, e Corsica dove si nascondono alcune strutture importanti come il prolungamento della linea Sestri – Voltaggio e tanti sedimenti. Una cosa interessante è che a sud dell'Elba, nel Tirreno, sono stati trovati dei flysch paleogenici. D'altro canto Flysch cretacei sono comuni nelle Liguridi della costa toscana.

Per proseguire mi aiuterò con alcune sezioni pubblicate nel già citati lavoro di Viti et al (2009), applicabili secondo me all'Appennino Settentrionale, sostituendo l' “Iberia” con il margine europeo (zona Sardegna – Corsica – Provenza) e Al.Ka.Pe.Ca. con la “Toscana Occidentale”.

Propongo questa ricostruzione della storia Geologica dell'Appennino, che grossomodo ricalca quella generale del Mediterraneo Occidentale.

(1) nel triassico – giurassico il basamento toscano si stacca dall'Europa assieme al resto di Al.Ka.Pe.Ca. Sviluppo dell'oceano betico – piemontese tra l'Europa e Al.Ka.Pe.Ca. + Toscana Occidentale e di quello ligure fra queste e l'Africa, rappresentata dalla piattaforma adriatica su cui si sedimenta la serie toscana assieme a tutte le varie serie del sudalpino

(2) Nella prima sezione, tra il Cretaceo medio e la fine dell'Eocene si vede l'oceano betico – piemontese che si chiude subducendo verso est sotto Al.Ka.Pe.Ca., e quindi anche sotto la Toscana. Formazione tra la Toscana e il margine europeo dei flysch cretacei, paleocenici ed eocenici delle Liguridi interne e del forearc, attualmente parzialmente sepolti nel mar Ligure davanti alla costa toscana e sulla piattaforma continentale Tirrenica dall'Elba fino alla linea del Pollino, al confine fra Basilicata e Calabria. Dall'altra parte dell'Oceano Ligure continua a sedimentarsi la serie Toscana.


(3) Nella seconda sezione si vede la chiusura definitiva dell'Oceano betico-piemontese, con il sovrascorrimento finale delle unità piemontesi sulla Corsica orientale. Inizia la convergenza che chiuderà l'oceano ligure, con la subduzione verso ovest. Nella fossa si depongono prima le Arenarie di Monte Senario e poi il Macigno. C'è la obduzione di parte delle falde liguridi sul basamento toscano.

(4) Nella terza sezione assistiamo alla chiusura definitiva anche dell'Oceano Ligure, con la formazione della falda toscana e il suo scorrimento sul basamento toscano fino al fronte attuale. Una parte della serie toscana, nella zona delle attuali Alpi Apuane, viene metamorfosata perchè si trova ad essere subdotta proprio nel momento della chiusura dell'oceano, finendo per concentrare su di se tutti gli sforzi delle due masse in collisione. La subduzione verso ovest apre il bacino ligure-provenzale

CONCLUSIONE

A questo modo finalmente capisco come l'Appennino Settentrionale si inquadri nelle classiche vicende del Mediterraneo, trovando una continuità strutturale dalle Alpi alla Cordigliera Betica nel cretaceo – paleocene, riesco a mettere la serie toscana e il basamento paleozoico toscano sui due diversi lati dell'oceano ligure come volevo e comprendo dove siano andate a collidere le rocce dell'Appennino.
Da notare che nelle Liguridi a questo punto ci sono materiali originatisi in due oceani diversi: questo potrebbe dare conto delle diversità geochimiche fra le ofioliti delle liguridi interne e quelle delle liguridi interne?
Si può notare come l'inversione del piano di subduzione predati di parecchio l'instaurarsi del magmatismo toscano (che comincia in Corsica e procede via via verso l'esterno della catena). Mi chiedo comunque come mai non ci sono tracce di vulcanismo del vecchio piano di subduzione verso est.

Quindi, non solo Al.Ka.Pe.Ca. mi consente di descrivere meglio le mie idee sui rapporti fra basamento toscano e serie toscana, ma potrebbe anche essere che la Toscana Occidentale stessa faccia parte di questo microcontinente perduto e, di più, che ne sia il più settentrionale dei brandelli in cui è stato diviso dalla collisione fra Europa e Africa.
Ho poi un altro appunto: ero convinto che molte zone dell'arco calabro – peloritano (inserite in alcapeca) somigliassero in qualche modo alla stratigrafia sarda. Considerando la possibilità di inserire in Al.Ka.Pe.Ca anche il basamento toscano, si potrebbe inserire questa microplacca più come parte dell'ex catena ercinica dell'Europa meridionale permo-triassica anziché un pezzo distaccato della placca africana?


lunedì 4 maggio 2009

Al.Ka.Pe.Ca.: il continente perduto della geologia mediterranea

Anche la geologia del Mediterraneo ha la sua Atlantide, un continente perduto di cui adesso si possono trovare delle tracce sparse tra Spagna, Italia e Africa settentrionale. Un lavoro pubblicato sul primo volume di quest'anno dell'”Italian Journal of Geosiences” (la nuova denominazione del glorioso “bollettino della società geologica italiana”), getta nuova luce su questa terra ed è utile per riassumere la storia geologica di questa area. Le cartine sono prese proprio da questa bella pubblicazione che è: Marcello Viti, Enzo Mantovani, Daniele Babbucci & Caterina Tamburelli: Generation of Trench-Arc-Back Arc systems in the Western Mediterranean Region driven by plate convergence. Ital. J. Geosci, vol. 128 (2009) n,1 pp 89-106
Se si vedesse l'immagine della Terra 30 milioni di anni fa, a parte le linee di costa molto diverse a causa del diverso livello marino (ancora una percentuale consistente di acqua non era imprigionata nelle calotte glaciali) una buona parte del pianeta ci sembrerebbe un po' diversa ma tutto sommato riconoscibile: ad esempio l'Atlantico era un po' più stretto, l'Australia era più vicina all'Antartide e più a sud dell'Indonesia etc etc. Ci sarebbero invece delle grosse difficoltà a riconosce l'area adesso occupata dal Mediterraneo occidentale: non vedremmo il Tirreno, il mare di Alboran, e quello delle Baleari; le Baleari e il blocco Sardo-corso sarebbero ancora attaccate alla Spagna e alla Francia Meridionale, mentre la zolla europea dalle Dinaridi alla Spagna passando per l'arco alpino, all'epoca teatro di intense eruzioni vulcaniche, stava ancora scorrendo sotto quella africana. Più a sud c'era ancora un po' di oceano che scorreva sotto una piccola zolla continetale a sua volta separata dall'Africa, appunto Al.Ka.Pe.Ca., il continente perduto.
Quindi la parte meridionale dell'”Europa Stabile” fronteggiava questo microcontinente, da cui era ancora diviso da un piccolo braccio oceanico in subduzione, formato dalle sezioni betica e ligure-piemontese della Tetide. Questo braccio si era aperto anch'esso tra la fine del Triassico e l'inizio del Giurassico, come quello che aveva staccato AlKaPeKa dalla zolla africana. E' possibile che la frammentazione sia stata guidata dai movimenti fra Africa ed Europa che nel Triassico – Giurassico dovrebbe essere stati più uno scorrimento laterale che una vera divergenza di zolle, per cui si sarebbero formate diverse microzolle circondate da brevi bracci oceanici (Al.Ka.Pe.Ca, placca adriatica, plcca dinarica etc etc).
Tornando all'Oligocene, l'oceano tra Spagna e Al.Ka.Pe.Ca si stava consumando. I ricercatori sono divisi sulla direzione del piano di subduzione: secondo alcuni sotto l'Europa, secondo altri sotto Al.Ka.Pe.Ca stessa. La seconda ipotesi è quella presa in maggior considerazione, perchè spiega meglio le associazioni di rocce metamorfiche dell'epoca presenti nella Cordigliera Betica ed è coerente anche come il prolungamento verso sud della catena alpina.



La fine dell'Eocene è stata un momento importante per quello che sarebbe diventato il Mediterraneo occidentale: come si vede dalla prima figura che mostra la situazione all'inizio dell'Oligocene: l'oceano betico – piemontese si chiude del tutto e Al.Ka.Pe.Ca si salda all'Europa, fronteggiando Asturie, Sardegna e Corsica, allora ancora attacccate all'Europa stabile. Ma i movimenti fra Africa ed Europa non erano cessati e in qualche modo la crosta doveva continuare a deformarsi. A Nord l'Africa ha tentato di rompere l'Europa. Lo dimostra il sistema di fosse tra Reno e Rodano: per poco l'Europa occidentale e quella centrale. non si sono divise. Più a sud invece c'è ancora oceano da consumare


Da allora la situazione nella zona alpina non è cambiata di molto, perchè gli sforzi tettonici sono praticamente conclusi (lo dimostra la scarsa sismicità dell'arco alpino occidentale in cui l'unica “notizia” è il forte innalzamento che la regione alpina sta subendo). Invece la sismicità della zona centro – orientale starebbe a dimostrare secondo alcuni Autori che lì sia in corso una inversione della subduzione, con la zona della pianura padana che stia incominciando a scorrere sotto l'edificio alpino e la zolla europea.

Ma qual'è stata la sorte di Al.Ka.Pe.Ca? Nell'area a sud-ovest le cose si sono evolute in maniera molto diversa: perdurando la compressione fra Africa e il nuovo blocco Iberia – Al.Ka.Pe.Ca, l'unico sfogo è stato la subduzione, sotto questo blocco, del bacino oceanico che divideva Al-Ka-Pe.Ca dall'Africa. Una parte di questo bacino esiste ancora: è lo Jonio, l'ultimo settore della Tetide che deve ancora essere chiuso. In questa seconda fase non ci sono dubbi sul fatto che la subduzione sia avvenuta sotto l'Europa (ancora adesso lo Jonio scorre sotto la Calabria e la zona a ovest della Sicilia sta scorrendo sotto la Sardegna).

Tra l'altro una conferma indiretta dell'inversione della direzione di subduzione tra Oligocene e Miocene si vede dalla nascita dei bacini che compongono il Mediterranneo Occidentale, normalmente considerati dei bacini di retroarco. Per motivi a me non chiari (prima o poi affronterò la questione...) i bacini di retroarco si formano solo quando la subduzione si dirige verso ovest mentre quella ad Est non riesce a formarli. Vedere per confronto la situazione nel Pacifico, nelle Antille, in Nuova Scozia etc etc ..
Notate come nell'area mediterranea non ci siano tracce di bacini del genere da nessuna parte fino a quando la subduzione era quella alpina che si dirigeva verso est e Al.Ka.Pe.Ca. era ancora una zolla isolata.



Quindi in successione si formano il bacino di Alboran e la fossa di Valencia, provocando il distacco dal margine europeo del blocco balearico e di quello sardo-corso. La successiva apertura del bacino ligure – provenzale divide definitivamente il blocco balearico, rimasto da allora stabile, da quello sardo – corso che scorre verso est. A sua volta l'apertura del Tirreno provocherà la rotazione antioraria della penisola italiana.
Vediamo appunto la situazione quando il blocco balearico e quello sardo-corso si stanno separando.



A un certo punto, eccettuato una parte dello Jonio, ormai tutta la crosta oceanica fra Al.Ka.Pe.Ca e Africa si è distrutta e per la nostra zolla sono iniziati i guai. L'Europa non si è rotta e gli sforzi hanno disgregato questo piccolo continente in vari spezzoni, da cui prende il nome: Al (zona di Alboran), Ka (la Kabilia) Pe (i monti Peloritani) e Ca (la Calabria) da cui appunto Al.Ka.Pe.Ca.. Attraverso varie migrazioni i frammenti hanno raggiunto la posizione attuale. Probabilmente un'altra parte di Al.Ka.Pe.Ca è nascosta sotto il mare che divide Sicilia e Africa dalla Sardegna.



Questa in linea generale, è la successione degli avvenimenti. Ma se sul modello c'è una generale identità di vedute (a parte qualche incertezza sulla subduzione dell'oceano betico), quando si considerano i movimenti delle piccole placche in gioco, la loro causa e la genesi dell'intero sistema vulcanico fra Spagna, Sardegna Toscana e Italia meridionale le cose si complicano e ognuno dice la sua.
Vedremo se in futuro gli studiosi riusciranno finalmente a fornirci un quadro più condiviso di come siamo arrivati alla situazione odierna:


In alcuni appunti di una ventina di anni fa a commento di una delle prime pubblicazioni che lessi sulle vicende del Mediterraneo occidentale, scrissi che in qualche modo “mancava una zolla” e quando venne fuori la storia di Al.Ka.Pe.Ca registrai la cosa con molta soddisfazione.
Purtroppo se Al.Ka.Pe.Ca semplifica la geologia mediterranea mi fa confondere ancora di più a proposito della geologia dell'Appennino Setentrionale. Ne parlerò nel prossimo post.