domenica 22 febbraio 2009

Lo scenario attuale della caccia alla balena


E' di pochi giorni fa la notizia che una Megattera si aggirava vicino alle spiagge della Croazia. Un avvenimento inconsueto per questa specie, che non è fra quelle normalmente presenti nel Mediterraneo.
I grandi cetacei hanno sempre suscitato nel mondo ambientalista – e non solo – una grande emozione, forse perchè una volta dominatori incontrastati dei mari di tutto il pianeta, hanno rischiato seriamente l'estinzione totale. Attualmente molte specie sono quantomeno stabili, se non in crescita, altre però continuano ad essere definite come “minacciate”. In ogni caso non si può dare per definitivamente salvi questi animali: per tutti l'inquinamento e il traffico navale continuano ad essere una grave minaccia. Incombe poi la ripresa della attività venatoria commerciale.

Dopo la strage spietata degli ultimi tre secoli, fu creata nel 1946 la “International Whaling Commission” (IWC). Quaranta anni dopo, nel 1986, fu approvato il bando totale della caccia alla balena, con esclusione di limitatissimi numeri a disposizione di alcuni popoli indigeni, autorizzati a condurla solo ed esclusivamente con mezzi tradizionali in Alaska, Groenlandia, Siberia e Caraibi. Purtroppo la IWC è arrivata tardi per alcune specie, irrimediabilmente scomparse e attualmente ne protegge alcune particolarmente in pericolo (come se tutte le altre godessero di perfetta salute...).
Il problema di questa organizzazione è che basta essere un paese con sbocco sul mare per aderirvi, con o senza tradizioni di caccia alla balena e siccome ogni nazione ha un voto ci sono nazioni a cui il problema proprio non interessa, ma votano sì o no a seconda della loro convenienza economica o politica (leggi: finanziamenti). E in questo ambito contano soprattutto i paesi favorevoli e cioè Giappone, Islanda e Norvegia, che cercano di strappare il “sì” di molti paesi poveri.

Nel 1994 la IWC approvò la creazione del santuario delle balene, una grande zona dell'oceano antartico in cui la caccia alle balene è vietata in qualsiasi modo. L'unica nazione ad opporsi fu, naturalmente, il Giappone, le cui flottiglie hanno ricominciato l'attività per scopi “scientifici” qualche anno più tardi. Sostengono che le catture servano a conoscere meglio dinamica della popolazione (in quantità assoluta, classi di età e variazione numerica), sviluppo del corpo, cibo ingerito etc etc. Il fatto è che non una delle mie numerose fonti scientifiche che consulto quotidianamente in internet, né libri o riviste cartacei, hanno mai riportato delle notizie ricavate da questa attività. C'è in corso un boicottaggio dell'ambiente scientifico su questi studi o siamo costretti a metterne in serio dubbio la effettiva utilità?

Fra le “perle” del partito dei favorevoli alla caccia c'è stata addirittura quest'anno la richiesta di cacciare le balene dichiarandole colpevoli della crisi che stanno attraversando molte popolazioni ittiche. Ora, in un mondo scientificamente normale, attribuire alle balene e non alla pesca indiscriminata, il drastico calo di tonni, merluzzi e squali sarebbe più da Zelig (senza offesa per la nota trasmissione TV) che da una commissione scientifica seria, ma tant'è.... Comunque nell'agosto del 2008 al meeting annuale dell'IWC, tenutosi a Lima, in Perù, il rapporto preliminare della commissione allo scopo istituita ha indicato (ma pensa un po'...) che le balene non danneggiano significativamente la fauna marina interessata dalla pesca. La paralisi in cui versa l'IWC è dimostrata dal fatto che sono state rinviate, eventualmente alla prossima riunione nel 2009 a Madeira, due richieste di segno opposto, una del Giappone per togliere il divieto alla cattura commerciale e una degli stati dell'America Latina per creare nell'Atlantico meridionale un altro santuario dei cetacei.

Vediamo la situazione attuale. La Norvegia ha ripreso la caccia commerciale ufficialmente dal 1993. I quantitativi programmati sono sempre in aumento ma c'è da dire che negli anni scorsi il l'obbiettivo non è mai stato raggiunto. Anzi, siamo a valori di meno di 600 esemplari contro i 1052 programmati.

E' solo dal 2006 invece che l'Islanda ha interrotto la moratoria, per prelevare dichiaratamente a scopo commerciale 50 esemplari all'anno. Attualmente c'è in corso una bella polemica, perchè il governo uscente, in una delle ultime deliberazioni, ha sestuplicato questa cifra.
Sulla spinta di USA, Gran Bretagna e altre nazioni (che hanno chiaramente mostrato agli islandesi la loro contrarietà) il nuovo esecutivo in prima istanza si è dichiarato favorevole a diminuire la quota, ma ha fatto immediatamente marcia indietro dopo la diffusione dei dati di un sondaggio in cui ben due terzi degli islandesi intervistati si sono dichiarati favorevoli alla caccia alle balene. La cosa ha un profondo significato politico: in Islanda c'era al potere una coalizione di sinistra che si è disciolta e il potere è passato alla destra in un governo provvisorio che gestirà il Paese fino alle elezioni di maggio (la vicenda nei suoi particolari, che esulano da questo post e da questo blog, mi ricorda casualmente quella di un'altra nazione europea .....)

Veniamo al Giappone. Rimandata dalla IWC la votazione sulla possibilità di cacciare per scopi commerciali, la flotta giapponese è partita il 18 novembre per la annuale crociera nei mari antartici. Il target di quest'anno, ovviamente a “scopi scientifici”, è di 1000 esemplari, il doppio dell'anno precedente. I navigli sono stati seguiti da una nave di ecologisti che ne ha ostacolato l'attività per un paio di mesi, come negli anni scorsi. E' la “Steve Irwin “, della ONG Sea Shepherd, che organizza questa difficile operazione. Il governo giapponese ha definito la Sea Shepherd una organizzazione terroristica. La nave, dopo aver abbondantemente disturbato i pescherecci, è tornata in porto in Australia ai primi di febbraio.
La vicenda ha un risvolto molto interessante: fra i paesi capofila della lotta contro la caccia alle balene, assieme agli USA c'è l'Australia, per la quale, oltretutto, il whale – watching è una importante attrazione turistica. E proprio il governo del continente - isola ha sparigliato il mazzo, annunciando un programma scientifico da diversi milioni di dollari per arrivare agli obbiettivi dichiarati dal Giappone senza catturare animali. Il ministro dell'ambiente australiano ha detto di offrire agli istituti di ricerca nipponici la collaborazione del suo paese per consentire loro di portare avanti gli studi sulle balene in maniera molto meno cruenta.
Il governo giapponese però dimostra le sue reali intenzioni quando dichiara in risposta che “la caccia alla balena è parte delle nostre tradizioni” .

E' possibile che nel paese del Sol Levante le cose siano destinate a cambiare: comincia a formarsi, specialmente fra i giovani, una movimento contro questa caccia e i consumatori abituali di carne di balena sono sempre meno. Forse per questo girano notizie incontrollate secondo le quali, a causa della bassa richiesta, una buona parte del bottino della campagna 2007 – 2008 sarebbe finito in Thailandia per produrre cibo per animali. Riporto queste voci che però cozzano contro il raddoppio o quasi delle catture programmate per questa campagna rispetto a quella precedente, a meno che non sia una mossa politica in vista del prossimo meeeting dell'IWC, programmato a Madeira nel prossimo giugno. Lo aspettiamo con interesse.

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