domenica 28 dicembre 2008

100 anni fa il terremoto di Messina: perchè lo tsunami e come si può essere generato

Il terremoto di Messina del 28 dicembre 1908 è stato uno dei peggiori eventi naturali della storia italiana del XX secolo e sta generando tutt'ora una corposa bibiliografia. In realtà l'epicentro non è stato a Messina, bensì sulla terraferma calabra a sud di Reggio, città che venne distrutta più o meno come quella siciliana.
Per una coincidenza singolare nella zona era in corso un ciclo di rilevamenti geodetici, che hanno evidenziato un forte innalzamento del suolo negli anni precedenti al terremoto, al quale corrispose un forte ed improvviso abbassamento durante la scossa. Il movimento ascendente riprese poco. Sulla sponda calabra il terremoto produsse invece un innalzamento.
Il sollevamento dell'area messinese continua anche adesso. Quindi potrebbe addirittura non entrarci nulla con questo evento: è noto che la Calabria Meridionale e la Sicilia si stanno sollevando, anche se con ritmi diversi (la Calabria ad una velocità quasi doppia) e che, almeno in Calabria Meridionale, il movimento avviene con due componenti, una continua, asismica, e una discontinua, in occasione dei terremoti.
I movimenti di segno opposto delle due coste e la formazione dello tsunami molto più a sud dell'epicentro, davanti a Taormina, hanno sempre fatto pensare che a originare il sisma era stata una faglia normale in direzione N/S, trasversale alla catena.


ALCUNE PARTICOLARITÀ DEL TERREMOTO DEL 1908.

L'evento del 1908 è in qualche modo “anomalo”. Vediamo perchè.
1. Messina, in un generale regime di sollevamento, in occasione del sisma si è abbassata e di parecchio (Osserviamo comunque che in qualche modo tutta l'area dello stretto si è ribassata - o si è sollevata di meno - rispetto al resto dell'arco calabro – peloritano nell'ultimo milione di anni).
2. Ci sarebbero grandi differenze con gli altri terremoti storici che hanno scosso la Calabria meridionale. Questi sono caratterizzati da epicentri sulla terraferma in una linea parallela alla costa tirrenica, posta pochi kilometri all'interno e le faglie generatrici hanno una orientazione parallela alla catena. In questo caso l'epicentro sembrerebbe più spostato verso lo Jonio e la faglia risulta orientata perpendicolarmente alla catena (di faglie perpendicolari alla catena ce ne sono, ma sostanzialmente non sono state associate a sismi di una certa intensità).
3. la sismicità attuale non è facilmente correlabile alla situazione geologica e segnatamente con quanto sembra accaduto nel 1908: l'assetto strutturale della Sicilia Ionica Settentrionale era stato spiegato con la presenza in mare della cosiddetta “faglia di Taormina”, che doveva appunto coincidere con la struttura generatrice di questo terremoto (Il nome dato a questa struttura poteva essere diverso, per evitare di ingenerare confusioni con la nota “linea di Taormina”, il lineamento che da Taormina arriva alle Eolie e divide l'arco calabro – peloritano dalla catena siculo – maghrebide).
4. Dulcis in fundo, l'anomalia più spiccata: nessuno contesta che ci sia stato uno tsunami. Però una magnitudo di 7.5 è teoricamente troppo bassa per scatenarlo. Questo vale anche per altri maremoti nell'area, in particolare quelli associati ai terremoti del catanese del 1169 e del 1693.

L'INESISTENZA DELLA FAGLIA DI TAORMINA E UNA NUOVA IDEA SULLO TSUNAMI.

La “Faglia di Taormina” non è stata trovata in nessun profilo sismico, nonostante gli intensi studi. Alla fine, l'ultima crociera di una nave oceanografica del CNR (2006) (lo scrivono Paolo Galli ed altri ricercatori, in un interessante lavoro pubblicato nel 2007 sul “Bollettino della Società Geologia Italiana”) ha accertato che le poche faglie osservate sono la continuazione di quelle già note in terraferma e che una faglia trasversale alla catena, più o meno parallela alla costa siciliana proprio non esiste fino all'altezza di Catania, dove comincia la cosiddetta “scarpata ibleo – maltese”, il lineamento che separa la crosta continentale sicula da quella oceanica dello Jonio. Le strutture geologiche mostrano semplicemente una forte inclinazione recente verso est (Il che, tanto per aumentare la confusione, contrasta con quello che si vede nel settore dello stretto, dove invece è la zona ad Est (la Calabria) che si sta sollevando...). La stessa campagna geofisica ha escluso pure la presenza di faglie normali ad alto angolo.
Recentemente è stata avanzata l'idea che lo tsunami non sia stato provocato direttamente dal terremoto: i fondali dello stretto e delle aree limitrofe presentano notevoli spessori di sedimenti sciolti e versanti molto ripidi, per cui è possibilissimo che lo scuotimento del terreno abbia provocato una frana sottomarina di grandi proporzioni, tale da innescare lo tsunami (di questo aspetto si parla anche nella Valutazione di impatto ambientale per la costruzione del ponte sullo stretto). la cosa spiega meglio anche la distanza temporale fra la scossa principale e il maremoto. E difatti alcuni geologi dell'Università di Roma Tre (Andrea Billi e Liliana Minellli) avrebbero individuato la frana nella zona a largo di Giardini Naxos. E' ovvio che così, oltre a sciogliere l'enigma degli tsunami della zona, si fa giustizia della “faglia di Taormina” e, quindi, anche dell'anomalia di una faglia generatrice che non si trova. La carta è tratta dal loro lavoro.

E' POSSIBILE UN'ALTRA SPIEGAZIONE PER IL TERREMOTO DEL 1908?

A questo punto, anche se non è nello spirito puramente informativo di “Scienzeedintorni” una nuova ipotesi la propongo io (giuro che è la prima e l'ultima volta che lo faccio...). Nello Jonio calabro ci sono due classi di terremoti: oltre a sismi superficiali si nota un certo numero di eventi più profondi. In pratica tra Ionio, Calabria e le coste della Sicilia orientale i terremoti si raggruppano in due classi, una superficiale (tra 0 e 20 km di profondità) e una tra i 30 e i 60 km.
Nella zona di Messina la zolla jonica che scende sotto l'arco calabro è a una profondità piuttosto bassa. Proviamo quindi a considerare una nuova ipotesi: il terremoto del 1908 potrebbe nascere in un contesto strutturale diverso dagli altri terremoti dell'arco Calabro – Peloritano.
Nella costa pacifica a nord della California è comune la presenza di forti sismi con una storia simile: lento innalzamento asismico e, all'atto della scossa, un forte abbassamento. Nelle zone costiere questi eventi sono stati persino datati scavando trincee e studiandone la stratigrafia: l'abbassamento violento del terreno provoca l'ingresso nella falda acquifera di acqua marina, per cui si assiste ad una estesa moria di alberi che lascia una evidente traccia, coperta da sedimenti successivi.
Quindi il terremoto del 1908 possa aver avuto origine non da una struttura distensiva superficiale, ma da una compressione più profonda legata alla zona in cui la crosta ionica collide con la crosta calabra e vi scorre sotto, un meccanismo simile a quello dei terremoti del Pacifico e dell'Indonesia. Nel classico schema di Amodio e Morelli la linea dove collidono le zolle in superfice è la curva che parte dal Gargano e arriva nel Canale di Sicilia. La zolla ionica scende sotto il Tirreno e si trova nello Jonio a largo della Calabria, ma poi si avvicina molto all'area dello stretto
Una interpretazione di questo tipo, che presuppone un piano di faglia immergente a NW e collocabile a discreta profondità (almeno 20 km), fornisce una buona spiegazione dei movimenti cosismici del settore messinese, ma contrasta con quelli del settore calabro. Proprio per questo, il meccanismo classico sarebbe più credibile (ed infatti è quello preso in considerazione attualmente), solo che si scontra con la mancanza della faglia.
C'è poi un altro dubbio: perchè altri settori di questo sottoscorrimento, nel mare a est della Calabria, non hanno mai dato a memoria d'uomo, movimenti sismici importanti?
Nonostante questi forti dubbi ho voluto comunque presentare questa ipotesi (in attesa che qualche geofisico me la stronchi senza complimenti.....)

giovedì 25 dicembre 2008

La necessità di una sinergia fra religiosi e atei contro l'ondata di superstizioni che ci ha invaso

Un paio di lettori mi hanno scritto accusandomi di essere troppo “tenero” nei confronti della Chiesa nei miei vari post in cui ho denunciato astrologi e truffatori vari. Anzi, uno si è scandalizzato quando mi sono espresso in favore di un fronte comune fra Chiesa e atei razionalisti contro le superstizioni
Molti scienziati sono e si professano atei, alcuni addirittura fanno campagne di proselitismo per l'ateismo.
Io personalmente non sono molto interessato alla cosa: considero la religione una cosa molto personale e sono per la libertà religiosa: non me la prendo né con gli atei né con i credenti di qualsiasi credo. Me la prendo solo con chi pensa di essere il depositario della verità assoluta e tenta di imporla dando di idioti agli altri (ci sono “fulgidi” esempi in entrambi gli schieramenti di cui sopra....)
Concedetemi comunque di spiegare perchè pongo una netta distinzione fra Chiesa Cattolica (e altre religioni e confessioni) e astrologia, divinazioni varie e seguaci di simili idiozie.
Innanzitutto, per ottenere quata alleanza, ci deve essere una distinzione netta fra scienze, che studiano il mondo fisico, e religione e teologia, che dovrebbero occuparsi esclusivamente del mondo metafisico (ovviamente per chi ci crede). Sul mondo metafisico la Scienza può dire poco, anzi niente: è vero che non esiste una equazione per dimostrare l'esistenza di Dio, ma, d'altronde, non è dimostrabile scientificamente neanche il contrario, cioè che Dio non esista....
D'altra parte se la teologia si occupa delle cose “dell'anima” e del mondo metafisico, non vedo perchè possa contestare sul piano teologico dei fatti scientificamente indubitabili. Questo, comunque, più che per la Chiesa Cattolica, vale per altre chiese e posizioni di religiosi integralisti di religioni varie (anche se, sostanzialmente, mi sembra che la Curia romana stia tornando indietro, di questi tempi...).
Ben diverso è il caso di chi crede negli extraterrestri e nei cerchi nel grano (notoriamente disegnati da menti umane) e, soprattutto, dell'astrologia, che vuole avere una parvenza di scienza, a partire dal nome, ma che non ne ha: nessuno è mai riuscito a stabilire che cosa siano le forze in gioco e come variano, né in maniera qualitativa né tantomeno, quantitativa. La stessa “carta del cielo” è sballata, visto che mette i corpi celesti in rotazione in cerchio intorno alla terra. Questo è profondamente sbagliato e le traiettorie, da un punto di vista di un osservatore terrestre, sono molto più complesse visto che la distanza dalla terra degli altri astri varia enormemente (tranne che per la Luna,..). Inoltre, per la precessione degli equinozi, i segni attuali non corrispondono a quelli fissati nell'antichità, Quindi l'astrologia, a dispetto del nome, è totalmente antiscientifica e io non posso che combattere posizioni del genere.
Ma perchè questo astio generalizzato in buona parte del mondo scientifico nei confronti delle religioni?
Soprattutto a causa dei religiosi. Non entro nel merito delle scelte sulla ricerca scientifica che attingono alla sfera morale (in particolare la ricerca sulle staminali o la fecondazione assistita, sulle quali per me sono lecite opinioni diverse). Anche scienziati notoriamente atei, razionalisti etc etc hanno appoggiato dei divieti nella ricerca biologica, per esempio.
Ma quando i teologi si ergono a giudici, contestando quello che è scientificamente dimostrato, mi sembra che si ritorni ai processi nello stile di quello contro Galileo. Mi riferisco, al momento ed esplicitamente, a chi contesta l'evoluzione della specie, dicendo che non è scientificamente provata.
Purtroppo non tutti i religiosi sono come Padre Coyne, Gesuita e emerito astrofidico che non contesterà mai l'evoluzionismo e Darwin (e si mormora che proprio per questo sia stato "fatto fuori" dalla Specola Vaticana): rimango sbalordito se davvero un prelato importante ed influente come Monsignor Fisichella abbia detto che “se c'è veramente incompatibilità fra un dato della scienza e uno della fede, allora uno dei due deve fare un passo indietro. E a mio avviso lo deve fare la scienza e non la fede”. Una affermazione che si commenta da sola... Le religioni non possono contestare i risultati della scienza (anche se, ripeto, può essere lecito dibattere sulla liceità di alcuni esperimenti, specialmente in campo genetico)!
Attualmente notiamo un certo movimento per il “disegno intelligente”, che non è altro che una risposta di una teologia che si è adeguata: constatata la certezza dell'evoluzione della specie, considera questo fenomeno come guidato da Dio (anzi, da un “disegnatore intelligente” perchè è chiaro che non ci sarebbe la minima possibilità di accennare a Dio su un testo scolastico scientifico).
A me il “disegno intelligente” sta benissimo, purchè rimanga confinato alla teologia e non venga citato nelle pubblicazioni scientifiche. E soprattutto, mi danno la nausea coloro che hanno deciso di togliere dai programmi scolastici l'evoluzionismo e termini come “darwinismo”.
In Italia, poi, la situazione è ancora peggiore. Mi riferisco al puzzo con cui i cosiddetti “uomini di cultura” si comportano nei confronti della scienza, vista come una cultura minore nei confronti della Cultura Umanistica e della storia. Non a caso, siamo il paese che onora Benedetto Croce, certamente la figura di intellettuale più nefasta per il progresso della nazione che ci sia stata in Italia nel XX secolo .
Io continuo ad insistere che sarebbe tanto di guadagnato nella lotta contro le superstizioni più imbecilli, come l'astrologia, una sinergia fra religiosi e atei razionalisti.
O vogliamo lasciare a questa marmaglia la “guida spirituale” delle nuove generazioni?


giovedì 18 dicembre 2008

Un nuovo terremoto disastroso sconvolgerà l'Indonesia?


La costa meridionale dell'Indonesia è situata lungo uno dei limiti di zolla più attivi del mondo, dove la crosta dell'Oceano Indiano subduce (cioè scorre al di sotto del continente asiatico, immergendosi dentro il mantello terrestre). In superficie questo è evidenziato da una catena di vulcani andesitici estremamente attivi (e potenzialmente molto pericolosi) che formano l'ossatura di Sumatra, Giava e delle altre isole minori fino a Timor e da una fossa oceanica, la “fossa di Giava”: lunga 2600 kilometri, raggiunge una profondità massima di oltre 7500 metri e borda tutto il margine dell'arcipelago.
Già al suo inizio il XXI secolo potrebbe aver sperimentato in quest'area il suo più grande terremoto, quello del 26 dicembre 2004 a Sumatra, la cui magnitudo secondo le varie fonti oscilla nell'intervallo fra 9.0 e 9.4. Una magnitudo così alta si raggiunge solo in casi eccezionali, lungo le zone di subduzione: terremoti così forti possono essere originati soltanto da faglie suborizzontali, dette “thrust faults”. La potenza dei “terremoti di thrust” sta nell'enorme attrito che si accumula lungo la struttura: un sisma si verifica quando le forze lungo una faglia vincono l'attrito fra i due lati della frattura. E' chiaro che se la faglia è orizzontale, il peso della massa rocciosa sovrastante incrementa l'attrito e pertanto, per innescare il movimento, è necessario un accumulo di forze molto più elevato rispetto ad una faglia verticale. Così la rottura di una faglia orizzontale accade raramente, ma quando lo fa ha sempre esiti disastrosi. Il thrust della Sonda è una di queste strutture e si estende per circa 6000 kilometri tra le Andamane e Timor.
Una caratteristica importantissima e curiosa del grande terremoto di Sumatra è la distribuzione estremamente asimmetrica rispetto all'epicentro delle numerose scosse che hanno seguito quella principale (parecchie di tale intensità che avrebbero fatto notizia se fossero venute da sole): nel primo mese dopo il terremoto non c'è stata a sud dell'epicentro nessuna scossa di M>4 mentre a nord, tra la parte settentrionale di Sumatra e le Andamane, se ne contano almeno una quarantina con M>6, compresa una di 8.6 appena 8 minuti dopo la scossa principale (che nonostante sia per adesso il terzo terremoto più forte del secolo, non compare negli annali dei terremoti principali, ma solo nelle note accessorie a quello devastante!). E da metà gennaio l'attività si è quasi del tutto spostata a NW, nella zona delle Andamane).
Nella carta, ricavata dal preziosissimo “Iris Earthquake Browser” si vede come nel primo mese (dal 26 dicembre al 26 gennaio) ci sia una fortissima differenza nella distribuzione delle repliche fra il settore NW (quello in cui si era mosso il Sunda Thrust) e quello SE: quest'ultimo è quasi completsmente privo di terremoti significativi (sono illustrati i 700 eventi più forti registrati nel periodo). La situazione è rimasta la stessa e il settore di Kepualauan - Mentawai è stato sismicamente molto tranquillo fino al 28 marzo successivo, quando un evento di rispettabilissima magnitudo (8,7), investì la zona. I danni furono limitati (anche se furono ingenti) solo perchè l'epicentro era in mare e lo tsunami associato fu di modestissime dimensioni.
Da quel momento si è instaurato nell'area un periodo di intensa attività sismica, culminato nel 2007 con gli eventi di giugno (6.4 e 6.3), settembre (8.5) e ottobre (6.8). Per confronto, dal 2003 al 2004 nell'area si contano solo 5 eventi di magnitudo maggiore di 5, di cui uno di 6.4. Un po' più in là, Giava è stata stata interessata da una crisi nel 2006. Anche adesso, proprio mentre sto scrivendo a Mentawai è stato registrato un sisma con M=5.4.
C'è il sospetto che l'evento del marzo 2005 e quelli successivi, anziché una risposta tardiva del settore meridionale del Thrust della Sonda al terremoto del dicembre 2004, siano invece i precursore di un nuovo grande terremoto che investirà nei prossimi decenni la zona adiacente verso sudest a quella che è stata interessata dalla scossa del 2004. Questa non confortante possibilità è stata scoperta di recente.
Nell'area sono avvenuti terremoti molto importanti dei quali una parte sono registrati da fonti storiche, mentre altri si possono notare studiando un effetto collaterale a prima vista insospettabile, i coralli: questi animali possano vivere esclusivamente sotto il livello marino e a un determinato intervallo di profondità. Quindi le irregolarità nella crescita delle colonie (interruzioni di crescita, variazioni di forma, morte delle colonie) sono le risposte di questi organismi alle variazioni del livello marino, che qui avvengono molto spesso a causa delle deformazioni di un forte terremoto. Ad esempio l'evento del settembre 2007 ha provocato un l'innalzamento del suolo che ha ucciso molte colonie.
Un team del CalTech di Pasadena, coordinato dal professor Kerry Sieh, un geofisico, studiando la forma dei coralli, ha accertato nell'area, oltre agli eventi conosciuti tra il 1797 al 1833, altre due crisi centrate attorno al 1350 e al 1600. Queste crisi sono composte da cicli di attività sismica e l'evento del marzo 2005 potrebbe essere benissimo, purtroppo, il contrassegno dell'inizio di un nuovo ciclo: in effetti da allora l'attività sismica nella zona di Kepualauan – Mentawai è drasticamente aumentata. Il pericolo non è statisticamente imminente, ma c'è una altissima probabilità che nei prossimi decenni una scossa di magnitudo pari o superiore a 8.7 possa investire l'area, generando pure uno tsunami devastante come quello del 2005.
A questo punto, sapendo di avere un certo tempo per organizzarsi è bene che le autorità indonesiane comincino a preoccuparsi della cosa.

mercoledì 10 dicembre 2008

Il ponte sullo stretto: ancora perplessità (e guardate da chi vengono)

Recentemente è uscito un libro molto interessante sulla questione del Ponte sullo stretto, di cui mi ero già occupato quasi un anno fa
Mi devo limitare a parlare di questa pubblicazione sfruttando le recensioni che ho letto (accompagnate da alcune interviste all'autore) sia perchè non ho voglia di spendere 80 €, sia perchè proprio non avrei il tempo di leggerlo.
In buona sostanza vi si commentano diversi aspetti che dimostrano quello di cui ero già convinto, e cioè che il ponte, così come progettato, non starebbe in piedi.
Vengono elencati alcuni grossi dubbi, abbastanza coerenti con quelli espressi qualche anno fa dall'ingegner Mazzolani, uno dei più autorevoli “opinion makers” della comunità tecnica nazionale. In particolare, non ci sarebbe la certezza che le tecnologie attuali consentano una luce così lunga (in futuro “forse” - quindi non c'è neanche la certezza per il futuro...); il rapporto fra lunghezza e altezza (il famoso “rapporto di snellezza”) è troppo squilibrato e quindi la struttura potrebbe collassare; il peso dovrebbe essere diminuito usando acciai più robusti ma nel contempo più leggeri di quelli adesso disponibili; manifesta dei dubbi sulla tenuta delle saldature e, non sarebbero stati messi in conto neanche impatti sociali su zone recentemente edificate.
Sempre lo stesso autore accenna a situazioni gravi da un punto di vista sismico: nelle sezioni geologiche pare siano state tolte le faglie e non sarebbe stato considerato che la costa calabrese è costantemente in deformazione (le famose deformazioni gravitative profonde di versante, sulle quali ho tanto insistito in diverse sedi).
Anche l'analisi della pericolosità sismica sarebbe molto carente.
Su questo punto ho qualche dubbio. Se da un lato sul vecchio sito della “Società stretto di Messina” c'era scritto che il tempo di ritorno di un terremoto come quello del 1908 è di diversi secoli, non considerando minimamente almeno gli eventi del 1638 e del 1783 (Valensise dell'INGV propone circa 1000 anni di intervallo e accenna a un evento gemello nel IV secolo DC), sulla Valutazione di impatto ambientale (VIA) dopo aver parlato del costante sollevamento di tutta l'area si legge,secondo me molto più correttamente, che “il proseguimento attuale di questo sollevamento giustifica i forti sismi che colpiscono la regione con periodicità dell’ordine di 85 +/- 10 anni per sismi con Magnitudo inferiore a 7 e 130 +/- 30 anni per sismi >8.
Il sisma catastrofico del 28 dicembre 1908, di magnitudo 7-7.2 scala Richter, rientra in questa ultima categoria".
Inoltre, sempre nella VIA, si accenna alla possibilità che i maremoti che hanno colpito l'area non siano stati causati direttamente dall'evento, ma da frane sottomarine nei sedimenti non consolidati esistenti ai lati dello stretto (di questo tornerò a parlarne in uno dei prossimi post, visto che stanno per ricorrere i 100 anni dal terremoto)
Ma la ciliegina sulla torta è che, a causa del vento, il ponte sarebbe inutilizzabile un centinaio di giorni all'anno (2 alla settimana, in media). Su questo ultimo particolare l'autore del libro dichiara esplicitamente in una intervista di aver personalmente avvertito la Impregilo, una delle società che devono (dovrebbero?) costruire l'opera.
A questo segue la possibilità di scegliere una soluzione sicuramente fattibile tecnicamente e anche, particolare di non trascurabile importanza, più economica con due campate di lunghezza inferiore ai 2000 metri ciascuna.
Questo libro da chi è stato scritto? Ambientalisti integralisti? Oppositori politici dell'attuale governo nazionale o del governo siciliano? Settentrionalisti arrabbiati contro “soldi inutili regalati al sud (e/o alla mafia)”? No! L'autore è nientepopodimeno che il Professor Remo Calzona, che del progetto vigente è un po' il deus ex machina.
Nell'intervista a Repubblica sostiene di aver sbagliato le previsioni e in particolare che dal 2004 ad oggi sono venuti fuori dei dati che rendono impossibile una campata così lunga.
C'è chi parla di “onestà intellettuale” del Prof.Calzona. Potrebbe essere vero e in questo caso ammettere i propri errori, specialmente devastanti come questo, sarebbe un punto di merito. Ma non conosco la vicenda né, a maggior ragione, i suoi retroscena. E non voglio essere io a fare dietrologie, che non sono “in linea” con l'impostazione di Scienzeedintorni. Faccio solo notare che se la soluzione a due campate è più economica “oggi”, sarebbe probabilmente stata la più economica anche solo cinque anni fa e quindi all'epoca deliberatamente è stato scelto un progetto più costoso e oltretutto, molto azzardato.
La società Stretto di Messina risponde che il nuovo progetto non va bene come localizzazione perchè necessita di due viadotti adduttori dai due lati mentre il progetto approvato ne ha solo uno lato Sicilia e comporterebbe una lunghezza complessiva di 1.000 metri contro i 400 attuali (“ben” 600 metri in più...), e che la soluzione a due campate con piloni in mare era stata scartata per problemi tecnici e ambientali. Ma non risponde sulle perplessità tecniche, salvo riaffermare che il progetto va bene così.
Il caso del professor Calzona forse spiega le reticenze e la nebulosità tipiche del vecchio sito della società “Stretto di Messina” a proposito, per esempio, dei finanziamenti e dei “geologi internazionali” che avrebbero sentenziato la fattibilità del progetto (ignorando deformazioni, sismica della zona e quant'altro).
Nota finale: come se le parole di Calzona avessero scombussolato la situazione il sito della Società Stretto di Messina,in ristrutturazione da diversi mesi e si limita ad una pagina azzurra.