mercoledì 26 novembre 2008

Alcuni antichi americani erano europei?


Prove linguistiche, genetiche, geografiche e di altro tipo continuano a confermare per il popola- mento delle Americhe lo schema tradizionalmente accettato delle “tre ondate” di migrazione. Sulle date, invece, c'è una profonda incertezza: la cronologia ricavata dai dati genetici è compatibile con migrazioni avvenute durante fasi in cui i ghiacci si erano un po' ritirati, ma da un pounto di vista archeologico si sa ancora veramente poco.
Riassumendolo in breve e senza addentrarsi in particolari, con la terza migrazione sono arrivati gli Inuit dell'Alaska e delle Aleutine, con la seconda i Na-dene (Apaches, Navajos e gli abitanti della costa pacifica a nord della California) e con la prima tutti gli altri, gli Amerindi propriamente detti.

ALCUNE CARATTERISTICHE “STRANE” DEL POPOLAMENTO DEL NORDAMERICA. Qualche anno fa fu scoperto a Kennewick, una località dello stato americano di Washington uno scheletro vecchio di 9000 anni che presentava delle caratteristiche un po' strane: le fattezze del volto sono caucasoidi e non amerinde e il suo DNA mitocondriale contiene l'aploguppo X, tipicamente euroasiatico. Cominciamo a dire subito che “caucasoide” non significa molto: ordinariamente con questo termine si intende un europeo, un nordafricano o un mediorientale, in contrasto con altri “tipi” come il negroide o l'orientale (il tipico aspetto degli asiatici nordorientali). In realtà caucasoide significa tutto e nulla: probabilmente erano somaticamente caucasoidi i primi uomini anatomicamente moderni usciti dall'Africa e quindi, semmai, sono gli orientali che si sono successivamente differenziati a partire da antenati caucasoidi. La stessa cosa è successa nelle Americhe, dove i primi nativi assomigliavano davvero poco ai loro discendenti attuali.
Ammettendo che l'uomo di Kennewick fosse un Na-Dene, potrebbe essere valida l'ipotesi che i Na-dene (e a maggior ragione gli amerindi che li avevano preceduti lungo la via dello Stretto di Bering) siano migrati dalla Siberia prima che nei popoli rimasti là si fissasse quella importante caratteristica che sono gli occhi a mandorla. Iin effetti se si eccettuano gli Inuit, pur venendo tutti dall'Asia (con la eventuale eccezione – vedremo – degli europei solutreani) nessun nativo americano è caratterizzato dagli occhi a mandorla
La presenza dell'aplogruppo X pone altri interrogativi. Fino ad allora era stato notato solo in Europa ed in Medio Oriente. La sua è comunque una distribuzione strana: gli aplogruppi hanno solitamente una elevata frequenza in una zona geograficamente ben delimitata. Invece X è debomente presente in molte aree: medio oriente (con particolare frequenza fra i drusi del Libano), nordafrica, Italia, Isole Orcadi, paesi nordici a lingue uraliche (ma solo Finlandia ed Estonia: è molto più raro nei popoli geneticamente e linguisticamente a loro connessi nelle steppe russe). Ed è sempre in percentuali inferiori al 5%, tranne che nei drusi, nelle Orcadi e in Georgia. Fra i nativi americani lo troviamo fra Na-dene e Algonchini (gli Amerindi del nordest, tra Canada e USA settentrionali),sia in popolazioni viventi che in sepolture. La percentule è tipicamente il 3 %, con alcuni picchi oltre il 10% in alcune tribù. In Sudamerica è presente negli Yanomami.
L'aploguppo X americano fu facilmente correlarlo a incroci con bianchi dopo la venuta degli europei (a cominciare dai Vichinghi nel IX secolo), ma la distanza genetica tra il tipo nordamericano e quello europeo è troppo alta per dare validità all'idea. Contemporaneamente era stata notata un'altra stranezza: le punte delle lance della cultura Clovis, la più antica documentata in Nordamerica, sono simili a quelle che venivano fabbricate in Francia dai Solutreani qualche migliaio di anni prima. Punte del genere si trovano soltanto in Francia, penisola iberica e Nordamerica.

STANFORD E BRADLEY L'IPOTESI SOLUTREANA: ALCUNI ANTICHI AMERICANI PROVENIVANO DA OCCIDENTE? In quegli anni l'aplogruppo X non era documentato in Asia settentrionale e quindi nel 1999 due ricercatori dello Smithsonian Institute, Dennis Stanford e Bruce Bradley, unirono le due cose, ipotizzando che dei solutreani fossero arrivati in Nordamerica dall'Europa lungo la banchisa polare, cacciando foche e vivendo come gli attuali Inuit. All'epoca , cone si vede dalla carta edita dalla National Geographic Society, l'Atlantico settentrionale era coperto di ghiacci come adesso l'Artico: la calotta polare in Europa, oltre alla Scandinavia, copriva pure la Gran Bretagna, arrivando quasi alle attuali coste tedesche, mentre in America si estendeva almeno fino alla latitudine di New York. Quindi era teoricamente possibile attraversarlo. Contro questa ipotesi, detta “ipotesi solutreana” ci sono due obiezioni principali: la differenza di età fra la cultura solutreana, attiva tra 22000 e 16500 anni fa, mentre le tracce più antiche dei Clovis sono di appena 13.500 anni fa, e il fatto che i Solutreani (e i loro successori Magdaleniani) fossero degli abilissimi pittori (le testimonianze di arte rupestre e nelle grotte in Francia sono vastissime), mentre non ci sono tracce di arte nel periodo Clovis. La prima obiezione ha in se una sua validità, la seconda chiaramente no: l'ambiente tipico della traversata atlantica sui ghiacci non consentiva certo questa attività, e ne potrebbe essere stato perso il ricordo. Se l'ipotesi di Stanford continua ad essere valida a proposito delle punte, potrebbe però cadere come spiegazione della presenza dell'Aplogruppo X, che è stato recentemente rinvenuto in popolazioni dell'Asia settentrionale.

I NA-DENE E LA SIBERIA Tra i nativi americani e l'Asia ci sono molti legami. I Na-dene, in particolare, dovrebbero provenire dalla zona degli Altai, con la quale condividono svariate cose. Legami genetici, con la comune presenza degli aplogruppi A, C e D del DNA mitocondriale (il B è esclusivo delle Americhe e con una distribuzione a macchia di leopardo); legami linguistici: gli idiomi della ormai praticamente estinta famiglia siberiana sono al centro dell'ipotesi “sino-dene-caucasica”, quella che propone un'origine comune per le tre grandi famiglie linguistiche sinotibetana, na-dene e caucasica.
Si evidenziano anche connessioni di tipo culturale. Mi riferisco al Sasquatch (o Bigfoot), l'uomo gigante dei boschi della costa pacifica nordamericana, un mito limitato ai soli Na-dene della costa (e assente in quelli meridionali, Navajos e Apaches, che invece mostrano la presenza dell'aplogruppo X). Questa creatura è straordinariamente simile allo Yeti e all'Almas (per inciso anche una parte dei Tibetani potrebbe avere la stessa origine altaica). Ci sono altri rituali paragonabili, come per esempio la “danza dei bastoni”
Se l'aplogruppo X fosse venuto in America dalla Siberia con i Na-dene, la sua presenza nelle areea nordorientali del continente tra le popolazioni amerinde si spiegherebe con gli evidenti segni di mescolanza fra Na-dene e amerindi settentrionali (specialmente gli algonchini), tantochè per alcuni geni qusti ultimi sono più vicini ai Na-dene che agli altri amerindi. Ma se fosse valida l'ipotesi solutreana, sarebbe il contrario, e cioè sarebbero stati gli amerindi del nordovest a contaminare i Na-dene. Il che si adatterebbe meglio all'alta frequenza (relativamente parlando...) di X in alcune tribù amerinde come i Sioux. Il tutto sarebbe avvnuto prima della migrazione verso sud di Apache e Navajos, che è molto recente, dopo il 1300 DC.

LA GENETICA DELL'APLOGRUPPO X. Non si sa di preciso quando questo aplogruppo si sia originato: proprio a causa della sua rarità ci sono molte incertezze nel calcolo e il valore medio (26.000 anni fa) oscilla attorno a una forbice di parecchie migliaia di anni. Dovrebbe essere comparso in Medio Oriente, per poi suddividersi qualche migliao di anni dopo nei sottogruppi X1 (tipico ed esclusivo dei Paesi Arabi) e X2, che si trova invece sparso per Europa, paesi arabi, Asia settentrionale e Americhe. I dati sono stati elaborati nel 2003 da un vasto gruppo di ricercatori di molte nazionalità e non sono riuscito a trovare dati più recenti. Da questo lavoro comunque sembrerebbe che l'aplogruppo presente negli Altai (X2e) non ha relazioni particolari con X2a (quello presente in America) e che sia giunto in zona molto recentemente dal Caucaso, sicuramente dopo la migrazione dei Na-Dene. X2a, peraltro, appare differenziatosi precocemente in una zona del Vicino Oriente.

L'IPOTESI SOLUTREANA E' ANCORA VALIDA? Tutto sommato, con questi dati, l'ipotesi di Stanford è plausibile, anche se molto audace: l'aplogruppo X2 si sarebbe diffuso nell'Europa occcidentale provenendo dal Nordafrica durante il progressivo miglioramento climatico che ha avuto luogo da 18,000 anni fa in poi. Da qui sarebbe passato in Nordamerica valicando l'Atlantico sulla calotta glaciale con i solutreani.
Magari questi uomini, arrivando in America, erano rimasti lungo le coste ma poi, con il ritirarsi dei ghiacci, si sono addentrati nel continente seguendo le loro prede. Forse il segreto è sepolto nel mare a largo degli Stati Uniti occidentali, in zone adesso sommerse ma che 15.000 anni fa, con il livello marino più basso, erano emerse. Comunque questa migrazione, se c'è davvero stata, ha avuto pesanti conseguenze culturali, ma scarse genetiche: è chiarissima la provenienza dall'Asia degli aplogruppi A, C e D che sono posseduti dalla stragrande maggioranza dei nativi di tutto il continente americano. E non ci sono tracce di altri aplogruppi europei (e questo, forse, è il dubbio più grande).
Quindi è possibile che per la terza volta prima dell'umanità “moderna” le Americhe siano state raggiunte da forme di vita del vecchio mondo passando dall'Atlantico, come avvenne tra 40 e 25 milioni di anni fa, quando in qualche modo fortunoso primati e roditori raggiunsero il Sudamerica partendo dall'Africa.

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