venerdì 28 dicembre 2007

non se ne può più! firmate la petizione contro l'astrologia

come ogni fine di anno assistiamo da tutti i canali dell'unica Fonte di Sapere a cui gli italiani attingono per la loro cultura alla sequela degli oroscopi per l'anno a venire.
La cosa peggiore è che nessuno si scusa per le idiozie previste un anno fa e nonavvenute, oppure per i fatti non previsti avvenuti....
Io mi domando perchè si debba prestare ascolto a certe idiozie, dimostrate scintificamente nella loro inconsistenza. Ma poi è mai possibile che mi debbano chiedere sempre "di che segno sei?" come se questo fosse un dato di fatto che influenza la mia persona, i miei destini, il mio sviluppo mentale, i miei rapporti con gli altri...
rispondete come me, dite che il vostro segno è l'orsa maggiore, distinguetevi dalla massa pecorona e stupida.
E non solo, firmate la proposta di legge per "Disposizioni in favore di una corretta informazione dell'opinione pubblica sulla ascientificità delle previsioni probabilistiche diffuse attraverso l'uso di oroscopi, carte, numeri o pratiche analoghe" sul sito della UAI - Unione Astrofili Italian, proposta di legge che io ho già firmato diverso tempo fa.


Di seguito posto il comunicato stampa della UAI per la fine di quest'anno



COMUNICATO STAMPA

il futuro fra le stelle ... senza l'oroscopo.

Le feste di fine anno sono in pieno svolgimento, e ci aspetta come il solito l’orgia delle previsioni astrologiche, non solo sulle emittenti private, ma anche sulle emittenti nazionali, a cominciare dalle reti pubbliche e spesso all’interno dei Telegiornali stessi.
Su molti schermi televisivi parole accattivanti e consigli vaghi e superficiali scorrono mentre i notiziari espongono avvenimenti di attualità, a volte tragici; oroscopi a pagamento vengono offerti sui nuovi mezzi di comunicazione; giornali che influenzano l’opinione pubblica, con il pretesto di rendere più accattivante la realtà che ci circonda, ospitano l’oroscopo giornaliero, talora perfino in prima pagina, dandogli una patente di serietà che non gli compete, essendo nella migliore delle ipotesi puro intrattenimento.
In questi giorni il Ministro della Pubblica Istruzione ha deplorato il fatto che i ragazzi delle scuole medie inferiori non conoscano "la causa del giorno e della notte, dovuto alla rotazione della terra intorno al proprio asse”; invece sanno con precisione di che segno sono (anche se non ne sanno nemmeno l’origine!), bombardati fin dall’infanzia da questa pericolosa sottocultura dell’oroscopo che provoca il fatalismo e che spesso accompagna i nostri giovani, convinti che ciò che accade loro sia dovuto ad un destino scritto nelle stelle.
Cogliamo quindi l’occasione per ricordare a tutti la nostra proposta di legge - consultabile alla pagina web http://astrologianograzie.uai.it/legge.htm - comunemente definita “del bollino per gli oroscopi", presentata in Parlamento nel maggio 2006 (proposta n. 483).
L'obiettivo è avvertire i fruitori di oroscopi, attraverso un apposito messaggio, che quelle parole non hanno nulla a che vedere con il loro futuro, che non c'è alcun obbligo né necessità di seguire quelle indicazioni, che ognuno è libero di seguire la propria strada senza vincoli.
Non sono mancate, nei riguardi dell’Unione Astrofili Italiani, critiche che irridono alla nostra proposta, oppure ci ricordano che nella società contemporanea ben altri sarebbero i problemi da risolvere. Tuttavia riteniamo che qualsiasi iniziativa volta a limitare una sempre più diffusa incultura, promuovendo di pari passo la cultura scientifica, possa dare un contributo a migliorare le prospettive per le generazioni future, attualmente colpite da molti sintomi preoccupanti, dall’insufficiente preparazione scolastica nelle materie scientifiche alle scarse possibilità di carriera nella ricerca e conseguente “fuga dei cervelli”. Ci sentiamo inoltre molto gratificati dal sostegno e dall’approvazione di oltre 2000 persone, tra cui numerosi scienziati, che ci hanno voluto dare il loro consenso e incoraggiare la nostra iniziativa.
L’UAI, che rappresenta tanti appassionati osservatori delle stelle continuerà, nonostante le critiche, a suggerire un modo sempre affascinante ma molto più serio di guardare al cielo, per imparare a conoscerlo e per approfondirne lo studio.
A questo proposito, per sapere cosa ci riserva il cielo nel prossimo futuro, sul sito UAI - alla pagina www.uai.it/index.php?id=1060&tipo=A - è consultabile il Calendario delle iniziative astronomiche promosse dall’UAI nel 2008. E' un calendario fittissimo di iniziative, legato ai principali eventi celesti ed alle osservazioni pubbliche previste per il prossimo anno ed alla cui realizzazione parteciperanno centinaia di associazioni locali di astrofili.
Tanti auguri di buone feste dall'Unione Astrofili Italiani e dai responsabili della campagna "Astrologia? No, Grazie!".
Per maggiori informazioni consultare il sito UAI (www.uai.it) all'indirizzo della campagna "Astrologia? No, Grazie!" (http://astrologianograzie.uai.it email: astrologianograzie@uai.it).

Roma, 28 Dicembre 2007



martedì 25 dicembre 2007

dighe ed energia idroelettrica: mostri presenti, futuri e futuribili

L'energia idroelettrica è stata considerata a lungo (e a torto) un'attività di basso impatto ambientale. In realtà una diga, anche la la più piccola, produce delle conseguenze sul regime fluviale. Se da un lato può regimare le magre (più che le piene), dall'altro la formazione di un lago e il conseguente rallentamento della corrente interrompe il trasporto dei sedimenti. Quindi a valle di una diga il fiume trasporta meno sedimenti, ha maggiori capacità abrasive e, non consegnando al mare il solito quantitativo di sedimento, contribuisce all'erosione della costa. Il fenomeno, in Italia, è accentuato dal rimboschimento, giustissima opera per la prevenzione dell'erosione dei versanti: il disboscamento eccessivo ed il conseguente aumento del carico solido dei fiumi, aveva rimpolpato le coste più del lecito e contribuito in parte a mitigare l'abbassamento continuo a cui sono soggette naturalmente le pianure costiere (incrementato dall'indiscriminato prelievo di risorse idriche per mezzo di pozzi). Inoltre la diminuzione del carico solido ha influenzato fauna e flora fluviale. Le conseguenze della costruzione di una diga possono essere tragiche anche per le popolazioni, costrette ad abbandonare case, campi e quant'altro.

Tutto sommato le dighe sono state fino ad oggi di dimensioni modeste, a parte quella di Assuan e quella di Kariba in Africa, e qualcosa in Sudamerica, ma ora stiamo assistendo alla costruzione o alla progettazione di autentici mostri, con conseguenze ambientali a dir poco devastanti.

In Cina la “diga delle tre gole” sbarra lo Yangtze, il maggior corso d'acqua asiatico. Il progetto avrebbe tre obiettivi principali: produrre energia, migliorare la navigazione interna del paese e prevenire le periodiche inondazioni dello Yangtze. Ci sono forti dubbi sulla prevenzione delle alluvioni, ma chiaramente per la Cina i primi due obbiettivi sono fondamentali. E un bacino idrico di oltre 600 chilometri di lunghezza è una modificazione ambientale drammatica specialmente se vicina ad un'area fra le più ricche in biodiversità della Cina. E ci sono più di un milione di sfollati (ufficiali...).

In Brasile c'è un progetto di sbarrare il Rio Madeira, il secondo fiume più grande dell’Amazzonia, un gioiello per quanto riguarda la biodiversità. Il suo bacino copre un quarto dell’Amazzonia brasiliana, e si estende per più di 1,5 milioni di Km quadrati in Perù, Bolivia e Brasile. E' il principale affluente del Rio delle Amazzoni e il responsabile per circa il 15% del volume delle acque del Rio delle Amazzoni. Ma soprattutto pare che il 50% dei sedimenti trasportati dal Rio delle Amazzoni nell’Oceano Atlantico provengano da questo fiume. Il danno al sistema alluvionale del bacino Madeira - Rio delle Amazzoni potrebbe essere devastante

Ma dove si passa veramente il segno è in un progetto dell'università di Utrecht, in cui si propone una diga all'altezza dell'imbocco del Mar Rosso. Senza l'afflusso di acqua dall'Oceano Indiano, l'intensa evaporazione provocherebbe una drastica diminuzione del livello del Mar Rosso. Si creerebbero i presupposti per un impianto idroelettrico da 50 gigawatt di potenza che risolverebbe i problemi energetici dovuti alla sempre crescente domanda da parte dei paesi del Medio Oriente. Gli autori del progetto ammettono che ci sarebbero conseguenze ambientali enormi, ma anche una eccezionale riduzione delle emissioni di gas serra a fini energetici.

Analoga proposta fanno per uno sbarramento sullo stretto di Hormuz per il Golfo Persico.

Non c'è nessun accenno a difficoltà da un punto di vista sismico, specialmente ad Aden, dove c'è una giunzione tripla fra 3 zolle, vulcani attivi etc etc.

A questo punto faccio una proposta anche io: siccome lo stesso aspetto dell'evaporazione c'è con il Mediterraneo, che viene rifornito di acqua dall'Atlantico dallo stretto di Gibilterra, perchè non fare una diga anche lì? In fondo con 100 metri in meno di acqua nel Mediterraneo sai quante terre ci sarebbero a disposizione? (scherzo..............)

Il problema della produzione di energia è sicuramente il grande assillo dei nostri tempi (tranne che per chi fa finta di niente). Ma forse si risolve in altri modi. La Standford University, che non è una dittarella qualsiasi, ha proposto a largo di Capo Mendocino un parco eolico che potrebbe fornire il 5 per cento dell’elettricità che la California ricava attualmente da combustibili fossili con evidenti minori conseguenze sull'impatto ambientale. E la California non è un paesino, ma uno dei masimi consumatori mondiali di corrente.

Ce la faranno?

giovedì 20 dicembre 2007

Forme bipedi sarebbero le antenate delle scimmie? O questa?

Confermo l'imbarazzo: sinceramente ho sempre guardato male le teorie scientificamente non ortodosse. E' però vero che il progresso scientifico è passato attraverso diverse rivoluzioni le cui idee portanti non erano di sicuro ortodosse nei confronti della scienza ufficiale dell'epoca: cito l'astronomia copernicane a galileiana, l'evoluzione della specie o la tettonica a zolle (nella sua prima accezione di “deriva dei continenti”. Il concetto vale sia per “massimi sistemi” come questi, sia per ricerche di portata più limitata. Però anche io nel mio piccolo ho un'idea eretica su parte della geologia dell'Appennino Settentrionale, come da regolamento smantellata in pochi minuti dal buon Professor Pandeli, ma continuo (in privato – essendo fuori dall'accademia) a considerarla un buon punto di partenza per una certa fase geostorica.

Parliamo adesso dell'avvento della “stazione eretta”, cioè come, quando e perchè i nostri progenitori hanno “deciso” di muoversi su due arti anziché sui canonici quattro. Su questo le idee sono le più varie (specialmente sul perchè). Quasi ogni giorno se ne sente una e i creazionisti ci sguazzano, approfittando che tutto è molto difficile da studiare per la cronica scarsezza di reperti fossili: savane e/o foresta sono ambienti di vita che rendono la fossilizzazione quasi impossibile: un corpo morto sul suolo viene divorato quasi totalmente in pochissimo tempo. Ultimamente ho letto di una antropologa la quale sostiene che il bipedismo si è sviluppato perchè i peli sono diventati troppo deboli e non consentivano più ai genitori di tenere i piccoli sul dorso o sotto la pancia (come fanno i primati) e quindi si sono dovuti alzare per tenerli sulle spalle. Di una cosa siamo ragionevolmente sicuri: il bipedismo è successivo alla divergenza fra gli antenati nostri e quelli dello scimpanzè.

Avevo già notato anche io una contraddizione cronologia di fondo: se la divergenza uomo – scimpanzè si fissa con l'orologio molecolare a 5/6 milioni di anni fa, come possono esistere forme bipedi più antiche? O è mal calibrato l'orologio molecolare (che funziona in base alle differenze fra i corredi genetici di due specie) o sono sbagliati i dati stratigrafici oppure questi fossili non fanno parte della linea umana (e il bipedismo è comparso più volte) o è sballata la certezza.

A questa ultima possibilità pensa l'antropologo Aaron Filler. In una sua recente pubblicazione esordisce dicendo che non pretende – bontà sua – che l'intera antropologia mondiale riconosca valida la sua idea. Lui sostiene che la stazione eretta fu conquistata molto presto dall'antenato diretto di tutti gli ominoidei, che poi, per motivi sconosciuti, sarebbero quasi tutti tornati quadrupedi. Quindi la stazione eretta non sarebbe stata l'origine della diversificazione uomo – scimpanzè, semmai di quella fra le scimmie antropomorfe e le altre scimmie del vecchio mondo.

Filler parte da due osservazioni: la prima è l'incongruenza fra la stratigrafia e l'orologio molecolare, la seconda che i piccoli di tutte le scimmie antropomorfe si alzano in piedi per camminare, e lo fanno regolarmente i gibboni adulti (che di tutte le antropomorfe sono i più geneticamente distanti da noi!). La terza che gli ominidi miocenici come Oreopithecus Bambolii camminavano già eretti 9 milioni di anni fa (su questo c'è un po' di dibattito, ma per molti è un fatto assodato).

Quindi sostiene che l'antenato comune di tutte le scimmie antropomorfe era bipede e che POI ci sia stato un ritorno generalizzato al quadrupedismo, tranne che in alcuni casi. E' un rovesciamento notevole della medaglia: non è l'uomo che viene dalla scimmia, è la scimmia che viene dall'uomo...

Per me esiste la possibilità che l'origine della stazione eretta risieda nella brachiazione, il sistema particolare di spostamento sviluppato dai primati, eccellente per un animale arboricolo: camminare sugli alberi utilizzando le braccia e restando in sospensione. Chiaramente per un corpo che cammina così è più facile tenere una stazione verticale piuttostochè orizzontale, semplicemente per l'azione della gravità.

E' chiaro che nella scienza ci sono dei “preconcetti mentali” che guidano la ricerca: Darwin stesso ci cascò arrivando alle Galapagos quando cominciò a collezionare fringuelli e tartarughe, ma essendo ancora creazionista non si curò bene delle località di cattura. Se lo fosse già stato li avrebbe catalogati con una attenzione particolare per la geografia. Anche i genetisti negli esami comparati fra DNA umano e di altri primati prendono per buona l'ipotesi tradizionale, e così pure fanno altre discipline.

E se davvero fosse stato come dice Filler? Non è che mi sono "convertito". Però i dati che ha esposto uno spunto di riflessione lo meritano.

Solitamente al giorno d'oggi le idee “bizzarre” nascono da ufologi o in generale da persone che sono fuori dalla scienza ufficiale e quindi, sinceramente, quando mi imbatto in questi personaggi cambio sito. Ma se parla uno scienziato dotato pure di Ph.D a Harvard... beh, allora calma e sangue freddo e vediamo che dice.

martedì 18 dicembre 2007

geofisici come avvoltoi appollaiati su una faglia che dovrebbe muoversi (e in California toccano ferro)



Charles Richter, ideatore della scala che prima si chiamava Richter, ora semplicemente detta la Magnitudo, nel suo classico e fondamentale libro “Elementary Seismology” aveva dedicato un capitolo intero ai terremoti della California, per cui chiunque all'epoca studiasse Fisica Terrestre usciva dall'esame che conosceva questo Stato come adesso non si riesce usando GoogleEarth...

Non stupisce che la California sia la patria della ricerca sismica: in molti campi della scienza gli USA sono avanti alle altre nazioni (anche grazie ai cervelli che noi formiamo e poi se ne vanno, ma questa è un'altra storia). La California, in più, è una vera palestra naturale per questa disciplina: la maggior parte delle faglie (e ce n'è una quantità industriale) è attiva e splendidamente riconoscibile da foto aerea o semplicemente da terra.

La situazione italiana è molto diversa: l'individuazione delle faglie attive è molto difficile anche perchè la maggior parte non arriva in superficie. Qualcuna è stata trovata e studiata, ma per esempio la grande faglia del terremoto del 1908 a Messina la stiamo ancora cercando, sepolta chissà dove dai sedimenti sotto il mare Jonio.

Il fatto che le faglie affiorano in superficie è quindi molto comodo per la ricerca geofisica: è facile controllare movimenti asismici e piccoli sismi indici di movimenti improvvisi, variazioni di inclinazione, deformazioni, portata delle sorgenti ed altre varie amenità delgenere. Però è dannatamente scomodo per la popolazione e le costruzioni: ad esempio la settimana scorsa ci sono stati, completamente ignorati dai media, un terremoto di proporzioni gigantesche alle Isole Fiji e uno di discreta potenza in Cile. Ma erano molto profondi e quindi il primo non ha neanche provocato un allarme tsunami, il secondo ha avuto effetti tutto sommato deboli. Terremoti di potenza comparabile, ma alle profondità tipiche degli ipocentri californiani, avrebbero avuto drammatiche conseguenze

La ricerca sta facendo dei buoni progressi, ma è ancora impossibile prevedere quando ci sarà un terremoto. Si può però dare un valore di probabilità che un dato evento avvenga in un certo tempo. Facendo una similitudine con l'atmosfera terrestre, la climatologia ci dice più o meno per una zona quali saranno le temperature in un determinato periodo, qual'è la stagione in cui piove di più ed altre caratteristiche climatiche. La meteorologia invece cerca di sapere che tempo farà domani.

In geofisica siamo ancora alla climatologia.

Il criterio fondamentale è la ripetitività degli eventi sismici: si è visto che una faglia tende a scatenare terremoti simili a intervalli piuttosto regolari. Ci sono diverse possibilità di sapere come e quando una faglia si è mossa provocando un terremoto: l'esame dei sedimenti e di altre caratteristiche morfologiche quali frane, deviazioni di fiumi e torrenti, età degli alberi, e, per quanto riguarda markers umani, archivi storici, crolli di edifici, abbandoni di siti o declino di civiltà. Le faglie che affiorano in superficie possono essere studiate attentamente scavando trincee parallele o perpendicolari al piano di faglia. Questo metodo, nato in California, comincia ad essere usato anche in Italia, ovviamente dove le faglie arrivano in superficie o provocano alterazioni topografiche.

In California c'è la “madre di tutte le faglie”, la Faglia di San Andreas, quella più conosciuta dal grande pubblico. Ma oltre a questa ce ne sono nella zona di San Francisco almeno altre 5 capaci di fare grossi danni. Quella che sta creando le più forti preoccupazioni è la faglia di Hayward.

Questa struttura corre parallelamente alla costa un po' all'interno rispetto alla San Andreas, e attraversa centri importanti come Hayward e Berkeley. Esaminando le trincee, è stato notato che la periodicità degli eventi è di circa 170 anni, ma negli ultimi 5 terremoti l'intervallo è calato a 140 anni. L'ultima volta che si è mossa è stato nel 1868, quando si mosse di quasi due metri in un segmento lungo oltre 50 kilometri. Questo terremoto provocò grossi danni e fu chiamato “il grande terremoto di San Francisco”. Il titolo gli fu tolto dal tragico terremoto del 1906 lungo la Faglia di San Andreas (che, nell'occasione, si mosse di ben 6 metri).

Facendo il conto, dal 1868 sono giusto passati quasi 140 anni e questo fa pensare che ci siano 80 probabilità su 100 che il terremoto si scateni entro i prossimi 30 anni.

La faglia di Hayward mostra evidenti segni di attività: c'è un continuo sottofondo sismico, ma soprattutto c'è un notevole scorrimento asismico, testimoniato dall'asfalto deformato e dai marciapiedi rotti nelle strade che attraversano la faglia e da edifici posti sulla sua linea che sono stati abbandonati, come il vecchio municipio di Hayward o mostrano danni anche ingenti. Fra questi annoveriamo persino lo stadio di Berkeley (certo, qualche dubbio sulla legislazione californiana in materia di costruzioni antisismiche viene per forza...). C'e una bellissima serie di fotografie disponibili in rete, nell'”Hayward Fault Virtual Tour”: http://www.mcs.csuhayward.edu/~shirschf/tour-1.html

La zona di faglia è attentamente studiata in tutte le sue sfumature e questi studi potranno essere le linee – guida per il futuro anche in altre situazioni: la speranza è quella di vedere finalmente cosa succede immediatamente prima di un terremoto che, secondo le attese degli scienziati (ma non secondo le speranze della numerosa popolazione che vive lungo la faglia...) dovrebbe avere una magnitudo di circa 7 e corrispondere, almeno localmente, a una intensità del X grado della scala Mercalli.

So che può sembrare non bello stare appollaiati come avvoltoi su una faglia sperando che si muova disastrosamente per capire quello che succede e confermare che l'avevamo detta giusta... Ma sta avvenendo proprio questo. Comunque, per eventuali superstiziosi che leggono, non è questione di portare sfiga, ma di tettonica a placche....

venerdì 14 dicembre 2007

Non bastava il riscaldamento globale: nuovi guai incombono sulla calotta della Groenlandia (e potrebbero colpire anche in Antartide)

Nella attuale situazione di cambiamenti climatici la calotta polare della Groenlandia è uno degli osservati speciali. La sua estensione e soprattutto la zona di scioglimento estivo stanno aumentando, contribuendo all'allarmismo generale (ahimè, mi dispiace dirlo, sostanzialmente fondato).

Ora ci sono un paio di notizie che non ridimensionano certo questo allarme, ma che potrebbero giustificare l'eccessivo tasso di scioglimento della calotta groenlandese quest'anno. Purtroppo la seconda è molto preoccupante... L'estate 2007 passerà alla storia come quella dell'apertura del “passaggio a nord-ovest”: per la prima volta da quando gli europei hanno conosciuto il Nordamerica una striscia di mare libero dai ghiacci ha collegato la Groenlandia all'Alaska. Sembra che la causa del fenomeno sia la scarsa copertura nuvolosa di questa estate, che ha permesso un riscaldamento solare eccessivo. Il che, se fosse avvenuto in un periodo di ghiacci normali, non sarebbe stato un problema. Ma il ghiaccio assottigliato dal riscaldamento globale è più sensibile, e quindi la maggior insolazione ha sortito effetti devastanti. In pratica, mi si perdoni l'umorismo, ha “piovuto sul bagnato”.

Logicamente anche la calotta glaciale groenlandese non è stata esente dal problema

La seconda notizia lì per lì appare sconcertante: è stata trovata una anomalia termica all'estremità nordorientale dell'isola. Si può spiegare solo con una massa magmatica risalita nella crosta che trasferisce calore alla base della calotta. Non si sa ancora se si tratta di magma intruso all'interno della crosta o l'indizio del risveglio di un vulcano sepolto dal ghiaccio. Le mie conoscenze geologiche della zona sono scarsine. Ci sono vulcani vicini nell'oceano Atlantico (Islanda, Jan Majen, Svalbard) e una dorsale oceanica. Nell'oceano polare artico sono stati scoperti dei vulcani lungo la dorsale oceanica nel 1999 (siamo comunque a distanze superiori ai 100 kilometri dal luogo dell'anomalia termica). A senso dovrebbe trattarsi di un magma basaltico di origine molto profonda.

Alla comparsa dell'anomalia il ghiaccio in zona ha incominciato a scorrere ed è un po' difficile che sia una combinazione: un vulcano non si caratterizza solo con l'emissione di lave e ceneri. Attività come quella fumarolica possono proseguire durante le fasi di quiescenza tra un'eruzione ed un'altra o anticiparne una. La convivenza fra vulcani e ghiaccio è molto pericolosa, come ci insegna la tragedia di Armero, quando nel 1985 l'eruzione del Nevado del Ruiz sciolse un ghiacciaio la cui acqua travolse la cittadina, oppure l'eruzione del Grímsvötn in Islanda, che per lo stesso motivo provocò un'alluvione di proporzioni enormi nel 1996.

I guai in Groenlandia potrebbero venire da un riscaldamento eccessivo: già una serie di fumarole porebbe sciogliere la base della calotta locale, facendola scorrere verso il mare, figuratevi cosa potrebbe succedere in caso di una eruzione...

Lo stesso fenomeno potrebbe accadere prima o poi in Antartide, dove tutta la costa tra la Penisola Antartica ed il mare di Ross pullula letteralmente di vulcani.

E' quindi importante per una modellizzazione della calotta groenlandese misurare il flusso di calore dall'interno della terra e questa è una variabile a cui sinceramente la scienza non aveva pensato. In più occorre capire se sepolti sotto il ghiaccio ci siano altri edifici vulcanici. Fino ad oggi si sapeva che le grandi eruzioni vulcaniche hanno provocato dei grossi problemi a livello climatico. Ma in questa visione anche eruzioni minori possono davvero provocare grosse alterazioni climatiche.

la vita su Marte: notizie clamorose e conclusioni affrettate

In questi giorni l'idea che su Marte ci sia stata vita è tornata alla ribalta grazie a due notizie, una proveniente da Marte che ha fatto molto rumore e una proveniente dagli Stati Uniti che è passata quasi sotto silenzio. ad una sua scoperta. Torniamo quindi a parlare di Spirit (a proposito: hanno individuato il punto che dovrebbe consentire all'eroico rover di riprendere corrente con le sue batterie solari nel freddo inverno marziano), che con il gemello Opportunity sta esplorando da oltre tre anni la superficie marziana. Opportunity ha potuto esplorare delle rocce stratificate la cui interpretazione è un passaggio da un clima più umido ad uno più secco, denotato dalla presenza di un alto tenore di solfati (quasi come una salina terrestre).

Ma lo scoop del momento è di Spirit: quasi un anno fa ha scoperto un sito dove c'è silice quasi allo stato puro. C'è ancora discussione su come questo deposito si è formato: è un accumulo di silice rimossa da una roccia vulcanica ad opera di una sorgente calda, oppure l'attività di una fumarola che ha rimosso dalla roccia tutto il resto dei minerali, lasciando solo la silice? Il chimismo ci dice che se si fosse sulla Terra sarebbe valida la seconda ipotesi, quella della fumarola. Ma siamo su Marte, e anche se il team di esperti continua a preferirla anche per il Pianeta Rosso, c'è ancora dibattito.

Comunque, che sia valida la prima o la seconda ipotesi, in entrambi i casi sulla terra attorno a un deposito del genere, quando il vulcanismo è attivo, ci sono colonie di batteri in quantità industriale (ed è probabile che la vita sulla terra sia realmente nata attorno a fenomeni simili). Per cui si sono scatenate le voci, amplificate dai mass-media, che su Marte siano state trovate zone adatte alla vita.

Calma, la cosa non è proprio scontata.

Se Marte ha avuto condizioni umide, almeno nel suo lontano passato, non è detto che la vita si sia sviluppata per forza. Innanzitutto le fumarole e le sorgenti calde che sulla terra hanno consentito la nascita della vita erano nelll'acqua, in fondo a vecchi oceani di cui si sono perse le tracce, e su Marte non si sa ancora realmente quanta acqua c'era, per quanto tempo c'è stata e qual'era la composizione dell'atmosfera.

Sicuramente l'atmosfera era diversa da quella attuale e soprattutto doveva esserci una pressione molto superiore a quella attuale: attualmente l'acqua liquida non può esistere, o è ghiaccio o è vapore.

Ma c'è un'altra notizia interessante che il clamore della prima ha fatto passare sotto silenzio. Ricordate il meteorite marziano Allan Hills 84001? Questo meteorite trovato in Antartide fu al centro di un dibattito perchè alcuni ricercatori vi avevano individuato delle strutture che potevano sembrare batteri e quindi avrebbero costituito una testimonianza diretta della presenza di vita su Marte. La scoperta attuale è che contiene davvero composti organici di base, una specie di mattoni per costruire la vita. Secondo Andrew Steele, autore principale di questo studio effettuato dalla Carnegie Institution's Geophisical Laboratory, questo materiale è strettamente associato alla magnetite, che avrebbe agito come catalizzatore, formando composti organici a partire da CO2 e H2O, contenute in un fluido magmatico. E' molto interessante notare che come rocce eruttate sull'isola di Svalbard, nell'Artico norvegese, un milione di anni fa presentano le stesse caratteristiche. Questo potrebbe essere un colpo di scena nelle ricerche sull'origine della vita, che hanno sempre privilegiato i composti esistenti nell'atmosfera primitiva della terra piuttosto che quelli del suolo.

La dimostrazione che i primi mattoni della vita si possano formare in maniera molto semplice, anche in condizioni piuttosto fredde, è molto importante per le possibilità teoriche di sviluppo della vita anche al di fuori del sistema solare.

Resta ben inteso che tutte queste osservazioni non significano che su Marte ci sia o ci sia stata la vita, ma che ci sarebbero state almeno alcune condizioni necessarie per permetterlo.


sabato 8 dicembre 2007

Spirit in lotta per sopravvivere con l'inverno marziano che avanza

E' proprio così: il vecchio rover della NASA, che assieme al gemello Opportunity, sta esplorando la superficie marziana da più di tre anni terrestri (precisamente dal luglio 2004) sta lottando duramente per sopravvivere. I due Rover erano già stati dati per spacciati un paio di mesi fa: se il vento sulla superficie marziana è stato prezioso, perchè ha ripulito gli specchi delle batterie solari permettendole di continuare ad alimentare i veicoli, quando è troppo la cosa diventa rischiosa: qualche mese fa una tempesta di polvere aveva interessato tutto il Pianeta Rosso e il cielo polveroso, non facendo filtrare la luce solare necessaria per ricaricare le batterie solari, li aveva messo in crisi entrambi. Ma Spirit e Opportunity ce l'hanno fatta ancora una volta, testoni e risoluti come sempre.

Possiamo comunque essere molto soddisfatti: la durata della missione sta andando ben oltre le più ottimistiche previsioni e i risultati spettacolari delle loro osservazioni stanno influenzando pesantemente i nuovi progetti di esplorazione marziana. Ma il giorno che la NASA sarà costretta a dire “basta” sarà lo stesso un giorno molto triste: sono molto affezionato ai due Rover e li sto seguendo con estremo interesse.

Adesso la situazione per Spirit è molto difficile: dopo aver esplorato il Cratere Gusev, aver scalato e disceso la collina Husband come un avventuroso appassionato di trekking, sta cercando un posto per orientare le batterie verso il debole sole dell'inverno marziano di Home Plane per riuscire a sopravvivere. Purtroppo il cammino verso la luce è rallentato dal terreno sabbioso. Forza Spirit, siamo tutti con te!!!!!


venerdì 7 dicembre 2007

Uomo primitivo e ambiente: due realtà in aperto conflitto (con sconfitta dell'ambiente)

Nelle isole Bahamas sono stati recentemente rinvenuti i resti fossili di una fauna che lì abitava fino a poco più di 1000 anni fa: tartarughe, uccelli, coccodrilli terrestri (sembra strano, ma il coccodrillo caraibico è l'unico adattatosi a vivere fuori dall'acqua...). Come mai questa fauna è scomparsa? Ovviamente per colpa della colonizzazione umana. E' una storia che si ripete da qualche decina di migliaia di anni. Di recente l'uomo ha cominciato a modificare l'ambiente immettendovi in quantità massiccia composti chimici vecchi (come l’anidride carbonica) e nuovi, mentre l’aumento della popolazione e la crescente urbanizzazione stanno modificando pesantemente l’uso del territorio. La coscienza ecologica che si sta formando è molto importante, ma è profondamente sbagliato pensare che soltanto l'uomo moderno abbia distrutto o almeno degradato l'ambiente: i nostri progenitori si sono distinti in queste azioni fin dalla preistoria più remota, da quando hanno cominciato ad usare armi per la caccia..

Dovunque alla comparsa della prima rudimentale tecnologia, o, in tempi più recenti, alla comparsa in una nuova area della specie umana ha corrisposto l'estinzione di molte specie animali. Vediamo la differenza fra Europa e Nordamerica continentale. In Europa sono praticamente scomparsi tutti i carnivori, anche di taglia medio - piccola e non ci sono più erbivori di grossa taglia. Eppure l’Europa aveva una fauna molto ricca in un passato non molto recente: non lo dicono soltanto i fossili ma anche le centinaia di pitture rupestri (più di 150 grotte nella sola Francia!) dove sono riprodotti mammuth, rinoceronti, uri, renne, leoni, leopardi, iene, pinguini, foche e via discorrendo, in perfetto accordo con i dati paleontologici. Queste testimonianze sono estremamente utili, perchè in un certo modo fotografano delle specie animali che non ci sono più.

In Nordamerica fino a 100 anni fa la popolazione era scarsa e composta soprattutto da cacciatori – raccoglitori più che da agricoltori. Qui molte specie erano riusciti a sopravvivere, pur contando numerose perdite, soprattutto fra gli animali di grossa taglia come elefanti e tigri dai denti a sciabola. Però sono rimasti bisonti, puma, caribù, alci etc etc.

Anche in sudamerica la comparsa dell’uomo ha provocato la fine di numerose creature, dai bradipi giganti ai gliptodonti, armadilli di imponenti dimensioni. Stesso problema in Australia 40.000 anni fa, mentre in Nuova Zelanda l'arrivo dei Maori ha provocato l'estinzione di Moa, enormi uccelli non volatori endemici dell'arcipelago.

Pinnipedi (foche, otarie etc), e pinguini, animali adattati alla vita marina ma costretti a venire sulla terraferma, sono stati in gran parte sterminati: la loro andatura molto goffa ne rende la cattura facile anche per uomini dotati di tecnologie molto semplici. Noi li associamo quasi sempre ad ambienti polari, ma nel passato non era così. Di fatto le coste europee, mediterranee ed atlantiche, sono le meno ricche di pinnipedi in senso assoluto. Per quanto concerne i pinguini europei, sono sopravvissuti nell'estremo nord fino al loro sterminio nel XVII secolo. Sopravvivono soltanto quelli che nidificano in zone inabitabili come l’Antartide o scarsamente popolate come Australia e Patagonia.

Ma perchè l’uomo li ha distrutti? Gli erbivori di grossa taglia come elefanti, rinoceronti ed ippopotami non hanno grossi nemici naturali perchè la loro massa scoraggia i predatori. Nello stesso tempo per non distruggere le risorse a loro disposizione l’evoluzione li ha dotati di una bassa natalità. Quindi hanno potuto sopravvivere incontrastati fino a quando un nuovo nemico ha cominciato a cacciarli (erano un buon bersaglio perchè fornivano una bella riserva di carne) usando l’intelligenza e un minimo di tecnologia. A questo punto il loro basso tasso di riproduzione li ha condannati, non essendo stati in grado di compensare le perdite con nuovi nati.

Quello che non fecero i cacciatori raccoglitori fecero poi gli agricoltori, che sottrassero anche ad animali più piccoli spazio vttale, mente l’allevamento del bestiame ha segnato la fine dei grossi bovini come gli Uri. Diverso è il discorso sui carnivori, che con l’uomo, in aggiunta ai precedenti, hanno due conflitti di interesse in più: (1) l’uomo ne era preda potenziale e (2) predavano animali che lo interessano per la caccia o che allevava. Quindi la loro distruzione è avvenuta non per motivi di predazione ma per una “guerra”.

Di fatto è possibile che molti animali mitologici quali l'uccello del tuono nordamericano e i dragoni cinesi non siano altro che il ricordo di nemici ancestrali del genere umano. Sto studiando la cosa e non è detto che non esca presto un post al riguardo.

Una terza motivazione per l’estinzione di tante specie in epoca più recente ma sempre pre-industriale è stata la modificazione dell’ambiente: quasi tutte le zone umide, paludi o lagune, sono state bonificate. Se da un lato sono ambienti malsani per l'uomo a causa della malaria, dall’altro rappresentano quanto di più produttivo esista in senso biologico: la quantità di specie animali e vegetali che le popolano o che vi transitano è enorme. Le uniche lagune che ancora esistono in Italia sono quella di Orbetello e quella Veneta. Quest'ultima non è scomparsa solo perchè i veneziani la vollero mantenere per motivi strategici (difesa dai nemici trerrestri). Nel passato invece tutte le coste basse (anche molto strette come la Versiia) avevano le lagune e tutte le pianure paludi.

La pratica dell'agricoltura ha provocato altri danni collaterali: le coltivazioni non sono in grado di trattenere l'humus come invece fanno foreste e macchia mediterranea. Pertanto il disboscamento totale delle coste per favorire l'agricoltura ha causato (e continua a causare) la desertificazione di intere regioni. Pensare che la Libia era il granaio dell'impero romano!

Chiaramente la scomparsa di un ecosistema costringe alla scomparsa anche le sue specie animali e vegetali caratteristiche.

Il disboscamento di massa è tuttora praticato in molte parti del mondo ed è stato ipotizzato anche come causa della scomparsa di civiltà del passato in zone attualmente desertiche, come la civiltà sahariana e quella degli anasazi degli Stati Uniti sudoccidentali. Forse si esagera, ma resta il fatto che regioni un tempo fertili e ricche di vita sono diventate deserte dopo aver ospitato delle civiltà. Bisognerebbe imparare questa lezione prima possibile.

martedì 4 dicembre 2007

Un dente di ominide ritrovato in Bulgaria: un fatto sorprendente (ma solo per chi non conosce l'antropologia)

Riporto la notizia più o meno come l'ho letta, navigando su internet (più o meno come voi avete fatto per leggere questa pagina), solleticato a proposito da un altro forumista di www.paleofox.com: un team di ricerca del Museo Bulgaro di Storia Naturale ha scoperto nel paese balcanico un dente di ominide del tardo Miocene (Tureoliano - circa 7 milioni di anni fa). L'età è stata dedotta dalla ricca fauna di mammiferi presente nel sito. Il reperto è stato studiato da un'autorità nel campo della paleoantropologia, il francese prof. Dennis Geraads.

Annoto anche che la notizia è rimbalzata su siti dedicati ai misteri, agli UFO e compagnia bella, come se fosse una cosa stupefacente....

Oddio, proprio stupefacente non è.

I Primati (a cui appartengono uomo, scimmie antropomorfe, e le altre scimmie) sono un ordine di mammiferi confinato a regioni calde. L'uomo è un'eccezione ma il suo stanziarsi in altre regioni è stato legato sempre alla presenza di una tecnologia, sia pure minima (fuoco, pelli di animali) per difendersi dal freddo: senza vestiti addosso non potremmo certo sopravvivere agli inverni europei.

Attualmente solo la fascia equatoriale risponde a queste caratteristiche, ma non era così nel Miocene e nel Pliocene, periodi molto più caldi: gli ominidi convivevano in Europa con gli antenati degli odierni macachi (diffusi al nord fino all'Olanda!), cercopitechi ed altri primati. Per notizie più dettagliate si veda il lavoro di Jussi T. Eronen e Lorenzo Rook (mio compagno di corso all'università, con cui ho simpaticamente condiviso anche una settimana di “campo” di Geologia Strutturale sulle Alpi Apuane): http://www.helsinki.fi/science/now/pdf/Eronen_Rook_2004_JHE.pdf

Val la pena di fare una precisazione terminologica, perchè non tutti hanno chiare le differenze terminologiche fra ominini, ominidi, ominoidi.

Andando a ritroso nel tempo, gli “Ominini” comprendono l'umanità attuale e tutti gli antenati fino alla separazione tra uomo e scimpanzè, gli “Ominidi” comprendono anche gli antenati del gorilla e, finalmente, il termine “Ominoidi” si applica a tutte le scimmie antropomorfe.

E' sicuro che l'origine dei Primati sia stata l'Europa: i placentati si dividono in Laurasiateri, Afroteri e Xenarti a seconda della loro origine (Eurasia – Nordamerica i primi, Africa i secondi, Sudamerica i terzi). I Primati sono Laurasiateri, ma come altri gruppi di Laurasiateri, come carnivori e ungulati, migrarono in Africa appena ne ebbero la possibilità.

I Primati sicuramente scomparvero dall'Eurasia durante il raffreddamento del medio terziario. Così tra 35 e 20 milioni di anni fa (Oligocene) troviamo fossili di primati solo in Africa. Attualmente si ritiene che la divergenza fra ominoidi e le altre scimmie del vecchio mondo sia avvenuta intorno a 25 milioni di anni fa. Poi succede qualcosa: esistono sempre degli ominoidi in Africa, ma non hanno lasciato discendenti (Proconsul, Afropithecus, Kenyapithecus), e a giudicare dai fossili rinvenuti sembra che il ramo che ha portato alle antropomorfe attuali sia migrato di nuovo in Eurasia, dove si è sviluppato fino a poco più di 7 milioni di anni fa. In seguito gli Ominidi sono tornati in Africa, appena in tempo per evitare i guai del raffreddamento globale della fine del Pliocene, che ha coinciso con la fine della presenza dei Primati in Europa.

Niente di strano, quindi, che in Bulgaria siano state rinvenute tracce della presenza di ominidi 7 milioni di anni fa.

Quello che fa imbestialire è che una scoperta del genere susciti “emozione” da parte di personaggi come ufologi, stravaganti coltivatori di scienze alternative e simili (la notizia è persino evidenziata in un sito di negazionisti dell'11 settembre...), come se fosse un'assurdità rispetto alla Scienza “ufficiale”.

Un altro particolare divertente è che l'articolo dell'agenzia di stampa bulgara “Novinite” finisca orgogliosamente con il concetto che “questo ritrovamento porta un contributo all'idea che i diretti prededessori degli ominidi si siano originati nell'Europa Sudorientale e non in Africa”. Come sempre il nazionalismo trionfa. Prendiamo un esempio pseudoscientifico, Atlantide: tutti, da americani a russi, elaborano teorie in base alle quali atlantide è a casa loro. Purtroppo questo succede per molte discussoni scientifiche, non solo per le leggende.

venerdì 30 novembre 2007

L'origine dei cetacei – un mistero che non è più un mistero

Né gli evoluzionisti né i creazionisti hanno dubbi sul fatto che i cetacei non siano pesci ma mammiferi placentati: hanno una temperatura costante, respirano con i polmoni e non con le branchie (per cui sono costretti a riemergere periodicamente per respirare), partoriscono e allattano piccoli vivi (che nel ventre materno sono nutriti con la placenta e alla nascita abbisognano di cure parentali per sopravvivere), una coda orizzontale anziché verticale (riflettente il diverso modo di avanzare nell'acqua, serpeggiante i pesci, “galoppante” i cetacei).

Se per un creazionista le cose sono semplici (Dio li avrebbe creati così come sono), per gli evoluzionisti sono stati a lungo un problema: non ci sono dubbi che i cetacei si siano evoluti a partire da mammiferi terrestri: 1. sono mammiferi 2. il processo evolutivo che ha portato alla formazione dei mammiferi è avvenuto sulla terraferma 3. nei capodogli e in alcune balene è ancora visibile una parte del cinto pelvico 4. negli embrioni si nota una parziale formazione degli arti posteriori (tavolta sono conservati addirittura negli esemplari adulti colpiti da un difetto genetico chiamato “atavismo”, in cui riappaiono alcune caratteristiche degli antenati che adesso sono scomparse).

Il problema è che manca nelle forme di vita attuali un anello di congiunzione fra cetacei ed animali terrestri, un incarico prestigioso che per esempio svolge molto degnamente a proposito della transizione fra rettili e mammiferi l'ornitorinco (di cui mi sono già occupato qualche post fa). Sono state fatte molte ipotesi, orso (lo disse Darwin, ma poi se ne pentì....), maiali, elefanti etc etc. Personalmente, con le mie non eccezionali conoscenze anatomiche, in gioventù pensavo che potessero discendere dai carnivori mustelidi (tipo le lontre) attraverso i pinnipedi. Cioè che fossero in qualche modo delle foche adattate perfettamente (o quasi, per colpa dei polmoni) alla vita acquatica.

Né, fino a qualche tempo fa c'erano delle prove fossili: i primi cetacei conosciuti erano già cetacei fatti, sia pure con delle vestigia di arti posteriori.

Inutile dire che su questa mancanza i creazionisti sono andati a nozze!!! Per loro questo gap è la dimostrazione che gli evoluzionisti sono degli idioti (nei loro scritti c'è sempre un'aria canzonatoria). Leggo addirittura ad opera del noto Maurizio Blondet: (la balena) erbivora in origine, dovette trasformarsi in divoratrice di krill: e dunque aspettare che i denti da erbivoro a macina si trasformassero nei fanoni, quella foresta flessibile con cui la balena filtra i gamberetti.
Nel frattempo, o digiunò con tutti i suoi discendenti, o qualcuno le pagava i conti al ristorante.
E non basta: per diventare adeguatamente natatorio, dovette aspettare che le narici, dal centro del muso, le emigrassero in cima alla testa; che fossero fornite di una chiusura tipo snorkel, che i suoi polmoni la rendessero capace di restare senza respirare per 40 minuti mentre scende a 300 metri sotto il mare; mentre intanto il probabile apparato ruminante spariva dalle sue viscere, e il grasso - sostanza utilissima a tenere a galla le balene e le vacche - aumentava prodigiosamente nei posti giusti. Millenni, forse milioni di anni di difficile transizione e di vita stentata: e tuttavia, la vacca baleniera riusciva pure a ingrassare, e ad aumentare - un discendente dopo l’altro - di dimensioni, fino al titanico Moby Dick che conosciamo.

Chiaramente le cose non stanno così e non capisco se .... non capisce per pura ignoranza scientifica (probabilmente per lui l'unico testo scientifico serio è la Bibbia) o fa finta di non capire.

Innanitutto non palerei di vacca, bensì di mucca, mi sembra più rispettoso: ho sentito tanta gente parlare di un'altra persona in termini non propriamente entusiastici dandogli di vacca. Mai dandole di mucca. E i cetacei sono animali troppo seri ed orgogliosi per essere apostrofati così.

Poi l'antenato dei cetacei era un artiodattilo carnivoro. Gli attuali artiodattili sono i mammiferi ungulati con un numero di dita pari (e lo zoccolo diviso in due parti), fra i quali cervi, buoi, cammelli, giraffe e quant'altro. Insomma, tolti elefanti, cavalli e rinoceronti, tutti i mammiferi erbivori di medie e grandi dimensioni. Attualmente sono tutti erbivori, ma all'inzio del Terziario fra loro c'erano alcuni carnivori (anche di grandi dimensioni: di Andrewsarchus, del paleocene della Mongolia, è stato trovato un cranio lungo quasi un metro). Per cui non c'è stato nessun cambio di dieta. Inoltre il rumine non è di tutti gli artiodattili, ma solo di bovini, caprini e cervidi. Quindi il mesonichide antenato dei cetacei il rumine non ce lo aveva!

Per quanto riguarda invece alcuni eventi descitti dall'ineffabile creazionista, quali la migrazione delle narici, ebbene sono fatti ormai accertati dai reperti fossili, che finalmente sono stati trovati.

Il più antico cetaceo conosciuto è il Pakicetus, un carnivoro ungulato che scorrazzava sulla terra circa 50 milioni di anni fa, in cui le ossa del cranio, specialmente quelle della regione dell'orecchio, hanno caratteristiche molto simili a quelle dei cetacei. Blondet ci perdonerà se ancora non si conosce il suo antenato, ma sono stati trovati ancora pochi fossili di mammiferi del paleocene (e non sarà facile trovarne molti). Al pakicetus sono seguiti i remingtoncetidi, ben più adattati alla vita acquatica lungo i fiumi (alcuni forse facevano concorrenza ai coccodrilli oppure vivevano in zone con acque troppo fredde per i rettili) fino ad arrivare al Rhodocetus, già ben adattato alla vita marina. Dopo troviamo dei veri cetacei che non potevano più rientrare nella terraferma, i durodontidi ed il Basilosaurus, 40 milioni di anni fa. Il cranio era già completato nelle sue caratteristiche attuali, ma c'erano ancora delle piccole zampe posteriori

Senza addentrarsi in difficili questioni di anatomia comparata, una prova che i catacei discendano dagli artiodattili è una particolare struttura delle zampe tipica di questo gruppo di mammiferi, che ritroviamo in Basilosaurus, nei durodontidi e nei cetacei attuali, sia in caso di atavismo, sia nelle vestigia rimaste all'interno del corpo, sia negli arti anteriori trasformati in pinne..

Poi sono arrivati i dati della biologia molecolare, con gli studi sul DNA, anzi, sui DNA (ci sono 2 DNA, quello nucleare e quello mitocondriale), che hanno confermato la vicinanza fra cetacei e artiodattili. Anzi, secondo alcuni studi, i cetacei sarebbero un gruppo di artiodattili e i più vicini parenti degli ippopotami. Per cui è stato istituito il superordine “cetartyodactila” che unisce artiodattili e cetacei.

Alla faccia dei creazionisti, a cui vorrei dedicare un ultimo appunto: se Dio ha creato i cetacei così come sono, ma perchè all'interno (e solo in alcune specie) vi ha inserito delle vestigia di arti posteriori? Secondo me a pensare così Lo offendete e basta....


,

lunedì 26 novembre 2007

Una centrale nucleare in zona sismica... blocchiamola!

Il 4 marzo 1977 un terremoto di media profondità sconvolse la Romania e la Bulgaria Settentrionale. Noto come “terremoto di Bucarest”, provocò migliaia di morti nella capitale rumena, ma ebbe pesanti riflessi anche più a sud, dove venne distrutta all'80% la città di Zymnicea, sul confine con la Bulgaria, Altri morti ci furono nelle città bulgare di Balene e Svishtov-

E' evidente in questo caso l'amplificazione locale dell'altezza delle onde sismiche, un fenomeno frequente che provoca un aumento localizzato delle capacità distruttive di un terremoto (un caso tristemente famoso in Italia è San Giuliano di Puglia).

Chiaramente una zona come quella di cui sto parlando necessita di forti attenzioni quando si costruisce qualcosa. Probabilmente a nessuno verrebbe in mente di costruire proprio lì una centrale nucleare.

E invece sì. Il governo bulgaro vorrebbe farlo. A Belene. Dove nel 77 ci furono oltre 100 morti (inoltre è vicinissima a Zymnicea) E per di più ha chiesto un finanziamento all'Unione Europea. Agli inizi di dicembre, la Commissione Europea emanerà un parere ufficiale. Già nel 1984 gli scienziati avevano lanciato l'allarme sulla costruzione della centrale in questa zona e negli anni novanta il progetto era stato abbandonato.

Ora il Governo della Bulgaria ha riesumato questo piano insensato e sta chiedendo alla Commissione Europea di concedergli il proprio supporto finanziario. I reattori nucleari progettati per il sito di Belene sono di un tipo che non è mai stato costruito in altri posti finora e sarebbero i primi nuovi reattori russi ad essere eretti, con la collaborazione dell'Unione Europea. Il primo passo in questo processo è la valutazione del progetto da parte della Commissione. Se essa desse il via libera, il progetto Belene avrà il diritto a ricevere i prestiti dall'Euratom e dalle istituzioni bancarie europee, finanziate con le nostre tasse. Disgraziatamente, è ciò che sta per succedere. La Commissione può decidere di dare la sua approvazione a questo pericoloso progetto nucleare, senza tener conto del fatto che numerose banche europee, comprese alcune italiane, si sono già rifiutate di contribuire al finanziamento di Belene, proprio per la sua pericolosità.

Pertanto gli Amici della Terra chiedono di inviare una e-mail alla Commissione oggi stesso. Diciamo loro che costruire un impianto nucleare vicino una zona sismica è cercare il disastro. Diciamo loro che i cittadini europei non vogliono vedere i loro soldi andare in un progetto che aumenta la probabilità di una nuova catastrofe nucleare.

Cliccando su < http://www.foeeurope.org/activities/Nuclear/cyberaction/ > è possibile inviare al Commissario competente Piebalgs e al Presidente Barroso una mail in inglese che esprime quanto succintamente esposto qui sopra.

Dovete poi naturalmente apporre nome e cognome e indirizzo e-mail secondo le istruzioni.

Io non sono contrario a priori all'energia nucleare, ma la sicurezza degli impianti deve essere al primo posto. E qui mi sembra un pò troppo rischioso.

domenica 25 novembre 2007

La Sacra Sindone ed il Carbonio 14 (senza parteggiare fra clericali ed anticlericali)

Ieri sera ho visto “Terzo Pianeta”, la nuova trasmissione di Tozzi e vorrei fare alcuni appunti sulla questione della Sindone.

Premetto che non ho intenzione di disquisire sulla autenticità o meno del reperto, anche per non scomodare concetti come l'esistenza di Dio e/o del personaggio storico Gesù Cristo. Vorrei comunque definire un “nuovo” concetto di autenticità per la Sindone, cioè che sarebbe autentica se fosse “un lenzuolo usato nel I secolo DC in Palestina per seppellire un morto”, indipendentemente dal problema di “chi” sia il morto in questione, e “liberando” il problema da una lotta tra atei, probabilmente interessati a smentirne l'autenticità e credenti, probabilmente interessati a confermarla.

Quindi per la sindone ci sono 2 partiti, quello dell'autenticità (con la implicita conseguenza che si tratti del sudario di Gesù e non di un morto “qualsiasi”) e quello del falso. Il drammatico da un punto di vista scientifico è che anche in questo caso gli studiosi partono con una conclusione e la vogliono dimostrare. Il che non è molto scientifico...

Annoto che uno studio sui pollini attesterebbe (il condizionake è d'obbligo) un itinerario del telo compatibile con quello tradizionalmente accettato, dalla Palestina all'Europa transalpina passando per l'Asia Minore. Quindi potrebbe davvero essere un reperto originale, nel significato di autentico che ho dato prima, magari “revisionato”, perchè no, da un abile falsario in Francia.

La mia critica riguarda la datazione radiometrica che qualche anno fa il Cardinale Ballestrero, allora arcivescovo di Torino, aveva fatto fare. Fu ricavato che la Sacra Sindone era stata tessuta verso il 1300 DC, ed era quindi un falso. Probabilmente i risultati delle analisi sia pure analiticamente corretti, non sono significativi. Vediamo perchè.

Ci sono vari sistemi che, attraverso i rapporti fra alcuni isotopi radioattivi e non, permettono di ricavare l'età di alcuni oggetti. Il metodo si basa sul confronto fra la quantità di alcuni isotopi presenti adesso e quella che si suppone fosse la composizione alla formazione del corpo. Ogni isotopo radioattivo è caratterizzato da un proprio tempo di dimezzamento, il tempo impiegato dall'isotopo per dimezzare la sua quantità. I principali metodi sono il potassio-argon, il rubidio-stronzio, il carbonio 14 e quelli legati al decadimento radioattivo dell'uranio e del torio.

La scelta di uno di questi metodi dipende dall'età presumibile e dalla composizione chimica dell'oggetto da datare. Il radiocarbonio è il metodo più valido per datare materiali organici relativamente recenti, almeno entro i 100.000 anni di età. Si basa sul decadimento dell'isotopo C14. Il C14 si forma continuamente nell'atmosfera grazie ai raggi cosmici che trasformano l'azoto 14 ed entra a far parte dei cicli naturali del carbonio. Quindi anche il notro organismo contiene una percentuale di questo isotopo. Il C14 non è stabile, ma si trasforma di nuovo in N14, con un tempo di dimezzamento di 5.600 anni (cioè, su 1000 atomi che si formano oggi, fra 5600 anni ne rimarranno 500, dopo altri 5600 anni 250 e quindi dopo 16800 anni saranno solo 125 e via discorrendo).

C’è poi una terza condizione fondamentale: l’oggetto da datare non deve aver subìto dal tempo della sua formazione delle reazioni chimiche che abbiano alterato le quantità degli elementi e degli isotopi da analizzare, sia levandoli che apportandoli. Quindi, rispetto agli elementi che si vogliono analizzare, il sistema deve essere sempre stato chimicamente “chiuso”.

Sulla base di quest’ultima condizione è chiaro che per la datazione della Sacra Sindone non si possa utilizzare il metodo del C14: l’esposizione al fumo delle candele ha continuamente apportato sul telo del carbonio "fresco", come del resto è successo in maniera massiccia durante l'incendio della chiesa di Chambery dove era custodito. Ovviamente oltre al normale C12, è entrato anche altro C14 , “ringiovanendone” l'età radiometrica. Quindi i calcoli sulla base della quantità attualmente presente di C14 non possono che mostrare un’età molto più recente del manufatto rispetto a quella vera.

Chiaramente il risultato è stato criticato dai clericali, con accuse folli ai laboratori di scambio di campioni od altro. Gli anticlericali sono stati zitti, accontantandosi della vittoria, facendo finta di non accorgersi dell'errore (forse pure amplificato avendo usato i bordi estremi del manufatto) e dimostrando che anche a loro importano più le conclusioni dei fatti. Entrambi gli schieramenti hanno quindi perso una buona occasione per rendersi corretti davanti ad osservatori neutrali.

Ripeto che questa osservazione vuole focalizzarsi su un aspetto particolare della questione, senza entrare in altre questioni che attualmente non mi interessano.

sabato 24 novembre 2007

Cambiamenti climatici. Lo ammetto: mi ero sbagliato!

Sono stato fra gli ultimi ad arrendermi all'evidenza. Ma da un paio di anni ammetto di essermi sbagliato di grosso: le emissioni umane stanno modificando il clima, in particolare le emissioni di CO2 e quelle di CH4.

Qualcuno mi ha ricordato che qualche anno fa non la pensavo così e quindi il blog è un modo per spiegare perchè pensavo così e perchè mi sono ricreduto. Non ero convinto di questo sia su basi “umane” sia su alcuni dati scientifici (Ricordo anche che fino a qualche tempo fa la CO2 non era considerata sostanza inquinante a livello legislativo).

La disputa sui cambiamenti climatici era basata su un metodo assurdo: si voleva partire dal risultato e trovare le osservazioni che lo giustificassero. Mi spiego: a grandi linee c'erano due schieramenti: uno “pro-ambiente”, che partendo dall'assunto che le attività umane modificano il clima, cercavano dei dati per dimostrarlo. Il secondo, che definirei “pro-multinazionali”, cercava di dimostrare il contrario. Questo metodo è sbagliato: scientificamente devo osservare un fenomeno e capire come funziona, non pensare una cosa e arrampicarmi sugli specchi per trovare i dati che mi fanno comodo, scartando ovviamente gli altri.

All'epoca avevo, come dato sicuro, le ricostruzioni paleoclimatiche degli ultimi 500.000 anni in cui si notano dei periodi di incremento (o decremento) brusco delle temperature, ovviamente senza attività umane. Eppoi fino a 11.000 anni fa la calotta glaciale artica arrivava fino all'altezza di Amburgo, una coltre di ghiaccio ricopriva le Alpi, e si trovano circhi glaciali risalenti a quel periodo su tutto l'Appennino Tosco – Emiliano e su quello Abruzzese. Se poi analizziamo le variazioni degli ultimi 2000 anni, vediamo un continuo alternarsi di fasi più calde e fasi più fredde. In particolare ci fu una fase fredda tra il 400 e 750, alla quale seguì un periodo “caldo” che consentì ai vichinghi di attestarsi in Groerlandia attorno al 1000. Il secondo millennio ha avuto una crisi tra il 1150 e 1250 (durante la quale gli stessi furono costretti all'abbandono di quei territori) ed infine, tra il 1590 e 1850, venne la cosiddetta “piccola era glaciale”, un periodo molto freddo, in cui anche i ghiacciai alpini avanzarono di parecchio (allo stato attuale non saprei se sia una coincidenza che la piccola era glaciale si sa conclusa proprio all'inizio della rivoluzione industriale).

Pure le osservazioni sull'aumento delle temperature, in particolare quelle invernali, mi lasciavano (e tutto'ora mi lasciano) perplesso: le attività umane hanno trasformate le città in “isole di calore”, ben più calde dei dintorni (chi ha un termometro nella automobile lo può verificare tranquillamente). Per non parlare della differenza di temperatura al suolo fra un bosco ed un prato. Quindi le correlazioni fra le temperature osservate adesso e quelle di un secolo fa nelle città mi lasciano forti dubbi: sono dati coerenti fra loro?

Dalla parte degli ambientalisti, notavo soprattutto la scarsa autorevolezza delle fonti, li trovavo non solo schierati politicamente, spesso su posizioni antiindustrialistiche, ma composti soprattutto da persone con scarsa cultura scientifica (dicevo: “i maestri degli ambientalisti sono laureati in lettere, filosofia e scienze politiche. Cosa c'entrano con la scienza?”). Più che altro li vedevo come la solita storia italiana in cui la cultura scientifica è considerata di serie B, per cui i letterati si sentono forti di poter dissertare di tutto, secondo la tradizione che parte da Croce e Gentile (la rovina intellettuale dell'italia del '900). Sentivo discorsi tipo “l'uomo ha provocato più variazioni al clima in 100 anni di quelle naturali degli ultimi 50.000 anni”, completamente folli e in generale osservazioni prive di rigore scientifico.

L'antipatia che provavo (e tutt'ora provo) verso queste persone e i dati che avevo, mi lasciavano pensare che i cambiamenti attuali fossero né più né meno una continuazione dei processi naturali dell'ultima fase climatica terrestre: non siamo nel cretaceo, periodo contraddistinto da una eccezionale stabilità climatica, ma in un periodo glaciale in cui le temperature costanti sono una chimera.

Cosa mi è successo per cambiare idea? Molto semplice: le correlazioni fra temperature e livelli atmosferici di CO2 (e anche di metano, che quindi non è propriamente vero che “ti dà una mano”....) negli ultimi miloni di anni non lasciano scampo ad altre interpretazioni. Nel pliocene faceva molto più caldo di adesso ed i livelli di CO2 erano anche 4 volte superiori all'attuale. E le oscillazioni climatiche quaternarie sono esattamente corrispondenti a quelle della CO2 e del metano in atmosfera.

Appena ho assimilato questi dati e li ho confrontati con le attuali emissioni di gas serra, mi è ovviamente venuto un accidente e quindi, rendendomi onestamente conto dell'errore, ho provveduto immediatamente a saltare il fosso.

venerdì 23 novembre 2007

ma l'ornitorinco è un mammifero o un rettile?

Definiamo mammifero un animale la cui femmina alleva la prole (che nasce viva) con il latte che produce da apposite strutture, le mammelle. Siccome il latte è a grandi linee una evoluzione del sudore, si può dire che è una conseguenza dell'endotermia e che, nell'evoluzione, i peli siano apparsi prima del latte. Sfortunatamente pelle, peli e capezzoli non si fossilizzano e quindi le informazioni dobbiamo prenderle da ossa e denti.

I rettili si distinguono dai mammiferi per diversi aspetti. Citiamone alcuni: i rettili depongono uova a guscio rigido, sono autosufficenti dalla nascita, hanno una pelle squamosa, arti deboli con il femore orizzontale (che conferiscono la tipica andatura serpeggiante), cuore a due orecchiette e un ventricolo con scarsa separazione tra flusso arterioso e venoso (ad eccezione dei coccodrilli), due aorte, orecchio solo interno, apparato escretore-riproduttivo unico, denti tutti uguali, visione a colori, temperatura del corpo variabile. Corrispondentemente i mammiferi nascono vivi direttamente dal corpo materno dove si sviluppano, ma non sono autosufficenti alla nascita e hanno bisogno di cure parentali per sopravvivere, hanno pelle liscia spesso ricoperta da peli, arti robusti con femori verticali, cuore con 2 atri e due ventricoli e flussi ben separati, aorta singola, orecchio anche esterno, separazione fra canale intestinale e canale urinario-riproduttivo, denti distinguibili in incisivi, canini, premolari e molari, visione in bianco e nero (a parte alcuni primati), temperatura costante.

Esaminiamo adesso l'ornitorinco: ha il pelo, una temperatura costante e produce latte (però non ha delle vere mammelle). I denti, visibili solo nei neonati e in qualche fossile (Obdurodon dicksoni, del miocene dell'Australia, circa 15 milioni di anni fa), sono diversi fra loro. Questi sono caratteri tipicamente mammaliani. Ma con i rettili condivide altre caratteristiche: le zampe a femore orizzontale (che lo fanno camminare come una lucertola), la visione a colori, l'apparato escretore – riproduttivo unico. Anche la mascella, dritta e senza curvatura iniziale, non è da mammifero (o, almeno, da mammifero "moderno".

Ma la cosa più clamorosa è che la femmina depone le uova. Uova che hanno un grosso tuorlo e un guscio gommoso, diverso da quello dei rettili.

Allora, cos'è l'ornitorinco? Maamifero, rettile o altro?

Beh, se diamo la precedenza al pelo e al latte, un mammifero. Altrimenti potrebbe essere un rettile. Ma rispetto ai rettili fa uova senza guscio duro, ha i peli e non le scaglie e conserva una temperatura costante. Un bel problema. Spesso nelle scienze naturali ci sono cose che non sono perfettamente inquadrabili e l'ornitorinco, senza l'evoluzione e gli studi sulla transizione rettili - mammiferi sarebbe una di quelle.

La sua posizione sistematica è stata a lungo discussa: Lamark ai primi dell'800 lo mise fra i rettili, anzi come più evoluto dei rettili (gli altri mammiferi derivavano per lui dai coccodrilli). Altri agli inizi del '900 lo hanno considerato un anello di congiunzione fra mammiferi ed uccelli, per via del becco (cosa assurda perchè il suo becco non ha niente da spartire con quello aviario). Proprio queste considerazioni sono molto “sentite” dai creazionisti, che così credono di dimostrare che gli evoluzionisti ogni tanto ne inventano una... Attualmente, se anzichè un animale attuale si trovasse uno scheletro di ornitorinco fossile del triassico, lo inseriremmo probabilmente fra i terapsidi, uno dei gruppi principali di rettili mammaliani.

Chi sono costoro? Le prime tracce dei Mammal-like reptiles, o rettili mammaliani datano dal carbonifero medio (300 MA fa), una ventina di milioni di anni dopo la comparsa dei primi rettili. In questa linea assistiamo progressivamente a tutti quei cambiamenti nello scheletro (gli unici ricostruibili con i fossili) che hanno portato alla nascita dei mammiferi placentati. L'ornitorinco è un bellissimo esempio vivente di queste creature, che non erano ancora mammiferi “pieni”, ma neanche più totalmente dei rettili.

Studiando proprio il simpatico animale australiano, si capisce che i rettili mammaliani si sono separati dalla linea dagli altri rettili in un periodo che va dalla comparsa dell'uovo amniotico all'apparizione del guscio rigido e della pelle a squame (la pelle dei mammiferi è probabilmente più simile a quella degli anfibi). E' inoltre evidente che i primi passaggi della trasformazione avevano già contribuito al passaggio alla fisiologia di un animale a sangue caldo, molto più dispendiosa di quella di un rettile: denti specializzati, che migliorano l'efficenza della digestione e il pelo per conservare meglio il calore. Il controllo della temperatura ha così provocato la formazione del sudore e, di conseguenza, del latte.

I primi rettili mammaliani sono rimasti ovipari probabilmente molto a lungo. La riproduzione vivipara ha invece consentito ai comuni progenitori di placentati e marsupiali di affrancarsi dalle zone umide: infatti l'uovo dei monotremi, senza il guscio rigido, è vincolato ad un ambiente umido.

L'ornitorinco quindi è proprio uno di quegli “anelli di congiunzione” che i creazionisti negano, ma la cui presenza e la cui anatomia sono ben chiari in un quadro di “evoluzione della specie”. Lo mettiamo fra imammiferi, sia pure in una sottoclasse a se, i monotremi (“con una sola apertura”, riferita alla presenza di un singolo apparati intestinale – urinario – riproduttivo) assieme ad un solo altro animale, anch'esso australiano, l'echidna, che ne condivide le stesse caratteristiche.

giovedì 22 novembre 2007

Referendum sul termovalorizzatore a Campi Bisenzio

Fra qualche giorno a Campi Bisenzio, cittadina alle porte di Firenze, si svolgerà il referendum sulla costruzione dell'inceneritore. E' chiaro ed evidente che, stando così le cose, la stragrande maggioranza dei votanti si esprimerà contro.
Però a Campi Bisenzio tutti i torti non ce li hanno. Anzi!
La scelta è stata in qualche modo subita dalla popolazione: l'imposizione di una struttura del genere fa scatenare la logica Nimby (Nimby: not in my backyard, cioè non nel mio cortile) secondo la quale la realizzazione di un impianto industriale, per la produzione di energia, per il trattamento dei rifiuti o la progettazione di una grande opera civile di pubblica utilità determina frequentemente opposizioni da parte del territorio.
Gli inceneritori (o termovalorizzatori....) sono in cima a questa lista, ma notiamo contemporaneamente che in molte città europee sono addirittura in mezzo alla città.
Teniamo presente che, ormai, in Italia la sfiducia verso le istituzioni è enorme. Vi concorrono le
istituzioni stesse, la moda attuale, il giornalismo incompetente e sensazionalista (quando non
silenziosamente schierato a favore di o contro qualcosa), la totale incompetenza della “ggente” che è facilmente preda di capipopolo improvvisati e di demagoghi, spesso elementi altrettanto
incompetenti e/o interessati allo sfruttamento della protesta per loro fini personali, per cui anche un tecnico non di parte, professori universitari compresi, se dice cose sgradite alla platea che lo ascolta, ha torto per definizione (preciso che in questa specifica vicenda campigiana non esistono
personaggi del genere).
Ma soprattutto è stata sbagliata tutta la conduzione della vicenda. E' chiaro che se dicono: “bene,
amico, noi ti costruiamo l'inceneritore davanti a casa tua”, anche se precisano che è “per risolvere il problema dei rifiuti”, la risposta sarà, logicamente ed umanamente “eh, no! Lo fai da un'altra parte!”. Diciamo che la domanda sbagliata prepara ovviamente un rifiuto.
Il succo è che si dovrebbe riuscire a trasformare il “problema” in una “opportunità”, come per
esempio è successo a Peccioli: nessuno avrebbe voluto la discarica ma questo è adesso uno dei
comuni più ricchi e meglio tenuti della Toscana.
Allora, la domanda potrebbe essere posta così: “caro amico, avremmo deciso che l'area migliore
per costruire l'inceneritore è qui, per l'appunto vicino a casa tua. Siccome sappiamo che è una
grossa seccatura, vediamo cosa potremmo darti in cambio”. La risposta potrebbe essere la stessa, oppure un “mah, vediamo cosa ci potrebbe servire”. Se la risposta fosse ancora negativa si potrebbe incalzarlo dicendo: “ma proprio non ti serve nulla? Stai bene così? I servizi che hai a disposizione sono sufficienti?” Una domanda così potrebbe finalmente innescare un giro di
richieste.
Allora, vediamo. Innanzitutto l'inceneritore porta inquinamento. Bene, capiamo quale, accertiamoci che la cose siano fatte al meglio e vediamo se si riesce a togliere dal territorio una serie di focolai di inquinamento. Quali? Il traffico e il riscaldamento domestico. Allora facciamo il teleriscaldamento con i fumi dell'inceneritore, come sta avvenendo a Pero (periferia nord di Milano) e se adesso per il riscaldamento domestico e per l'acqua calda spendete X, domani spenderete un Y molto inferiore e senza emettere fumi dalle vostre caldaie.
Per il traffico vediamo di completare l'anello di circonvallazione, per liberare La Villa, Via
Palagetta e San Piero a Ponti. E' stata proposta una nuova strada verso Firenze, ma sposterà
semplicemente il problema traffico dalla vie Buozzi e Lucchese a un po' più in là.
Allora, chiediamo il prolungamento fino a Campi Bisenzio della tramvia che si ferma all'aeroporto
e il completamento della ferrovia tra Osmannoro e Signa.
Se dal centro di Campi ci volessero 4 minuti per arrivare all'Osmannoro, 10 per Novoli e 20 per
Santa Maria Novella, e un costo del biglietto simile a quello del “30”, molti lascerebbero la
macchina a casa e quindi inquinerebbero molto meno e vivrebbero meglio la loro pendolarità.
Inoltre il comune di Campi potrebbe conferire la spazzatura all'inceneritore ad un prezzo più basso (significativi risparmi), pur senza rendere non conveniente attrezzarsi per svolgere bene la raccolta differenziata. Oppure potrebbe ricevere un compenso dagli altri comuni, con un incasso che permetterebbe di diminuire le tasse comunali o aumentare gli investimenti nei servizi.
E' chiaro che senza queste cose (che ovviamente andrebbero anche realizzate in contemporanea
all'inceneritore) il voto sarà un “NO” secco ed inevitabile.
Insomma, se si vuole sottoporre il territorio ed i suoi abitanti a un certo stress, bisogna per forza dargli qualcosa in cambio per compensare. Altrimenti si fa molta (ed inutile) fatica per pretendere l'approvazione e la fiducia della popolazione.
Il tutto non dimenticando che per dimiuire il problema dei rifiuti bisogna incominciare a produrne di meno e a riciclarne di più.

La Commissione Europea contro il creazionismo e l'Intelligent Design

Da anni stiamo assistendo a un nuovo tipo di colonizzazione culturale americana, quella del creazionismo. E’ chiaro a tutte le persone ragionevoli che le evidenze biologiche, zoologiche, paleontologiche e geologiche sono talmente tante e talmente in accordo fra loro che le idee antievoluzionistiche possono essere sostenute solo ed esclusivamente da persone in malafede e/o prive delle nozioni culturali che dovrebbero avere per discutere su questi argomenti. Negli USA il dibattito è ancora aperto, o, meglio, stanno facendo di tutto per tenerlo aperto, anche se i dati sono contro di loro (la biologia molecolare ed il sequenziamento del DNA hanno dato la botta finale alle idee antievoluzionistiche). Soprattutto, le loro campagne, anzichè produrre dati, si limitano a criticare senza costrutto quelli presentati (dimostrando invece di non capire niente di quello di cui parlano...), a tirare invettive contro gli evoluzionisti cercando di renderli ridicoli e cercando di presentarsi come gli unici “scienziati seri”.

La cosa peggiore è che i creazionisti non capiscono che gli studi sulla storia naturale non sono certo conclusi, per cui certe cose non si sanno ancora (e, forse, non si sapranno mai) e che le scienze naturali non sono scienze esatte. Quindi sempre nuove scoperte modificano e precisano sempre meglio il quadro, anziché contraddirlo. Gli evoluzionisti verrebbero contraddetti, per esempio, trovando un mammifero placentato (o un uccello) in sedimenti paleozoici, un cetaceo mesozoico, un vertebrato terrestre nel precambriano. Ma sono cose che non si possono trovare...

Le nuove scoperte invece vengono prese da questi pseudoscienziati come dimostrazione che il quadro evoluzionistico sia sbagliato, con affermazioni quali “prima i placentati erano nati nel terziario, adesso dicono che sono nati nel cretaceo” che lasciano veramente il tempo che trovano. Anche perchè non hanno capito (o fanno finta di non capire) che quei placentati non sono quelli odierni, ma i loro antenati.

Ricordo come esempio che qualcuno, ai primi del '900 propose l'ornitorico come anello di congiunzione fra mammiferi ed uccelli. Era completamente sbagliato, ma questa proposta sbagliata è una dimostrazione, secondo loro, che gli evoluzionisti sono dei perfetti cretini.

Sfortunatamente per loro, ormai sono abbastanza chiare nelle loro linee generali alcune importanti transizioni (pesci / tetrapodi, rettili / mammiferi, dinosauri teropodi / uccelli, artiodattili terrestri / cetacei)

Negli Stati Uniti la lotta degli estremisti religiosi contro l’insegnamento dell’evoluzione a scuola è massiccia e talvolta coronata pure dal successo (per esempio in Kansas), anche se in questo periodo hanno preso delle belle batoste a livello legale. Purtroppo queste istanze cominciano a venire fuori anche in Europa e in Italia (dove la bassa conoscenza scientifica dell’italiano medio è senz’altro un enorme vantaggio).

Quel che è peggio è che le forze più retrive delle grandi religioni monoteistiche sono lì che “rompono” le balle facendo della lotta all’evoluzione una lotta all’ateismo e al materialismo. Ora, non è certo un mistero che scienziati come Dawkins e Gould siano atei militanti (specialmente il primo), però lo spostare il campo sulla questione del materialismo ci pare francamente fuori luogo e, per di più, un grave sintomo di debolezza.

Di recente al creazionismo si è affiancato l’Intelligent Design, in cui si sostiene che alcune caratteristiche dell'universo e delle cose viventi sono spiegabili meglio attraverso una causa intelligente, non attraverso un processo non pilotato come la selezione naturale. I promotori del disegno intelligente affermano che si tratti di una teoria scientifica e cercano di ridefinire la scienza in modo da farle accettare anche spiegazioni soprannaturali, invece che solo quelle naturali. E' chiaro invece che il disegno intelligente, e altre posizioni sull'intervento di forze soprannaturali nell'origine della vita, non sono scienza, perché non possono essere provate con esperimenti scientifici, non fanno modelli per il futuro e non propongono nuove ipotesi proprie, come ha detto l'Accademmia delle Scienze degli Stati Uniti.

L'Intelligent Design non è altro che una di “resa” all'evoluzionismo da parte di un settore dei creazionisti che capiscono che la grande messe di dati in favore dell'evoluzionismo sia un grosso problema per continuare a pensare che la terra e l'universo siano nati 6000 anni fa.

Ricordo una trasmissione di LA7 in cui un personaggio, credo professore di storia, osteggiava l'evoluzionismo perchè “non voglio che mio figlio legga sul libro di biologia che non si sa ancora come mai i progenitori dell'uomo abbiano sviluppato la postura eretta” (ovviamente lui, con l'Intelligent Design la risposta ce l'ha eccome... ). Mi domando come un libro scientifico possa, allo stato attuale delle conoscenze, esprimersi in maniera diversa... Se ancora siamo alle ipotesi, questo signore ci scusi e al figlio, anziché idiozie pseudoscientifiche, proponga di studiare antropologia per vedere di dirimere questa questione.

Bene ha fatto quindi il Parlamento Europeo, ad adottare la risoluzione n.1580, sui pericoli del creazionismo nell'istruzione.

Per l'Italia c'è comunque una nota molto stonata: su 4 partecipanti allavotazione, 3 hanno votato contro e precisamente Andrea Rigoni (Margherita), Dario Azzolini e Lorenzo Cesa (entrambi UDC). Solo Dario Rivolta (Forza Italia) si è pronunciato a favore, con molto coraggio visto che nel suo partito milita la Moratti che quando era ministro della pubblica istruzione ha cercato di tagliare Darwin e l'evoluzionismo dai programmi scolastici....

Poveri noi....